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Narrativa
Questa rubrica è aperta a
chiunque voglia inviare testi narrativi inediti,
purché rispettino i più elementari principi
morali e di decenza...
Notte di Natale di
Rossana D'Angelo
Poesia in italiano
Questa rubrica è aperta a chiunque voglia
inviare testi poetici inediti, purché rispettino
i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Massimo Acciai
Baggiani, Andrea
Cantucci, Alessandra
Ferrari, Italo
Magnelli
Poesia in lingua
Questa rubrica è aperta a chiunque voglia
inviare testi poetici inediti, purché rispettino
i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Massimo Acciai
Baggiani
Recensioni
In questo numero
segnaliamo:
- "La compagnia dei viaggiatori del tempo" di
Massimo Acciai Baggiani
- "La lingvovendejo", di Massimo Acciai
Baggiani, recensione di Davide Zingone
(esperanto/italiano)
- "Esercizi di volo" di Roberto Mosi
- "Arpaïs. La memoria delle anime imperfette"
di Sabrina Ceni
- "La corte degli arlecchini / Curtea
arlechinilor" di Liliana Ugolini e Mihaela
Colin Cernitu
- "Spoiler: alla fine muoiono tutti" di
Francesco Vico
- "Sonetti d'amore" di William Shakespeare,
recensione di Emanuela Ferrari
- "La Divina Commedia 2" di Roberto De
Gregorio, recensione di Emanuela Ferrari
- "Verso il fonetismo. Evoluzione della
scrittura" Amerigo Iannacone, recensione di
Emanuela Ferrari
- "Nam Myoho Renge Kyo, la legge del fiore di
loto" Nichiren Daishonin, recensione di
Emanuela Ferrari
- "Elogio dell’ozio" di Robert Louis Stevenson,
recensione di Emanuela Ferrari
Articoli
Interviste
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Un giorno di fine inverno di
qualche anno fa stavo passando per caso davanti al
cimitero comunale di via Panciatichi, a Rifredi. Era
una giornata nuvolosa, greve, tiepida. Avevo un
impegno lì vicino, per un corso d'inglese: era
ancora presto così mi presi un caffè al bar accanto
al cimitero, pagai, uscii e passai davanti al
cancello. Qualcosa mi spinse ad entrare. Come già il
Foscolo, Lovecraft e Poe anch'io sono attratto da
queste "ultime dimore" e dalla letteratura relativa.
Sono luoghi di pace e di riflessione, quando quella
tempesta furiosa che è la vita ha lasciato il posto
ad un cielo sereno e cristallino in cui tutto forse
apparirà chiaro.
Sulle sincronicità (chi non ne ha sperimentata
almeno una nella vita?) è stato scritto molto: Jung
le interpretava come messaggi che la nostra vita ci
invia per attirare la nostra attenzione su un certo
aspetto. La sincronicità di quel giorno fu quella di
notare, appena entrato, una lapide che recava una
foto con un volto noto. Il nome sotto la foto
confermò il mio ricordo: "Sara Bensi. 24.4.1978 -
12.6.2001".
Sotto al nome e alle date c'era una poesia scritta
dalla defunta.
La conoscevo. La incontrai per la prima volta pochi
mesi prima che il tumore se la portasse via all'età
di 23 anni. Era già malata ma io non lo sapevo. Lo
sapevano in pochi. Mi fu presentata da una comune
amica, la mia vicina di casa rumena che nel
frattempo si era trasferita altrove. Devo dire che,
sulle prime, non mi fece una grande impressione: era
una persona silenziosa, molto riservata,
malinconica. Frequentava, come me, la facoltà di
lettere all'Università degli Studi di Firenze e la
parrocchia di Santo Stefano in Pane, che frequentavo
tra la fine degli anni '80 e i primi anni '90. Era
una fervente cattolica, impegnata nel sociale. Altro
non sapevo. Ignoravo che anche lei scrivesse versi e
che avesse partecipato a dei concorsi letterari. Non
c'era stato tempo neanche perché si instaurasse una
vera amicizia tra noi; scomparve dopo poco, senza
spiegazioni. Non avevo idea che non l'avrei mai più
rivista viva.
Quel giorno al cimitero mi tornarono alla mente quei
momenti, quel volto che avevo appena fatto a tempo a
riconoscere tra mille. Quella fu la prima
sincronicità. La seconda arrivò qualche anno dopo
quando trovai un libro particolare in uno degli
scaffali del libero scambio che sono solito
frequentare: si trattava della raccolta postuma
delle poesie di Sara, un libretto di neanche
sessanta pagine che racchiudeva il percorso poetico
e umano di una ragazza morta giovane, cosciente
della provvisorietà del suo essere. Una ragazza che
mostrava un volto solare che non conoscevo, forte
nella sua fede e nell'amore delle persone che le
stavano vicine.
Presi il libro e lo lessi con calma a casa quello
stesso giorno. Lo conservo ancora nella mia
libreria. Le poesie sono riportate in ordine
cronologico, dal 1989 (quando era ancora una
bambina) fino all'anno della morte, suddivise in
sette sezioni. Nei suoi versi Sara parla di Dio,
delle sue impressioni ed emozioni, dei suoi momenti
di sofferenza (come ad esempio in "Crisi", in cui
elenca tutto ciò che la fa piangere e soffrire),
degli affetti familiari, delle festività, della
natura, della pace tra gli uomini, dell'amore verso
i bambini, e lo fa con un linguaggio semplice,
colloquiale, piano, molto lontano da quell'ermetismo
che troppo spesso allontana i lettori da questo
genere letterario. Certo, alcuni versi appaiono un
po' acerbi ma traspare un grande talento che avrebbe
potuto svilupparsi verso vette ben più alte se il
male non avesse posto fine così prematuramente alla
vita e alla poesia. Ma mentre il corpo, quest'abito
che il nostro spirito indossa durante il breve
passaggio su questa terra, viene lasciato e poi
scompare, la poesia, insieme al nostro essere più
intimo, è ciò che resta di un poeta e di una
poetessa, ciò che non muore, la sua eredità umana e
artistica. Attraverso di essa Sara continua a
parlarci da un luogo senza spazio e senza tempo.
Bibliografia
Bensi S., Ama guardare il sole, Pontedera,
Bandecchi & Vivaldi Editori, 2001.
Firenze, 4 febbraio 2017
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