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Narrativa

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi in prosa inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
Il cacciatore di Riccardo Lupo, Il brutto sogno della contessa Carafa di Giuseppe C. Budetta, Un lungo 5 maggio nel cuore della vita di Salvatore Gurrado

Poesia italiana

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Giuseppe Bonaccorso, Alessandra Ferrari, Emanuela Ferrari, Iuri Lombardi, Italo Magnelli, Alessandro Monticelli, Ivana Orlando, Margherita Pirri

Recensioni

In questo numero:
- "Sempre ad est" di Massimo Acciai, recensione di Lorenzo Spurio
- "La metafora del giardino in letteratura" di Lorenzo Spurio e Massimo Acciai
- "Graffio d'Alba" di Lenio Vallati, nota di Massimo Acciai
- "Cassa integrazione guadagni… la mia è straordinaria" di Antonio Capolongo
- "Le avventure di Luchi e Striche" di Francesco Vico
- "Qualcosa che non c'è" di Maria Gioia Spano, recensione di Emanuela Ferrari
- "Il troppo" di Giuseppe Rensi, recensione di Emanuela Ferrari
- "L'invasione degli storni" di Roberto Mosi 

Articoli

CicloInVersoEmilia 2012: dal 3 al 5 maggio tre giorni di bici e poesia
di Enrico Pietrangeli

Interviste

Intervista a Ivana Orlando
A cura di Massimo Acciai

Intervista a Massimo Acciai
Autore di "Sempre ad Est"
 

 a cura di Lorenzo Spurio

 

LS: Con questo romanzo ti inserisci pienamente nella letteratura fantastica contemporanea. Quali sono i tuoi autori italiani e stranieri preferiti di questo genere? Quali sono gli elementi del fantasy che più ti piacciono?

MA: Direi i grandi classici, Tolkien innanzitutto e Lewis (anche se non ne condivido l’impostazione cattolica), Philipp Pullman e la Rowling. In Italia invece mi pare che il genere fantasy sia poco praticato, ad ogni modo non mi vengono in mente autori italiani. Confesso comunque che non è un genere di cui ho una grande conoscenza. Mi piace soprattutto l’ambientazione in mondi inventati che spesso vengono ricreati nei singoli dettagli, compresa storia e geografia (Tolkien docet) ma anche gli elementi avventurosi e quelli ironici.

LS: Qual è stata la genesi del romanzo? Qual è stata l’idea dalla quale è partito tutto il progetto?

MA: Era l’estate del 2001, stavo preparando la mia tesi sulla comunicazione nella fantascienza; per distrarmi un po’ mi ero messo a scrivere. Il romanzo è nato dall’idea di un animale dotato di poteri magici, il surypanta, che non esiste nella narrativa fantasy: è una mia creazione originale. Sarebbe bello, pensavo, se si potesse accedere alla memoria di una creatura immortale: quante cose potrebbe insegnarci, quante avventure potrebbe farci rivivere!

LS: Potresti chiarire qual è il vero significato del titolo, di questo viaggio sempre ad est? C’è qualche riferimento colto in questo titolo?

MA: In origine il titolo era un altro, Il sogno del surypanta, ma poi ho optato per Sempre ad est semplicemente perché mi suonava meglio. Si tratta in effetti di un viaggio in cui l’unica direzione da seguire, indicata da un oracolo (I Ching, che ho consultato spesso durante la scrittura come già aveva fatto Philipp Dick nella stesura de La svastica sul sole), è appunto l’oriente: i personaggi non sanno altro e non hanno idea di cosa troveranno. Posso anche dire che l’oriente mi ha sempre affascinato, anche se l’oriente del romanzo è del tutto inventato e non ha alcuna attinenza con quello reale.

LS: Come dobbiamo figurarci questo surypanta di cui il protagonista va alla caccia dopo che gli è stato sottratto?

MA: Come un gatto “tascabile” col pelo di colore azzurro.

LS: C’è una scena verso la parte iniziale del romanzo abbastanza cruda, del protagonista che uccide un bambino. Quanto credi sia importante per il genere fantasy l’elemento gotico, legato al macabro?

MA: Spesso è presente ed ha un ruolo importante, si pensi alle varie creature orrorifiche nel Signore degli anelli e alle situazioni decisamente gotiche nella stessa opera. In effetti quella scena del mio romanzo è abbastanza cruda e può apparire un po’ gratuita: mi piaceva però il contrasto che si veniva a creare tra l’apparente innocenza ed innocuità del bambino ed il suo animo malvagio e perverso (un po’ come nel bel film drammatico L’innocenza del diavolo) non sappiamo se innato o sviluppatosi in seguito a qualche trauma (la cosa è appena accennata nel successivo ritrovamento del cadavere putrefatto nella capanna, che potrebbe essere la casa del bambino). L’involontaria uccisione avrà poi ripercussioni nella trama.

LS: C’è un’attenta e curiosissima caratterizzazione degli spazi di cui mi ha affascinato in maniera particolare il mondo sotterraneo e i grattacieli altissimi e che occupano una superficie ridottissima. Come hai sviluppato questa idea? Ti sei rifatto a qualche autore, a qualche scena?

MA: Sì, mi aveva colpito un romanzo, letto proprio in quel periodo, che descriveva gli appartamenti piccolissimi di Tokio, dove non si poteva nemmeno stare in piedi. Mi piaceva l’idea di una città che si sviluppa tutta in verticale, sia sopra il suolo che sotto di esso.

LS: Il tuo protagonista più che un eroe vero e proprio potremmo definirlo una sorta di anti-eroe. Perché lo hai dichiaratamente privato di una componente eroica, cavalleresca preferendo un personaggio più semplice?

MA: Esatto, si tratta di un anti-eroe: ho pensato che anche le persone semplici come il taglialegna protagonista possono essere coinvolte in vicende avventurose ed essere all’altezza della situazione, anche se con qualche aiuto anche da parte della fortuna. Hynreck non è né un bell’uomo né di sangue blu, è anzi una persona umile che vorrebbe vivere in pace ma che è costretto a vestire i panni dell’eroe per riprendersi ciò che ha di più caro. È una persona pacifica e detesta la violenza, eppure è costretto a ricorrervi spesso per sopravvivere in un mondo violento ed ingiusto, lontano dalla sua tranquilla vita nel bosco di Gaweeck.

LS: In più punti il tema amoroso sembra voler entrare nel romanzo ma alla fine ci rendiamo conto che non c’è spazio per esso. Perché hai voluto insinuare la possibilità di un amore lasciandola poi non coltivata?

MA: Sì, Hynreck è un anti-eroe anche in questo; spesso nel fantasy e nella narrativa in generale, c’è qualche storia d’amore che trova poi la sua “logica” e appagante conclusione, ma non è così nella vita reale, dove i rapporti con le persone sono molto più complessi e dove spesso il bisogno di amore rimane senza una risposta. Non sono d’accordo con Calvino quando dice che un romanzo deve necessariamente parlare d’amore, sul modello dei primi romanzi cortesi: gli esempi che lo contraddicono sono numerosi e celebri. Il protagonista del mio romanzo deve alla fine accontentarsi del suo surypanta che gli può regalare una qualche forma di fedeltà e di affetto animale.

LS: Molti romanzi fantasy si prestano spesso alla narrazione di episodi seriali. C’è questa possibilità per quanto concerne il tuo romanzo? Se scarti questa idea, hai in mente in futuro di scrivere altri romanzi dello stesso genere?

MA: Ho pensato all’idea di dare un seguito alle vicende di Hynreck o del suo surypanta, in effetti la storia si presterebbe, e non è detto che in futuro non lo faccia, ma per il momento non me la sento.

LS: Quali progetti stai seguendo ora? Sei impegnato nella scrittura di qualche testo?

MA: In questo momento sto seguendo una serie di racconti scritti a quattro mani con te, come sai; inoltre ho un progetto piuttosto ambizioso nel cassetto: un racconto lungo (o romanzo breve) ambientato in parte nel presente e in parte negli anni ’80. Il racconto dovrebbe articolarsi in tre parti, per il momento ho terminato solo la prima parte ed ho appena iniziato la seconda.

Ringrazio Massimo Acciai per avermi concesso questa intervista.

Jesi, 10 Luglio 2011

 
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