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Narrativa
Questa rubrica è aperta a
chiunque voglia inviare testi narrativi inediti,
purché rispettino i più elementari principi
morali e di decenza...
L'ultima regina
d'Inghilterra di Massimo Acciai Baggiani,
Il riposo di Rossana
D'Angelo,
Verso l'Australia di
Gennaro Tedesco
Poesia in italiano
Questa rubrica è aperta a chiunque voglia
inviare testi poetici inediti, purché rispettino
i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Massimo Acciai
Baggiani, Andrea
Cantucci
Poesia in lingua
Questa rubrica è aperta a chiunque voglia
inviare testi poetici inediti, purché rispettino
i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Valentin Ioan
Remus Niculescu,
Aurelian Sorin Dumitrescu
Recensioni
In questo numero
segnaliamo:
- "La lingvovendejo", di Massimo Acciai,
recensione di Davide Zingone
(esperanto/italiano)
- "Laura e il treno per Elintur", di Antonio
Messina
Articoli
Intervista
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Verso l'Australia
Gennaro Tedesco
Non so perché mi accingo a
scrivere sull'Australia e non sono neanche ancora
del tutto convinto che ne valga la pena . Forse mi
sono deciso finalmente a parlarne in un testo
scritto perché da anni avevo in mente di dedicarmi a
questo compito . Ho sempre rimandato perché
attendevo un'occasione migliore per farlo.
Ma evidentemente la migliore occasione che non
giunge mai è superata da qualche inattesa, non
programmata e fortuita contingenza che, nel caso
specifico, probabilmente prorompe dalle profondità
del mio inconscio che cercava una varco per poterne
finalmente parlare. E allora finalmente parliamone .
Non è il caso di attendere ancora per scriverne con
calma, saggezza, ponderazione e maggiore
documentazione. Non ne verrà fuori un capolavoro, ma
probabilmente sarò più immediato ed essenziale.
Dunque, da dove cominciare ? Dalla mia raccolta di
francobolli da far invidia a tutto il circondario
quando ero adolescente per il mio privilegio di
possedere rari e magnifici francobolli d'Australia e
d'Oceania, dai racconti fantastici e meravigliosi di
mio zio neo-australiano, emigrato in giovanissima
età nel Nuovissimo Continente , dai documentari
splendidi degli anni cinquanta , da un mio fiabesco
viaggio nella Terra dei Canguri grazie
all'ospitalità dello zio australiano , dalla lettura
dei miei libri sui Mari del Sud o dall'Australia
reale in cui mi sono imbattuto a Bali nei recenti
anni delle mie esperienze indonesiane ?
Credo che tutte le domande poste possano
tranquillamente comporre il mosaico del mio racconto
australiano.
Il giorno dell'agognata partenza per l'Australia
giunse ad inizio Ottobre 1974 nel mio diciottesimo
anno d'età. Per ottenere il visto dovetti
sobbarcarmi con mia madre un lungo viaggio fino a
Roma . Ci riuscimmo con estrema difficoltà solo
perché alla fine all'Ambasciata australiana fu detto
che mio zio garantiva per me e per il mio ritorno.
Gli Australiani temevano che volessi rimanere nella
loro Terra per studiare o lavorare .
Qualche giorno dopo finalmente, dopo un volo da
Napoli a Roma, mi imbarcai per il volo
intercontinentale per Sydney . Era la prima volta
che intraprendevo un viaggio così lungo e tortuoso .
La partenza fu ritardata di qualche ora e così ebbi
modo di conoscere un'attempata dama inglese, moglie
di un colonnello o di un generale inglese che lo
andava a raggiungere a Cipro dove prestava servizio
nella locale base inglese . La signora inglese
sembrava proprio uscita da uno di quei quadretti di
epoca vittoriana tutti ricolmi di sfavillanti e
rutilanti dame inglesi con pizzi, trine e merletti .
E quell'incontro non tanto fugace che mise a dura
prova per la prima volta il mio scolastico inglese
fu tale che mi impresse nella memoria Cipro con la
voglia di visitarla, cosa che feci poi parecchi anni
dopo.
Una volta salito a bordo dell'aereo, non ebbi
neanche il tempo di ambientarmi che già eravamo ad
Atene, la prima tappa della interminabile e
snervante trasvolata transoceanica . Lo scalo
successivo previsto era Bombay in India. Durante
questa tratta, ebbi l'opportunità di conoscere molti
"australiani", in effetti quasi tutti emigrati
italiani come mio zio, che rientravano dall'Italia a
Sydney .Una volta accortisi che ero da solo e
conosciuto il motivo della mia traversata solitaria,
la mia vacanza australiana presso mio zio,
immediatamente si trasformarono in padri adottivi e
guide turistiche a mia disposizione . Ma non fu
questo che mi colpì e mi rimase e mi rimane impresso
a distanza di tantissimi anni . Fu, invece, la loro
immediata e incontenibile gioia che, con
inequivocabile evidenza, essi manifestavano, facendo
a gara, per ospitarmi per tutto il tempo che avessi
voluto da un capo all'altro dell'immenso pachiderma
australiano . Una esternazione di sana , prorompente
e profondissima umanità che difficilmente in seguito
avrei ritrovato in altri italiani in Italia e in
altri luoghi. Come poi anche in seguito potei
verificare e constatare sulla mia pelle, gli
italiani, quelli che emigrano, quelli che soffrono e
patiscono per il trauma di una lontananza spesso
imposta, sono i migliori, sono la parte più genuina
di una Nazione i cui cittadini in casa propria sono
un po' come gli imboscati di guerre a cui non
partecipano, lasciandole combattere ai contadini
delle campagne più povere . Una storia, quella
italiana, che si ripete anche in tempo di pace . E'
stata ed è la nostra maledizione, il nostro doloroso
tributo ad una Modernità raggiunta e sofferta sempre
a discapito delle classi subalterne, dei contadini
di ieri e di oggi .
Dopo molte ore di volo e dopo aver lasciato lo scalo
di Atene , l'aereo atterrò a Bombay in India . Nella
mia tabella di marcia virtuale , avevo preso in
considerazione l'eventuale ipotesi di una sosta di
qualche giorno in India prima di reimbarcarmi per
l'Australia , ma le cose andarono diversamente .
Ho ricevuto un'educazione che , a distanza di tempo
, non posso che considerare estremamente
lungimirante che mi ha consentito e mi consente
ancora oggi con le ulteriori e caleidoscopiche
esperienze della mia vita da adulto , di
attraversare tutti gli ambienti umani senza
particolari difficoltà , anzi cavandomela quasi
sempre piuttosto egregiamente , ma l'esperienza
maturata nel brevissimo soggiorno indiano si rivelò
quasi un trauma per un giovane appena diciottenne e
ancora oggi mi ha lasciato dei segni indelebili che
sono ancora vivi e palpitanti nel più profondo della
mia coscienza di uomo del mio tempo . Già nella mia
infanzia e nella mia adolescenza mi ero imbattuto in
situazioni di povertà e di degrado , ma quello di
cui sono stato testimone in India ancora oggi mi
brucia dentro e difficilmente riuscirò a liberarmene
.
Ero appena atterrato e sbarcato all'aeroporto di
Bombay . Da solo , come al solito , mi preparai ad
addentrarmi al suo interno . A mano a mano che mi
avvicinavo al fabbricato della dogana e dei
controlli , mi imbattevo sempre più spesso in una
platea di spettri umani che si andava restringendo
quasi a imbuto presso l'entrata del fabbricato
medesimo . All'inizio non riuscivo a realizzare la
situazione perché probabilmente la mia coscienza ,
la mia mente e il mio essere più profondo non solo
non avevano mai fatto un'esperienza del genere e
probabilmente neanche mai l'avevano vista , ma
rifiutavano anche di scorgerla e di prenderla in
considerazione . Ora io non so nel concreto , a
parte qualche raro terribile e terrificante
documentario sui lager nazisti da me visto per
televisione , quale deve essere stata la sensazione
vissuta dagli Alleati all'apertura e alla scoperta
dei lager nazisti al momento dell'ultimo atto
dell'invasione , della guerra e della vittoria
finale , ma la mia personale , individuale e
"privata" sensazione di fronte agli scheletri
morenti , davanti ai miei occhi increduli , per
mancanza di riso , pane ed acqua , per stenti ,
immani sofferenze , immense privazioni e indicibili
malattie , è un senso di stordimento , di rabbia ,
di tormento e di desolazione che continuo a portarmi
dentro . Questo mi ha "salvato" : ero giovanissimo e
, malgrado il mio devastante annichilimento , ho
reagito nell'unico modo , lo confesso , che allora
mi sembrava di avere a disposizione , la fuga e la
diserzione . Non so se c'entra il coraggio , la
paura , il mancato corazzamento dei sentimenti , la
mia fragilità mentale e "stomacale" , la mia
pochezza sentimentale o altro ancora , ma allora non
sono riuscito a vedere altre vie d'uscita da una
situazione che ritenevo sempre più insostenibile .
Mi fu detto che stavamo per sorvolare Sydney , ma io
, sinceramente , non riuscivo a vederla , se c'era ,
dall'oblò dell'aereo . Fu allora che mi accorsi che
effettivamente la città era davanti ai miei occhi ,
ma io non riuscivo a vederla . Questa mia strana e
momentanea cecità era dovuta al fatto che Sydney era
la prima e forse unica città al mondo , per me
giovanissimo proveniente e abitante dei grigissimi
alveari di cemento e metallo cancerogeno , che si
offrisse alla vista nascondendosi : non potevo
scorgere la metropoli australiana semplicemente
perché essa era coperta e nascosta da un verde
debordante e straripante . Questa città fantasma
immersa e ricoperta da un verde amazzonico ,
immaginata e sognata prima della partenza e per
lunghi anni da un adolescente in fuga attraverso le
galassie della sua siderale e fantastica
immaginazione.
Questa città fantasma , Sydney , immersa e ricoperta
da un verde amazzonico , immaginata e sognata ,
prima della partenza e per lunghi anni , da un
adolescente in fuga attraverso le galassie della sua
siderale e fantastica immaginazione , si rivelava ,
già dall'oblò dell'aereo al quale ero schiacciato
dalla incontenibile curiosità , per la sua
invisibile e misteriosa presenza , la Metropoli
delle Baie profonde e degli avventurosi e schiumosi
Mari del Sud . Una Promessa entusiasmante per un
allora giovanissimo italiano e europeo , fervido e
idolatrico praticante di mari interni e chiusi ,ipernutrito
di romanzi , saggi e pellicole su temerarie e
spericolate navigazioni , su terribili e diabolici
capitani non sempre coraggiosi posti al comando di
ciurme represse e violente di vascelli fantasma , su
sanguinosi e tenebrosi ammutinamenti , su abbordaggi
e arrembaggi tanto selvaggi quanto disumani e su
caldissimi , esoticissimi e travolgenti amori
carnali , incastonati e esageratamente vissuti fino
all'ultimo respiro entro paesaggi sconvolgenti nella
loro tropicale esuberanza , nella loro indefinibile
eleganza naive , nella loro maestosa purezza
equatoriale , in netto contrasto non solo con le
società occidentali prefondamentaliste , razziste e
sessuofobe del Seicento , Settecento e Ottocento
europeo .
Insomma di fronte a un incredulo e acerbo
diciottenne sembrava che si stessero per aprire le
porte non solo di un Nuovissimo Continente tutto da
scoprire e a sua disposizione se solo avesse evitato
di non farsi fagocitare dalla sua stessa fortuna per
quell'occasione della sua vita unica e irripetibile
da non lasciarsi sfuggire , dal suo debordante e
straripante entusiasmo , ma addirittura quelle di un
Eldorado paradisiaco improvvisamente e
insperatamente attingibile .
Ma prima che l'aereo finalmente atterrasse nell'astroporto
della Sublime Ultramodernità della infinita e
complessa spazialità australiana e oceaniana , due
dubbi atroci o , se vogliamo , due domande gravi e
pesanti all'improvviso , prima di sbarcare e
prendere possesso della Terra Incognita dei Canguri
, nello stile melodrammatico di un redivivo
Cristoforo o di uno stralunato , spaesato e
perplesso astronauta , si materializzarono .
La prima domanda . Chi erano quegli stranissimi
uomini , probabilmente indiani , imbarcati a Bombay
, accovacciati e dormienti per quasi tutta la tratta
del volo da Sydney a Singapore in quasi consunte e
lacere stuoie , forse di canapa , distese alla meno
peggio nello stretto e claustrofobico corridoio
dell'aereo in cui viaggiavo anch'io ?
Nessuno dei passeggeri che con me condividevano la
trasvolata fino a Sydney fu in grado di darmi una
esauriente risposta . E in verità nemmeno i membri
dell'equipaggio dell'aereo furono in grado di
esaudire la mia affannosa e curiosa richiesta di
spiegazioni . Mi parve di intuire che forse , per
ragioni a me ignote , erano tenuti al segreto . Ma
di che genere di segreto si trattasse e se tale
fosse ancora oggi non sono venuto a capo , ammesso ,
tra l'altro , che ne valesse la pena o ne valga
ancora oggi la pena arrovellarsi per una questione
del genere .
Ma il fatto è che allora come oggi imbarcare e
ospitare tenendoli distesi sul fondo di un corridoio
di un aereo su di un volo transcontinentale uomini
allampanati , magrissimi e quasi scarnificati era e
è qualcosa , a dir poco , fuori dall'usuale , dalle
norme e da qualsiasi parametro di sicurezza pur
minima .
Che fossero fachiri , poveri , asceti maomettani o
indiani , penitenti , che compiono in pubblico atti
dolorosi di mortificazione , come recita un antico
dizionario della lingua italiana ?
Se così fosse , sarei uno dei pochi al mondo ad aver
visto fachiri volanti .
La seconda domanda enormemente più difficile e
complessa , ma allo stesso tempo semplicemente e
icasticamente breve e concisa . Chi era mio zio ?
Chi era la familiare e ignota persona che fra poco
avrei incontrato a Sydney ? Un illustre sconosciuto?
Certo è paradossale e sconvolgente che solo in quel
particolare e irripetibile frangente mi fossi
accorto di sapere ben poco su mio zio , anzi ,
riflettendoci bene , quasi nulla .
E per quanto , in seguito , riuscissi a ottenere
maggiori informazioni su di lui e sulla sua vita ,
comunque , anche chi , per ragioni anagrafiche e di
maggiore frequentazione nel periodo della sua prima
giovinezza trascorsa in parte ancora nel sud della
penisola italiana , ne sapeva più di me o credeva di
saperne più del nipote sulla sua vita , rimase
frastornato e atterrito , come me , dalla solitudine
mortale del suo ultimo segreto .
Sono del parere , comunque , che , per capire forse
no , ma per intuire forse sì l'essenza sempre
polisemica , ambigua e sfuggente dell'uomo e di mio
zio australiano in particolare e quella di un'intera
generazione dell'eterna , ciclica e tragica epopea
della nostra emigrazione di odisseica e mediterranea
memoria , sarebbe bene tentare di inquadrarla in
quella storia ancora tutta da scrivere o forse
meglio da riscrivere da parte di noi italiani ,
quelli rimasti a casa "strologanti" sulla vita che
non ci appartiene degli Altri comodamente seduti su
un'accogliente , confortevole e morbida poltrona ,
soprattutto storici , che altrove, ma non in Italia
, si affannano a definire post-coloniale e
subalterna.
In questa storia i veri e indiscussi protagonisti ,
i dannati della Terra , riscattati dall'oblio della
storia codificata , ufficializzata , scritta ,
propagandata e imposta dalle classi dirigenti e
dominanti ai dominati , subalterni e emarginati , si
riprendono la scena rubata e usurpata del Mondo e
finalmente ottengono, almeno storiograficamente, una
possente e meritata vittoria .
La loro identità negata di migranti in lotta per la
vita e per la morte viene recuperata , rinegoziata e
esaltata di fronte a una storia accademica e
conformista che li ha esclusi e continua
vergognosamente a escluderli almeno nel fu Bel Paese
.
E mio zio , in questa storia che aspetta ancora il
suo post-coloniale Tacito e il suo redivivo ,
indignatissimo e furente Marx , si inserisce
perfettamente , se la perfezione da qualche parte
esiste.
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