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Narrativa

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi narrativi inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
Notte di Natale di Rossana D'Angelo

Poesia in italiano

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Massimo Acciai Baggiani, Andrea Cantucci, Alessandra Ferrari, Italo Magnelli

Poesia in lingua

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Massimo Acciai Baggiani

Recensioni

In questo numero segnaliamo:
- "La compagnia dei viaggiatori del tempo" di Massimo Acciai Baggiani
- "La lingvovendejo", di Massimo Acciai Baggiani, recensione di Davide Zingone (esperanto/italiano)
- "Esercizi di volo" di Roberto Mosi
- "Arpaïs. La memoria delle anime imperfette" di Sabrina Ceni
- "La corte degli arlecchini / Curtea arlechinilor" di Liliana Ugolini e Mihaela Colin Cernitu
- "Spoiler: alla fine muoiono tutti" di Francesco Vico
- "Sonetti d'amore" di William Shakespeare, recensione di Emanuela Ferrari
- "La Divina Commedia 2" di Roberto De Gregorio, recensione di Emanuela Ferrari
- "Verso il fonetismo. Evoluzione della scrittura" Amerigo Iannacone, recensione di Emanuela Ferrari
- "Nam Myoho Renge Kyo, la legge del fiore di loto" Nichiren Daishonin, recensione di Emanuela Ferrari
- "Elogio dell’ozio" di Robert Louis Stevenson, recensione di Emanuela Ferrari

Articoli

Le poesie di Sara
di Massimo Acciai Baggiani
Firenze Libro Aperto: tre giorni alla Fortezza da Basso tra editori e autori
di Massimo Acciai Baggiani
Desiderio d'esser rondine: leggendo un poemetto di Fabio Strinati
di Massimo Acciai Baggiani
Farmaci e letteratura, ovvero perché sono contento di essere uno scrittore del XXI secolo
di Massimo Acciai Baggiani

Interviste

Scoprendo la poesia di Fabio Strinati
A cura di Massimo Acciai Baggiani
Parlando di farmaci e letteratura insieme a Giulia Bovone
A cura di Massimo Acciai Baggiani

Parlando di farmaci e letteratura insieme a Giulia Bovone
 

A cura di Massimo Acciai Baggiani 
 


 

Ho incontrato Giulia Bovone durante il XVII incontro di Autori & Amici di Marzia Carocci, qui a Firenze, il 6 maggio 2017. Sul tavolo, insieme agli altri libri degli autori presenti in sala, c'era questo curioso volumetto intitolato "I farmaci nella letteratura": stavo giusto leggendo il retro di copertina quando mi si avvicina questa ragazza mora, con gli occhiali, che si offre di autografarmi una copia nel caso volessi acquistarla. Iniziamo a parlare e scopro così una persona molto interessante, simpatica, che coltiva l'insolito hobby di raccogliere farmaci d'epoca nei mercatini dell'antiquariato. La proposta di intervistarla viene spontanea, così come l'idea di recensire il suo libro - di cui mi fa gentile omaggio. L'intervista avviene via e-mail una settimana dopo, abitando in città diverse (lei a Torino).

Qual è la tua formazione culturale? Quando e come hai iniziato a scrivere?

Ho frequentato il liceo scientifico e sono laureata in biologia. Ho sempre scribacchiato qualcosa, tipo diari o piccoli racconti come compito scolastico, ma mai nulla di serio fino alla Farmacia d’Epoca.

Quali sono le tue letture, gli autori che hai amato di più?

Prima di iniziare a scrivere e a fare ricerca per la Farmacia d’Epoca, devo ammettere che avevo molto più tempo per letture meno impegnate o comunque per testi che non fossero il “Manuale di Sieroterapia del Dottor Emilio Rebuschini” del 1898, o “il giardino di Esculapio” giornale per medici degli anni Cinquanta (sì, ammetto pubblicamente di leggere questa roba).
Personalmente prediligo Calvino, Eco, Pirandello, Bradbury, Lovecraft, Asimov, Wells, Doyle, Cornwell (solo le prime opere), ma leggo di tutto, praticamente divoro libri. Anche le “Notti Attiche” di Aulo Gellio (ho letto pure questo). Però in tutta sincerità, scrivere mi piace di più!

Come è nato il tuo interesse per i farmaci d’epoca e per la storia del farmaco?

Per caso. Mi sono sempre piaciute le grandi scatole di latta, tipo quelle Saiwa, dal design così Liberty, che se le fissi troppo ti trovi Gabriele d’Annunzio seduto in salotto (che tra l’altro è stato testimonial Saiwa), ma sono sempre state fuori dalla portata economica di una studentessa liceale. Così ho iniziato a raccogliere le latte che nessuno voleva e che potevo acquistare con poco, ossia quelle farmaceutiche, e più ne trovavo, più mi incuriosiva sapere cosa fossero, la loro datazione, chi li produceva, o se risultassero efficaci. Peccato che non fossero disponibili informazioni, libri o altro circa questi oggetti. Mi rendo conto che sarebbe stato più semplice vivere con il dubbio, ma non è nel mio carattere. Questo è il motivo per cui leggo vecchie opere farmaceutiche e mediche che chiunque giudicherebbe “al limite del soporifero”: mi servono per datare ed analizzare le confezioni di vecchi farmaci che recupero.

Ci puoi parlare del tuo blog La Farmacia d’Epoca?

Il blog La Farmacia d’Epoca è stato il passo successivo alla raccolta del materiale. Mi ero resa conto che i soli libri non bastavano, e avevo bisogno di mettermi in contatto con altri collezionisti ed appassionati che potessero aiutarmi, e da lì l’idea di creare uno spazio web, accessibile a tutti, dove poter leggere le informazioni sicure e certe che ero riuscita a trovare circa un determinato farmaco, ma anche partecipare: chiunque abbia ricordi circa un marchio farmaceutico può contattarmi e darmi una mano comunicandomi quanto rammenta. E’ un progetto in cui io credo molto, soprattutto per il fatto che rappresenta un “ponte” ideale tra epoche, accessibile gratuitamente da chiunque, come è giusto che sia. La conoscenza che non si diffonde, inevitabilmente muore.

Parliamo del tuo libro “I farmaci nella letteratura”, recentemente uscito per le edizioni N.O.S.M., in cui si uniscono il tuo interesse per la narrativa e quello per la scienza medica: come nasce questo progetto?

E’ un espediente per avvicinare al mondo della storia del farmaco anche chi non ne abbia mai sentito parlare prima. Mi rendo conto che un libro “secco e diretto” sulla storia della farmacia non avrebbe mai funzionato. Invece, prendendo spunto da citazioni in cui sono descritti farmaci o pratiche mediche tratte da opere famose di scrittori universalmente noti, come Flaubert, Dostoevskij, Hemingway, Fogazzaro, Dickens e molti altri, sarei riuscita a creare un punto d’incontro tra le due materie, rendendo digeribile la storia del farmaco anche a chi non è un appassionato. E poi non vuole essere un saggio di quelli seri e barbosi, ma un libro ironico e leggero, di quelli a cui dare una chance.

Nel tuo libro emerge chiaro il messaggio che fino a pochi decenni fa la farmacologia era molto più primitiva di quanto saremmo portati a pensare: pensi che nel futuro i nostri pronipoti daranno un giudizio simile sulla medicina attuale?

Macché pronipoti! Già i nostri figli ci troveranno antiquati! Da biologa spero di vedere con i miei occhi impiegare le tecnologie di editing del DNA in oncologia, per sostituire o riscrivere i geni all’origine della formazione tumorale. O ancora i nuovi farmaci antivirali per l’epatite C, i vaccini per il raffreddore, l’ampliamento delle conoscenze nelle patologie neurodegenerative: sono grandi traguardi, ma la ricerca, a piccoli passi, riuscirà a coprire grandi distanze.

A proposito di tempi passati: se tu avessi a disposizione una macchina del tempo, quale epoca storica ti piacerebbe visitare?

Nel passato no, non ci andrei: non ci sono gli antibiotici e tante altre comodità a cui questa donna del Ventunesimo secolo è abituata. Ma nel futuro sì, e ben volentieri. Non so se mi piacerebbe, ma lo preferisco di gran lunga.

Ci puoi dire qualcosa del tuo interesse per i romanzi horror?

Trovo che sia un genere che come non mai sia stato snobbato dal grande pubblico, risulta in qualche modo catartico, ed estremamente divertente da scrivere. Così come la fantascienza puoi galoppare a briglia sciolta, senza preoccuparti troppo della realtà o dell’attendibilità dei fatti. Scrivere scientificamente è pesante, poiché devi validare ogni tua frase e avere sempre con te le fonti di ciò che trasmetti al pubblico. Caratterialmente sono una persona razionale: non credo in fantasmi, demoni, alieni ed altro, ritenendo che a volte la realtà può essere più spaventosa di qualunque scenario letterario, ma è piacevole d’ogni tanto scrivere di getto e pochi sono quei generi che te lo permettono. Senza contare che non ho mai avuto il piacere di leggere un horror i cui protagonisti non siano dei decerebrati che se le vanno apertamente a cercare. Bene, ora l’ho detto, mettetemi pure alla gogna mediatica.

Hai pubblicato altri libri?

No, questo è il mio primo libro, al momento sto raccogliendo materiale circa la sanità di guerra, forse per un'altra opera, ma è tutto da vedere! Scrivo oltre che per il blog, anche per la rivista Diagnosi & Terapia.

Ti sei interessata anche all’etimologia dei nomi commerciali dei farmaci? Alcuni hanno nomi davvero curiosi, altri inquietanti, strani, criptici…

Ne ho visti e sentiti di tutti i colori: dal “Disintossicon” degli anni Venti, al “Santal” Granelli (che non era una bevanda alla frutta ma un farmaco per la disinfezione delle vie urinarie), passando per la “Crema Verginale” e lo spazzolino “Pro-phi-lac-tic”. Non mi sconvolge più nulla!

Progetti per il futuro?

Tantissimi! Al momento cercherò di far diventare il libro sulla sanità militare una realtà (è un testo che manca sul panorama italiano) e non sarebbe male impostarlo come confronto tra le due guerre, poi ci sono le conferenze sulla storia della farmacia, il libro i Farmaci nella Letteratura, che meriterebbe un sequel applicato ai “malati famosi nella realtà”, il blog La Farmacia d’Epoca e la speranza di portare il mio lavoro in ambiente accademico. Se poi bilanciando lavoro e ricerca scientifica ci esce anche lo spazio per qualcos’altro, va più che bene! Sono aperta a ogni tipo di suggerimenti, d’altronde mi diverto da morire a scrivere!

 
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