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Narrativa
Questa rubrica è aperta a
chiunque voglia inviare testi narrativi inediti,
purché rispettino i più elementari principi
morali e di decenza...
L'ultima regina
d'Inghilterra di Massimo Acciai Baggiani,
Il riposo di Rossana
D'Angelo,
Verso l'Australia di
Gennaro Tedesco
Poesia in italiano
Questa rubrica è aperta a chiunque voglia
inviare testi poetici inediti, purché rispettino
i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Massimo Acciai
Baggiani, Andrea
Cantucci
Poesia in lingua
Questa rubrica è aperta a chiunque voglia
inviare testi poetici inediti, purché rispettino
i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Valentin Ioan
Remus Niculescu,
Aurelian Sorin Dumitrescu
Recensioni
In questo numero
segnaliamo:
- "La lingvovendejo", di Massimo Acciai,
recensione di Davide Zingone
(esperanto/italiano)
- "Laura e il treno per Elintur", di Antonio
Messina
Articoli
Intervista
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L'ultima regina d'Inghilterra
Mercoledì 9 aprile 2092 Liddy si
svegliò verso l'alba col rumore della pioggia
scrosciante dietro le imposte. Aprì per qualche
attimo gli occhi nella penombra della stanza,
illuminata a giorno proprio in quel momento da un
lampo che si insinuava tra le persiane, e quindi li
richiuse infastidita. Si concesse ancora qualche
minuto per assaporare il risveglio da una buona
dormita, infine si decise infine ad alzarsi e ad
aprire la finestra: Freddie Mercury Street era
ancora relativamente silenziosa e buia per effetto
delle pesanti nubi temporalesche che gravavano su
Londra. Qualche rara carrozza passava
sull'acciottolato; il rumore degli zoccoli dei
cavalli risuonava indiscreto nel silenzio del giorno
nascente.
Liddy andò in bagno e prima di uscire diede una
rapida occhiata allo specchio. Di prima mattina
aveva un aspetto un po' zombesco, insolito in una
venticinquenne carina e in forma come lei. I capelli
rossi lunghi e spettinati le incorniciavano un viso
ovale e aristocratico in cui spiccavano due grandi
occhi castani screziati di verde chiaro, piuttosto
sporgenti. I denti erano bianchi e regolari anche se
avevano qualcosa di leggermente cavallino. Lo
sguardo era torbido, ancora sognante. Aveva bisogno
urgente di un caffè. Andò in cucina, aprì il
barattolo del caffè macinato e lo trovò vuoto: solo
allora si ricordò di averlo segnato il giorno prima
nella lista della spesa. Si dovette accontentare di
tè e biscotti al burro. Buttò un po' di legna nella
stufa e si sedette vicina con la tazza in mano. Il
gelo dell'inverno era ormai alle spalle ma la
capricciosa primavera inglese regalava ancora
giornate fredde, quasi gelide.
Indossò con svogliatezza il pesante cappotto scuro e
si annodò la sciarpa al collo. Era pronta per
uscire. Il temporale era diminuito d'intensità ma
una pioggerella fredda e persistente continuava a
bagnare le strade. Avrebbe voluto prendere una
carrozza per andare al lavoro ma doveva risparmiare;
i soldi non si trovano per terra (a parte qualche
pence ogni tanto) e lei non navigava certo nell'oro,
inoltre era ancora presto e una passeggiata non le
dispiaceva. Amava passeggiare per le vie di Londra
la mattina presto. Si fermava talvolta a guardare le
vetrine ma non comprava mai nulla. Quella mattina
c'erano poche persone a giro vista l'ora e il tempo,
ma i primi negozi avevano già aperto i battenti o li
stavano aprendo in quel momento. Arrivò in
Aldermanbury in una mezzoretta, con le scarpe e gli
orli della gonna bagnati nonostante l'ombrello. La
Guildhall Library si stagliava contro il cielo
plumbeo con la stessa austera magnificenza dei tempi
della regina Vittoria, oltre due secoli prima.
L'edificio medievale aveva conservato la sua
funzione fin dal 1420, quando fu fondata la celebre
biblioteca che si era poi specializzata nella storia
di Londra. Secondo la leggenda i giganti Gog e Magog
erano stati incatenati ai cancelli di Guildhall dal
primo sovrano della Britannia; le loro sculture si
trovavano ancora nel maestoso complesso, da qualche
parte.
Liddy entrò nell'ingresso riservato al personale
della biblioteca, ancora chiusa al pubblico. Il
silenzio all'interno del salone era rotto solo dal
ticchettio della pioggia sulle vetrate e da qualche
tuono lontano. Le lampade a gas illuminavano
l'ambiente di luce soffusa, rendendolo austero e
vagamente gotico. Le stufe venivano accese proprio
in quel momento dall'addetto. In quanto dipendente
più giovane aveva accesso solo al grande salone del
prestito e a poche altre aree. Era tra i primi
dipendenti a recarsi al lavoro e tra gli ultimi a
tornarsene a casa. La vita era dura, ma non era
sempre stata così.
Era ancora una bambina, doveva avere circa sei anni.
Ricordava vagamente il lusso, i corridoi
lunghissimi, gli arazzi, gli argenti, le porcellane,
i quadri, le sete, la sala da ballo del palazzo dove
spesso si tenevano ricevimenti e feste sfarzose dove
si incontravano funzionari e capi di Stato,
ambasciatori e altri ospiti di riguardo. Ricordava
la servitù, la tata francese, il maggiordomo Spencer
e il tè delle cinque nel salotto rosso con le zie
marchesi. Era una vita sfolgorante, fatta di
privilegi e di mille piccole e grandi attenzioni.
Sì, era bello vivere a Buckingham Palace.
Il giorno in cui lei e suo padre avevano dovuto
cambiare casa era stato il giorno più triste della
sua vita.
Liddy si svegliò da quella nostalgia, durata solo
pochi istanti, nel momento in cui il compagno Fuller
le batté la mano sulla spalla. Fuller era il suo
diretto superiore e a volte la trattava con
eccessiva confidenza per i suoi gusti, ma tutto
sommato era un brav'uomo anche se un po' troppo
pignolo sul lavoro.
- Buongiorno compagno Fuller. - Lo salutò accennando
un breve inchino.
- Buongiorno compagna Windsor. Potrebbe sostituire
oggi il compagno William alla catalogazione? Ha
fatto telegrafare alla moglie una richiesta di
permesso per malattia.
- Oh, spero niente di grave.
- Un po' di febbre e coliche. Deve aver preso
freddo. Può sostituirlo?
- Veramente oggi sarei al prestito…
- Non si preoccupi, la sostituirà la compagna Payton.
Oggi ci serve alla catalogazione: è appena arrivato
il fondo Aspern e la catalogazione ha la priorità. -
Così dicendo le fece un gesto ammiccante che non
seppe come interpretare. Non le dispiaceva
catalogare libri, in fondo si era specializzata
proprio in questo all'università, ma non le
piacevano i modi autoritari di Fuller; inoltre
prevedeva già diverse ore di straordinario non
retribuito e comunque la catalogazione non rientrava
nelle sue competenze ufficiali.
- Bene, buon lavoro. - Le disse allontanandosi,
senza neanche aspettare la risposta. Liddy accennò
una timida obiezione ma poi rinunciò ed andò a
raggiungere l'Ufficio Catalogazione dopo aver
salutato Payton ed averle annunciato che quel giorno
avrebbe dovuto coprire anche il suo turno.
L'Ufficio Catalogazione era ancora più austero e
decadente del salone del prestito: si trovava al
primo piano, davanti alla grande scalinata di marmo
in stile neorinascimentale che tanta soggezione le
aveva messo la prima volta che l'aveva vista, quando
aveva iniziato a lavorare alla Guildhall, sei anni
prima. C'era stata soltanto quattro volte da allora,
compresa quella. L'aria era impregnata di polvere
proveniente dai vecchi volumi che vi transitavano
per prendere poi la via definitiva degli scaffali,
dopo la procedura di soggettazione, classificazione
ed inserimento nel catalogo, o per essere scartati e
consegnati al macero. Ogni giorno entravano tra le
venti e le cinquanta opere, ma talvolta arrivavano
migliaia di libri tutti insieme, provenienti da
lasciti e fondi acquisiti - come nel caso del fondo
Aspern - e l'ingrato compito della selezione
ricadeva sul bibliotecario di turno nell'ufficio, in
questo caso lei. Per fortuna non avrebbe dovuto fare
tutto il lavoro da sola: già chino sulla scrivania,
con un grosso volume ingiallito davanti, c'era ad
attenderla il compagno Eddie Stahley, il più giovane
ed esperto bibliotecario della Guildhall e, a dire
di molti colleghi, d'Inghilterra.
- Buongiorno compagno Eddie. - Lo salutò la ragazza
con fare gioviale. Era contenta di lavorare con lui:
era un tipo simpatico ed era sempre stato gentile
con lei, le rare volte in cui si erano incontrati.
In un paio di occasioni avevano preso un tè insieme
nella saletta del personale e lui le aveva
raccontato la storia della sua vita: una storia
simile a tante altre, niente di che, ma l'aveva
fatta ridere con alcune arguzie alla Oscar Wilde e
qualche barzelletta sconcia. Era praticamente ancora
un ragazzo; aveva quattro anni meno di lei ed un
viso lentigginoso che, accompagnato da uno sguardo
un po' monello, lo faceva assomigliare ad un
personaggio dickensiano. L'apparenza però non doveva
trarre in inganno: aveva una cultura enciclopedica
incredibile ed una memoria eccezionale, inoltre
possedeva una tecnica di lettura veloce che gli
permetteva di iniziare e finire un libro di
cinquecento pagine nello stesso giorno, con una
comprensione del testo pari al cento per cento.
- Ehilà compagna Liddy, come butta? - Lo salutò lui
con quella familiarità con cui trattava tutti sul
lavoro, con l'eccezione dei superiori ovviamente. -
Che tempaccio! Sta piovendo ancora?
- Quando sono arrivata stava diminuendo, ma sono
previsti altri rovesci in mattinata.
- Dannazione! Se continua così le fogne
s'intaseranno e le strade si allagheranno e
s'infangheranno tutte. Sarà dura tornare a casa. Non
mi dirai che sei venuta a piedi anche oggi?
- Sì - rispose sedendosi alla scrivania di William -
mi piace camminare.
- Ti conviene avvicinare la sedia alla stufa, così
ti asciughi i piedi.
- Buona idea, anzi ora mi tolgo le scarpe e le calze
e le metto ad asciugare.
- Ahaha, spiritosa. Via, bando agli indugi,
mettiamoci al lavoro.
Jared pensa che i suoi ventinove anni sono sprecati
in una città come Londra. Ha sognato spesso di
andarsene in qualche altra città, magari su un'isola
sperduta nel Pacifico, ma non si era mai deciso a
partire. Il suo rapporto di "amodio" col suolo
britannico lo respinge e lo trattiene al medesimo
tempo, come una vecchia amante. Non è mai andato più
lontano di Plymouth, dove ha trascorso una settimana
presso la zia Emily nel mite inverno della
Cornovaglia. Jared sogna cieli tropicali e profumi
di paesi lontani, ma non riusciva mai a trovare
l'ispirazione per partire. Come un personaggio di
Daudet, annuncia agli amici viaggi imminenti ma non
partiva mai. Ormai non gli crede più nessuno.
Tuttavia viaggia con la fantasia e con i libri. Ama
sfogliare narrazioni di viaggio intorno al mondo,
studia lingue esotiche, passa ore a parlare con i
forestieri al pub e a casa ha molti dagherrotipi e
stampe di vedute dai quattro angoli del mondo.
Conosce il deserto del Sahara, le Ande e la foresta
Amazzonica meglio di tanti viaggiatori che hanno
attraversato quelle regioni. È informatissimo. Ci
sono giornalisti dell'International Geographic che
hanno una cultura geografica minore della sua.
Tuttavia Jared è insoddisfatto: non gli piace il suo
ruolo dello scrittore di successo che ambienta i
suoi romanzi nelle zone più remote del mondo e che
si sposta solo per andare in biblioteca, come quel
suo collega italiano del diciannovesimo secolo, sì,
quel tale compagno Emilio Salgari. Almeno una volta
nella vita vorrebbe andare all'estero.
Si è dato un limite: trent'anni. Prima del suo
trentesimo compleanno riuscirà ad evadere, a rompere
le sue esitazioni. Mancano appena tre mesi. Durante
i due mesi e mezzo precedenti si è dato da fare, ha
pianificato tutto: sarà lo stesso percorso seguito
da Phileas Fogg nella fantasia del compagno Jules
Verne. Ha sempre adorato quel libro, fin da bambino;
si può anzi dire che sia stata quella lettura
giovanile ad influenzare i suoi studi e la sua
carriera di scrittore. Ha fatto delle ricerche
approfondite. Il giro del mondo è ancora possibile,
con gli stessi mezzi di trasporto dell'epoca che non
sono mutati di una virgola: una settimana da Londra
a Brindisi e da qui a Suez in ferrovia e in
piroscafo, poi 13 giorni da Suez a Bombay attraverso
il Mar Rosso e l'Oceano indiano, quindi in ferrovia
e a dorso d'elefante fino a Calcutta, quindi a Hong
Kong in piroscafo e da qui a Yokohama in meno di una
settimana. Attraversamento del Pacifico in 22 giorni
con arrivo a San Francisco, poi in ferrovia e slitta
a Nuova York in una settimana e da qui infine di
nuovo a Londra in 9 giorni con una nave mercantile.
Totale: esattamente 80 giorni. Come nel romanzo.
Anzi, 79 giorni considerando il giorno guadagnato (e
non considerato) dal compagno Fogg grazie agli
effetti della rotazione terrestre e del gioco dei
fusi orari. Il compagno Verne aveva svolto bene il
suo compitino.
Lavorarono tutta la mattina e solo verso
mezzogiorno, al suono del campanello che segnalava
la pausa pranzo, alzarono gli occhi dai libri. Ne
avevano visionati a decine, scartandone molti.
Tuttavia c'erano dei pezzi pregiati che richiedevano
attenzione, sia per le condizioni di usura - alcuni
sarebbero stati mandati al restauro - sia per la
rarità. C'era perfino una bibbia di Re Giacomo del
1611 con una dedica del sovrano che, se autentica,
avrebbe definito il volume come di interesse
storico. Quel libro era stato stampato quando
Shakespeare era ancora vivo, quasi cinque secoli
prima!
Col crescere della popolazione la produzione
libraria era cresciuta notevolmente: solo nel corso
del 2091 era stato calcolato che erano usciti più di
duecentomila titoli nel solo Regno Unito, colonie
comprese. La Guildhall ne riceveva una parte per
diritto di stampa, principalmente quelli di
carattere storico che erano pur sempre diverse
migliaia all'anno. Presto avrebbero dovuto prendere
una decisione: o espandersi o disfarsi di interi
scaffali di pregiate edizioni antiche e moderne.
- Pranziamo insieme in quel pub in Craven Terrace? -
Propose Eddie infilandosi il pastrano.
- Dici il Dan Narrow's House?
- Sì quello. Fanno uno squisito pasticcio di carne e
patate.
- Perché no?
Ricordò con una vaga nostalgia le cene di gala, il
salone pieno di ospiti illuminato da decine di
candelabri d'oro, i piatti elaborati preparati dagli
chef e la complicata etichetta di corte. Lei,
bambina, era insofferente a tutta quella serie di
regole di bon ton che la soffocavano, ma non
disprezzava la deferenza con cui era trattata dal
personale. Suo padre era distante e freddo nella
vita pubblica ma molto affettuoso nel privato e la
sera le dava sempre il bacio della buonanotte mentre
le rimboccava le coperte.
Per la sua partenza sperava in un po' di sole, ma il
clima inglese è notoriamente capriccioso e avaro di
cieli sgombri. Tuttavia quel temporale notturno non
è di buon auspicio, e la mattinata grigia è stata
deprimente. Jared ha pranzato prima del solito,
quindi ricontrolla le valigie ed esce in strada. La
pioggia continua a cadere a scrosci, inondando le
vie di Soho. Tira un profondo sospiro mentre varca
il portone di quella casa che non vedrà più per
quasi tre mesi. Il compagno Fogg aveva dei buoni
compagni in quell'avventura, lui invece parte da
solo e tornerà da solo. Gli viene in mente un famoso
proverbio cinese: "Un viaggio di mille miglia inizia
con un solo piccolo passo".
Come si aspettava la tempesta aveva ripreso il suo
vigore ed ora sferzava l'acciottolato delle strade
come se volesse ripulirle dagli escrementi equini e
da tutto il sudiciume accumulato nei giorni passati.
Le carrozze passavano veloci ed i passanti dovevano
stare attenti agli schizzi delle numerose
pozzanghere. Per fortuna il pub non era distante.
Eddie, da vero cavaliere, la riparava col suo enorme
ombrello di tela nera: Liddy aveva dimenticato il
suo nel guardaroba delle donne e le scocciava
tornare indietro a riprenderlo.
Quando arrivarono a destinazione trovarono il locale
piuttosto affollato. Una cameriera venne loro
incontro.
- Bonan tagon gesamideanoj: cu vi deziras tagmangi?
- Domandò invitandoli ad entrare.
- Jes, tablo por du, dankon. - Rispose Eddie
scuotendo l'ombrello prima di entrare.
L'Inghilterra era stata l'ultima nazione al mondo ad
adottare l'Esperanto come lingua ufficiale, nel
2050: ciò, al contrario di quanti sostenevano
l'annientamento della prestigiosa lingua di
Shakespeare e di Joyce, aveva preservato l'inglese
dalle storpiature in atto da tempo nelle altre zone
del mondo. L'Esperanto era insegnato nelle scuole ed
era usato in tutte le situazioni di comunicazione
internazionale - dalla ristorazione alle dogane,
dalle riunioni del Parlamento Globale a tutti i
settori del turismo, eccetera - ma gli inglesi
continuavano a parlare inglese in famiglia e quando
si trovavano tra connazionali. Naturalmente "krokodili",
"fare il coccodrillo" in presenza di forestieri
sarebbe stato quantomeno sgarbato anche se non
penalmente perseguibile: in tutti i ristoranti di
Londra, frequentati da una clientela mondiale, ci si
rivolgeva ai clienti nella Internacia Lingvo per non
commettere gaffe con eventuali forestieri certamente
non tenuti a conoscere il British English.
Liddy pensò che quando era bambina nessuno si
sarebbe sognato di rivolgerle la parola in
Esperanto, lingua con cui era venuta in contatto
solo dopo il Trasloco. L'aveva quindi imparata a
scuola, insieme agli altri bambini: una scuola
pubblica grigia e cadente nel quartiere di Soho. I
suoi compagni erano molto più avanti di lei avendo
sentito parlare in Esperanto fin dalla nascita da
genitori praticamente bilingui. Il Re d'Inghilterra
e la Famiglia Reale naturalmente non avevano bisogno
di imparare nessuna lingua straniera; erano gli
altri che semmai dovevano imparare la loro.
La cameriera indicò loro l'unico tavolino libero,
accanto alla porta d'ingresso. C'era un via vai di
persone e spesso giungevano spifferi e schizzi, ma
in compenso il locale era accogliente e la cucina
ottima, almeno a detta di Eddie. Liddy si preparò
mentalmente ad assaggiare il pasticcio più buono che
avesse mai assaggiato: l'appetito quel giorno certo
non le mancava.
- Allora - lo stuzzicò la ragazza - che effetto fa
pranzare con l'ultima regina d'Inghilterra?
Lui roteò gli occhi e le sorrise. Era un vecchio
scherzo che faceva con i colleghi, quello della
regina.
- E che effetto fa pranzare col re dei bibliotecari?
- Le domandò lui di rimando, simulando serietà.
- Sciocco, io regina lo sono davvero! - Ribatté lei
dandogli un leggero colpo sull'avambraccio con una
mano.
- Ex regina. Ex.
Lei si rabbuiò. Lo scherzo non le piaceva più, Eddie
era andato troppo in là.
- Scusami… - Iniziò lui toccandole gentilmente una
spalla.
Sì, pensò Liddy tristemente, il mondo era proprio
cambiato. Il mondo in generale e il suo mondo in
particolare. Una volta nessuno le avrebbe fatto una
battuta del genere, nessuno avrebbe messo in
ridicolo la sua maestà. Lei, Elizabeth Anne Victoria
Windsor, Elisabetta III, era stata per un brevissimo
periodo l'ultima Regina d'Inghilterra, anzi del
mondo intero - se escludiamo la regina di cuori, di
picche, di denari… ah ah vecchia battuta. Adesso il
suo titolo, come tutti i titoli nobiliari e regali
del mondo, non valeva più un fico secco. Adesso
tutti gli uomini e le donne erano uguali. L'umanità
aveva attraversato tutte le forme di governo -
dall'anarchia della preistoria, quando vigeva la
legge del più forte, alle prime monarchie, poi la
democrazia, poi ritorni alle monarchie, le
dittature, un passo avanti e uno indietro nella
Storia, fino al punto di non-ritorno: il perfetto
Stato Comunista Globale. Non il comunismo del
ventesimo secolo, naturalmente: quello che
insegnavano a scuola essere nient'altro che
dittature di destra travestite da comunismo. L'idea
stessa di una dittatura era estranea ai principi
fondanti della dottrina comunista, ergo il vero
comunismo non era mai stato messo in atto prima
nella Storia umana - ad eccezione di qualche
comunità monastica del passato, dove i beni venivano
realmente messi in comune e regnava uguaglianza ed
armonia. Alla fine l'Umanità si era evoluta ed era
finalmente pronta per passare dalla teoria alla
pratica ed accogliere un governo veramente nuovo.
Dapprima i singoli stati, uno dopo l'altro, erano
passati naturalmente a questo tipo di governo, poi
c'erano stati accordi internazionali e alla fine
anche le nazioni più conservatrici erano entrate nel
grande consorzio umano abolendo tutti i privilegi
delle classi dominanti. Tutte le frontiere erano
infine cadute. Ci sarebbe stata un'ulteriore
evoluzione prima o poi, verso l'Anarchia - non
quella preistorica ovviamente, la falsa anarchia del
forte che tiranneggiava il debole, ma l'Anarchia che
avrebbe visto un'Umanità talmente saggia e matura da
non avere più bisogno di nessun governo, nemmeno di
un governo comunista. Ma tutto ciò era per
un'umanità futura che sicuramente né Liddy né i suoi
eventuali figli avrebbero visto.
- Ma esattamente, come hai vissuto la tua… sì
insomma… - Domandò timidamente Eddie evitando lo
sguardo di lei tra la collera e la malinconia.
- La mia abdicazione? Non ho molti ricordi, avevo
sei anni…
Era stato terribile il giorno in cui aveva detto
addio a Buckingham, il luogo dove aveva trascorso i
suoi primi anni dorati. Terribile dire addio al
grande parco dove giocava, alle enormi stanze che
divideva con le persone care, ma ancora più
terribile l'espressione negli occhi di suo padre
quando erano saliti sulla carrozza nera che li
avrebbe portati in un anonimo appartamento di Soho
dove viveva tuttora. La sua infanzia era finita quel
giorno, un'età era tramontata, il futuro appariva
incerto e molto scomodo per chi era abituato a quel
tipo di vita...
Era un pomeriggio di pioggia primaverile del 2073,
una pioggia analoga a quella che batteva insistente
sulle vetrate del pub…
Liddy si riscosse dalle sue memorie quando la
cameriera le domandò, stavolta in inglese, se voleva
un dessert.
- Prenderò una fetta di cheesecake, compagna
cameriera. - Rispose lei.
- Anche per me, grazie. - Disse Eddie, poi, rivolto
alla collega: - Non volevo offenderti, sai che sarai
comunque sempre la nostra regina in biblioteca.
Siamo tutti amici. Posso provare a farti ridere con
una barzelletta sui bibliotecari?
Lei lo guardò un po' imbronciata ma curiosa. Le
piacevano le barzellette.
- Prova.
Lui si sporse verso di lei e cominciò con fare
complice:
- Allora, c'è una signora anziana che arriva in
biblioteca e si lamenta col bibliotecario
riconsegnando un grosso volume "Questo romanzo non
mi è piaciuto per niente, ci sono troppi personaggi
e la trama è assurda! Ne avete uno migliore?" Il
bibliotecario la guarda, poi guarda il volume, poi
dice al collega: "Ehi compagno John, ecco chi aveva
preso l'elenco del telegrafo!".
Lei accennò un breve sorriso, una risata trattenuta,
poi infine scoppiò in una ridarella liberatoria.
- Vedi che ci sono riuscito? Eh, cara mia, la Storia
è inesorabile, il mondo cambia e non possiamo farci
nulla, lo sappiamo bene noi della Guildhall. Sta a
noi uomini e donne indirizzare il cambiamento verso
la giusta direzione. Sai cosa mi sono riletto, per
la sesta o settima volta credo, lo scorso fine
settimana? Sì, lo so, ti sembra strano che un
bibliotecario legga anche nei giorni di riposo,
dovremmo averne abbastanza di libri durante la
settimana… ma io sono fatto così, sono un lettore
vorace e onnivoro. Comunque, tornando al discorso,
lo sai cosa stavo rileggendo?
- Quell'orrendo romanzo del compagno George Orwell?
- Domandò lei guardando fuori dalla vetrata.
- Sì, "1984". Come fai a saperlo? Comunque non è
orrendo. È… illuminante!
- Spuntava dalla tasca del tuo impermeabile, l'ho
visto stamani entrando.
- Lo so, è solo un libro di fantascienza, una
"triste allegoria" come l'ha definita un critico,
pieno di strane invenzioni futuribili come la
"televisione". Però il pensiero che quello poteva
essere il nostro futuro mi dà i brividi. C'eravamo
vicini, l'abbiamo sfiorato. Potevamo trovarci nella
supernazione di Oceania in balia del Grande
Fratello. L'abbiamo scampata bella. Quello è il
comunismo che mi fa paura, non il comunismo
illuminato che viviamo in questo piovoso ma pacifico
paese, dove non esistono più ricchi o poveri ma
ognuno ha il suo stipendio di 575 crediti al mese,
non un centesimo in più o in meno. Pensa che fino a
poco fa c'era chi non aveva una casa o addirittura
moriva di fame! Il Terzo Mondo è scomparso, si è
fuso col Primo e col Secondo. Dall'Artide
all'Antartide tutti vivono con le stesse opportunità
e nessuno viene lasciato indietro. Nessun
privilegio, nessun emarginato. Perfino le religioni
organizzate sono scomparse, lasciando lo spazio ad
un culto libero e personale. Sì, oggi ci sembra
strano che esistessero gerarchie perfino nelle cose
spirituali, che ci fosse un "papa" che predicava
l'umiltà e la povertà ed intanto viveva nel lusso,
con i suoi sudditi nel suo staterello medievale. Ne
sono cambiate cose anche in Vaticano da quando hanno
cercato di esiliare il primo cittadino
dichiaratamente ateo e omosessuale!
- Perché mi dici tutto questo? - Domandò Liddy -
Come se non fossi mai andata a scuola, anzi come se
non lo avessi vissuto sulle mie spalle!
- Perché sono stato anche insegnante e mi piace
parlare di Storia, abbi pazienza. Devi fartene una
ragione, Liddy. È vero che hai perso i tuoi
privilegi da regina, ma vivi in un'epoca luminosa in
cui nessuno più muore in guerra o viene
tiranneggiato dai superiori.
- Io non tiranneggiavo nessuno! - Ribatté lei aspra.
Stava ricominciando ad arrabbiarsi.
- Lo so, lo so, non volevo dire questo. D'altronde
il personale di corte era volontario e chi ti puliva
il culetto da bambina lo considerava pure un onore…
- Non essere volgare! - Lo rimproverò. Perché Eddie,
che considerava un bravo ragazzo, quel giorno era
così sgradevole? Che le aveva mai fatto? Perché
covava tanta cattiveria verso di lei? Era
sconcertata. Si stavano pericolosamente avvicinando
ad un litigio e non era quello che lei voleva.
- Scusami, m'è proprio scappata. Quello che intendo
dire è che la Storia, nonostante ricorsi, ha sempre
teso verso la liberazione dell'essere umano. Le
"magnifiche sorti progressive" non erano una favola.
Ci siamo. Certo, non si sono realizzate le
previsioni degli scrittori e dei sognatori del
progresso tecnico: non siamo andati su altri pianeti
e i nostri servitori meccanici sono piuttosto
primitivi, come la macchina analitica di Babbage che
usiamo per i nostri cataloghi informatici, e non
credo che la scienza progredirà ulteriormente, ma in
compenso abbiamo fatto passi da gigante dalla
Rivoluzione Francese. È cominciato tutto da lì, dai
principi di fraternité, liberté ed egalité. C'è uno
scrittore di fantascienza che ha immaginato una
Storia Alternativa in cui alla Dichiarazione dei
diritti dell'Uomo e del Cittadino seguiva un periodo
sanguinoso chiamato "il Terrore" e l'emergere di un
grande dittatore che portava la guerra in Europa in
nome dei principi rivoluzionari. Nel libro si
chiamava Napoleone.
- Ho letto anch'io quel libro. - Lo interruppe Liddy,
un po' rasserenata - È di quell'autore americano
drogato… sì, dài… il compagno Philip Dick!
- Sì, grande scrittore, era un maestro di ucronie.
Tra l'altro ho scoperto di recente che è esistito
davvero un Napoleone Bonaparte, nato in Corsica nel
1769, ufficiale del re Luigi XVI, morto a vent'anni
durante la Rivoluzione. Comunque, quello che voglio
dire è che le cose potevano andare decisamente male
per l'Uomo. Nel diciannovesimo secolo si era giunti
ad un bivio: bisognava scegliere se evolverci dal
punto di vista tecnico del progresso che non
guardava in faccia nessuno e che esasperava il
divario tra ricchi e poveri oppure evolverci nel
campo dei diritti umani e della giustizia sociale.
L'uomo ha fatto la scelta giusta. Non sei d'accordo
con me?
A questo punto il ragazzo si era accalorato talmente
nella discussione che non avrebbe dato spazio alle
risposte di Liddy, la quale timidamente aveva
accennato un'obiezione senza poterla formulare.
- Immagina: nel futuro non ci sarà più criminalità
né polizia. Gli uomini e le donne rispetteranno
ciascuno le libertà dell'altro e si aiuteranno
vicendevolmente, assistendo i più sfortunati e
collaborando alla realizzazione di un mondo
migliore. Non ci saranno più governi o nazioni, né
differenze razziali: avremo tutti la pelle color
caffellatte e gli occhi leggermente a mandorla. Già
adesso il razzismo è un concetto che appartiene al
passato, anche se i tipi umani diversi sono ancora
presenti. Ci sono anche a tal proposito varie opere
di ucronia in cui si immaginano conflitti mondiali a
causa della razza e dei nazionalismi. Che mondo
barbaro e primiti…
- Ma non credi che anche la nobiltà abbia avuto i
suoi meriti? - Lo interruppe finalmente Liddy, che
scalpitava per dire la sua. - Non tutti i monarchi
erano tiranni, alcuni hanno avuto sinceramente a
cuore il loro popolo e non solo i loro interessi
personali. Non siamo stati tutti egoisti. Quante
principesse si sono sacrificate per il bene dello
Stato, sottostando a matrimoni d'interesse e
soffocando la loro libertà!
Eddie la guardò con un'espressione accondiscendente
che la infastidì.
- Vedo che non comprendi il punto. L'uomo nasce
libero ed uguale ai suoi simili: era il Sistema che
lo rendeva inferiore o superiore, non
necessariamente i suoi meriti personali. Certo, al
giorno d'oggi chi compie qualche delitto perde i
suoi diritti e viene immancabilmente punito, non
come avveniva in passato quando per un malinteso
buonismo si rilasciavano assassini e stupratori
anziché impedire che tornassero a fare del male al
prossimo. Ma con la giusta educazione e la parità
sociale anche il crimine è notevolmente diminuito:
un giorno scomparirà del tutto. È stato provato che
l'aggressività umana non è un'eredità genetica ma è
un comportamento appreso.
- Hai molta fiducia nel progresso umano. - Lo
canzonò lei.
- E' inevitabile. La Storia ce lo ha insegnato. La
maggioranza degli uomini aspira a vivere in pace ed
è in grado di accontentarsi di quello che possiede,
se non ha attorno a sé altri che possiedono di più.
Un tempo c'erano pochi uomini che accumulavano
ricchezze straordinarie, molto più di quanto
avrebbero potuto utilizzare anche vivendo cento
vite, mentre molti altri morivano letteralmente di
fame. Oggi non esistono più questi estremi: io
guadagno quanto il Primo Ministro e quanto il
netturbino che tiene puliti i nostri marciapiedi.
Naturalmente poi il Primo Ministro, conclusa la sua
carica, può fare a sua volta il netturbino e
viceversa, in modo che i lavori più sgradevoli non
vengano compiuti per tutta la vita dalle solite
persone ma ci sia un ricambio.
- Oppure un re può ritrovarsi a fare l'impiegato
alle poste, e una regina dietro ad un banco ad
occuparsi del prestito di libri. - Intervenne Liddy.
- Certamente. Tuo padre non aveva certo di che
lamentarsi…
Torno di nuovo con la mente ai primi giorni nella
nuova casa, dopo che suo padre aveva abdicato in suo
favore nominandola Elisabetta III, l'ultima regina
d'Inghilterra, e dopo che lei era stata costretta a
sua volta ad abdicare. Era un piccolo appartamento
di quattro stanze: due camere da letto, un bagno,
una cucina che faceva anche sa sala da pranzo e da
salotto: quanto bastava per due persone. Certo non
mancava il pane sulla tavola né la legna per la
stufa, come per gli altri due milioni di londinesi
che vivevano nelle loro stesse condizioni, ma era
stata dura per suo padre abituarsi a quello stile di
vita. Quando tornava dal lavoro si buttava a leggere
il Times oppure si sedeva in terrazza sulla sedia di
paglia a fissare con sguardo assente lo skyline di
una Londra su cui aveva regnato fino a poco prima,
seppure la sua carica era già un titolo puramente
onorifico e privo di qualsiasi potere politico
effettivo. A quei tempi lei frequentava la Parish
Primary: suo padre ce l'accompagnava prima di andare
al lavoro e passava poi a riprenderla verso le
quattro. Trascorrevano il resto del pomeriggio
insieme, lei giocando con le bambole o fingendo di
prendere il tè col genitore e i suoi amici di pezza.
Lui si sforzava di essere allegro e spiritoso, ma
c'era qualcosa di irrimediabilmente malinconico nei
suoi occhi. Infine era morto, precocemente
invecchiato. Un infarto. Aveva 44 anni e lei era
appena diventata maggiorenne. Il giorno dopo il
funerale aveva preso servizio come cameriera ai
piani in un hotel nel quartiere di Richmond, per un
anno, prima di essere assunta come bibliotecaria
alla Guildhall.
- I miei genitori erano delle splendide persone. -
Sibilò Liddy con tono ostile.
- Non lo metto in dubbio, ma venivano da un sistema
anacronistico. Non mi fraintendere: capisco
l'affetto filiale. Anche mio padre, che in gioventù
mangiava alla mensa dei poveri, era ed è un brav'uomo,
onesto, lavoratore, gentile. Entrambi meritano o
meritavano di vivere in un mondo più giusto di
quello in cui sono nati… Oh, al diavolo, non riesco
ad esprimere bene ciò che voglio realmente dire! Non
mi guardare con quello sguardo gelido, non voglio
mancare di rispetto alla memoria dei tuoi, né
soprattutto offenderti. Quello che voglio realmente
dire è… è che…
Appoggiò una mano sulla sua, sul tavolo, e gliela
strinse.
- Cioè, voglio dirti che… E' una cosa che volevo
dirti da tempo… insomma, io… oh diammine…
Liddy sussultò e si fece sospettosa. Non aveva mai
visto Eddie così in imbarazzo, lui, sempre sicuro di
sé, con la parola giusta sempre pronta. Cosa stava
cercando di dirle? Il suo intuito femminile glielo
aveva suggerito già da tempo, ma voleva sentirselo
dire.
- Liddy, tu mi piaci. Mi piaci molto. Beh, ecco…
credo di essermi innamorato di te.
Lei lo fissò con lo sguardo muto e impenetrabile di
un felino.
- Forse non è il momento più opportuno per dirtelo.
- Riprese dopo qualche attimo, lasciandole la mano.
- E forse non ho scelto le parole giuste, ma è da
tanto che ti ho notata al lavoro e non trovavo mai
il coraggio per parlartene.
Jared saluta con il pugno alzato il compagno Russell
che sta rincasando proprio in quel momento,
riparandosi invano la testa con una copia fradicia
del Times.
- Buongiorno compagno Jared. - Risponde mettendosi
al riparo sotto una tettoia. - Dove sta andando di
bello?
- Faccio un giro e torno, compagno Russell.
- Un giro?
- Sì, un giro del mondo. Ci rivedremo a fine maggio.
- Ahaha, ha sempre voglia di scherzare, compagno!
Jared considera che quell'idiota gli stava facendo
perdere il treno. Deve fermare subito una carrozza e
togliersi dalla pioggia e dai fannulloni pettegoli
come quel Russell. Una carrozza passa sfrecciando
proprio davanti a lui in quel momento. Chiama il
cocchiere ma non fa a tempo. Dovrà prendere la
prossima: minuti preziosi gettati al vento.
- Beh, non dici nulla?
Liddy abbassò gli occhi sul tovagliolo.
- Cosa vuoi che dica? - Mormorò dopo qualche attimo.
- Qualcosa cosa, dannazione! Come dovrei
interpretare il tuo silenzio alla mia dichiarazione?
È un buon segno? Non lo è? Voi donne siete sempre
così complicate…
- Siete voi uomini che… non capite. - Ribatté lei
mordicchiandosi il labbro.
- Cosa non capiamo?
- Non capite il cuore delle donne.
Eddie sospirò, quindi le appoggiò una mano sulla
sua, che teneva in quel momento sulla tovaglia, e il
suo tono si fece più dolce.
- Io capisco che il mio cuore ti desidera, Liddy, e
che sei e sarai sempre la regina della mia anima e
del mio corpo. Senza di te non riesco a vivere. Sono
anarchico fino al midollo ma sono tuo schiavo
d'amore: comanda ed eseguirò. Non rifiutarmi, ti
prego. Esaudirò qualunque tuo desiderio.
- Ma cosa stai dicendo?? Mi fai paura…
- Cosa c'è di spaventoso nell'Amore? È l'unica
costante della Storia, insieme all'Odio. Costruzione
e Distruzione. L'Uomo per millenni è stato servo
dell'Odio: nazioni contro nazioni, religioni contro
religioni, una classe sociale contro l'altra. Solo
da poco siamo usciti da questo tunnel senza speranza
e senza scopo. Ma io non ti amo così come amo il
genere umano: io ti amo di un amore primigenio, come
un uomo delle caverne amava la sua compagna, e al
tempo stesso ti amo di un amore raffinato, degno di
un uomo del futuro. Vieni a vivere con me e ti farò
felice. Se esistesse ancora il matrimonio, chiederei
la tua mano. Regnerai sul mio cuore e sul mio
appartamento di scapolo che diventerà il nostro nido
d'amore. Vuoi?
Liddy aveva una gran voglia di allontanarsi, di
uscire. Il sentimento che Eddie, il collega e amico,
le stava riversando addosso era a troppo alto
voltaggio, rasentava la mania. Lei non aveva mai
provato nulla del genere nei suoi confronti: come
dirglielo senza ferirlo? Impossibile.
- Liddy… - mugolò lui.
- Jared!
Si volta di scatto e per poco non inciampa nella
valigia che ha appoggiato ai suoi piedi, vicino alla
scaletta per salire sulla carrozza che è riuscito
finalmente a fermare.
- Jared! - Chiama di nuovo la voce femminile che si
sta avvicinando a lui, trafelata.
- Martha!
Cosa diammine vuole adesso l'amica a cui ha lasciato
la custodia della casa in sua assenza? L'eccentrica
ma affidabile Martha? C'è qualche intoppo? Ha
smarrito la copia delle chiavi che le ha dato la
sera prima? Jared inzia a preoccuparsi.
- Martha, che è successo?
- Jared… portami con te!
- Ma sei impazzita? Stai scherzando, vero?
- No, sono serissima. Non ne posso più di questa
routine, di questa città dall'aria pesante dai
soliti orizzonti. Voglio vedere un po' di mondo
anch'io prima di morire. Portami con te altrimenti
morirò soffocata dai miasmi di migliaia di stufe a
legna, appassirò come un geranio di cui non si cura
nessuno. Ti prego, portami con te.
Jared la guarda negli occhi e vi legge una
determinazione che non vi ha mai trovato. Rimane
indeciso per alcuni istanti, quindi le appoggia una
mano su una spalla e le parla con calma ma fermezza.
- Vorrei farlo, ma non posso. Questa non è una
scampagnata a Brighton, è un viaggio lungo quasi tre
mesi, molto scomodo e molto costoso. Non è adatto a…
Sta per dire "una donna" ma si ferma in tempo. Il
maschilismo non andava esattamente di moda in quell'epoca
di grandi cambiamenti. Lei pare comunque capire al
volo.
- Lo so, vuoi replicare il viaggio di quel romanzo,
l'ho letto anch'io. Ma il compagno Fogg non
viaggiava da solo: aveva un servitore e strada
facendo ha trovato anche… l'amore.
Un lampo gli attraversa la mente, lo fa fremere.
- Cosa intendi dire?
- L'hai capito anche tu, non far finta di cadere
dalle nuvole. In tutti questi anni di amicizia…
- Da parte mia infatti c'è stata per l'appunto
amicizia. Non ti ho mai vista in… un'altra maniera.
Ciò che mi dici adesso è un ulteriore motivo per cui
portarti con me non sarebbe una buona idea.
- Il signore vuol salire? - Domanda educatamente ma
con impazienza il vetturino.
- Non c'è tempo per discutere, Martha. Addio. -
Detto questo Jared sale a bordo e, dopo aver
lanciato un ultimo sguardo colpevole alla ragazza,
dà l'ordine di partire.
Liddy fu presa da un senso di panico. Era la
classica situazione senza via d'uscita. Voleva bene
ad Eddie e lo ammirava molto per la sua cultura e le
sue buone maniere, ma di certo non ricambiava i suoi
sentimenti. D'altra parte però quel ragazzo che si
prostrava così ai suoi piedi, che la chiamava
"regina del suo cuore", le faceva una grande pena.
Quando era davvero principessa, l'ultima principessa
d'Inghilterra, suo padre aveva ricevuto proposte di
matrimonio per lei già al momento in cui si era
scoperto il suo sesso, nell'utero della regina sua
madre, morta di parto dandola alla luce. I famosi
matrimoni combinati, retaggio di un mondo barbaro ma
affascinante! La cosa non la riguardava più ormai,
ed aveva al momento altri pensieri per la testa che
mettersi uno sconosciuto in casa.
Qualsiasi cosa avesse detto, sarebbe stata la cosa
sbagliata: così decise di non dire nulla. Si alzò
semplicemente dal tavolo, dove lasciò i crediti per
il pranzo, e si diresse verso l'uscita sotto lo
sguardo allibito di Eddie. Non poteva stare in quel
posto un solo attimo in più.
Il viaggio è iniziato. Questo pensa Jared mentre la
carrozza percorre senza fretta la ciottolosa Elton
John Road. Quanti luoghi meravigliosi vedrò! Quante
avventure da raccontare poi agli amici! Anche a
Martha ne avrò da raccontare, se vorrà ancora
vedermi. Certo, sono stato forse un po' brusco, non
sono stato proprio un signore, ma in certe cose è
bene dare un taglio netto, non creare alcuna
illusione nell'altro. Arrivato sulla soglia dei
trent'anni ha deciso che la vita di coppia non fa
per lui e che trascorrerà da solo il resto della
vita, senza nessuno che lo limiti. Forse quando sarà
vecchio, se arriverà alla vecchiaia, prenderà una
badante.
Tuttavia gli dispiace per Martha: è sempre stata una
buona amica. Non merita di soffrire. Forse è
possibile recuperare l'amicizia, chissà.
Ma bando ai pensieri cupi. Adesso è il momento di
pensare al viaggio, con tutto quanto di
straordinario porterà con se. Una nuova vita sta
iniziando.
I cavalli, guidati sapientemente, voltano in Karl
Marx Street e pochi minuti dopo entrano, insieme
alla carrozza, al vetturino e al passeggero, in
Craven Terrace.
Liddy non aveva nessuna voglia di tornare al lavoro
a piedi; a dire il vero non aveva voglia tout court
di tornare al lavoro. Decise di fermare la prima
carrozza sotto la pioggia battente che ormai cadeva
quasi orizzontale a causa del forte vento che si era
alzato nel frattempo. Fece cenno ad una ma il
vetturino tirò dritto. Un'altra carrozza stava
arrivando dietro quella.
- Haltigu, haltigu! Mi petas! - Esclamò in
esperanto, lingua franca de i vetturini, raramente
di madrelingua inglese.
La carrozza si fermò ma Liddy vide che era già
occupata. C'era un giovane sui trentanni che la
osservava incuriosito.
Che diammine c'è ora? Si domanda Jared vedendo una
ragazza che si sta sbracciando sulla strada,
sbarrando il cammino alla carrozza. Ha intenzione di
suicidarsi? Non sa che farsi calpestare dai cavalli
non è proprio il modo migliore per porre fine alle
proprie sofferenze? Per fortuna il vetturino l'ha
vista in tempo e si è fermato.
Non ha ancora lasciato il suolo britannico, anzi la
sua città natale, che già si è dovuto fermare tre
volte! Riuscirà ad arrivare alla stazione in tempo?
La situazione si fa snervante, il viaggio non inizia
certo sotto i migliori auspici.
La ragazza dai capelli rossi e dall'aspetto fiero
sta gridando "haltigu!" come se quella fosse l'unica
carrozza di tutta Londra. Certo, adesso sta venendo
giù un autentico nubifragio e non deve essere
piacevole stare sotto la pioggia battente senza
ombrello, peraltro inutile visto il vento che soffia
come se non vi fosse un domani. Ha un attimo di
pena, a cui forse l'ha già predisposto l'incontro
con Martha. Forse rivede la sua amica in quella
sconosciuta in difficoltà. Forse è il principio di
un senso di colpa giunto insieme ad un'occasione per
espiare.
- Salga compagna - la invita aprendo lo sportello -
si tolga dal nubifragio. In che direzione deve
andare?
- Mi dispiace darle disturbo. - Si scusa la ragazza
salendo e accomodandosi sul sedile di fronte a lui.
- Lavoro alla Guildhall Library…
- Perfetto. - La interrompe Jared. - E' di strada.
Io sto andando alla stazione. Faremo un tratto di
strada insieme, offro io.
- Lei è gentilissimo. Piacere, Liddy.
- Jared, per servirla.
Le mani si stringono, il vetturino riparte.
Che persona distinta - pensò Liddy lisciandosi gli
abiti fradici. Chissà chi è.
L'uomo la studiava con lo sguardo ponendosi la
stessa domanda. Ciascuno ignorava che l'altro era in
qualche modo una celebrità. Ancora nessuno dei due
sapeva che quello era l'ultimo viaggio per entrambi.
Il viaggio di Jared intorno al mondo si sarebbe
concluso ancora prima di arrivare alla stazione di
Londra, mentre quello di Liddy - che mentre era
domiciliata in Buckingham Palace aveva fatto tre
volte il giro del mondo prima di compiere sei anni -
si sarebbe concluso proprio davanti al suo luogo di
lavoro.
Erano le 13.33 del 9 aprile 2092 - 19 germinale
dell'anno CCC secondo il Calendario Rivoluzionario
Francese in uso ormai da molto tempo in ogni angolo
del mondo - quando la carrozza si fermò in
Aldermanbury, davanti alla biblioteca dove la
venticinquenne Elizabeth Anne Victoria Windsor, che
per una settimana era stata sovrana del Regno Unito
all'età di sei anni, lavorava come bibliotecaria. La
ragazza scese sul selciato bagnato, mise male un
piede, cadde. Jared, sognatore e viaggiatore
mancato, scese per soccorrerla.
Se Liddy quel giorno non avesse dovuto sostituire il
compagno William, se il compagno Russell non avesse
fatto perdere la carrozza a Jared, se non si fossero
incontrati, la storia sarebbe andata diversamente.
Invece nel mentre che Jared aiutava Liddy a
rialzarsi giunse all'improvviso un'altra carrozza in
direzione opposta e travolse entrambi, uccidendoli
sul colpo.
L'Inghilterra non avrebbe più avuto nessuna regina,
né ex regina, anzi di lì a un secolo non sarebbe più
esistita se non come un nome sui libri di Storia.
Firenze, 20 messidoro - 28 termidoro dell'anno
'24 (8 luglio - 15 agosto 2016)
Grazie a Marco Bazzato
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