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Narrativa

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi in prosa inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
La città di Massimo Acciai (con traduzione in rumeno di Lucia Dragotescu), La Città della Gioia di Antonio Piccolo, Il meraviglioso viaggio estivo di Paolo Ragni, Sicilia, agosto 2008 di Francesco Trecci, Ogni mela al suo posto di Stefano Carlo Vecoli

Poesia italiana

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Massimo Acciai, Massimo Acciai e Matteo Nicodemo, Fabrizio Buratta e Faraòn Meteosès, Andrea Cantucci, Rossana D'Angelo, Alessandra Ferrari, Emanuela Ferrari, Iuri Lombardi, Cesare Lorefice, Roberto Mosi, Anna Maria Volpini

Poesia in lingua

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici inediti, in lingua diversa dall'italiano, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Massimo Acciai, Lucia Dragotescu, Manuela Leahu, Anna Maria Volpini

Eventi

La poesia in bicicletta: sette tappe con incontri e reading da Messina a Ragusa
nota di Enrico Pietrangeli

Recensioni

In questo numero:
- "Cronache degli artisti e dei commedianti" di Giorgia Tribuiani
- "Tuttoteatro" di Liliana Ugolini, nota di Massimo Acciai
- Una bella sorpresa: Barbara Baraldi, recensioni di Eduardo Vitolo
- "Parigi non finisce mai" di Enrique Vila-Matas, recensione di Elisa Giancontieri
- "Psicofantaossessioni" di Faraòn Meteosès, nota di Enrico Pietrangeli
- "Ogni mela al suo posto" di Stefano Carlo Vecoli, nota di Massimo Acciai
- "Briganti E Saltimbanchi" di Iuri Lombardi e Vincenzo La banca
- "Pashmina" di Antonio Ferrazzani
- "Il bravo figlio" di Vittorio Bongiorno, recensione di Simonetta De Bartolo
- "Melissa Parker e l'incendio perfetto" di Danilo Arona, recensione di Eduardo Vitolo

Interviste

Stefano Carlo Vecoli: scrittore viareggino
intervista a cura di Massimo Acciai
Damiano Mazzotti, autore di Uomini e Amori, Gioie e Dolori
intervista a cura di Massimo Acciai

Incontri nel giardino autunnale

Intervista a Marco Cimmino
A cura di Matteo Nicodemo

Teatro

Animanera: quando il teatro è continua sperimentazione
Intervista a cura di Alessandro Rizzo
Da "Romeo e Giulietta" di Shakespeare
interpretazione di Paolo Filippi e Maria Ianniciello

Articolo

L'illusione del sublime: Venezia in Fondamenta degli incurabili di Josif Brodskij
di Maria Cristina Famiglietti

In questo numero segnaliamo...
 




Faraòn Meteosès
Psicofantaossessioni
LietoColle - 2007 - 10,00 Euro


Nell'ormai vasto catalogo della LietoColle, nonostante l'inevitabile incorrere in qualche cronicizzata velleità artistica, sussistono ancora validi spunti. E' il caso di Faraòn Meteosès, che non è una delle tante redivive mummie del sottobosco della valle dei templi bensì novello giullare nell'anagramma di Stefano Amorese. Saltimbanco e cantore dei tempi a noi più prossimi e schizoidi, quelli di un post sperimentalismo privo di canoni e riferimenti. Radici e dotte asserzioni non mancano e mai languiscono, scaturiscono, tutt'al più, nelle caotiche simmetrie semantiche: un magma fluido, decomposto e mai putrido, dove la poesia interpreta la disperata ilarità del guitto e la forma non viene mai meno, anzi funge da contenitore per disinibite pulsioni. Un poeta che andrebbe ascoltato (oltre che letto) per cogliere quell' "armonia espressiva" che domina "disegni e strategie", come rilevato da Walter Mauro. Forte è il messaggio pubblicitario evocato e profanato nella sublimazione surrealista, penetrante cadenza il suo ritmo percorrendo l'asfittico, adrenalinico e agnostico vivere contemporaneo. Teatralizzante il suo istrionico incedere in salse variopinte, persino iperrealiste, traboccante del carico e delle caricature dell'odierna farsa cui si è sottoposti esistendo. Analogie ed allitterazioni, provocatori retaggi di avanguardie, persino il turpiloquio tra i possibili ingredienti di questo "frappè linguistico più analogico che logico", come giocosamente lo chiosa Claudio Comandini. Un uso della lingua a tutto campo, infarcito di citazioni latine ma anche di francese, di spagnolo e di gergo autoctono. Saltellando e sillabando non si rinuncia neppure ai cartoon tra qualche Mumble-mumble e le invettive di Bambini & sciacalli. Visionario allucinato, prossimo alle tematiche dell'assurdo e ben cementato nel Novecento. Lunga è la sfilza dei personaggi citati, un gossip senza precedenti e distinzioni, da Shiva ai fratelli Marx passando per Giulio Andreotti che, senza esitazioni, davvero lo apprezzerebbe. Contiene persino un versetto satanico, quello "in cui Maometto finisce di digerire l'arista di maiale" e, a seguire, in meno di tre righe c'è spazio per Buscetta, il Canaro, Rauti, Cossutta, Stalin e Hitler. Più nitido, divenendo a tratti persino lineare ed uniforme, emerge il rammarico struggente per quegli anni autenticamente impegnati e perduti in KM1999. Scontato il confronto col Palazzeschi più "giocoso e divertito" per Comandini che, nella sua "pirotecnica invettiva", intravede come meno approssimativo un accostamento a Zanzotto e la sua "sfrenatezza plurilinguistica". Preciserei ascendenze nel dadaismo più sincretico e performativo ma poi, vedendolo operare dal vivo, il poeta inevitabilmente si personifica nel personaggio, piuttosto che indagarlo e dissacrarlo. Resta la provocazione, onnipresente, tra trombette, tamburelli e campanellini, ma a prevalere, in questo caso, è lo stereotipo del menestrello. "Strisci a ridosso del fosso/come cobra zebrato con gli occhiali da sole" è l'incipit di Serpentario dove "la catarsi del muco" ci conduce alla "Fattoria globale", "eroina filosofica" prodotta dai "maiali di Orwell": "un'altra guerra di TROIA", la "lotta fra i Titani e gli dèi del mio Tartaro", il "cancro del Tropico". Incipit è anche titolo nonché testo d'apertura della plaquette, implosivo nelle sue "erezioni sottocute", "svilito virilmente" in un "congiuntivo che è congiuntivite". Bluff (forse non è un caso) è apparso anche in televisione oltre ad essere già presente su diverse antologiche, come nel caso di gran parte del materiale qui riprodotto. Psicofantaossessioni denota inventiva e ricerca in un lungo e opportuno percorso d'incubazione. E' un libro che racchiude lavoro, sintesi di una feconda evoluzione forgiata tra grovigli di eredità eterogenee, per questo "senza calchi di modelli immediati", come ribadisce Comandini constatando una buona ragione per consigliarne la lettura.


Nota di Enrico Pietrangeli - 2007

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Parigi non finisce mai

Paris no se acaba nunca (Parigi non finisce mai) è il titolo dell'ultimo capitolo di Fiesta di Hemingway, ed è anche il titolo che Enrique Vila-Matas ha scelto per il libro in cui racconta il suo apprendistato letterario a Parigi.
Se dovessimo leggere quest'opera senza sapere nulla della biografia dell'autore, potremmo pensare che sia scritto da un signore di mezza età che, con una certa indulgenza ed ironia verso se stesso, ripensa ai suoi infruttuosi tentativi letterari ai quali ha con gli anni rinunciato per lasciare il posto ad attività più "serie". Mai ci verrebbe in mente che questo ragazzo alla ricerca di un manuale che spieghi in poche semplici regole come scrivere il romanzo perfetto, sia diventato uno dei principali scrittori spagnoli contemporanei, tradotto in moltissime lingue:

"Come si fa un romanzo mi aveva attirato l'attenzione a causa del titolo, poiché pensai che parlasse di ciò che io proprio non sapevo fare. Invece no, parlava di tutto tranne di come si scriveva un romanzo"

È infatti incredibile con quanta ironia parla di se stesso lo scrittore di Barcellona in questo romanzo dove si tenta sempre di capire quale sia l'aneddoto inventato e quale quello vero.
Enrique arriva a Parigi nel febbraio 1974 per condurre la stessa vita da scrittore che aveve condotto Hemingway:

"Perché da quando avevo quindici anni e lessi d'un fiato il suo libro di ricordi di Parigi e decisi che sarei diventato cacciatore, pescatore, inviato di guerra, grande amante e boxer, cioè, che sarei diventato come Hemingway. Qualche mese dopo, dovendo decidere che percorso universitario intraprendere, dissi a mio padre che volevo'studiare da Hemingway'… 'Questa non è una professione' mi disse, e qualche giorno dopo mi iscrisse alla facoltà di Legge"


Da vero scrittore bohemien affitta una chambre de bonne nel Quartiere latino, e la sua padrona di casa è Mme Marguerite Duras:

"Al prezzo simbolico di cento franchi al mese, e dico simbolico perché così capii o volli capire io, che mai pagavo l'affitto prima delle proteste della mia padrona di casa",

una padrona di casa che, nonostante questi piccoli problemi di comunicazione verrà in aiuto del giovane aspirante scrittore dandogli una "ricetta medica" per riuscire a scrivere il suo primo romanzo: La asesina ilustrada.
Saranno vere tutte le cose che Vila-Matas racconta sul suo soggiorno parigino, in cui, contrariamente a Hemingway che fu molto povero e molto felice, fu molto povero e molto infelice?

Sarà vero che ha provato a rimorchiare Isabelle Adjani senza sapere che aveva appena finito di girare un film con Truffaut? E che una volta a settimana andava a fare la doccia in un bagno pubblico della Gare d'Austerlitz perché nella sua chambre c'era solo il lavandino?
Lascio a voi il compito di immaginarlo, se vi sarà venuta voglia di leggere questo libro (la traduzione italiana è edita da Feltrinelli) che reinterpreta in modo originale il classico tema dell'educazione sentimentale.

Elisabetta Giancontieri

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Titolo: Pashmina
Autore: Ferrazzani Antonio
Editore: Edizioni della Meridiana
Data di Pubblicazione: 2005
Collana: Tutt'altro. Narrativa
ISBN: 8887478759
ISBN-13: 9788887478754
Pagine: 176

L'OPERA
Sette racconti. Sette spaccati di vita, che vogliono essere altrettante riflessioni sulla vita medesima - analizzata nelle sue pieghe utilizzando il motivo principe dell'amore, dell'eros. Così, di volta in volta, vengono posti in primo piano i temi del sesso, della passione, della stima reciproca, della fedeltà, del tradimento, punti di partenza per osservazioni intorno al dolore, alla malattia, alla morte, all'amicizia o all'inimicizia, alla presenza o all'assenza di Dio. Con stile efficace, l'autore cerca di far penetrare il lettore nell'universo psicologico e umano dei protagonisti, per farne cogliere le emozioni e l'intensità delle sensazioni.

L'AUTORE
Antonio Ferrazzani si laurea in Scienze Politiche all'Università di Napoli, e quindi in Lingua e Letteratura Inglese all'I.U.O. della stessa città. Ancora ventenne inizia la sua avventura narrativa e pubblica Dénouement per i tipi di Città Armoniosa - secondo classificato al Premio Napoli 1982 -, e Sindrome di Peter Pan per i tipi della Edimond nel 2003.
Sito web: http://www.ferrazzaniantonio.net/

Racconti molto introspettivi, nello stile tipico dell'autore (di cui ho avuto occasione di leggere tre romanzi); le storie, cariche di una sottile tensione, si leggono tutte d'un fiato. Una lettura che consiglio a chi ama l'approfondimento psicologico dei personaggi, entrare nella loro testa e comprenderne le motivazioni a livello più profondo.

Massimo Acciai

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CRONACHE DEGLI ARTISTI E DEI COMMEDIANTI

Caserta- Circolo Nazionale Caserta, Amici del Liceo Scientifico "ALIS" - Caserta .
Nell'ambito delle celebrazioni per il 150° anniversario della fondazione del Circolo Nazionale ci sarà la presentazione del libro di Giorgia Tribuiani: "CRONACHE DEGLI ARTISTI E DEI COMMEDIANTI" .
Lunedì 23 giugno 2008 - ore 18,00 Circolo Nazionale, Sala degli Specchi, piazza Dante - Caserta. Programma: Saluti Gen. Antimo Ronzo - Presidente del Circolo Nazionale. Interventi: Prof. Antonio Malorni Presidente Associazione "ALIS", Prof. Aldo Masullo Professore Emerito Università Federico II di Napoli, Prof.ssa Anna Giordano Presidente Coordinamento Associazioni Casertane. Modera Dr.ssa Marinella Carotenuto - Giornalista. Sarà presente l'Autrice.
Con il patrocinio dell'Associazione culturale NARRAZIONI (Comunicato inviato dal prof. Aldo Altieri)

Un viaggio tra il surreale e il fantastico, tra invenzioni oniriche e suggestioni visionarie.
La mancanza di certezze e i conflitti umani vengono raccontati sottoforma di parabole letterarie: ci imbattiamo in Venere che, scesa dalla Torre d'Avorio, finisce per prostituirsi nella grande metropoli; veniamo trasportati nel grande palazzo del Carnevale, nel quale è necessario creare una maschera di cartapesta identica a tutte le altre per poter sopravvivere; giungiamo su Rerat, dove gli uomini - nati con una gamba sola - partecipano a una grande pesca di beneficenza che donerà loro strane, sinistre seconde gambe; facciamo la conoscenza di un giovane convinto di essere il creatore di tutto ciò che lo circonda e di un altro che vede sparire a poco a poco le persone e le cose compongono il suo mondo. Vita e arte tessono tra queste pagine una tela in grado di intrappolare storie in apparenza dissimili tra loro; artisti e commedianti, intanto, intrecciano le loro storie fino a lacerare irreparabilmente il confine che li separa.


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Briganti e saltimbanchi
Iuri Lombardi e Vincenzo Labanca


Il romanzo è edito dalla casa editrice del Prof. Vincenzo Labanca, coautore del romanzo, di Rivello PZ, già noto scrittore, le cui opere sono reperibili in Basilicata e Puglia. Il romanzo nasce dalla fusione e dal confronto di due poetiche diverse tra loro, quella mia e quella di Vincenzo che, nel tentativo originario, ha cercato di costruire un'opera che si ricollegasse al filone del nuovo romanzo antropologico. Un filone che nasce in Basilicata con Raffaele Nigro con il suo romanzo d'esordio I fuochi del basento e che in seguito si è sviluppato attraverso il romanzo di Mariolina Venezia Mille anni che sto qui e con i romanzi storici sul brigantaggio di Vincenzo Labanca. Sì, si tratta di un vero e proprio filone di rinascita per il romanzo d'analisi sull'uomo e sul territorio, una analisi che in parte iniziò con Carlo Levi in Cristo si è fermato ad Eboli, proseguì con Ernesto De Martino e suoi studi antropologici sino ai giorni nostri. Il romanzo racconta la storia di due circensi, un uomo e una donna, che incontratesi per caso a Perugia nella torrida estate del 1861 decidono di intraprendere un sodalizio artistico e in seguito di fare un viaggio in Basilicata perché curiosi di capire la rivolta dei cafoni, cioè il brigantaggio post unitario che scoppiò in opposizione al nuovo regime unitario proprio nel giugno del 1861. Inoltre, il romanzo si sviluppa tramite due diari; quello dell'uomo e quello della donna che raccontano gli stessi fatti dai loro differenti punti di vista.
Marta e Andrea, questi i nomi, in un primo momento saranno solo spettatori di quella rivolta che ha i colori di una vera e propria guerra civile ma, in seguito, per varie vicissitudini e colpi di scena, diverranno consapevoli della storia e in parte briganti anche loro. Il tutto attraverso una miscela narrativa che amalgama aspetti privati e civili assieme. Il romanzo si compra tramite di me (iuri.iulombardi@libero.it), quindi colui che è interessato dovrebbe chiamarmi e comperare la copia.

Iuri Lombardi

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Titolo Libro: Il bravo figlio
Nome Autore: Vittorio Bongiorno
Casa Editrice: Rizzoli
Anno Edizione: 2006
Codice ISBN: 88-17-01405-2
Pagine: 197
Prezzo: Euro 17, 00

Alla notizia dell'omicidio del padre di Turi Casablanca, il suo migliore amico, Nino Scialoja, giornalista, ripercorre con la mente il suo passato, a partire dal trasferimento, nel 1986, con la famiglia, dall'amata Bologna all'infida Palermo, dove "la morte non è mai silenziosa". "Il bravo figlio" si presenta, fin dalle prime pagine, come romanzo fortemente realistico nel suo complesso e negli espliciti riferimenti ad avvenimenti particolarmente noti. L'iniziale recupero memoriale di Nino, "Siamo piccoli e viviamo in un tempo unico e sospeso…", ci fa pensare subito al leopardiano senso della felicità dell'infanzia, ma il discorso narrativo cambia e la tragicità del vivere, l'inevitabilità di un destino in cui il sangue chiama altro sangue e l'odio alimenta altro odio, senza che un deus ex machina scenda a spezzare la spirale di violenza, ci calano nella difficile realtà della città di Palermo, incancrenita dalla diffusione della droga, in un tessuto sociale in cui, attraverso secoli e secoli di dominazioni straniere, si sono sedimentati modi di vivere e di pensare improntati alla diffidenza, al servilismo, alla paura, alla viltà, alla violenza, armi ritenute necessarie nella lotta per la sopravvivenza; tutto sotto la cappa plumbea della mafia.
Struttura narrativa semplice, moderna e ben articolata, non priva di attinenti e qualificati riferimenti al mondo della musica, al cinema e alla letteratura, tono discorsivo incalzante, dialoghi a volte intrisi di amara ironia, spesso veloci "botta e risposta", frammentati da silenzi "<<…>>", resi più caldi ed incisivi da espressioni tipiche del linguaggio parlato e del dialetto siciliano, veicolano la trattazione di importanti argomenti, tra i quali quelli della psicologia dell'età evolutiva: il difficile adattamento di Nino Scialoja alla società palermitana, l'inadeguatezza e l'inserimento irto di ostacoli, spesso, umiliante, nel gruppo di ragazzini che gioca vicino casa, la ricerca di sé, l'amicizia solidale di Turi, la curiosità di visitare il "Pirtùso…, rifugio degli ascari", l'iperprotezione dei genitori, ciechi alle sue esigenze, alle sofferenze, alle difficoltà, ecc.; le domande inquisitorie e le bugie. Il comportamento del padre di Nino, magistrato della Procura antimafia, figura canonica del servitore dello Stato, ricorda, soprattutto nella prima parte, un po' Roberto Benigni di "La Vita è bella"; il suo autoritarismo, la graniticità dei suoi convincimenti che non lascia spazio al dubbio e alla ricerca critica della verità, "se la verità servisse a qualcosa nella vita", alimentano i contrasti generazionali tra genitore e figlio e altri comportamenti tipici dell'età adolescenziale; le telefonate di "amici" che non esistono insospettiscono; la protezione dello Stato genera tensione e nevrosi nella famiglia e Nino si opporrà all'idea che "i destini dei figli sono segnati dai padri", rivendicherà la libertà di realizzarsi autonomamente. Il padre di Turi, mafioso, losco uomo "d'affari", con i suoi viaggi misteriosi, dall'aria impenetrabile, "raccontastorie" anche lui, ecc. genera nel figlio interrogativi, dubbi, perplessità. Storie parallele che coinvolgono i due giovani amici, Nino e Turi, che gustano l'ebbrezza di essere sfuggiti agli sbirri, delle gare, delle esplorazioni di luoghi poco frequentati, delle scorribande con Violenzo, Benuccio , Rataplan e Sciarlò, che provano l'emozione della scoperta del sesso, che sfidano i professori di una scuola che ha perduto ormai la sua funzione educativa, che attuano la loro vendetta con l'incendio dell'edificio scolastico. Insomma, "un mondo intero di scappati di casa, affamati…, Tutti contro tutti. O, al massimo, tutti contro il più debole". Dietro certi atteggiamenti, però, si nasconde il desiderio di libertà, l'illusione atavica dei giovanissimi di poter cambiare il mondo, il vuoto, la sofferenza, la solitudine, ma… "Non bisogna avere paura".

Simonetta De Bartolo

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Tuttoteatro
di Liliana Ugolini
Editrice Joker 2008
pagg. 126 € 15,00

Il volume raccoglie la produzione teatrale di Liliana Ugolini, poetessa nota per la sua ricerca interdisciplinare tra teatro e poesia. Si tratta di lavori poetici messi nello spazio alla ricerca di una teatralità del verso poetico. Utile ed esplicativa la prefazione di Sandro Montalto sulla originalità di questa esperienza drammaturgica a cui fanno eco, in conclusione di volume, gli articoli della stessa autrice dal titolo "Teatralità della poesia e poeticità del teatro" e soprattutto "La scrittura in scena" in cui la Ugolini pone 10 domande a quattro autrici proprio sul tema che lei ha sviluppato con le sue opere: il rapporto tra teatro e poesia.

È stato un piacere trovare i lavori teatrali di Liliana riuniti in un unico volume: un'occasione per rileggere i testi che già conoscevo e scoprire gli altri, ma anche per una panoramica aggiornata sull'attività dell'autrice ed una riflessione sulla medesima contenuta nei saggi in appendice. La rilettura de "La favola dello spettacolo" mi ha riportato alla memoria la messa in scena, a casa di Liliana, a cui ho avuto l'onore di assistere nel maggio 2006 (all'epoca avevo riportato quell'esperienza sulle pagine della rivista, insieme ad un'intervista alle bravissime interpreti - fra cui la stessa autrice del testo [leggi]. Sarebbe banale dire che assistere allo spettacolo è una cosa diversa da leggere un testo teatrale sulla carta, privo quindi di tutto ciò che lo vivifica attraverso la recitazione, ma anche del contesto domestico in cui è stato pensato; pure la lettura (la ri-lettura) mi ha permesso di riflettere su molti passaggi non colti nella rapidità e "multimedialità" della rappresentazione scenica. "Delle Marionette, dei burattini e del burattinaio" invece l'avevo letto nella versione in volume, poi riadattata per il teatro, ed avevo segnalato anche questo libro quando uscì [leggi]; anche in questo caso la ri-lettura nella versione per il palcoscenico mi ha dato elementi nuovi. Il libro mi aveva molto colpito, così la sua trasposizione proposta in questo volume. Il tema delle marionette, ricorrente in Liliana, lo ritroviamo tra l'altro anche nel primo testo, "Marionetteemiti". Di "Impersonate" invece ho un ricordo personale legato all'intervista realizzata con Liliana, alle Giubbe Rosse (erano presenti anche la poetessa Mariella Bettarini e il poeta Andrea Cantucci) nel 2005, durante la realizzazione del dvd "Firenze Poesia": in quell'occasione ho assistito ad una lettura veramente da brivido di "Medea" - una piccola messa in scena, si potrebbe dire - da parte della stessa autrice, davanti ad un caffè al tavolino del celebre locale fiorentino. È stato interessante scoprire anche le altre protagoniste femminili del volume, poi adattato anch'esso per il teatro. Certo, il teatro di Liliana Ugolini non è il teatro canonico, a cui siamo abituati. Si tratta di un teatro poetico, in cui la parola - la parola poetica - è protagonista e tutto le ruota intorno (le maschere, i costumi, gli effetti sonori e visivi, e da non sottovalutare l'ambientazione stessa - nelle abitazioni private). Poter leggere e rileggere le frasi preziose ed essenziali è importante per poter penetrare a fondo ogni lavoro teatrale, confrontarlo magari con il libro da cui è talvolta tratto, cogliere ogni sfumatura, assaporare ogni dettaglio.

Massimo Acciai

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Una bella sorpresa: Barbara Baraldi

Mi sono avvicinato a questo libro con la curiosità, da lettore incallito, di scoprire una nuova autrice e questa mia scelta è stata premiata.
Barbara Baraldi mi ha convinto in pieno.
Ma andiamo con ordine.
Questo giallo Mondadori (anche se ha sfumature decisamente Horror soprattutto nella seconda storia) consta di due romanzi brevi e di un racconto.
La prima che da anche il titolo al libro è una storia fatta di violenza, di ossessioni, di prevaricazioni. di follia, di solitudine.
Raccontare la storia sarebbe un vero delitto.
Posso solo sbottonarmi dicendo che i personaggi sono ben delineati e dal forte impatto emotivo.
Il plot narrativo con tutti i suoi intrecci, rimandi e citazioni (soprattutto queste ultime strappano più di un sorriso di approvazione) è coinvolgente e costruito con dovizia di particolari.
L'unico disappunto che ho avuto alla fine della lettura è che la cosiddetta "Bambola di cristallo" è un po' messa in secondo piano rispetto al resto ma credo che l'autrice abbia già in testa una prosecuzione quindi…dovremo attendere.
Il secondo romanzo breve "Il giardino dei bambini perduti" è ( a mio avviso) il vero capolavoro del libro.
Bellissime e suggestive le ambientazioni nella campagna emiliana.
E per chi l'ha conosciuta ( io ho avuto questa fortuna) posso dire che in Italia non esiste posto più gotico e oscuro dove ambientare un storia.
L'autrice ha saputo costruire con mestiere quel silenzio innaturale dei boschi e dei terreni coltivati che sin dall'alba dei tempi ha creato negli uomini paure ancestrali e notti insonni.
Quindi angoscia e terrore a palate con una saggio uso delle parole e delle descrizioni.
La storia coinvolge sin dalle prime battute ed è aperta ad un finale a sorpresa (agghiacciante).
Meglio di così.
Il racconto finale è un buon Noir di azione adatto ad una lettura fluida e veloce.
La Baraldi merita attenzione.
Bando alle esterofilie e alle americanate e diamole una chance.

Eduardo Vitolo

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E' uscito in questi giorni edito da REM edizioni di Palmi il volume "Ogni mela al suo posto" di Stefano Carlo Vecoli e altri autori, vincitori del premio Le Agavi Panormus 2007. http://www.remedizioni.it/ 
Potete richiederlo in libreria, direttamente all'autore o alla casa editrice

Meritevoli di lettura quasi tutti i racconti del libro, ma quello più notevole è quello da cui prende il titolo la raccolta, vincitore non a caso del premio (per un'intervista all'autore, clicca qui). Un racconto breve ma molto incisivo, che pone un'importante questione filosofica sulla "ripetibilità" dell'essere umano e su ciò che realmente lo distingue ad esempio da una mela in un cesto. Le riflessioni del protagonista lo portano ad una sorprendente conclusione.

Massimo Acciai

Leggi l'intervista all'autore

Leggi il racconto

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Danilo Arona
Melissa Parker e l'incendio perfetto
Dino Audino Editore 2006


L'ho finito da qualche mese ma un senso di inquietudine e di angoscia serpeggia ancora sotterraneo tra le pieghe oscure dei miei pensieri.
Appena letto non ho dormito per un paio di notti.
Erano anni che un libro non mi spaventava e mi assorbiva così tanto.
Una frase mi martellava tra la veglia ( tanta!)e il sonno (poco!) osservando il lume, precauzionalmente acceso accanto al letto.
"Possibile sia tutto vero?"
"E' accaduto realmente?"
Partiamo dall'inizio:
Lo scrittore alessandrino Danilo Arona, noto ricercatore di fatti misteriosi e paurosi nella sua terra natia ( da lui ribattezzata "Bassavilla") si imbatte, attraverso una serie di coincidenze quantomeno strane, nella leggenda metropolitana di Melissa, un fantasma che sembra infestare di notte un tratto della autostrada che collega Milano a Bassavilla.
Scavando a fondo scopre che sono state fatte diverse denuncie ai Carabinieri e all'Anas (ed esistono testimonianze quantomeno agghiaccianti ) della presenza del fantasma di una donna ( a quanto si dice extracomunitaria, morta investita da un tir ) che ogni notte attende un passaggio o un aiuto a lato della carreggiata.
Segno distintivi: un giubotto rosso e capelli biondi.
Da qui una serie di fatti che entrano a far parte, tra la cronaca e la fiction, di uno dei misteri più affascinanti che si siano visti di recente nella rete ( terra di misteri per antonomasia)
Il libro godibilissimo e scorrevole, è strutturato in modo che sembri più un saggio che un vero e proprio romanzo .
L'ho divorato in una sola serata.
Poi la paura e la decisione di accendere un lume sul comodino perchè le ombre della mia stanza sembravano fin troppo vive.
Sconsigliato agli impressionabili.
Consigliato agli amanti dell'horror.

Eduardo Vitolo

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Roberto Mosi
Florentia
Edizioni Gazebo, 2008
euro 10
email: r.mosi@tin.it


Presentazione del libro

Attraverso le piazze
ricerco pagine di storia,
immagini di vita,
l'idea della bellezza.

R. M.

Questa raccolta di poesie è il ritorno a Firenze, la mia città, per incontrarla ancora una volta nella sua bellezza, nelle contraddizioni di oggi, nelle speranze per il domani. E' anche, naturalmente, l'incontro con me stesso, il rapporto con la storia vissuta nella città.
Vivere a Firenze è una fortuna. E' immediato il dialogo con la bellezza. Rifuggo da un atteggiamento di semplice godimento estetico, mi piace pensare all'idea di bellezza come luogo d'incontro, come laboratorio nel quale gli infiniti punti di vista delle forme d'arte e delle culture dialogano fra loro, continuano a ricercare nuovi percorsi di senso e di prospettiva.

La mia ricerca parte dal vivere giorno per giorno questo patrimonio complesso e fragile, nella città murata e nel paesaggio delle colline. Sembra naturale avvicinarsi in punta di piedi a questa storia, per ascoltare, senza escluderne alcuna, il suono molteplice delle voci e cercare di fissarlo nei versi della poesia. Il nome Florentia, scelto per questa raccolta, svela questa intenzione.
Fui contento, quando qualche tempo fa, tolte da Piazza della Signoria le lastre di pietra di origine settecentesca, comparvero le vasche (fullonica) per la tintura dei panni insieme a costruzioni del I secolo a.C. e dei secoli successivi, chiari segni delle origini romane della città e di una storia legata, secondo il significato del nome, alla fertilità del terreno e, mi piace pensare, alla sua vocazione di luogo fertile di incontri e di idee. I resti emersi dagli scavi dimostravano in maniera concreta che Firenze non è solo quella del Rinascimento. Non si deve allora compiere l'errore di partire (e fermarsi ... ) da un'unica epoca, quella del Rinascimento per costruire l'intero volto di Firenze, con il rischio di perdersi nella rete della retorica.

La raccolta esprime appunto l'interesse ad incontrare Firenze come persona viva, in carne ed ossa, nella sua interezza.
Di questo incontro fanno parte pagine di storia recente, di solito trascurate, come la memoria del lavoro, della vita quotidiana nel centro urbano e nelle periferie: credo che la voce della poesia possa portare un contributo perché non si disperdano i ricordi, i segni della nostra vita recente rappresentati da fabbriche storiche come la Manifattura Tabacchi o la Galileo, teatri di lotte per l'emancipazione sociale e civile.
Fanno parte inoltre di questo incontro le sorprese che ci possono riservare le piazze e le strade osservandole con occhi curiosi. Mi accorgo che nel mio modo di guardare, rimane qualcosa dei giochi dell'infanzia, come quello di contare i passi attraversando una piazza, di fermarmi su particolari strani - le sessanta api in rilievo nel monumento equestre di piazza dell'Annunziata - per costruire storie fantastiche, di ricercare nel gioco degli spazi forme geometriche da comporre insieme come avviene nei quadri di Vasily Kandinsky.

Fra le sorprese è poi sempre più frequente la scoperta di scene di vita legate a condizioni di miseria, a storie di migrazioni: la poesia ne può, anzi direi, ne deve parlare. Come sappiamo, il suo linguaggio è qualcosa di speciale, coglie, di solito, l'aspetto essenziale, autentico, delle cose, con l'aiuto di tutti i nostri sensi. Ha la capacità di arricchire lo sguardo di tutti noi, di guardare nel profondo, di stabilire relazioni insolite fra persone, di ieri e di oggi. Sullo sfondo dei luoghi classici del Rinascimento fiorentino sorprende, a volte, la presenza di scene di povertà, di degrado, come ferite. Sul taccuino, ideale, che porto nel mio vagabondare per la città, ho fissato la figura di giovani immigrati che vivono sui marciapiedi, lo scontro con le forze dell'ordine, i tratti di una compagna dei tempi di scuola che vive ai margini della città, alla stazione, la voce folle della donna affacciata alla finestra. Tutti siamo partecipi di questo, sono fatti che accadono intorno a noi giorno per giorno, momento per momento.

Il nostro occhio è attento a come agisce il potere nella città, vediamo che a volte interviene con modi sbrigativi, che sono lontani da quella cultura dell'accoglienza che fa parte della nostra storia e si è fatta di pietra e di calce nella costruzione di un numero incredibile di ospitali per i diseredati, i pellegrini.
Fra le voci della città particolare risalto ha quella dell'Arno, fiume-padre e fiume-minaccia per la città. Le piene del fiume sono uno spettacolo per i fiorentini di particolare suggestione e fonte, come noto, di rinnovate paure. Vediamo in particolare che le piene trascinano una massa incredibile di detriti, di rifiuti, di residui che si accumulano lungo le rive del fiume e sono una ferita all'incanto dei luoghi.

Credo che ci debba essere oggi uno spazio per la voce della poesia civile, di denuncia, di richiamo a principi fondanti di solidarietà, di rispetto, di amore: è una voce che può risuonare alta in una società, come la nostra, spesso afona e distratta. Può essere di conforto avere a portata di mano, con il nostro taccuino, i colori della memoria. Senza memoria si vive in un presente indistinto nel quale prevale la paura dell'altro, emerge facilmente il sonno della ragione. Credo che per il discorso poetico sia naturale stabilire una stretta relazione fra ieri e oggi, fra le nostre radici - spesso di emigrazione, di miseria, di persecuzione politica - e le speranze per il futuro.

Mi accorgo che molte pagine dei miei appunti evocano i toni grigi dell'epoca che stiamo vivendo e, forse, della mia età avanzata. E' naturale ricercare in ogni direzione, le ragioni della speranza, dell'amore, nutrimento primo della poesia. Ho presente le voci di migliaia di giovani che sei anni or sono invasero con le loro bandiere per la pace i viali di Firenze in occasione del Social Forum; l'impegno alacre dei ragazzi e delle ragazze che frequentano i nuovi edifici dell'università, nel quartiere-dormitorio di Novoli o in altre parti della città.

Mi accorgo infine che il filo che tiene uniti molti fogli della raccolta di poesie è l'allegria contagiosa dei bambini, quello che scorgiamo nei loro sguardi innocenti. Per mille versi vorrei cantare il senso, la gioia che ci trasmettono, vorremmo che il suono delle loro risa, dei loro giochi fosse sempre più al centro della vita della città.


R. M.

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