|
|
Narrativa
Questa rubrica è aperta a
chiunque voglia inviare testi in prosa inediti,
purché rispettino i più elementari principi
morali e di decenza...
Il cacciatore di
Riccardo Lupo, Il
brutto sogno della contessa Carafa di
Giuseppe C. Budetta,
Un lungo 5 maggio nel cuore della vita di
Salvatore Gurrado
Poesia italiana
Recensioni
In questo numero:
- "Sempre ad est" di Massimo Acciai,
recensione di Lorenzo Spurio
- "La metafora del giardino in letteratura" di
Lorenzo Spurio e Massimo Acciai
- "Graffio d'Alba" di Lenio Vallati, nota di
Massimo Acciai
- "Cassa integrazione guadagni… la mia è
straordinaria" di Antonio Capolongo
- "Le avventure di Luchi e Striche" di
Francesco Vico
- "Qualcosa che non c'è" di Maria Gioia Spano,
recensione di Emanuela Ferrari
- "Il troppo" di Giuseppe Rensi, recensione di
Emanuela Ferrari
- "L'invasione degli storni" di Roberto Mosi
Articoli
Interviste
|
|
LS: Con questo romanzo ti
inserisci pienamente nella letteratura fantastica
contemporanea. Quali sono i tuoi autori italiani e
stranieri preferiti di questo genere? Quali sono gli
elementi del fantasy che più ti piacciono?
MA: Direi i grandi classici, Tolkien innanzitutto e
Lewis (anche se non ne condivido l’impostazione
cattolica), Philipp Pullman e la Rowling. In Italia
invece mi pare che il genere fantasy sia poco
praticato, ad ogni modo non mi vengono in mente
autori italiani. Confesso comunque che non è un
genere di cui ho una grande conoscenza. Mi piace
soprattutto l’ambientazione in mondi inventati che
spesso vengono ricreati nei singoli dettagli,
compresa storia e geografia (Tolkien docet) ma anche
gli elementi avventurosi e quelli ironici.
LS: Qual è stata la genesi del romanzo? Qual è
stata l’idea dalla quale è partito tutto il
progetto?
MA: Era l’estate del 2001, stavo preparando la mia
tesi sulla comunicazione nella fantascienza; per
distrarmi un po’ mi ero messo a scrivere. Il romanzo
è nato dall’idea di un animale dotato di poteri
magici, il surypanta, che non esiste nella narrativa
fantasy: è una mia creazione originale. Sarebbe
bello, pensavo, se si potesse accedere alla memoria
di una creatura immortale: quante cose potrebbe
insegnarci, quante avventure potrebbe farci
rivivere!
LS: Potresti chiarire qual è il vero significato
del titolo, di questo viaggio sempre ad est? C’è
qualche riferimento colto in questo titolo?
MA: In origine il titolo era un altro, Il sogno del
surypanta, ma poi ho optato per Sempre ad est
semplicemente perché mi suonava meglio. Si tratta in
effetti di un viaggio in cui l’unica direzione da
seguire, indicata da un oracolo (I Ching, che ho
consultato spesso durante la scrittura come già
aveva fatto Philipp Dick nella stesura de La
svastica sul sole), è appunto l’oriente: i
personaggi non sanno altro e non hanno idea di cosa
troveranno. Posso anche dire che l’oriente mi ha
sempre affascinato, anche se l’oriente del romanzo è
del tutto inventato e non ha alcuna attinenza con
quello reale.
LS: Come dobbiamo figurarci questo surypanta di
cui il protagonista va alla caccia dopo che gli è
stato sottratto?
MA: Come un gatto “tascabile” col pelo di colore
azzurro.
LS: C’è una scena verso la parte iniziale del
romanzo abbastanza cruda, del protagonista che
uccide un bambino. Quanto credi sia importante per
il genere fantasy l’elemento gotico, legato al
macabro?
MA: Spesso è presente ed ha un ruolo importante, si
pensi alle varie creature orrorifiche nel Signore
degli anelli e alle situazioni decisamente gotiche
nella stessa opera. In effetti quella scena del mio
romanzo è abbastanza cruda e può apparire un po’
gratuita: mi piaceva però il contrasto che si veniva
a creare tra l’apparente innocenza ed innocuità del
bambino ed il suo animo malvagio e perverso (un po’
come nel bel film drammatico L’innocenza del
diavolo) non sappiamo se innato o sviluppatosi in
seguito a qualche trauma (la cosa è appena accennata
nel successivo ritrovamento del cadavere putrefatto
nella capanna, che potrebbe essere la casa del
bambino). L’involontaria uccisione avrà poi
ripercussioni nella trama.
LS: C’è un’attenta e curiosissima
caratterizzazione degli spazi di cui mi ha
affascinato in maniera particolare il mondo
sotterraneo e i grattacieli altissimi e che occupano
una superficie ridottissima. Come hai sviluppato
questa idea? Ti sei rifatto a qualche autore, a
qualche scena?
MA: Sì, mi aveva colpito un romanzo, letto proprio
in quel periodo, che descriveva gli appartamenti
piccolissimi di Tokio, dove non si poteva nemmeno
stare in piedi. Mi piaceva l’idea di una città che
si sviluppa tutta in verticale, sia sopra il suolo
che sotto di esso.
LS: Il tuo protagonista più che un eroe vero e
proprio potremmo definirlo una sorta di anti-eroe.
Perché lo hai dichiaratamente privato di una
componente eroica, cavalleresca preferendo un
personaggio più semplice?
MA: Esatto, si tratta di un anti-eroe: ho pensato
che anche le persone semplici come il taglialegna
protagonista possono essere coinvolte in vicende
avventurose ed essere all’altezza della situazione,
anche se con qualche aiuto anche da parte della
fortuna. Hynreck non è né un bell’uomo né di sangue
blu, è anzi una persona umile che vorrebbe vivere in
pace ma che è costretto a vestire i panni dell’eroe
per riprendersi ciò che ha di più caro. È una
persona pacifica e detesta la violenza, eppure è
costretto a ricorrervi spesso per sopravvivere in un
mondo violento ed ingiusto, lontano dalla sua
tranquilla vita nel bosco di Gaweeck.
LS: In più punti il tema amoroso sembra voler
entrare nel romanzo ma alla fine ci rendiamo conto
che non c’è spazio per esso. Perché hai voluto
insinuare la possibilità di un amore lasciandola poi
non coltivata?
MA: Sì, Hynreck è un anti-eroe anche in questo;
spesso nel fantasy e nella narrativa in generale,
c’è qualche storia d’amore che trova poi la sua
“logica” e appagante conclusione, ma non è così
nella vita reale, dove i rapporti con le persone
sono molto più complessi e dove spesso il bisogno di
amore rimane senza una risposta. Non sono d’accordo
con Calvino quando dice che un romanzo deve
necessariamente parlare d’amore, sul modello dei
primi romanzi cortesi: gli esempi che lo
contraddicono sono numerosi e celebri. Il
protagonista del mio romanzo deve alla fine
accontentarsi del suo surypanta che gli può regalare
una qualche forma di fedeltà e di affetto animale.
LS: Molti romanzi fantasy si prestano spesso alla
narrazione di episodi seriali. C’è questa
possibilità per quanto concerne il tuo romanzo? Se
scarti questa idea, hai in mente in futuro di
scrivere altri romanzi dello stesso genere?
MA: Ho pensato all’idea di dare un seguito alle
vicende di Hynreck o del suo surypanta, in effetti
la storia si presterebbe, e non è detto che in
futuro non lo faccia, ma per il momento non me la
sento.
LS: Quali progetti stai seguendo ora? Sei
impegnato nella scrittura di qualche testo?
MA: In questo momento sto seguendo una serie di
racconti scritti a quattro mani con te, come sai;
inoltre ho un progetto piuttosto ambizioso nel
cassetto: un racconto lungo (o romanzo breve)
ambientato in parte nel presente e in parte negli
anni ’80. Il racconto dovrebbe articolarsi in tre
parti, per il momento ho terminato solo la prima
parte ed ho appena iniziato la seconda.
Ringrazio Massimo Acciai per avermi concesso
questa intervista.
Jesi, 10 Luglio 2011
|
|
|