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Narrativa

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi in prosa inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
La ville / La città di Massimo Acciai, La scomparsa dello scienziato Ettore Majorana di Budetta Giuseppe Costantino, Università e ricerca di Budetta Giuseppe Costantino, Africa di Paolo D'Arpini, Mia dagli occhi verdi di Lucia Dragotescu, Purtroppo sono sano di Marcellino Lombardi, Lucien di Maria Pia Moschini, Eritrea di Paolo Ragni, Uganda di Paolo Ragni, Ritorno dall'Africa di Anna Maria Cecconi Volpini

Poesia italiana

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Massimo Acciai, Roberto Balò, Andrea Cantucci, Rossana D'Angelo, Alessandra Ferrari, Emanuela Ferrari, Iuri Lombardi, Cesare Lorefice, Roberto Mosi, Gilbert Paraschiva, Antonella Pedicelli, Gloria Pinardi, Natalia Radice, Anna Maria Volpini, Zelda S.Zanobini

Poesia in lingua

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici inediti, in lingua diversa dall'italiano, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Emanuela Ferrari, Paolo Filippi, Manuela Léa, Sédar Senghor

Recensioni

In questo numero:
- "Il caso Imprimatur" di Simone Berni, nota di Massimo Acciai
- "I migranti nel cinema italiano" di Sonia Cincinelli
- "L'indegnità a succedere" di Roberto R Corsi, nota di Massimo Acciai
- "Il viandante" di David Morganti, recensione di Emanuela Ferrari
- "Oltre la vallata…" di Alessandra Ferrari, recensione di Emanuela Ferrari
- "Lucien" di Maria Pia Moschini, nota di Massimo Acciai
- "come un uomo sulla terra" di Andrea Segre, Dagmawi Yimer e Riccardo Biadene
- "Ultima onda anomala" di Duccia Camiciotti
- "Carillon ballerina and the brave tin oldier" di Caterina Pomini
- "La questione della terra in Sudafrica" di Francesco Rossolini
- "Come diventare scrittori oggi" di Andrea Mucciolo, nota di Massimo Acciai
- "Ho sognato di essere vivo" di José Monti, nota di Massimo Acciai
- "I milioni di luoghi" di Carla Saracino, recensione di Simonetta De Bartolo
- "18°Vampiro" di Claudio Vergnani, recensione di Eduardo Vitolo
- "L'estate di Montebuio" di Danilo Arona, recensione di Eduardo Vitolo

Interviste

Andrea Mucciolo; il mestiere di scrittore
intervista a cura di Massimo Acciai
Intervista a Claudio Vergnani
intervista a cura di Eduardo Vitolo
Intervista a Danilo Arona
intervista a cura di Eduardo Vitolo
Intervista con lo scrittore tunisino Walid Soliman
intervista a cura di Rossana D'Angelo

Incontri nel giardino autunnale

Intervista a Paolo Traniello
A cura di Matteo Nicodemo

Saggi

La letteratura africana postcoloniale
di Apostolos Apostolou
Dogon
di Misha
La poesia in bicicletta: un anello con sette tappe per il ritorno
di Enrico Pietrangeli
Nonluoghi: Una mostra a Firenze di foto e poesie
di Roberto Mosi
Quelques réflexions autour de la théorie esthétique fondanienne dans faux traité d'esthétique
di Manuela Leahu
Hic non sunt leones
di Ballecca

Nonluoghi
Una mostra a Firenze di foto e poesie
 

di Roberto Mosi


Abitano le frange
dei nonluoghi
dormono in fagotti
distesi per terra
mangiano seduti
in gruppi pensosi
pisciano in larghe
gore ricamate
defecano al riparo
dei raggi di biciclette
puzzano di odori
nauseabondi.

Aria pulita domani,
arriva il Presidente !
Brilla l'ultima frangia
dei nonluoghi,
sfrecciano nel cielo
le Frecce Tricolori.


Si apre il 17 settembre a Firenze presso la biblioteca del Palagio di Parte Guelfa una mostra di fotografie e otto "quadri" di poesie, dedicata ai luoghi frequentati ogni giorno da folle di persone, come gli aeroporti, le stazioni, i centri commerciali, ecc.: i nonluoghi, secondo la fortunata parola coniata dall'antropologo Marc Augé (Non-lieux, Seuil, Paris 1992). In questi spazi non si costruiscono identità, la gente li raggiunge anche per trasferirsi, fare acquisti ed anche per il proprio piacere, attratta da luci e colori, dai prodotti esposti, per passare il tempo, in definitiva, per vincere solitudine e noia. Non sembra facile descrivere la vita di questi luoghi: la ricerca può essere affidata, come nel caso della mostra di Firenze, alla macchina fotografica e alla poesia. E' una combinazione che aggiunge qualcosa? Crediamo, speriamo di sì. Il linguaggio al quale si fa ricorso - nel nostro caso, appunto - non è monocorde, si ricerca una polifonia di toni, di sensi, di emozioni, così come si impone ai nostri sensi la vita di tutti i giorni. E' un linguaggio essenziale, che si frammenta, evapora seguendo lo svanire, oggi, di certezze, di riferimenti comuni per il nostro vivere insieme, spesso trasformato in situazioni allo stato liquido.
Riprendiamo alcuni passaggi del testo. "Sfrenate passioni d'amore/portano a cogliere momenti/celesti/in ascensori bloccati", si legge nella raccolta di poesie. Oppure, ancora: "Saldi per fine stagione/per cessata attività/saldi per amore perduto". E ancora: "Pulizia a Bordo Alta Velocità/trascina il carrello/carta, sapone e profumo".
"In sostanza, in diversi momenti si cerca di attenuare lo stridore della vita di oggi inserendo amore e sesso col risultato che entrambi finiscono col fondersi con la non gradevolezza dell'ambiente circostante, proprio come quegli ascensori che si fermerebbero per dare la possibilità di "scalare le vette del cielo". A volte si sente dire da parte di nuovi e forse involontari retori che bisognerebbe "umanizzare la globalizazione" (G. Scalise, I nonluoghi di Roberto Mosi, in "Le Voci della Luna", n. 42).
Le fonti di ispirazione di oggi non sono i ruscelli, gli alberi delle foreste, il cielo stellato ma gli oggetti, i treni, gli aerei, anche perché "sopra il mare di pece/ si vola a basso costo/ i sedili inzuppati di giallo/…le città da prenotare". Rimane il mondo fluido delle emozioni, da inseguire con i versi della poesia, con l'obiettivo della macchina fotografica e, perché no, con i suoni della musica contemporanea. La partita da giocare è proprio questa. Nel campo della letteratura un noto studioso ha osservato:
"La poesia può risorgere anche nei luoghi della standardizzazione. Un tempo si faceva poesia davanti agli alberi e alla luna. Oggi si può fare poesia sulle autostrade, sugli aeroporti, su quelli che un sociologo francese chiamava i "nonluoghi" (A. G. Gargani, Cosa ci racconta la poesia?, Rai Educational 20 - 3- 2000).
Paolo Giovannetti poi nel libro Modi della poesia italiana contemporanea (Carocci, Roma 2005) si sofferma sul "nostro essere postmoderni", sul "tema del "non luogo", dell'assenza d'uno spazio cui si àncori una razionalità ben definita":
"il poeta sente di parlare entro, e da, una condizione priva di legittimazioni forti, anzi sempre più incline a trascolorare verso il non-senso, verso lo smarrimento di ogni tipo di coordinata."

Nella prefazione all'ultima edizione del libro su I non luoghi (Edizioni Elèuthera, 2009), Augè arricchendo il suo pensiero, ci presenta un'importante chiave di interpretazione: "nella realtà non esistono, nel senso assoluto del termine, né luoghi né non luoghi. La coppia luogo/non luogo è uno strumento di misura del grado di socialità e di simbolizzazione di un dato spazio.". Certamente dei luoghi (luoghi di incontro e di scambio) possono avere valenze diverse a seconda della prospettiva con la quale si osservano. Rileva, in particolare, che assistiamo oggi ad una nuova contestualizzazione di tutte le attività umane. La globalizzazione è anche l'urbanizzazione del mondo, è anche la trasformazione della città che si apre a nuovi orizzonti, della città-mondo. "Ogni grande città è un mondo, un riassunto del mondo, con la sua diversità etnica, culturale, religiosa, sociale e d economica".
Per Augè l'opposizione tra mondo-città e città-mondo è parallela a quella fra sistema e storia. L'architettura urbana, in un certo senso, è l'espressione del sistema. A volte assume aspetti caricaturali, come nella sfida delle città del mondo per costruire la torre più alta. Per altri versi, sembra assumere la dimensione dell'utopia, nelle sue opere più significative: "In questo mondo saturo di immagini e di messaggi, le uniche vie di uscita si trovano dalla parte dell'utopia: solamente l'architettura l'ha compreso, forse all'insaputa degli architetti stessi." Nelle sue opere più significative, l'architettura sembra fare allusione a una società planetaria, propone frammenti di un'utopia, di "una società della trasparenza che non esiste da alcuna parte".
Oggi gli urbanisti e gli architetti, al pari degli artisti e degli scrittori, si trovano forse condannati a ricercare la bellezza dei nonluoghi, resistendo al tempo stesso alle apparenti evidenze dell'attualità.
"Gli architetti impegnati direttamente negli spazi della comunicazione, della circolazione e del consumo, immaginano lo spazio come uno spazio comune suscettibile di far presagire, a quanti ne fanno uso in qualità di utenti, passanti o clienti, che né il tempo né la bellezza sono assenti dalla loro storia. La città è più che mai il luogo di questa speranza e di questa attesa. Ormai rimane solo la città, su questo pianeta di cui gli uomini hanno fatto il giro. Le sue nuove forme evocano il duplice orizzonte del nostro avvenire: l'utopia di un mondo unificato e il sogno di un universo da esplorare".
Nella trasformazione urbana delle città, si è accentuata la crescita dei nonluoghi, sempre più modellati secondo le forme imposte dai processi di globalizzazione. E' immediato l'interesse per una lettura di questi fenomeni secondo la chiave di interpretazione proposta da Augè, partendo dall'assunzione della coppia luogo/non luogo come strumento di misura del grado di socialità e di simbolizzazione di un dato spazio. L'architettura e l'arte con alcuni interventi hanno innestato elementi, si può dire, di utopia, simboli che richiamano alla speranza, all'accoglienza, alla solidarietà Ci limitiamo ad alcuni esempi, che riprendiamo dalla città di Firenze che, naturalmente, è stato il campo di osservazione più diretto per la ricerca che anima la mostra fiorentina.
Credo sia noto a molti che il primo " benvenuto" all'ingresso dal lato sud della città è dato da L'uomo della pioggia dell'artista Jean-Michel Folon, la statua in bronzo posta sulla rotonda, in prossimità del raccordo autostradale. Accoglie i nuovi arrivati, fra gli spruzzi della piogga, con un'espressione leggera, sognante, accogliente. Può essere considerato come il simbolo dell'accoglienza che anima la storia e oggi, almeno in parte, la vita di Firenze.
Dalla parte opposta della città, vicino al casello Nord dell'autostrada, all'incrocio fra due grandi direttrici di traffico, un segno incisivo nel paesaggio urbano è rappresentato dalla chiesa di Giovanni Michelucci, che, di lontano, sembra intrattenere come un dialogo con la Cupola del Brunelleschi; chiesa costruita negli anni Sessanta per ricordare i numerosi caduti sul lavoro nel corso della costruzione dell'Autostrada del Sole. Per tutti è diventata la chiesa-tenda dell'autostrada: "Nasce per dare - sono le parole di Michelucci - una risposta al nuovo nomadismo dell'uomo che cerca la pace. Nasce da una chiesa itinerante che è frutto di questa ricerca di pace".
Poco oltre l'automobilista che esce dall'autostrada al casello di Calenzano, incontra la recente opera di Dany Caravan, Il Tempo, una ruota alta 18 metri, con dodici raggi, appoggiata su uno specchio d'acqua. E' stato scelto un simbolo che in un luogo di grande passaggio, richiama, allo stesso tempo, la memoria, la storia della zona, la lontana tradizione agricola dei mulini, e i più recenti ingranaggi delle macchine industriali, che ricordano l'attuale vocazione industriale del territorio.

Si possono cogliere, d'altra parte, esperienze di socialità, di vita comunitaria che fioriscono nei luoghi dedicati al passaggio, alla comunicazione. Un'esperienza significativa, ad esempio, è rappresentata dalla vita che anima, in un quartiere popolare di Firenze, un sottopassaggio che passa sotto la piazza delle Cure e la contigua linea ferroviaria per Roma. Grazie all'opera di un gruppo di persone che in passato vivevano ai margini della società, il sottopassaggio è tenuto pulito, con un'apprezzata attività di volontariato, lucido come un salotto, rallegrato dalla musica di un giradischi. La sera è considerato come un passaggio sicuro; in uno degli angoli più appartati dormono, a volte, persone senzatetto in maniera discreta, si potrebbe dire, senza che questo rechi disturbo ai passanti. I muri sono dipinti di graffiti dai colori forti, violenti, carichi di simboli, di versi di poesia: è una vera e propria galleria d'arte - curata da un gruppo di giovani - che periodicamente rinnova le opere che espone, una sintesi efficace dei disegni fantasmagorici che incontriamo sulle pareti di molti viadotti, sui muri della ferrovia, altri sottopassaggi.
Nella mostra che si aprirà il prossimo 17 settembre alla Biblioteca del Palagio di Parte Guelfa, si presenteranno dunque i risultati di una ricerca svolta sul versante della poesia e della fotografia, intorno agli spazi del passaggio, della comunicazione, del commercio, ricerca che non si è fermata alla superficie delle apparenze, ma è andata oltre, per cogliere in questi stessi spazi, i segni di una creatività diffusa, di una vita comunitaria, di forme nuove di identità. Possiamo così "scoprire" che nelle città in trasformazione, le ragioni della standardizzazione, dell'omologazione sono in campo ma non hanno riportato vittorie decisive. Nelle città-mondo i segni dell'affermazione della loro storia, dei valori e dei simboli della solidarietà e della ricerca della pace, vanno oltre i luoghi tradizionali dell'identità e della vita comunitaria, per arrivare a "dipingere", almeno in parte, con le risorse dell'arte, gli spazi dei nonluoghi. E' un'illusione ottica? Si tratta di un gioco? E' un gioco che comunque può dare speranza, l'osservatore preso da questo "divertimento" può cercare di essere fra i protagonisti con i mezzi della poesia e della fotografia, non separati fra loro ma riuniti nel mettere meglio a fuoco le realtà del nostro oggi.

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