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Narrativa
Questa rubrica è aperta a
chiunque voglia inviare testi narrativi inediti,
purché rispettino i più elementari principi
morali e di decenza...
L'ultima regina
d'Inghilterra di Massimo Acciai Baggiani,
Il riposo di Rossana
D'Angelo,
Verso l'Australia di
Gennaro Tedesco
Poesia in italiano
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inviare testi poetici inediti, purché rispettino
i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Massimo Acciai
Baggiani, Andrea
Cantucci
Poesia in lingua
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inviare testi poetici inediti, purché rispettino
i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Valentin Ioan
Remus Niculescu,
Aurelian Sorin Dumitrescu
Recensioni
In questo numero
segnaliamo:
- "La lingvovendejo", di Massimo Acciai,
recensione di Davide Zingone
(esperanto/italiano)
- "Laura e il treno per Elintur", di Antonio
Messina
Articoli
Intervista
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In questo numero segnaliamo...
La Lingvovendejo, di Massimo
Acciai, FEI 2016, è una raccolta di 24 racconti
scritti in Esperanto. Il libro presenta da subito
una certa omogeneità, dovuta essenzialmente al fatto
che i racconti, di lunghezza variabile da poche
righe a diverse pagine, evidenziano una serie di
caratteristiche comuni. Innanzitutto, il genere: il
fantastico. L'autore, fiorentino classe 1975, si è
laureato in Lettere nel 2001 con una tesi sulla
fantascienza, genere di cui è da sempre cultore. I
racconti, che talvolta attingono da esperienze
autobiografiche, strizzano volentieri l'occhio alla
produzione di maestri del calibro di Asimov e di
Aldous Huxley. Si nota immediatamente, poi, la
presenza costante dell'oggetto libro, inteso ora
come elemento della conoscenza, ora come scrigno che
racchiude misteri che incutono timore e curiosità al
contempo, più spesso come compagno di vita dei
personaggi, fino ad assurgere in alcuni casi a vero
protagonista delle vicende narrate. In La
Legantovendejo, per esempio, il protagonista ha
quasi un rapporto di tipo sessuale, certamente
sensuale con il libro: "Simono ege frenezis pri la
libroj. Maro da libroj, ja tiu estis la maro en kiun
li satis enprofundigi". Non sorprende, allora, la
successiva suddivisione dei libri in nuovi, e quindi
vergini, ed usati, e quindi impuri perchè impregnati
della vita del precedente possessore. E'
interessante notare che in questo racconto viene
invertito il rapporto lettore-libro: sono, infatti,
i libri a scegliere i propri lettori. Ma il vero
collante di tutta l'opera è la stessa cifra
stilistica dell'autore: attraverso la sua prosa
chiara e senza fronzoli, che fa uso di un esperanto
scorrevole e preciso, macchiato qua e là da qualche
italianismo veniale, Acciai vuole più suggerire che
raccontare, instillare dubbi più che cercare
risposte, mentre la narrazione lascia spesso spazio
alla riflessione filosofica, escatologica se si
vuole, come in La Urbo, in 2084e in Memorajoj de
evoluinta kvarmanulo. Spesso manca azione, non c'è
caratterizzazione psicologica dei personaggi: è
centrale, invece, l'occasione che permette
all'inconsueto, al fantastico di manifestarsi, come
in La autososeo o La viro kiu evitis la Morton. Il
racconto che da' il titolo all'intera raccolta,
invece, La lingvovendejo è un divertito omaggio a
tutte le lingue, naturali o pianificate, vive o
morte. Da segnalare, infine, la delicata Blua Luno,
in cui la piccola Kamila, bambina di un futuro
remoto, domanda alla madre cosa sia la Luna dopo
aver ascoltato la canzone Blue Moon, ed il buon uso
del dialogo in Vespermango kun la diablo.
Gli altri racconti, soprattutto i più brevi,
sembrano purtroppo degli sterili riempitivi: c'è
qualche buona idea che meritava un approfondimento
maggiore, come in Eraroj, ma quasi sempre danno
l'impressione di essere semplici esercitazioni di
scrittura fini a se stesse, come La kafo o La
perfekta momento, forse elucubrazioni troppo intime
per poter richiamare l'attenzione del lettore. La
loro inclusione, probabilmente, sottrae valore ad
una raccolta che, nel complesso, lascia intravedere
la stoffa di un autore che potrà regalarci opere di
ben altro spessore in futuro. Ne siamo certi.
La Lingvovendejo, de Massimo Acciai (FEI, 2016),
estas kolekto de dudek kvar rakontoj verkitaj en
Esperanto. La libro unuarigarde prezentas certan
homogenecon, esence pro la fakto, ke la rakontoj,
kies longeco varias de malmultaj linioj gis kelkaj
pagoj, esprimas serion de komunaj karakterizoj.
Antau cio, la genro fantasta. La autoro (n. Florenco,
1975) doktorigis per disertado pri sciencfikcio,
literatura genro de kiu li estas amanto ekde ciam.
La rakontoj, kiuj kelkfoje cerpas inspiron el
autobiografiaj spertoj, plezure palpebrubas al la
verkoj de gravaj majstroj kiel Isaac Asimov kaj
Aldous Huxley. Poste, oni tuj rimarkas la konstantan
ceeston de la objekto libro, jen kiel kona elemento,
jen kiel juvelujo kiu enfermas misterojn timigajn
kaj scivolem-inspirajn samtempe, plej ofte kiel
vivkunulo de la personoj, gis levigi, en kelkaj
kazoj, al la rolo de vera protagonisto de la rakonto.
En La Legantovendejo, ekzemple, la cefrolulo havas
rilaton kvazau seksan, certe voluptan kun la libro:
"Simono ege frenezis pri la libroj. Maro da libroj,
ja tiu estis la maro en kiun li satis enprofundigi".
Ne estas surprizo, pro tio, la posta subdivido de la
libroj je novaj, t.e. virgaj, kaj uzitaj, t.e.
malpuraj, car impregnitaj per la vivo de la antaua
posedanto. Rimarkindas, ke en ci tiu rakonto la
rilato leganto-libro renversigas: fakte la libroj
elektas siajn legantojn. Sed la vera gvidfadeno de
la verko estas la stila cifro de la autoro mem: per
prozo klara kaj sen kromaj ornamajoj, per Esperanto
flua kaj preciza, kelkfoje difektita de ia veniala
italismo, Acciai preferas pli sugesti ol rakonti,
pli encerbigi dubojn ol serci respondojn, dum la
rakontado donas lokon al la filozofia medito, ec
eskatologia, kiel en La Urbo, en 2084kaj en
Memorajoj de evoluinta kvarmanulo. Ofte agado mankas,
ne estas psikologia karakterizo de la personoj:
estas centra, anstataue, la okazo kiu ebligas, ke la
nekutimajoj, la eksterordinarajoj montrigu, kiel en
La autososeo au en La viro kiu evitis la Morton. La
rakonto, kiu donas la titolon al la kolekto, La
lingvovendejo, estas gaja omago al ciuj lingvoj,
naturaj au planitaj, vivantaj au mortintaj.
Rimarkindaj estas, aldone, la delikata Blua Luno, en
kiu Kamila, infanino de malproksima estonto,
demandas al sia patrino kio estas Luno, auskultinte
la kanzonon Blue Moon; kaj la lerta uzo de la
dialogoj en Vespermango kun la diablo.
La ceteraj rakontoj, precipe la plej mallongaj,
sajnas bedaurinde sterilaj kejloj: estas kelkaj
taugaj ideoj, kiuj meritis pli profundan
pritraktadon, kiel en Eraroj, sed preskau ciam oni
ricevas la impreson, ke ili estas simplaj sencelaj
ekzercigoj pri verkado, kiel en La kafo au en La
perfekta momento, eble cerbumadoj tro intimaj por
altiri la atenton de la leganto. Tiaj enmetoj
versajne deprenas valoron al kolekto, kiu entute
travidigas la kapablojn de autoro, kiu povos donaci
al ni pli lertaj beletrajoj en la estonto. Ni certas
pri tio.
Davide Zingone
* * *
Laura e il treno per Elintur
Edizioni Il Foglio NARRATIVA Direttore: Gordiano
Lupi
www.ilfoglioletterario.it Via Boccioni, 28 - 57025
Piombino (LI)
© Edizioni Il Foglio - 2016 1a Edizione - Ottobre
2016 ISBN 9788876066481
Immagine di copertina | Danilo Messina Illustrazioni
interne | Greta Messina e Giovanna Stassi
Elaborazione grafica e impaginazione | shangrya@libero.it
Prezzo
euro 14,00Antonio Messina, autore tra i più
originali della narrativa fantastica italiana, già
edito da Il Foglio Letterario all'interno della
collana Fantastico e Altri Orrori diretta da
Vincenzo Spasaro e Maurizio Cometto, fino ad oggi
non si era mai cimentato con la narrativa per
ragazzi. Laura e il treno per Elintur è un tentativo
riuscito di unire i temi cari al fantasy con la
favolistica tradizionale, senza rinunciare a un
contenuto morale importante. Il lettore non troverà
storie fini a se stesse, racconti pensati per
stupire a colpi di effetti speciali, ma storie
emozionanti, intrise di sognanti voli pindarici
verso mondi ignoti e compenetrati da un senso
immanente di caducità delle cose. Un libro che parla
di ragazzini innamorati della vita che non si
rassegnano alla perdita delle certezze e che
stringono forte tra le loro mani sogni e speranze.
Messina a ogni pagina parla di morte e di aldilà,
costruisce una parabola transitoria dell'esistenza,
ma da ogni pagina inneggia alla vita, non
chiudendosi in se stesso e concludendo ogni storia
con un messaggio di speranza.
Un libro adatto ai ragazzi di ogni età, a tutti
coloro che non hanno perso la voglia di sognare.
(Gordiano Lupi)
Sinossi
Lo spaventapasseri Giogi che stanco di
sorvegliare il silenzio, vuole vedere il mare, un
treno che corre verso un'ignota destinazione:
Elintur; nuvole che da lontano sembrano ballerine,
un cavallo a dondolo fatato, il vento e la sua città
di carta sospesa nel cielo. Il nonno, la nipotina e
una carrozza ferma in un parco, in attesa di
affrontare un lungo viaggio, un alito di vento che
sfugge al suo padrone, in cerca di pace e amore.
Angelica che attraversa un mondo parallelo e non
comprende il motivo, un cagnolino parlante venuto
dalle stelle; Olivia, una bambina triste che vuole
arrampicarsi sulla scala per raggiungere il
firmamento. Rachele, un fantasma educato e un
aquilone intelligente, nuvole gonfie di pioggia che
sostano perennemente sul villaggio, impedendo al
sole di riscaldare la terra e il cuore dei suoi
abitanti, disegni che come per magia si animano,
costruendo un mondo fantastico. Pagine in cui il
lettore può cogliere tutta la potenzialità creativa
del linguaggio, metafore comprese, soprattutto
quando avvengono "gli improvvisi e inquietanti
passaggi di soglia e di frontiera che sono
caratteristica fondamentale della narrativa
fantastica". Pagine in cui i bambini, prossimi a
conoscere verità profonde, si ritrovano sulla soglia
di un altro mondo, spesso grazie a quello che viene
chiamato "oggetto mediatore", per poi viaggiare alla
scoperta di universi altrimenti preclusi a coloro
che non sono più in grado di sognare.
Prefazione di Luca Menichetti
Avevamo già conosciuto l'Antonio Messina scrittore
di opere come "La memoria dell'acqua", "Ofelia e la
luna di paglia", e della più recente "La ballata
delle sette pietre": romanzi e racconti non
assimilabili tout court al genere fantascientifico e
fantasy in quan- to caratterizzati da un'inconsueta
lingua letteraria; e, oltretutto, contrassegnati da
trame articolate, ricche di metafore, da un'in-
certezza spazio-temporale che ha la sua ragion
d'essere in una fusione di misticismo,
esistenzialismo, filosofia, visioni futuristiche. Un
curriculum che ci ha sempre fatto pensare a un
narratore di una certa complessità, autore di pagine
che richiedono lettori at- tenti e concentrati.
Insomma, uno scrittore impegnato e impegnativo.
Proprio per questo motivo, inizialmente, ci aveva
sorpreso la notizia che Mes- sina si stava
cimentando nella scrittura di racconti per
l'infanzia, o per alunni delle scuole medie. Una
sorpresa che magari non ave- va proprio ragion
d'essere se solo consideriamo quanto sembra ormai
acquisito da parte della critica specializzata: "La
letteratura per l'infanzia si occupa di tutta la
produzione rivolta ai giovani: anzi, l'attenzione
scientifica riservata alle opere cosiddette dedicate
ai ragazzi dai 10 ai 14 anni è la più attenta e
consistente, men- tre, quasi per un paradosso
terminologico, quella dedicata alla fa- scia dai 0
ai 6 anni è quella meno esaminata".1 Comunque sia il
pregiudizio di avere di fronte uno scrittore ine-
vitabilmente complesso è subito venuto meno perché
l'autore di "Laura e il treno per Elintur" ha
dimostrato di avere ben presenti i suoi potenziali
lettori, e inoltre di aver messo a frutto quella
versa- tilità che, fino ad ora, gli è sempre stata
riconosciuta e che si era manifestata in pagine
destinate ad un pubblico adulto. Un lin- guaggio
forse meno letterario, trame più lineari per brevi
racconti che si fanno leggere speditamente, ma
questo non vuol dire che lo scrittore siciliano
abbia tralasciato i temi a lui più cari. Tutt'altro.
La realtà che si apre inaspettatamente alla
dimensione del sogno e il conseguente dubbio se
davvero si possa parlare di sogni e non di un
diverso e più profondo sguardo sulla realtà, è
ancora uno dei temi fondamentali presenti in questa
raccolta di racconti. Sono pagine che, secondo noi,
rivelano la solida cultura letteraria di Antonio
Messina e la capacità di proporci delle storie "fantasti-
che" soprattutto intendendole come interpretazione
della realtà, non semplicemente un'evasione
disimpegnata e stranezze fini a se stesse. Scrive
William Grandi: "Il buon autore per l'infanzia è
quello che riesce ad evocare metafore e figure in
cui bambini e adolescenti possano riconoscere se
stessi, i propri problemi, i propri sogni. Lo
scrittore per ragazzi tenta di produrre, pertanto,
una poetica che contempli, anche solo
implicitamente, un credo pedagogico, ovvero un'idea
di infanzia, di crescita, di vita".21 Gianna
Marrone, Storia e generi della letteratura per
l'infanzia, 2002, Armando editore, pp.7 2 William
Grandi, Infanzia e mondi fantastici, Bonomia
University Press, pp. 18
Messina sembra aver assimilato la lezione dei grandi
autori del passato, che difficilmente hanno abusato
dell'elemento meravi- glioso, proprio per non fare
delle loro opere un susseguirsi mono- tono di
artificiosità: un bravo scrittore sa che il suo
racconto risul- terà molto più efficace, anche per
catturare l'attenzione del lettore, mettendo di
fronte alle immagini del quotidiano, anche quello
più ordinario, momenti in cui compare
l'inspiegabile. Un inspiegabile che è vissuto in
prima persona da protagonisti bambini, le uniche
(piccole) persone che naturalmente hanno o
dovrebbero avere, "un senso del tempo dello spazio
che è ancora intuitivo e un at- teggiamento verso il
mondo che è ancora magico"3. Nel caso dei racconti
di "Laura e il treno per Elintur", è quindi ancora
il sogno o il sogno apparente, che il più delle
volte diventa lo strumento per oltrepassare la
dimensione terrena, così liberan- do il protagonista
bambino dalle ambiguità del reale e farlo ap-
prodare a delle verità che spesso sono precluse agli
adulti; o sono state dimenticate. Pensiamo a "Greta
e il villaggio delle nu- vole pallide". E' il
vecchio Aristotele che svela cosa, in realtà, si na-
sconde dietro l'opprimente cappa di nuvole: "sono
un'illusione, se guardi attentamente esse non
esistono […] questa cecità non ci ha più permesso di
vedere il cielo stellato". In particolare dopo il
1970, anno della pubblicazione di "La let- teratura
fantastica" di Todorov - nell'opera si teorizzava
una nuova classificazione dei generi letterari, con
il meraviglioso che presup- pone l'accettazione
dell'inverosimile mentre nel fantastico l'even- to
soprannaturale è colto sullo sfondo della normalità
- la critica letteraria ha proposto altre sottili
distinzioni, ad esempio tra rac- conti fantastici e
fiabeschi. Così Marco Mambrini: "entrambi sono
frutto di invenzione e fantasia, ma mentre le fiabe
appartengono 3 Remo Ceserani, Il fantastico, 1996,
Il Mulino, pp.108
ad un mondo di pura immaginazione, totalmente
irreale, i raccon- ti fantastici intrattengono
invece con il mondo abitualmente cono- sciuto un
qualche rapporto". Non vogliamo e non possiamo
entrare nel merito di questi ten- tativi di
classificazione, anche se i racconti di Messina (e
"Annette e la farfalla dai mille colori", che per la
precisione è opera di Greta Messina) ci hanno fatto
pensare ad alcune definizioni di fantasti- co in
rapporto al sogno: "Le storie di realismo magico
hanno di solito uno spunto reale, vero o verosimile,
ma nel mezzo si svilup- pa una fantasia che non ha
tempo, non ha luoghi definiti e ci fa sognare, ci fa
fantasticare".4 Non vogliamo perderci troppo in
queste dissertazioni perché i racconti di "Laura e
il treno per Elintur", pur caratterizzati da uno
schema ricorrente (la giovanissima che
inesplicabilmente si ritro- va in un non-luogo, una
sorta di universo parallelo e poi torna a casa
arricchita dall'esperienza), ci sono sembrati,
proprio in virtù della presenza oppure dell'assenza
di una normalità contraddetta dall'elemento
soprannaturale, appartenere sia al genere "fiabe-
sco" ("Caterina e il soffio di vento", "Blu, Fufù e
lo spaventapasseri Giogi") sia a quello "fantastico"
("Angelica alla fermata del tram" e "Clarissa e la
città di carta"). Di sicuro sono pagine in cui il
lettore può cogliere tutta la po- tenzialità
creativa del linguaggio, metafore comprese,
soprattutto quando avvengono "quegli improvvisi ed
inquietanti passaggi di soglia e di frontiera che
sono caratteristica fondamentale della narrativa
fantastica".5
4 Carlo Marini, Il fantastico. Frontiera della
letteratura per l'infanzia, 2002, Quattro- venti, pp.63.
5 Remo Ceserani, Il fantastico, 1996, Il Mulino, pp.78.
Non è un caso se abbiamo voluto citare il "passaggio
di so- glia" che ci riporta alla cultura letteraria
che abbiamo riconosciuto in Antonio Messina, in
particolare alla conoscenza delle opere di C.S.
Lewis e del suo particolare intendere il fantasy e i
racconti ri- volti ai bambini. A torto o a ragione
abbiamo colto anche nei rac- conti dello scrittore
siciliano un richiamo all'impegno personale, altre
volte un'idea del sogno quale metafora salvifica
dell'esisten- za. Pagine in cui i bambini, prossimi
a conoscere verità profonde, si ritrovano sulla
soglia di un altro mondo, spesso grazie a quello che
viene chiamato "oggetto mediatore", per poi
viaggiare alla scoperta di universi altrimenti
preclusi a coloro che non sono più in grado di
sognare.
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