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Figli di Nessuno:
una conversazione intervista parlando del teatro
oggi
Figli di Nessuno: con questo
nome un po epico si presenta la compagnia teatrale
fatta d giovani, tre giovani, Sonia, Donato e Marco.
Il tre è un numero non perfetto per loro, ma utile
per garantire uno spirito continuo di confronto che
certamente porta a innovazioni stilistiche e
performative. Li abbiamo intervistati e in autunno
una nuova regia di Marco porterà sul palcoscenico
una produzione molto interessante sui rapporti tra
persone, a prescindere da orientamenti sessuali, dai
generi.
Iniziamo dal vostro nome, Figli di Nessuno,
singolare quanto mai allusivo di diversi significati
…
Abbiamo scelto Figli di Nessuno per diversi motivi.
L'idea è nata inizialmente con una battuta: siamo
figli di nessuno. Poi ci siamo guardati in faccia e
abbiamo detto: certo che lo siamo. Siamo Figli di
nessuno perché poco tutelati come categoria dalla
società, dalle istituzioni. Poi, come affermiamo nel
nostro progetto, sosteniamo un teatro che per essere
di tutti deve essere necessariamente di nessuno,
dove nascano pensieri, azioni, interazioni. Un
teatro libero. Il teatro viene sminuito perché molti
lo adottano come proprio. Il teatro è un mezzo, una
forma di comunicazione, è "protesta politica". La
satira teatrale oggi come oggi non si può fare, in
quanto censurata ovunque. O esiste un teatro
elitario oppure un teatro per la massa, quest'ultimo
molto televisivo. C'è comunque una barriera che
limita la possibilità di sentirsi partecipi. Lo
spettacolo dal vivo vede un'offerta teatrale piegata
a ragioni di mercato. Non dovrebbe essere così.
Occorre creare l'offerta in base a valori etici e
culturali. Vogliamo ritornare a una certa
artigianalità: servono l'attore, le parole e il
pubblico. Vogliamo che sia così. Vogliamo preporre
testi validi e lasciare che il pubblico abbia una
recitazione nuda con pochi elementi. Vogliamo
liberare l'immaginazione, sviluppare il pubblico,
che è sostanza del teatro. Le coreografie devono
essere a favore del testo. Spesso si fa confusione
tra teatro e cinema: due mezzi di comunicazione
diversi. In teatro non serve: io con uno sfondo
semplice posso farti sembrare di essere a New York
per esempio. C'è una comunicazione non scritta ma
universale. Con tre movimenti ti posso fare
immaginare dove sono. È stimolante tutto questo. Tu
attore hai fallito quando non si capisce dove sei.
Emozione ed emotività sono centrali nel teatro, in
una rappresentazione.
Il nome vostro definisce, quindi, anche la vostra
idea di fare teatro, come e quando siete nati?
Figli di Nessuno nasce in due fasi: Donato subentra
più tardi, e l'idea nasce inizialmente da Sonia e
Marco, avendo studiato nella stessa scuola nel 2004,
il Centro Teatro Attivo di Milano, un'alternativa
all'Accademia. Fin da subito c'è stata un'intesa tra
Marco e Sonia, un'affinità, condividendo fin dai
tempi della scuola, appunto, la stessa esperienza. I
primi anni, comunque, ognuno dei tre li ha trascorsi
con esperienze individuali. Sonia conosce Donato nel
frattempo. Marco inizia un'esperienza nel Carro di
Tespi dei Fratelli Miraglia. Marco a un certo punto
ha proposto Sonia come attrice nella compagnia, ed è
stato in questa occasione che si è pensato alla
possibilità di dare vita a una nostra realtà. È
nato, così, il progetto Ulisse. In quel periodo
Sonia stava lavorando con Donato al Festival delle
Fiandre. Le esperienze dei tre ragazzi si
intrecciano. In questo periodo a Donato viene
proposto di entrare nel progetto, dove si stavano
elaborando i primi testi. Donato accetta ed è nata,
così, la compagnia attuale.
Che cos'è il Progetto Ulisse?
Il Progetto Ulisse? E' il teatro nella scuola.
Lavorando inizialmente su proposte di spettacoli
nelle scuole si è constatata la mancanza di
attenzione verso il teatro fatto dal vivo. Pertanto
si è deciso di portare la compagnia a fare
spettacoli negli ambienti scolastici. E'
un'esperienza formativa molto forte dato che, non
avendo un muro, il palcoscenico, si vive in modo più
partecipe le performance. Il progetto ha un buon
successo. Abbiamo proposto tre spettacoli nelle
scuole: "Come va il cielo", "Piccolo Principe" e
"Resistenza: queste parole io ti affido".
L'obiettivo didattico parte dal presupposto che è
difficile fare teatro in modo non televisivo in
quanto si disarma i ragazzi nel fare vedere loro
quello che non c'è. Abbiamo l'abitudine di fare
dibattito alla fine dello spettacolo. E' importante
con questo progetto avvicinare fin da giovani i
ragazzi al teatro dal vivo, dimostrando che il
teatro esiste. Il progetto continuerà perché
vogliamo proseguire nel proporre progetti in
controtendenza. Il futuro che ci attende su queste
basi è quello in cui è famoso solo tutto ciò che
viene filtrato dalla tv. Vogliamo contrastare questo
appiattimento. Come è possibile che ci sia
un'ignoranza simile sul teatro. Un attore spesso
nasce in teatro ed è costretto ad andare in tv per
avere soldi, visibilità, successo. Tutto questo crea
immagini edulcorate e falsate.
Parliamo del progetto di Ulisse in particolare
Ulisse è "figlio" dei Figli di nessuno. Noi
rappresentiamo a pieno quello che esprimiamo.
Abbiamo basato tutto sulla comunicazione. Siamo
concordi nel dirci tutto al costo di avere dei
conflitti, dei confronti. Portiamo avanti, così, un
progetto serenamente. Il progetto è una ricerca.
Siamo in tre, un numero non perfetto e spesso non è
facile essere concordi su tutto: per questo ti viene
necessariamente e naturalmente voglia di chiarirti
con gli altri appunto perché siamo in tre. Questo è
indubbiamente un punto di forza del progetto: siamo
tutti e tre diversi caratterialmente, un mix
esplosivo. Spesso solo esplosivo.
La vostra storia e le vostre esperienze si
rifanno a determinati riferimenti teatrali, oppure
siete sciolti da vincoli di correnti tradizionali?
Donato risponde di no, commentando che va a vedere
cose diverse tra loro, trovando del bello in cose
diverse tra loro, partendo dal fascino che prova
leggendo e ascoltando i dialoghi shakesperiani dove
sussistono provocazione e fisicità. Marco e Sonia
assentono, confermando che quando una cosa bella è
bella e che è tale soprattutto se il teatro è di
qualità. Si parte dal presupposto che la gente deve
imparare ad ascoltare. In Ulisse è stato proposto un
progetto per bambini che si chiama Momo. In questa
performance la bambina è rappresentata in modo
esemplificativo ed è circondata da cattivi colorati
di grigio che vogliono impadronirsi del tempio.
Artifici diversi in scena potrebbero distogliere
l'attenzione dello spettatore.
Esiste per voi in un momento di crisi generale
anche una crisi del teatro?
Partendo dal presupposto che uno spettacolo fa bene
anche se è di brutta qualità in quanto è uno spazio
ricreativo per chi lo guarda, uno che passa otto ore
in ufficio la prima cosa che vuole fare è mettersi
sul divano domandandosi perché spendere per il
teatro. Occorre, quindi, proporre e offrire qualcosa
che uno adori guardare. In questa crisi attuale ed
economica non è vero che la gente ha risparmiato sul
biglietto teatrale: i numeri dei biglietti sono
rimasti costanti. Perché, quindi, privare la
cittadinanza di una cosa di cui non se n'è privata?
Il nostro dovere in questo momento è avere la
coscienza di fare bene il proprio lavoro, il merito
spesso non viene valutato ed è chiaro che in questo
lavoro le tradizioni vanno rispettate: gli artigiani
stanno sparendo perché tutto viene omologato.
Bisogna studiare e iniziamo subito a darci da fare.
Possiamo fare un breve scorcio sulla vostra
produzione
In-contro di Marco Graffeo tratto dall'opera di
Georges Courteline è uno spettacolo che nasce tanto
tempo fa. L'idea è fare conoscere l'autore degli
Atti Unici, dimenticato in Italia. Gli Atti Unici
riguardano la vita di coppia: Marta e Renato sono i
protagonisti e dai primi incontri fino alla
vecchiaia fanno un percorso simile a quello di molte
coppie. Si mettono in scena le dinamiche
matrimoniali comuni per il ricevente spettatore. In
cantiere ora c'è uno spettacolo che è in fase di
costruzione dalla regia e drammaturgia di Marco. Il
testo è inedito. Stiamo percorrendo la strada di
scrivere testi nostri. Le regie si creano, pertanto,
con improvvisazioni, mentre il testo è, così,
modificabile in fase di prove. E' un lavoro di
gruppo. Scegliamo questa strada non perché non ci
siano testi teatrali da riadattare. Vogliamo solo
un'artigianalità che non sia però chiusura. Il tema
nella prossima produzione sarà ancora quello dei
rapporti, con scorci comici e con sfaccettature.
In-contro è uno spettacolo grottesco, brillante, un
divertissement: in sottofondo c'è l'amara
considerazione sui vizi nei rapporti di coppia. Il
messaggio è ridiamoci su. In In-contro avevamo di
fronte due viziati e meschini che si presentano in
un determinato modo all'inizio, tralasciando alla
fine la messa in scena di un finto gioco della
vecchiaia. Il ring è la coreografia ed è l'elemento
esemplificativo del rapporto tra i due. Alla fine
non c'è né vinto né vincitore. Anche in questo nuovo
spettacolo ci sarà un incontro scontro dal quale non
si potrà trarre un giudizio morale. Ci sono
semplicemente degli incontri tra persone, a
prescindere dai generi, orientamenti. Con In-contri
abbiamo ottenuto una sorprendente risposta da parte
del pubblico, con risvolti psicologici descritti e
inaspettati da parte delle critiche. A settembre
debuttiamo in collaborazione con Rudin 04 di Roberto
Trifirò con Le Furberie Di Scapino di Moliere
firmando una nostra coregia.
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