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Narrativa
Questa rubrica è aperta a
chiunque voglia inviare testi in prosa inediti,
purché rispettino i più elementari principi
morali e di decenza...
La città
di Massimo Acciai (con traduzione in rumeno di
Lucia Dragotescu),
La Città della Gioia di Antonio
Piccolo, Il
meraviglioso viaggio estivo di Paolo
Ragni, Sicilia, agosto
2008 di Francesco Trecci,
Ogni mela al suo posto
di Stefano Carlo Vecoli
Poesia italiana
Poesia in lingua
Questa rubrica è aperta a chiunque voglia
inviare testi poetici inediti, in lingua diversa
dall'italiano, purché rispettino i più
elementari principi morali e di decenza...
poesie di Massimo Acciai,
Lucia Dragotescu,
Manuela Leahu,
Anna Maria Volpini
Eventi
Recensioni
In questo numero:
- "Cronache degli artisti e dei commedianti"
di Giorgia Tribuiani
- "Tuttoteatro" di Liliana Ugolini, nota di
Massimo Acciai
- Una bella sorpresa: Barbara Baraldi,
recensioni di Eduardo Vitolo
- "Parigi non finisce mai" di Enrique
Vila-Matas, recensione di Elisa Giancontieri
- "Psicofantaossessioni" di Faraòn Meteosès,
nota di Enrico Pietrangeli
- "Ogni mela al suo posto" di Stefano Carlo
Vecoli, nota di Massimo Acciai
- "Briganti E Saltimbanchi" di Iuri Lombardi e
Vincenzo La banca
- "Pashmina" di Antonio Ferrazzani
- "Il bravo figlio" di Vittorio Buongiorno,
recensione di Simonetta De Bartolo
- "Melissa Parker e l'incendio perfetto" di
Danilo Arona, recensione di Eduardo Vitolo
Interviste
Incontri nel giardino
autunnale
Teatro
Articolo
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L'illusione del sublime: Venezia
in Fondamenta degli incurabili di Josif
Brodskij
L'oblio forzato è stato per lungo
tempo il compagno del ritiro in occidente dello
scrittore russo Josif Brodskij (1940- 1996).
Divenuta una costante critica senza la quale, con
tutta probabilità, sarebbe impossibile capire la
vita e le opere di questo autore, la sensazione di
forzata solitudine e impossibilità a confrontarsi
direttamente con la sua patria che lo aveva voluto
esule, sarà lo scenario preferito dei suoi affreschi
poetici.
Fin da giovanissimo lasciò gli studi e si interessò
alla politica, alla sottile contestazione che
animava le giovani coscienze reazionarie russe. Fu
costretto all'esilio nel 1972 e ripiegò sugli Stati
Uniti, in quegli anni paese più democratico e aperto
alle nuove idee.
Poeta e scrittore illuminato, all'inizio fu
certamente influenzato dall'acmeismo di Mandel'stam;
raggiunse poi livelli poetici molto alti, e presto
il suo nome fu conosciuto in tutto il mondo, e così
apprezzato che nel 1987 gli venne conferito il
premio Nobel.
Brodskij fu l'esule di una Russia dittatoriale e
chiusa. Mandato via da un regime oscurantista che
non permetteva agli artisti di esprimersi a pieno,
visse gli anni della maturità viaggiando tra Europa
e America. La Russia non permetteva espressioni di
dissenso, e tanto meno critiche al suo regime. A
questo proposito ricordiamo Michail Bulgakov, il cui
Maestro e Margherita dovette aspettare le edizioni
inglesi per vedere le stampe nella forma integrale,
censuratissima in patria, a ancor oggi considerato
uno dei capolavori della letteratura moderna. La
maggior parte degli scrittori del Novecento russo
furono soggetti non solo a censura, ma molte volte a
vere e proprie persecuzioni politiche, che potevano
anche sfociare in deportazioni e pene perfino
peggiori. Gli attacchi satirici e pungenti al regime
si tradussero per molti di loro nell'esperienza
dell'esilio. Si dovrà aspettare il 1991 con il
crollo del Partito comunista e la fine dello stato
sovietico per avere una nuova rinascita della
coscienza culturale russa, coscienza che ancor'oggi
si muove a passi incerti e timidi sulla scena
mondiale. Nonostante il clima oscurantista degli
anni delle dittature, ci sono pervenuti- molto
spesso attraverso edizioni inglesi o americane-
diversi capolavori. Chi non conosce la storia del
Dottor Zivago di Boris Pasternak? Pensate che in
Italia questo romanzo venne pubblicato nel 1957,
mentre l'edizione russa arrivò solo nell'87.
L'autore fu costretto dalle autorità sovietiche a
rifiutare il Nobel, perché il suo romanzo conteneva
accenni di critica al marxismo, per questo non degno
di essere plaudito dai suoi compatrioti, tanto meno
di essere letto. Anche in questo caso, il successo
fu immediato, come avviene per ogni cosa proibita.
Molte menti illuminate della Russia del secondo
Novecento non ebbero la soddisfazione di vedere la
prima stampa delle loro opere in patria; per poter
pubblicare anche all'estero, erano spesso costretti
ad usare pseudonimi, come fece Andreij Simiavskij,
conosciuto come Abram Terz, autore di un saggio
polemico sul socialismo moderno.
Chiusa la breve parentesi sulla situazione politica
e culturale della Russia ai tempi di Brodskij,
concentrerò le prossime righe su una delle numerose
opere di questo poeta: Fondamenta degli Incurabili.
Opera scritta nel 1989, quando il Consorzio Venezia
Nuova chiese all'illustre ospite di dedicare qualche
bella pagina alla città che tanto amava. Brodskij
scelse il titolo per dare un'ulteriore valore
simbolico a quello che, senza dubbio alcuno, è il
più simbolico dei suoi scritti in prosa. Fondamenta
degli incurabili deriva il suo nome dall'ex Ospedale
degli incurabili, struttura eretta dall'architetto
Jacopo Sansavino (1486-1570). La scelta di un nome
parlante rimanda il senso alla memoria di una
sofferenza lontana, condizione sentita come propria
anche dal poeta, il cui destino psicologico e fisico
è legato ad un disagio costante, di esule e di uomo.
Accetta l'invito dei veneziani a parlare della loro
città, del luogo che per tanto tempo ha sentito
anche suo, e dove ha scelto di essere sepolto, come
ultimo estremo omaggio. Brodskij aveva eletto
Venezia luogo dell'anima, proprio per la sua unicità
e decadenza. A qualsiasi turista, occhio indiscreto
e capace di assorbire significati profondi, Venezia
resta impressa nella memoria per sempre, a causa del
suo essere inconfondibile, diversa da tutti gli
altri luoghi. Una città " […] talmente narcisista
che ritrasforma la mente in un amalgama,
alleggerendola del suo significato".
Nel ricordo Venezia è associata all'acqua, perché la
sua più grandiosa caratteristica è quella di esservi
sospesa, appoggiata e perduta, in cui " […] il sole
scavalca la propria immagine dorata ai piedi di San
Giorgio e va a danzare sopra le innumerevoli squame
delle piccole onde che increspano la Laguna […]".
L'acqua è materia primordiale, lo scenario perfetto
e rarefatto in cui lo splendore dell'antica patria
dei dogi può esprimere il suo raffinato e violento
decadentismo. Un palcoscenico perfetto, dove tutti-
veneziani e non- sanno di potersi ritagliare un
ruolo, anche solo per qualche istante, facendo parte
di un quadro irripetibile e, allo stesso tempo,
eterno. Così assume le fattezza di un "gigantesco
specchio liquido […] e la città vi si crogiola,
gustandone il tocco, la carezza dell'infinito dal
quale essa è venuta. Un oggetto, dopo tutto, è ciò
che rende privato l'infinito".
Il Novecento, col suo romanzo della crisi, celebra
la metropoli come luogo di perdizione, dove
l'individuo estrania se stesso dal contesto e dalla
propria identità. Le città diventano labirinti,
luoghi deputati alla corruzione,al rumoroso
frastuono della modernità; sono sospese e
fantastiche, invisibili e dimenticate. Lo stesso
Brodkij si ricorda di Calvino, per il fatto che la
bellezza di Venezia aveva da sola raggiunto l'apice
di qualsiasi fantasia, ricolma di una bellezza quasi
fastidiosa, a tratti prorompente: la bellezza strana
che rende Venezia la meraviglia che è. Per Brodskij
Venezia è anche un capolavoro immenso di tristezza,
per il quale ognuno deve lasciare un tributo di
memoria, generato dall'estatica osservazione di una
cosa bella. La visione del bello assoluto che genera
torpore e straniamento, un guizzo romantico che
unisce bellezza e morte, dicotomia assoluta e
indispensabile per un artista del suo sentire. "
D'inverno, specialmente la domenica, ti svegli in
questa città tra lo scroscio festoso delle sue
innumerevoli campane, come se dietro le tendine di
tulle delle tue stanze tutta la porcellana di un
gigantesco servizio da tè vibrasse su un vassoio
d'argento nel cielo grigio perla […]". Immagini
poetiche per descrivere una città. Nel raccontarci
Venezia usa ricordi ed immagini pervase di lirismo,
che hanno accompagnato i suoi anni maturi, il suo
esilio e la sua vita di scrittore acclamato. La
memoria compone i cinquantun capitoli di questo
piccolo grande libro, che ad ogni lettura regala
note e sfumature diverse, mai scontate. La Venezia
di Brodskij è una città percepita, che ci viene
raccontata attraverso immagine potenzialmente
irreali. Il filo del racconto non è una trama; la
trama è assente e lascia il posto al sentimento di
un sogno. Il luogo diviene memoria, illusione e
sublimità fantastiche. La possibilità data al
lettore è quella di riuscire a percepirla, ma non a
coglierla completamente.
" Ripeto: acqua è uguale a tempo, e l'acqua offre
alla bellezza il suo doppio. Noi, fatti in gran
parte d'acqua, serviamo la bellezza allo stesso
modo. Toccando l'acqua, questa città migliora
l'aspetto del tempo, abbellisce il futuro. Ecco la
funzione di questa città nell'universo. Perché la
città è statica mentre noi siamo in movimento. La
lacrima ne è la dimostrazione. Perché noi andiamo e
la bellezza resta. Perché noi siamo diretti verso il
futuro mentre la bellezza è l'eterno presente. La
lacrima è una regressione, un omaggio del futuro al
passato. Ovvero è ciò che rimane sottraendo qualcosa
di superiore a qualcosa di inferiore: la bellezza
all'uomo. Lo stesso vale per l'amore, perché anche
l'amore è superiore, anch'esso è più grande di chi
ama".
E come ogni forma di bellezza contratta, impossibile
da cogliere nella sua interezza, così come l'amore e
l'arte, per molti resta un sogno sublime.
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