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Il caso Mad
"storie fatte apposta per renderti matto"
Negli
Stati Uniti, due sono i premi più prestigiosi
riservati agli autori di fumetti, il primo, l'Eisner
Award, è dedicato a Will Eisner (1), senza dubbio il
più grande romanziere che il mondo del fumetto abbia
mai avuto, il secondo, l'Harvey Award, è dedicato
invece a Harvey Kurtzman… e qui anche molti dei più
preparati appassionati di fumetti italiani si
sforzeranno inutilmente nel cercare di ricordare se
hanno mai letto qualcosa di suo. Fino a poco fa
infatti, le storie di Kurtzman pubblicate nel nostro
paese non erano molte: qualche parodia sparsa negli
anni '60 (2), un raccontino di quattro pagine su una
vecchia enciclopedia (3), una manciata di storie su
un paio di riviste amatoriali fiorentine (4) e
altrettante su una collana che proponeva fumetti di
fantascienza degli anni '50 (5), erano quasi tutto
ciò che il lettore italiano poteva reperire di
questo grande autore. L'unica collana scritta da
Kurtzman pubblicata in Italia regolarmente, a
distanza di quarant'anni, era stata "Frontline
Combat" (6), in un'edizione comunque di brevissima
durata, in cui il nome dell'autore non era neanche
citato, mentre le sue stilizzate ed espressive
copertine erano ridisegnate in modo molto più
scadente. "Frontline Combat", insieme a "Two-Fisted
Tales", era una collana di fumetti bellici in cui
Kurtzman documentava ogni dettaglio storico con la
massima accuratezza e condannava la guerra senza
mezzi termini, evidenziandone gli orrori anziché gli
eroismi retorici. Quando però l'editore per cui
lavorava, William Gaines, gli propose di produrre
anche una collana umoristica, Kurtzman inventò
qualcosa che gli veniva più facile, qualcosa che si
era divertito a fare per anni disegnando sui banchi
di scuola, qualcosa che soprattutto non richiedesse
tutto quel lavoro di documentazione: una serie
dedicata interamente alla parodia di tutti i generi
in voga, in cui si prendevano in giro tutti i luoghi
comuni che imperavano non solo nei fumetti, ma anche
in ogni altra forma di fiction, dall'horror alla
fantascienza e dal poliziesco al western. Nacque
così, sul finire del 1952, l'albo "Tales Calculated
to Drive You MAD" (ovvero, Storie fatte apposta per
renderti matto), il cui titolo, insieme al
sottotitolo "Humor in a Jugular Vein" (Umorismo in
una vena giugulare), non lasciava molti dubbi sul
tono strampalato dei contenuti. Quelli che vi furono
parodiati per primi erano gli stessi generi di
fumetti pubblicati dalla EC Comics di William Gaines,
Kurtzman cioè prendeva in giro il suo stesso
editore, la cui unica reazione fu di divertirsi un
mondo.
A
differenza di quanto accadde per qualcuna delle
storie di fantascienza o di guerra che produsse per
Gaines, purtroppo Kurtzman non ebbe evidentemente il
tempo di disegnare completamente anche delle storie
per Mad e si "limitò", per così dire, a scrivere
tutti i testi e schizzare i bozzetti di tutte le
pagine, oltre a disegnare molte delle copertine. I
suoi unici disegni che apparvero saltuariamente
all'interno furono quelli delle bizzarre pagine
auto-conclusive della serie "Hey Look", già
pubblicata in precedenza da un altro editore, in cui
dei personaggi all'apparenza normali si trovavano
impelagati nelle situazioni più assurde. Per
visualizzare le sue idee poteva comunque contare
sulla collaborazione di ottimi artisti, primi tra
tutti il grottesco Jack Davis, il più raffinato
Wally Wood e il versatilissimo Bill Elder. Nel
realizzare i fumetti definitivi, questi ed altri
disegnatori della EC dovevano attenersi strettamente
alle indicazioni di Kurtzman, ma erano liberi di
aggiungere tutti i dettagli che volevano. Fu così
che quel gruppo di creativi folli, poi
auto-definitosi scherzosamente "The Usual Gang of
Idiots" (La Solita Banda di Idioti), fece a gara
nell'infarcire le vignette di particolari assurdi e
divertenti, fino ad intasare gli spazi lasciati
liberi dai bozzetti di Kurtzman. Anche questa
divenne una caratteristica tipica di Mad, una
pubblicazione che, con la sua verve dirompente e
letteralmente folle, rivoluzionò il modo di fare
satira a fumetti.
Se
i primi tre numeri ebbero un'accoglienza un po'
tiepida, il successo arrivò e cominciò a crescere
dal numero quattro, in cui Kurtzman e Wood
pubblicarono "Superduperman" (Superstupidman),
un'esilarante parodia, in cui l'Uomo d'Acciaio era
trasformato in un imbranato completo, che procurò a
direttore ed editore qualche grattacapo per le
immediate proteste della casa editrice di Superman.
In compenso, avevano scoperto il filone giusto da
percorrere per rendere il successo inarrestabile: le
parodie dei personaggi dei fumetti. A "Superstupidman"
seguirono "Bat Boy & Rubin", "Flesh Garden", "Manduck
il Mago" (rispettivamente parodie di Batman, Flash
Gordon, Mandrake) e molti altri personaggi le cui
versioni originali erano tutte famosissime negli
U.S.A., ma spesso relativamente poco note, quando
non addirittura sconosciute, per il pubblico
italiano e questo è indubbiamente uno dei motivi per
cui nessun editore osò proporre regolarmente queste
storie nel nostro paese (un altro era la difficoltà
di tradurre molti giochi di parole, o battute che si
riferivano al contesto statunitense). Altri episodi,
che parodiavano personaggi letterari conosciuti in
tutto il mondo sarebbero potuti risultare
godibilissimi anche da noi, ad esempio "Melvin delle
Scimmie" (invece di Tarzan), "Shermlock Shomes"
(invece di Sherlock Holmes) o "Frank N. Stein"
(invece di Frankenstein), e lo stesso vale per le
parodie di film famosi come "Ping Pong" (invece di
King Kong), "Hah! Noon!" (Mezzogiorno di Fifa) o
"Wild ½" (Il Mezzo Selvaggio). Diverso il discorso
per le parodie di certi serial radiofonici e
televisivi, famosissimi negli Stati Uniti ma non
altrettanto all'estero, come "Shadow" (L'Ombra), "Lone
Stranger" (Lo Straniero Solitario) o "Dragged Net"
(La Retata). Non sarebbero state gustabili appieno
da un pubblico non statunitense neanche le parodie
delle poesie di Thayer, Allan Poe, D'Arcy e
Longfellow. A parte "il Corvo" di Poe, si riferivano
ad opere che pochi conoscono al di fuori degli U.S.A.,
mentre i ragazzi americani sono probabilmente
obbligati a studiarsele a scuola. Comunque l'idea di
accompagnare i versi originali a illustrazioni
esagerate ed eccessive, che prendevano fin troppo
alla lettera metafore e licenze poetiche, fu
un'altra delle geniali trovate di Kurtzman.
Intanto
lo spirito del gioco folle ad oltranza si estese
anche alle copertine, che dopo dieci numeri smisero
di illustrare uno degli episodi presenti all'interno
e cominciarono a cambiare continuamente grafica,
anche ispirandosi a quella di riviste e giornali.
Sul numero 11 una mostruosa "bellezza" disegnata da
Basil Wolverton ammiccava sorridente da una
copertina simile a quelle di "Life"; sul numero 13
un disegno di Kurtzman occupava solo un angolino
della copertina, rivendicando il titolo di testata
più piccola del mondo; sul numero 14 la copertina
mostrava una Gioconda il cui sorriso non era più
enigmatico, poiché aveva tra le mani un numero di
Mad; sul numero 17 la copertina era capovolta
rispetto al contenuto; sul numero 18 la copertina
poteva essere disegnata dai lettori unendo dei
puntini, mentre su quella del numero 23 c'era
scritto soltanto "THINK" (PENSA). Tanto fuori che
all'interno dei fascicoli, attraverso nonsense come
questi, si metteva in ridicolo l'abituale modo
americano di vedere le cose. Merita poi una menzione
a parte Bill Elder, che disegnò una copertina in
stile cubista sul numero 22, dedicato interamente
alle sue reinterpretazioni del mondo dell'arte.
Elder era capace di imitare perfettamente lo stile
di qualunque disegnatore o artista, il ché rendeva
ancora più efficaci le sue parodie: benché le
caratteristiche dei personaggi fossero esagerate
all'eccesso, sembravano realizzate dagli autori
originali. Da parte sua, Jack Davis disegnò invece
una versione comica di "Alice nel Paese delle
Meraviglie" con lo stesso identico stile delle
originali illustrazioni ottocentesche di John
Tenniel.
Tutto
sembrò procedere bene fino al 1955. Quell'anno la
creazione di un codice di auto-censura nell'editoria
a fumetti americana decretò la chiusura di tutte le
testate horror e di suspense su cui si reggeva la
casa editrice di Gaines; sarebbe anzi lecito il
sospetto che la campagna censoria sia stata almeno
in parte alimentata dagli altri editori, che non
riuscivano a reggere la concorrenza dei suoi albi.
Sia come sia, ciò lo portò a concentrarsi sulla sua
unica collana di successo rimasta, ovviamente Mad,
trasformandola a partire dal numero 24 in una vera e
propria rivista a fumetti di grande formato in
bianco e nero, la prima nel suo genere. In questo
modo però la forte personalità di Kurtzman entrò ben
presto in contrasto con quella del suo editore, che
di fatto gli stava togliendo un po' della libertà e
dell'indipendenza creativa di cui aveva goduto fino
a quel momento; dopo appena altri quattro numeri,
ciò portò l'autore ad andarsene insieme ai fidi Bill
Elder e Jack Davis.
Kurtzman e soci si dedicarono quindi ad altri
esperimenti fumettistici ancora più arditi per
qualità grafica, producendo una dopo l'altra le
effimere riviste Trump, Humbug e Help! Nel 1962, a
dieci anni di distanza dalla nascita di Mad,
l'affiatato gruppo di Kurtzman, a cui si unirono
anche altri artisti come Al Jaffee, Russ Heath e
Frank Frazetta, raccolse poi un altro meritato
successo creando per la rivista Playboy la serie di
Little Annie Fannie. Le avventure di questa procace,
ingenua e disinibita "coniglietta" parodiavano
allegramente la realtà e la cultura dell'epoca; per
di più ogni vignetta era accuratamente dipinta ad
acquerello e stampata in quadricromia con una
qualità grafica mai vista prima in un fumetto.
Intanto la nuova rivista Mad, passata sotto la
direzione di Al Feldstein, proseguì sulla falsariga
tracciata da Kurtzman, con fumetti ed articoli un
po' meno originali e un po' più ripetitivi, che
forse proprio per questo le guadagnarono ancora più
seguito presso il grande pubblico. Molte testate
tentarono di imitarne lo stile, a partire da Panic
(7), edita dallo stesso Gaines col sottotitolo "Humor
in a Varicose Vein" (Umorismo in una vena varicosa),
a cui seguirono Sick, Cracked e Crazy, pubblicate da
altri editori, senza però che nessuna riuscisse a
raggiungere lo stesso successo.
Nonostante
la mancanza di una regolare pubblicazione italiana,
il "caso Mad" varcò l'oceano incidendo anche sullo
stile di molti fumettisti nostrani. Roberto Raviola,
in arte Magnus, disegnando Alan Ford fece
concorrenza agli autori di Mad quanto ad
esagerazione grottesca e meticolosità dei dettagli,
per non parlare del sarcasmo che lo sceneggiatore
Luciano Secchi, in arte Max Bunker, ha riversato in
quella serie, soprattutto nei racconti narrati dal
Numero Uno, delle parodie "storiche" che sembrano
uscite pari pari dalle pagine di Mad. Alfredo
Castelli, Mario Gomboli e Carlo Peroni, in arte
Perogatt, tentarono poi di realizzare una vera e
propria imitazione di Mad con la rivista Tilt, che
chiuse dopo soli due numeri, ma di cui Castelli
riutilizzò il titolo per una rubrica del "Corriere
dei Ragazzi", disegnata da Daniele Fagarazzi e Bonvi.
Proprio Franco Bonvicini, in arte Bonvi, è stato
forse l'autore italiano che più si è ispirato a Mad:
vari episodi dei suoi personaggi prendevano in giro
libri o film famosi, la sua parodia di Nick Carter è
diventata più nota dell'originale (8) e in un
episodio del suo Cattivik (9), introducendo una
propria parodia di Superman, arrivò a ricopiare
letteralmente una sequenza da Superduperman. Anche
l'allievo di Bonvi, Guido Silvestri, in arte Silver,
disegnò qualcosa in stile Mad, in particolare una
delirante versione a fumetti della poesia Breùs di
Giovanni Pascoli (10), impostata esattamente come le
parodie poetiche di Kurtzman. Ma gli echi di Mad, e
soprattutto della serie "Hey Look", si potrebbero
intravedere anche in alcune delle storie più
umoristiche di Andrea Pazienza, mentre è puro Mad ai
livelli più demenziali l'intera serie del Rat-Man di
Leo Ortolani, che tanto successo ha riscosso negli
ultimi anni. Il fatto è che, anche se le storie
originali non erano molto reperibili in Italia,
qualcosa del loro spirito arrivò comunque, anche
attraverso alcune delle loro tante imitazioni. Ad
esempio, gli autori della Marvel Comics si sono
spesso divertiti a creare da soli le parodie dei
loro supereroi, in uno stile completamente derivato
da quello di Mad, e molte di queste apparvero anche
in Italia sugli albi degli stessi personaggi
parodiati (11). Di un paio dei collaboratori della
rivista Mad, Don Martin e Sergio Aragones, furono
poi pubblicate in Italia varie storie, anche se di
altra provenienza (12). Inoltre molto di Mad si
ritrovava in certi film comici, come quelli diretti
da Mel Brooks, "Frankenstein Junior" in testa. Il
"caso" si era esteso al di fuori delle pagine a
fumetti.
Alla
fine, un paio di sporadiche edizioni italiane di Mad,
contenenti materiale recente, furono pubblicate per
breve tempo nel 1985 dalle Edizioni Elfo e nel 1991
dalle Edizioni B.S.D., ma fino ad oggi solo un pugno
delle storie originali di Kurtzman erano state
tradotte in italiano. Ora l'editrice Planeta De
Agostini colma questa lacuna raccogliendo i primi 12
dei 23 albi di Kurtzman nel volume 1 della serie
Classici Mad, che riproduce fedelmente contenuti,
grafica ed editoriali di una ristampa americana di
una decina d'anni fa, anche se purtroppo ad un
formato ridotto. Nonostante l'ottima qualità di
stampa, ciò rende difficoltoso apprezzare i
particolari comici più minuziosi, ma non ci si può
lamentare troppo, visto che possiamo finalmente
leggere dei fumetti che gli appassionati italiani
hanno atteso inutilmente per decenni: quasi
cinquanta storie di Kurtzman pubblicate in un colpo
solo. Ci sono voluti più di cinquant'anni perché
qualcuno si decidesse a tradurle, speriamo che non
ce ne vogliano altrettanti per vedere il secondo
volume...
Titolo: Classici Mad vol. 1 (di 2)
Testi: Harvey Kurtzman
Disegni: "La Solita Banda di Idioti"
Editore: Planeta De Agostini
Formato: 376 pag. a colori
Rilegatura: brossura
Prezzo: 19,95 €
Note:
1) su Will Eisner vedi l'articolo alla pagina
www.segretidipulcinella.it/sdp12/08.htm
2) nel 1965, sul volume di Roberto Giammanco "Il
Sortilegio a Fumetti" furono pubblicate in formato
ridotto quattro parodie di fumetti americani scritte
da Kurtzman e disegnate da Wally Wood; tra il 1967 e
il '68, in appendice a "Gordon" dei Fratelli Spada
Editori, ne uscirono altre due: "Il Principe Violent"
e "Manduck il Mago", quest'ultimo ristampato su "I
Quaderni del Fumetto" n° 11 del 1974
3) nel 1970 una storia di Little Annie Fannie fu
pubblicata sull'"Enciclopedia dei Fumetti" della
Sansoni
4) negli anni '80 due riviste a cura di Alberto
Becattini, "Funnies" n° 1 e "Exploit Comics" n° 43,
furono dedicate rispettivamente a Mad e alla EC
Comics, pubblicando in tutto cinque storie di
Kurtzman
5) la testata "Fantascienza Horror" delle edizioni
B.S.D., di cui uscirono solo sette numeri nel 1991,
pubblicò in italiano storie della serie "Weird
Science", di cui una mezza dozzina ad opera di
Kurtzman; lo stesso materiale è oggi pubblicato
integralmente nei volumi dell'editrice 001
6) anche l'edizione italiana di "Frontline Combat",
delle Edizioni B.S.D., iniziò e si concluse nel 1991
7) in effetti la testata "Panic" era stata preparata
da William Gaines e Al Feldstein prima ancora che
uscisse Mad n°1, solo che inizialmente era stata
accantonata pensando che non avrebbe venduto
8) il Nick Carter originale era il protagonista di
una sterminata serie di romanzi polizieschi
americani, creata dallo scrittore John Russell
Coryell nel 1884 e continuata da un'intera scuderia
di autori, fino ad essere pubblicata anche a ritmo
settimanale, avendo successo anche fuori degli
U.S.A. e in Italia
9) l'episodio "Cattivik e il Super-Eroe" fu
pubblicato dalle Edizioni Alpe su "Tiramolla" n° 4
del 1971 e ristampato rimontato in formato album sul
n°4 della collana "1000 fumetti" nel 1976
10) "Breùs" di Giovanni Pascoli, con i disegni di
Silver, uscì su un supplemento della rivista
"Eureka" nel 1979 e fu ristampato su "Il Mensile di
Lupo Alberto" n°5 del 1984, entrambi dell'Editoriale
Corno
11) negli anni '70, l'Editoriale Corno pubblicò sui
numeri 100 de "L'Uomo Ragno", "Devil", "I Fantastici
Quattro" e "Thor" le rispettive parodie tratte
dall'albo "Not Brand Echh" e intitolate in italiano
"Baby Ragno", "Divel", "I Fanatici Quattro" e "Roth",
sul 50 di "Capitan America" uscì la parodia "Charlie
America" e su vari numeri di "Hulk e i Difensori"
quelle con l'"Invendibile Bulk"; altre parodie
Marvel, tratte dall'albo "What the…?!", uscirono nei
primi anni '90 su "StarMagazine" della Star Comics
12) molte storie di Don Martin furono pubblicate
negli anni '70 sulla rivista "Eureka"
dell'Editoriale Corno e quelle di "Capitan Klutz" e
"Fester Bestertester" furono ristampate nella
collana "Eureka Pocket"; "Groo il Vagabondo" di
Sergio Aragones uscì invece nel 1985 sulla rivista
"Alien" della Labor Comics
sulla rivista Mad in italiano:
Quattro risate con Mad, articolo di Carlo della
Corte su Eureka n°23, Editoriale Corno 1969
Vari articoli scritti o tradotti da Alberto
Becattini su Funnies n° 1, Glittering Images
Edizioni 1983
"Mad" o della Satira senza rete, testo di A.
Becattini su Exploit Comics n°43, Editrice GAF 1988
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