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Libri a fumetti

LA SINDROME DEL CRONONAUTA
Cronistoria dei viaggi nel tempo a fumetti - seconda parte

Articolo di Andrea Cantucci

Cinema

The helper
di Mario Gardini
The artist
di Mario Gardini
Priscilla, la regina del deserto - il musical
di Mario Gardini
J. Edgar
di Mario Gardini
Hugo Cabret
di Mario Gardini
Paradiso amaro
di Mario Gardini
Quasi amici
di Mario Gardini
Le nevi del Kilimangiaro
di Maria Antonietta Nardone

Teatro

Intervista a Francesco Panizzo: il teatro radice di un impegno artistico
A cura di Alessandro Rizzo
Intervista al regista di Erodias di Testori: Raul Iaiza
A cura di Alessandro Rizzo

Interviste

Filippo Riniolo: l'arte della forma e della semiotica
A cura di Alessandro Rizzo

Fotografia

"Road to the North": la Lapponia attraverso lo sguardo dell'obiettivo: Intervista ad Adriano e Federico, autori della rassegna fotografica
Intervista a cura di Alessandro Rizzo

Miti mutanti 15

Strisce di Andrea Cantucci

Un artista a Coverciano 1

Strisce di Luca Mori

Intervista a Francesco Panizzo: il teatro radice di un impegno artistico

 

A cura di Alessandro Rizzo


Si è laureato in Discipline della arti della Musica e dello Spettacolo a Firenze. Stiamo parlando di Francesco Panizzo. Oggi propone un progetto teatrale particolare, originale e quanto mai unico. Si parte dalla sua tesi "Il manque à être di J.Lacan, nella poetica di J. Grotowski & C.Bene". Si dedica all'arte teatrale e attoriale da sempre tanto da affermare alla domanda se il teatro sia arte formativa o performativa: "non è il frutto che dipende dall'albero ma l'albero che dipende dal frutto …" E' già autore di diverse opere e ha un percorso letterario artistico interessante da portarlo a riprendere le parole di Warhol: "nel mondo d'oggi, già previsto da Warhol quando parlava del quarto d'ora di celebrità possibile a chiunque, non posso certo lamentarmi di non aver raggiunto lo stesso record".
Lo abbiamo intervistato per meglio conoscerne la poetica e l'idea di arte.

1. Francesco Panizzo, sei autore di due opere pubblicate anche sulla nostra rivista, I peccanti e L'eredità di tutti. Che cosa è avvenuto da quel momento a livello letterario?

Se vuoi sapere cosa è cambiato, posso dirti di non aver avuto molti feedback come riscontri diretti ma indirettamente questo ha decisamente contribuito a farmi inserire in un contesto diverso da quello che avevo vissuto fino a poco prima.
Per quanto concerne le esperienze fatte da allora in poi si può parlare di piccoli saggi, qualche poesia e una prima pubblicazione di ciò che era la mia tesi prima che la modificassi per un libro che ho titolato Quel Me Smedesimo. Il tutto è condito da qualche intervista e alcune conferenze che propongo per divulgare il mio lavoro.
Difficile dire che quanto fatto finora abbia provocato delle modifiche a quanto costruito e voluto fin dall'inizio. Certamente ogni giorno integro il mio percorso di nuove esperienze soprattutto di conoscenze che arricchiscono le sorprese e le belle scoperte presso ogni passo che lancio. Il segreto è la pazienza e la veridicità delle relazioni. La stessa letteratura che esperisco viene condizionata da questa rete di rapporti. Non nascondo uno scetticismo di base sulla innumerevole quantità delle proposte letterarie e sulla complessità di gestirne il valore a tutti i livelli.

2. La tua tesi: di cosa tratta? In che cosa consiste?

Il titolo, Il manque à être di J.Lacan, nella poetica di J. Grotowski & C.Bene, potrebbe essere più esaustivo di lunghe trattazioni. Ma in realtà questo è quello che sarebbe bello accadesse. Sono ben conscio della particolarità della tematica e della nicchia di interesse a cui può andare incontro; prognosi riservata di molte tesi presso le facoltà o nomi di studiosi che si rispettino. Posso riassumere il suo contenuto dicendo che tratta il linguaggio, dei suoi limiti e della sublime risposta che figure come Jacques Lacan, Jerzy Grotowski e Carmelo Bene hanno rilasciato grazie la loro intera vita e non solamente al secolo del novecento. La tesi mette in discussione le scoperte e i rapporti fra queste personalità che, affrontando forme espressive in modo diverso, sono partiti da un assunto decisamente importante anche per le nuove generazioni.

3. Approfondisci la poetica di Carmelo Bene e di Jerzy Grotowski: quanto di attuale sussiste dei due autori nella nostra cultura post contemporanea, quali sono le connessioni tra i due autori e, soprattutto, perché parlare oggi di questi due autori?

Oggi ci sono molti epigoni per ogni specialità, è giusto che così sia vista la difficoltà di superare una generazione di "santi folli" quale quella appena o quasi del tutto salutata, una generazione figlia di fiori sempre più resa nostalgia nei nostri progetti. Certo che se si volesse davvero rispettare quanto fatto non si dovrebbe copiare a pappagallo, anzi anche sconvolgere quanto proposto soprattutto dai più grandi può diventare una base di ricerca, certo che ciò è ammesso se non ci s'impone di trovare a ogni costo una meta. "Trova il maestro e uccidilo", dice la massima tibetana "altrimenti non sparare", io aggiungerei. Quanto questi geni hanno fatto non lo si è ancora capito o scoperto del tutto, ma questo mi spinge solo a continuare e sempre in loro rispetto. Il presupposto che abbiano delle connessioni parte appunto da una concezione di approccio al mondo della comunicativa e dell'espressione umana, prima che da un risultato accomunabile fra i loro lavori. Tutti sono partiti dalla messa in discussione del prevaricante ruolo dato all'identità delle persone, favorendone l'esautorazione e l'apertura a nuovi stili di pensiero, azione e operato. Potremmo dire, a un "uomo nuovo". Mi chiedi cosa sussiste dei due autori nella nostra cultura post contemporanea: il Workcenter degli eredi di Grotowski stanno davvero dando molto e sempre con quella enorme dignità che li ha sempre distinti. Sembra che non accada nulla se accendiamo la televisione, (spingo sempre più fruitori a non seguirla più), ma se ci si addentra nel sottosuolo degli appassionati, degli studiosi o di qualsiasi detto sprovveduto si scopre un mondo molto più brulicante di quanto possa sembrare in superficie. Certo l'ambiente grotowskiano è più vivo nel suo anacoretico percorso, nonostante la sua odierna capacità di divulgarsi in giro per le istituzioni più importanti del mondo. Carmelo Bene, è certamente più isolato e monumentale nell'Olimpo delle sue faraoniche imprese. Ma è da loro che secondo me bisogna ripartire. Hanno davvero varcato "valichi insondabili". Sarebbe da commercialisti non considerare questo enorme particolare.

4. Hai già un ricco percorso letterario: saggi antropologici, cinematografici, pubblicazioni web. A quale approdo culturale ti ha portato e quali potrebbero essere i futuri scenari?

Nel mondo d'oggi, già previsto da Warhol quando parlava del quarto d'ora di celebrità possibile a chiunque, non posso certo lamentarmi di non aver raggiunto lo stesso record. Certo per il mio lavoro vedo (prima che per me) un ben più lauto riscontro. Per ora sono ancora in via di divulgazione e di contatto che sto avendo con le persone e so che la strada inizia solo ora a farsi ripida anche se molti mi rassicurano che sarà tutto in discesa d'ora in poi. Beh! Paradossalmente, ma saggiamente, mi auguro che non lo sia. In questo momento metto a disposizione la mia intuizione a chi la voglia investigare. Ho lavorato per trattare concrete corrispondenze tra la mia visione delle cose e l'espressione di chi ha avuto la possibilità di provarne la materia. Tuttora sto collaborando con persone davvero eccezionali e questo mi aiuta in un percorso che altrimenti sarebbe impossibile praticare. In questo senso continuo, il resto non potrei ne immaginarlo ne viverlo finché il mio lavoro non venga messo di fronte a quello di realtà già esistenti, di compagnie importanti che spero stiano continuando a dare alla cultura la propria evoluzione. Io attendo possibilità di visibilità attinenti alla mia produzione e questo è già tutto l'universo che mi auguro.

5. Da tempo proponi in diversi contesti un tuo progetto teatrale: in che cosa consiste?

Ho lavorato in diverse realtà anche se ho sviluppato maggiormente un occhio critico distaccato come da osservatore praticante più che come completamente coinvolto nelle spirali degli avvenimenti nei gruppi frequentati. Questo mi ha permesso di essere considerato in qualità di studioso paziente prima che di avventato ingranaggio inconsapevole in veicoli altrettanto abbozzati. Ho cercato di trarre il meglio da una microcarriera in difetto alla partenza, traendo paradossalmente piccoli particolari per iniziare una grande avventura. Un percorso a chiasmo.
Nel libro Quel Me Smedesimo spiego la nascita e la dura crescita di un pargolo da sempre orfano che ho chiamato Psychodream. All'ultimo capitolo del libro do solo un accenno al lavoro fatto; ne seguirà un volume completo di chiarimenti in vista anche della risposta, del riscontro con la realtà attuale attraverso le conferenze. Certo non fermerò questa nave ormai salpata, ma per spiegazioni più specifiche invito a vedere, prima che a capire, quanto ho fatto, mi sembra il modo migliore anche per coloro che vogliano accostarsi intellettualmente o con curiosità al mio lavoro.

6. A chi è rivolto il progetto teatrale?

Ai suoi esordi ho collaborato con persone la cui idea di teatro non era quasi contemplata e persone per le quali si erano immaginate mete tra le più ambite. Mi è capitato di riscontrare molto più plauso grazie alle prime che ne dalle seconde. Ora, però, voglio avere a che fare con le seconde poiché il mio lavoro si basa sulla messa in crisi dell'attore e più formato è, più posso metterlo in crisi. Per certi versi ricordo con affetto il lavoro di Carlo Goldoni e le difficoltà incontrate con i suoi attori nel loro essersi fatti abituè di una tradizione rancida.
Spero di poter creare un gruppo che aderisca al duro lavoro dell'attore quale ho da proporre o semplicemente a coloro che vorranno farne parte come esperienza limitata a semplici esperienze d'approccio.

7. Il teatro secondo te è un'arte formativa o solo performativa?

Mi viene da riportarti un detto zen: non è il frutto che dipende dall'albero ma l'albero che dipende dal frutto...

8. Parli anche di progetto editoriale, potresti approfondire questo aspetto?

In un periodo come quello che sta passando ogni nazione, ho cercato di aprire le porte a u nuovo approccio politico e a un nuovo sistema di finanziamento per le proprie opere letterarie. Forse potrebbe allargarsi ad altri settori ma per ora quello dell'editoria mi ha preso in prima persona dal momento che ho voluto produrre e pubblicare le ricerche e la teorizzazione del mio percorso.
Con la Edizione Psychodream sto promuovendo una realizzazione attraverso autoproduzioni dal basso. Tramite il fenomeno del Crowdfunding chiunque è possibilitato a produrre un proprio libro con spese ridotte e in viso alla tanto divulgata imprenditorialità e urgenza d'inventiva promossa dal governo italiano di questi ultimi anni. In sintesi una persona può raccogliere dei fondi per ovviare alle ingenti spese e percentuali che solitamente un casa editrice pretende. La mia neonata casa editrice è fra le migliaia in Italia che in stile irredentista cerca di surclassare il "monopolio" delle più in vista e meno patrocinanti. Certo, bisognerebbe poter aspirare a vedere il proprio nome accanto a quelli di Montaigne, Euripide, Rousseau e quantaltri. Penso a Carmelo Bene e al fatto che, giudicato genio del Novecento teatrale, è edito presso la Bompiani e a chi derideva perché non compariva presso la Mondadori ritenendosi egli un classico. Poi scorro le mensole dove sotto la Mondadori leggo Fabbio Volo e tutto il bisogno di votarmi a una famosa casa editrice cade d'improvviso. Oggi ci sono molti movimenti interessanti nati per altro a Venezia e a Milano che danno la possibilità di spendere molto meno per pubblicare presso loro, opponendo una forte concorrenza alle casi più potenti. Quello che ho ideato io tratta di un'altra pioneristica possibilità tramite il sovvenzionamento dal basso. Che io sappia non ne ho sentite di simili. La mia casa lascia indenne l'autore dando solo un contributo minimo al mio lavoro e dei mie collaboratori. Per il resto la spesa è pari al costo netto di produzione. Impossibile da concorrere.

9. Come descrivere Francesco Panizzo in qualità di autore e cultore di teatro e, soprattutto, quali sono i tuoi riferimenti?

Io non ho mai avuto riferimenti.. anche quando credevo di aver apportato delle novità allo studio teatrale scoprivo che erano già state affrontate molto tempo prima e paradossalmente questo per me è sempre stato motivo di pregio e non di debolezza. Vedi, quando non trovi maestri in vita, devi affidarti diciamo, all'universo delle possibilità, molta stoica stoltezza giovanile e passione a sfare come si dice a Firenze. L'inventiva e l'intelliggere sono le virtù che ho sempre coltivato, in questo non ho mai perso smalto. Come pure cercare sempre la fatica, in un modo o in un altro mi ha spinto a credere che ne sia sempre valsa la pena. Molti artisti sono nati sotto una stella benevola, penso a Leopardi, allo stesso Bene ai quali non mi posso paragonare, Karma diversi. Io son figlio di operaio. Ho lavorato quando i miei coetanei andavano a scuola e ho studiato quando i miei coetanei hanno iniziato a lavorare. Ho tenuta la forza dell'ingenuità protetta dalla saccenza dei docenti quando era più invulnerabile e sensibile, Ho poi protetto le mie energie vitali dalla alienazione del mondo industriale e mi son messo a studiare quando avevo le armi per difendermi dall'ipocrisia dei docenti che non hanno praticato il teatro o l'arte ma ne parlano da fuori. Ho così potuto osservare come si muoveva il mondo appeso a un albero a testa in giù e ora scendo perché sento di aver trovato la mia via.
I miei riferimenti? Ho descritto in Quel Me Smedesimo le mie scelte stilistiche
Eugenio Barba ha parlato dell'attore in questi termini "..obbligo a pagare di tasca propria e di doversi inventare tutto", dice anche "Sicuramente ci sono altri modi di fare teatro. Io conosco solo questo".

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