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Un fotografo delle identità come
cultura gender e queer
Francesco Paolo Catalano è un
fotografo siciliano e ha curato la campagna
pubblicitaria del Sicilia Pride 2010, una rassegna
di appuntamenti tenutisi per una settimana
soprattutto per aiutare gli omofobi a guarire,
essendo loro i veri malati. Profili e soggettive di
persone che si amano ed esprimono la propria
sessualità, la propria visibilità invitavano a
partecipare a una mobilitazione che è ormai
diventata nazionale. Oggi a Palermo presso la
Feltrinelli è allestita Alterità, una sua personale
inserita nel calendario del Sicilia Pride 2010. La
fotografia è un'identità universale per Francesco
che vivere l'arte figurativa come un'introspezione
psicologica, cercando se stesso nelle facce e nei
visi altrui. "Dopo aver scritto una tesi sul
travestitismo e i disturbi di identità di genere,
precisa Francesco, ho sentito l'esigenza di
tradurrre in immagini i miei studi". Lo abbiamo
intervistato e abbiamo conosciuto la sua poetica
artistica.
- Francesco la tua fotografia è presente in rete
su diversi siti, confrontabile, accessibile al
pubblico: cosa significa rendere la fotografia
patrimonio accessibile a tutti?Che cosa cambia nella
sua definizione artistica, nel rapporto che tale
arte ha con la contemporaneità?
La fotografia è un mezzo di comunicazione e come
tale bisogna di canali ed interlocutori per essere
definita e ridefinita.La visibilità di un'immagine
in contesti eterogenei e non necessariamente
artistici ha una valenza identitaria per la
fotografia. Non può esserci un ritratto senza degli
occhi che lo abbiano osservato prima e dopo uno
scatto fotografico e se gli osservatori diventano
plurimi il ritratto acquisterà plurimi significati,
proiezioni ed identificazioni.
L'immediata accessibilità virtuale di immagini
digitalizzate è un emblema di come dovrebbe essere
inteso un qualsiasi prodotto culturale: non esiste
una cultura "alta" e una cultura "bassa" e non ha
alcun valore indirizzare un linguaggio fotografico
solamente a chi fa dell'arte un modus vivendi. La
fotografia nasce anche da un confronto, da
un'empatia, da un sapere ascoltare oltre che
osservare. Ha delle caratteristiche comuni a un fare
psicologico che si palesano in contesti privi di
spazio fisico. La fotografia esposta virtualmente
assume nuovi significati e si arricchisce di nuove
"funzioni" socio-antropologiche e psicologiche: la
fotografia come espressione di nuove forme di
dipendenze; di solitudini; di ricerca identitaria;
di bisogni di certezze e approvazioni continue. E'
lo specchio visivo di una società che tende a
privarsi di sensi e limitarsi ad un'isolamento
esistenziale fatto di immagini e rappresentazioni.
- Quali sono le correnti artistiche a cui ti
riferisci come fotografo?
La fotografia ritrattistica di genere e gli
autoritrattisti trasformisti sono ciò di cui mi
nutro: Urs Lüthi, Andy Warhol e i suoi ritratti
alterati, Cindy Sherman, Jürgen Klauke, Jürgen
Klauke.
La nudità fotografica di Diane Arbus e le
osservazioni antropologiche-fotografiche di Lisetta
Carmi sono costanti letture e punti di riferimento
per la mia ricerca fotografica.
Apprezzo molto il linguaggio utilizzato nella moda
da Paolo Roversi, fatto di racconti e vera
creatività.
Sarah Moon e la ritrattistica di chi utilizza la
sola luce di una finestra e l'essenzialità di un
volto mi insegnano che cogliere un volto non è
legato ad una rincorsa tecnologica ma ad una
relazione fotografica.
- Com'è nata la tua formazione artistica, da dove
nasce la tua passione, ti rifai a una scuola in
particolare?
Ho iniziato a fotografare a seguito della mia
formazione da truccatore e psicologo. Dopo aver
scritto una tesi sul travestitismo e i disturbi di
identità di genere, ho sentito l'esigenza di
tradurrre in immagini i miei studi. Ho inizato un
percorso di autoritrattistica, giocando il
travestitismo e l'emotività diretta mista alla
teatralità fotografica. La scuola fotografica a cui
mi rifaccio sono, essenzialmente, i video utilizzati
nelle stanze psicoterapeutiche; le immagini di
soggetti con sindromi genetiche malformative e le
illustrazioni di cartoni animati anni ottanta.
- Come avviene la preparazione di un set, ossia
come coinvolgi i soggetti, come comunichi con loro,
come predisponi l'aspetto coreografico, il trucco,
le luci?
La realizzazione di un set fotografico necessita di
regia fotografica e di "conduzione". Sono solito
raccontare storie ai miei modelli, gestire le loro
espressioni del viso e del corpo, assicurandomi che
attraverso questi "comandi" venga espresso qualcosa
di loro e di me nella posa fotografica.
La costruzione dell'immagine, fatta essenzialmente
di trucco-parrucco e costumi, è fondamentale per la
mia fotografia. Una negoziazione continua tra me e
chi fotografo; una relazione; un affidarsi estetico
e fotografico.
Il trucco, al pari della fotografia stessa,
soggettivizza il modello man mano che la relazione
fotografica si accresce. Solitamente utilizzo
tecniche di trucco correttivo, soffermandomi molto
sulla correzione di miei feticci quali gli occhi e
le sopracciglia.
La luce gioca un ruolo predominante, primario.
Prediligo la luce naturale alla luce artificiale
tendente a quella naturale. L'atmosfera del
"rincorrere la luce giusta" è determinante anche
rispetto alle pose fotografiche. I soggetti devono
adeguarsi continuamente ai cambiamenti di luce e
ombre e questo adeguarsi impone un'attenzione alle
mie direttive fotografico-registiche.
- E' importante crea una sintonia tra la natura
siciliana, vivace e colorata, e i soggetti che vai a
rappresentare? Che cosa cerchi in uno sguardo, in un
ritratto?
Ricerco le contraddizioni e le imperfezioni. Gli
sfondi naturali spesso rimangono meri sfondi
rispetto ai soggetti, limitandone la fusione e
comunicazione. Il mio focus è rivolto ai soggetti,
indipendentemente dai luoghi e ambientazioni. La
scelta di contesti naturali crea istantaneamente
contrasti e rimandi favolistici e simbolici.
Ricerco l'inespressività di un volto e l'assenza di
compiacimento in uno sguardo fotografato, al fine di
cogliere o tentare di cogliere l'essenza di chi
scelgo di osservare, priva di artefatti culturali
fotografici quali pose standard e ammiccanti. Il
denudare uno sguardo dalla sensazione di sentirsi
fotografato è il mio scopo primario. Rincorro la
timidezza e i silenzi fotografici per scrutare la
personalità dei miei interlocutori diretti
fotografati.
- L'omofobia è una malattia che colpisce diverse
persone nel nostro Paese, causa la legittimazione di
fatto proveniente da alcuni rappresentanti
istituzionali, che silentiscono la causa dei diritti
civili per le persone lgbt, spesso dileggiandole e
con espressioni offensive. Sei stato vittima di
un'aggressione in Sicilia durante i lavori di un set
fotografico, derubato di diversi materiali
importanti per la tua attività. Le persone presenti
non hanno reagito in difesa ma hanno, addirittura,
avvallato la tesi della persecuzione a causa
dell'orientamento. Che cosa la fotografia può dare
alla causa della lotta contro l'omofobia? Sei anche
autore della campagna di informazione del Pride
siciliano: quale e perchè il tuo impegno a riguardo?
L'omofobia è frutto di un'educazione sociale piena
di lacune e come tale è trasversale a chiunque,
compresi gli stessii omosessuali. L'atto omofobico
di cui io e due miei modelli siamo stati vittime mi
ha dato modo di riflettere sulla cultura mafiosa e
maschilista siciliana e sugli stereotipi di questa
cultura. "Gli uomini devono fare gli uomini e le
femmine devono fare le femmine" è un retaggio
culturale alla base dell'ignoranza e della paura
rispetto alla vera natura dell'espressione della
sessualità.
La fotografia ha un linguaggio diretto, immediato
che non necessita di alti livelli d'istruzione per
essere colta. Basandosi sulla regola della
visibilità, la fotografia riesce a veicolare
messaggi prima che la scrittura.
La cultura al rispetto e alla lotta contro
l'omofobia richiede racconti fotografici volti a
interrogarsi sui pregiudizi, atteggiamenti e
comportamenti di razzismo legati anche alla semplice
visione di realtà glbtq.
La fotografia e il travestitismo fotografico possono
comucare sulla costruzione culturale dell'essere
uomo e donna. Fotografie, anche solo recitate, che
parlino di violenze e rifiuti familiari, di amori
tra uomini o donne, di percorsi transgender, possono
essere utili al pari di saggi tematici e cortei
pubblici.
La campagna pubblicitaria del Sicilia Pride 2010
l'ho sentita come un dovere. Manifesti basati su dei
ritratti reali con tanto di didascalia sulle persone
ritratte hanno significato un modo per rendere la
normalità della visibilità di omosessuali ed
eterosessuali.
http://francescocatalano.carbonmade.com/
http://www.flickr.com/photos/malesoul/
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