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Il caso Mad "storie fatte apposta per renderti matto"
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Recensioni
di Massimo Acciai e Sonia Cincinelli

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Pirografia, quando il fuoco diventa arte: Intervista a Nunziante Langellotto
a cura di Massimo Acciai

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Strisce di Andrea Cantucci

Recensioni
 

di Massimo Acciai e Sonia Cincinelli


10.000 AC

Regia di Roland Emmerich con Camilla Belle, Steven Strait, Cliff Curtis. Genere Avventura produzione USA, Nuova Zelanda, 2008 Durata 109 minuti circa

All'inizio temevo si trattasse di una specie di "Apocalipso", poi ad un certo punto mi è venuto il sospetto che fosse una sorta di prequel di "Stargate" (il regista è lo stesso), mentre invece è un film tranquillo, con una trama senza grosse sorprese, un pizzico di mistero e qualche accenno en passant ad Atlantide e alla teoria degli antichi astronauti. Il pregio maggiore di questo film sta negli effetti speciali ed in una certa suspence che si mantiene fino alla fine. Certi anacronismi facevano pensare ad un film di "fantarcheologia" (le piramidi, ad esempio, sono di 73 secoli più tarde…) ma in definitiva è un film d'avventura che se la cava senza gloria e senza infamia. Valeva comunque il biglietto.

Massimo Acciai


Iron man

Regia di Jon Favreau con Robert Downey Jr., Terrence Howard, Jeff Bridges, Shaun Toub, Gwyneth Paltrow. Genere Azione produzione USA, 2008 Durata 126 minuti circa

Ennesimo film basato su un fumetto Marvel, dalla trama piuttosto inconsistente e dalle solite americanate coatte che si fanno perdonare solo grazie agli effetti speciali di ottimo livello (cosa che si può dire di quasi tutto il genere specifico). All'inizio troviamo un protagonista, certo Stark, tutto sommato antipatico e superficiale: le risposte che dà ad una giornalista riguardo al suo mestiere (è un fabbricante d'armi, un "mercante di morte" come viene giustamente definito) sono di pessimo gusto, così come i suoi modi da fighetto miliardario. Dopo l'esperienza di prigionia in Afghanistan (un luogo da cui gli americani dovrebbero girare alla larga…) lo troviamo cambiato, ma non poi di molto. Convertitosi ad un inverosimile pacifismo, si scontra con il consiglio d'amministrazione e con il suo fido collaboratore (che poi lo tradirà) dopo aver annunciato la chiusura della produzione bellica della Stark Industries. Fin qui il film è abbastanza noioso; comincia a diventare interessante (non tanto per la trama, quando per i mirabolanti effetti speciali) da questo punto in poi, quando cioè il protagonista veste i panni del supereroe ipertecnologico e comincia a salvare vite umane anziché contribuire alla loro distruzione. Vale la pena vederlo, se non si sa cosa fare durante un pomeriggio di pioggia, ma se si perde non è certo un dramma…

Massimo Acciai


Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo

Regia di Steven Spielberg con Harrison Ford, Karen Allen, Cate Blanchett, Shia LaBeouf, John Hurt, Ray Winstone, Jim Broadbent. Genere Avventura produzione USA, 2008 Durata 125 minuti circa

Il quarto film sulle avventure dell'illustre archeologo non è certo all'altezza dei primi tre, ma si difende bene. Trionfano gli effetti speciali ed il ritmo è sempre serrato; c'è anche la giusta ironia. La scena migliore è quando Indiana Jones si rifugia in un frigorifero per scampare all'esplosione di una bomba atomica. Molte anche le citazioni dai precedenti film, per gli affezionati (come me). Poco credibile invece il protagonista, invecchiato ma sempre agile, nei panni di padre e di marito…

Massimo Acciai

* * *

CACCIATORE DI TESTE

Il cacciatore di teste di Costa Gravas è un film che affronta un tema attualissimo, dove il protagonista Bruno Davert dirigente in una fabbrica di carta, dopo quindici anni di fedele servizio, un giorno viene brutalmente licenziato insieme a un centinaio di colleghi a causa di una ridistribuzione economica. In un primo momento, Bruno non si preoccupa, perchè per il suo livello di competenza è convinto di trovare un lavoro simile. Tre anni dopo, ancora disoccupato, si rende conto di essersi fatto coinvolgere, seppur con riluttanza, in una guerra che lo ha logorato.Ora, metaforicamente, è un soldato semplice la cui unica missione è sopravvivere e preservare il suo benessere e quello della sua famiglia. Ecco allora che si arma e va all'assalto dell'Arcadia Corporation.Il titolo originale è Le couperet, che significa la mannaia. Quest'ultima cade spietata su chi lavora in un'azienda quando qualcuno decide la ristrutturazione, che significa mandar via più gente possibile. Gavras mostra icone e modelli che l'occidente ben conosce: scioperi violenti, pubblicità volgare e la tivù della spazzatura in una dialettica banale e disperata, dove l'unica industria florida è quella del crimine e poi "ciascuno per sé e nessun dio per tutti". Nel film ci sono rimandi a Peter Cattaneo col suo Full Monty, anche se là i licenziati reagivano organizzando il famoso spogliarello maschile. Gavras ci presenta i singoli esseri umani vittime dolorose di applicazioni spietate, risolvendo il film con efficacia e qualità e meritando così un alto credito.

Sonia Cincinelli


Il vento fa il suo giro

Il vento fa il suo giro di Giorgio Diritti, primo lungometraggio di un regista non giovanissimo con un passato di tv e documentari, ha conquistato il pubblico in un debutto da non dimenticare. Un film raccontato in tre lingue diverse (italiano, occitano e francese sottotitolato) che parla del difficile trasloco, morale e materiale, di un pastore francese in un villaggio montano piemontese. La comunità, che parla ancora in lingua d'hoc, all'inizio assai diffidente, decide sotto la spinta del sindaco progressista di azzardare ed accogliere "lo straniero", nella speranza anche di vedere un po' di ripresa economica per Chersogno. L'uomo (Thierry Toscan) e la sua donna (Alessandra Agosti) sono due spiriti liberi, che hanno deciso di vivere seguendo i tempi della natura e dei propri desideri. Una libertà che il paese non accetta, che mette in crisi e pone domande a cui la comunità disgregata non è più in grado di rispondere. Diritti, ci propone il tema della "diversità" che può creare una distanza insanabile cosicchè le porte dell'accettazione si chiudono e l'indigeno sceglie la morte. Come da titolo, il vento gira in un movimento circolare che ci fa assistere ad un mutamento biologico della gente. Chi è l'altro? Che vuole da me? In che modo cambierà la mia vita? Sono le domande primordiali dell'incontro, del singolo che si apre all'altro da se. Un film antropologico che ci fa riflettere su un tema attualissimo ed accostabile al fenomeno sociologico per eccellenza dei tempi odierni, l'immigrazione. Infatti l'isolamento del protagonista ci racconta una storia universale. Un film che sembra un documentario poetico dagli echi olmiani ed avatiani con attori bravissimi non professionisti. Assolutamente da vedere.

Sonia Cincinelli


Je vous salue Marie

Je vous salue Marie,film del 1984 che fu a suo tempo accusato di vilipendio alla religione, fu sequestrato e poi dissequestrato. Marie, una giovane benzinaia fidanzata con Giuseppe, un tassista, riceve una visita di Gabriele, accompagnato da una bambina, che le comunica che presto diventerà madre. Sorpresa, Marie risponde che "non conosce nessuna persona e che pertanto questa notizia le appare assurda". Eppure Marie è incinta. Incredulo è Giuseppe e anche arrabbiato, incredulo è il ginecologo che visita Marie. La ragazza è vergine ed allo stesso tempo è madre. Gabriele interviene in modi piuttosto bruschi per far comprendere a Giuseppe che deve abbandonare ogni umana gelosia e proteggere con religioso sentimento d'amore il mistero che si è realizzato in Marie. Il bimbo nasce, cresce e se ne va per la sua strada. Ormai Marie ha compiuto la sua missione, come ironicamente le dice Gabriele: "Je vous salue Marie" e potrà d'ora in poi essere come tutte le altre donne. Godard affronta il dualismo corporalità/spiritualità giustapposto a caso/individualità alla luce di una rivisitazione contemporanea del "mito" dell'Immacolata Concezione di Maria. La splendida e bravissima Myriem Roussel porterà per tutto la durata del film il fardello di una dolorosa accettazione che di fondo è l'esistenza stessa, entro la quale la lotta per affermare la propria felicità e far sbocciare il proprio amore resta chiusa come in una scatola. Pregare equivale a toccarsi. Toccare la propria anima ( ma anche il corpo) per darle il piacere di un senso/sensazione della vita (di quel momento o di tutti i momenti). Un film da vedere più di una volta per pesarne il valore, la poesia, il cinema puro. Il film è anticipato da un cortometraggio dal nome "il libro di Maria" che poi si ricollega al film stesso. Consigliato agli amanti di Godard e al cinema come poesia di pasoliniana memoria.

Sonia Cincinelli


Non aprite quella porta

Non aprite quella porta (The Texas Chainsaw Massacre) è un horror indipendente e a basso costo diretto da Tobe Hooper, che venne distribuito nelle sale cinematografiche nel 1974.
Il film, bandito dalla Gran Bretagna e vietato ai minori in Francia, Germania, India e Romania, narra la storia di un gruppo di cinque ragazzi texani che finiscono nelle grinfie di "Faccia di cuoio", uno dei più famosi assassini seriali del cinema dell'orrore oltre che il personaggio principale del film. Egli è caratterizzato da una maschera di pelle umana, un grembiule da macellaio insanguinato e soprattutto da una motosega, che usa come arma per massacrare le sue vittime. Non aprite quella porta è stato uno dei film indipendenti di maggior successo della storia del cinema ed è considerato il prototipo del film violento, nonostante non fosse stato ideato con l'intento di generare suspence e ribrezzo agli spettatori. Tratto da una storia vera, fu girato solamente per creare una sorta di documentario sui massacri da cui trae spunto, per renderli noti agli spettatori. Contrariamente a ciò che si crede, il film non ripropone fatti reali e al pari dei film Psycho (1960) e Il silenzio degli innocenti (1991) è infatti solo parzialmente ispirato alla storia del serial killer del Wisconsin. Gli interni della casa e in particolare il macabro salotto della famiglia furono comunque ricreati prendendo spunto da quelli filmati dalla polizia durante un sopralluogo a casa del killer. Il regista del film ha perciò utilizzato la tecnica del falso documento per rendere la storia maggiormente verosimile e più adatta a spaventare le folle. Non aprite quella porta è diventato fonte di ispirazione per molti film, libri e canzoni, per esmpio la canzone Chainsaw del primo album dei Ramones, infatti Joey Ramone scrisse la canzone dopo averlo visto; insomma un cult Horror da non perdere.

Sonia Cincinelli


OGNI COSA E' ILLUMINATA

Ogni cosa è illuminata, il film dove un giovane ebreo americano decide di andare alla ricerca della donna che durante la Seconda Guerra Mondiale in un villaggio in Ucraina aveva salvato la vita a suo nonno, nascondendolo durante un raid dei Nazisti. Il giovane viene aiutato nella sua ricerca da Alex, un ragazzo del luogo. Tratto dall'omonimo romanzo di Jonathan Safran Foer, appartenente alla terza generazione di scrittori che hanno ricordato la Shoah, Everything is illuminated è la storia di un viaggio della memoria. Il protagonista, interpretato da Elija Wood, non sembra un personaggio ben definito, ma quasi uno strumento della memoria, non dotato di caratteristiche proprie. Un particolare a cui bisogna fare attenzione è la dialettica tra luce-oscurità (piuttosto evidente) ed il contrasto tra vista e cecità(tema caro ai film del nostro millennio). Quest'ultima ha a che fare con la facoltà umana di guardare solo esteriormente, perché si tratta piuttosto della capacità di ricordare, di vedere con gli occhi del passato. Pur parlando di temi di grande importanza, questo è un film godibile, con aspetti umoristici e a tratti commovente. La pellicola di Liev Schreiber (consigliata davvero a tutti) è uno dei film più belli che parlano di Shoah, proprio perché richiedono allo spettatore un coinvolgimento attivo nella "ricerca" di Safran Foer , infatti la sua non è una semplice attività di testimonianza, come in Schindler's list o nel Pianista, film pur sempre di grande rilevanza, nel loro genere.

Sonia Cincinelli


Sussurri e grida

Sussurri e grida (1972) è il capolavoro indiscusso di Ingmar Bergman. Questo progetto comune scaturì da un sogno del regista stesso che aveva per protagoniste tre sorelle ed una vecchia casa.
Agnes (Harriet Anderson) è in fin di vita dopo dodici anni di lotta contro il cancro; vive nell'antica casa di famiglia con la domestica Anna (Kary Sylwar) e le sorelle che sono accorse al suo capezzale,Karin (Ingrid Thullin)e Maria (l'attrice musa di una vita Liv Ullman).
Quattro figure femminili, quattro differenti personalità. Nell'impenetrabile silenzio della villa alla periferia di Stoccolma, il contrasto tra due opposte polarità:i sussurri e le grida, la giovinezza e la maturità, il bene ed il male ed infine la fede religiosa e l'ateismo.
Bergman ci mostra l'isolamento,l'alienazione, l'angoscia della società svedese, meditando sulla vita e la morte. Un film perfetto formalmente con un rigore minimalista nell'uso semiotico dei colori e sobrio nella costruzione. Esso trae la sua forza nell'uso evocativo e violento delle immagini, lente e sontuose, che contrastano con l'inaccettabilità delle situazioni limite come l'agonia di Agnes e l'automutilazione di Karin.La denuncia spicca dei valori borghesi ma emerge ancor di più la triste condizione di una donna appesa tra la vita e la morte. Le vere urla nel film non sono quelle della malata di cancro,ma il pianto del prete, delle sorelle, le confessioni di aridità e disgregazione che rivelano l'incapacità di una comunicazione duratura, tema caro al film Il posto delle fragole. Le sofferenze che diventano ferocia reciproca in una condizione di vita sopportata come vizio. Anna è l'unica figura capace di pietà nella sua vita semplice e nella morte ed il suo essere culminerà visivamente in una splendida pietà michelangiolesca.
Bergman ci ha regalato questo pezzo di "poesia visiva decadente" degna di rappresentare simbolicamente un'intera carriera.

Sonia Cincinelli


Transylvania

Transylvania di Tony Gatlif,il regista tzigano, è la storia di una ragazza milanese ribelle, Zingarina (Asia Argento) innamorata di un musicista scomparso, che viaggiando insieme con l'amica Marie (Amira Casar), va alla ricerca dell'amato. Quando lo trova, lui la respinge. La follia amorosa le fa proseguire il viaggio, insieme con Tchangalo (Birol Unel) un turco solo come lei. Zingarina a poco a poco si identifica con il Paese che attraversa e partorisce in auto dolorosamente, riposando infine accanto a suo figlio lietamente. Gatlif, riprende un paesaggio innevato desolato, innamorandosi della geografia, ci mostra superstizioni, esorcismi, riti pagani con Asia Argento piena di enfasi che culmina arrivando ad urlare "Bandiera rossa" in bicicletta. Il film è ambientato in Romania al confluire della Russia e dell'Ungheria, dove abitano diverse comunità (anche rom o tedesche), una terra piena di simboli. Come accade spesso nei film di Tony Gatlif; questo è il suo quindicesimo lungometraggio, la musica e la danza nutrono, muovono, arricchiscono la storia, accompagnando e suscitando le passioni. Immagini coloratissime e musiche calde. Il film che era stato scelto per chiudere il Festival di Cannes del 2006,ci parla della gente senza frontiera, un viaggio, grazie al quale non mutano soltanto i panorami e gli ambienti, ma le fisionomie dei personaggi, i loro rapporti con gli altri e con la vita. Forse, narrativamente, non tutto è espresso in modo convincente (troppe lacune che non è facile definire ellissi), ma ugualmente ci prende questo clima così appassionato.

Sonia Cincinelli


TSOTSI

TSOTSI di Gavin Hood, significa "bandito" nel linguaggio di strada della periferia di Johannesburg, è il soprannome di un giovane ragazzo che ha rimosso ogni ricordo del suo passato, compreso il suo vero nome. Egli conduce una vita all'insegna della violenza; riempie di botte un compagno della sua gang perché gli fa troppe domande, ruba un'automobile, ferendo la donna che la guidava, ma scopre sul sedile posteriore la presenza di un neonato. A modo suo Tsotsi incomincerà a prendersi cura di lui.
Tratto da un romanzo di formazione ambientato negli anni '50, dello scrittore e drammaturgo Athol Fugard. La storia è stata trasposta nell'attualità perché i temi affrontati sono universali e senza tempo: la consapevolezza di sé e la redenzione. Lo stile è quello di un thriller psicologico che strizza l'occhio al noir con finale alternativo, in cui il protagonista sarà costretto a confrontarsi con la propria natura aggressiva e ad affrontare le conseguenze delle proprie azioni. Gli attori parlano il linguaggio-slangs delle strade di Soweto e il mondo di Tsotsi è un mondo di contrasti: baracche/grattacieli, ricchezza/povertà e rabbia/dolore. I personaggi hanno un'anima duplice: dietro alla corazza di rabbia e violenza si cela la loro umanità, il loro grido di aiuto e di attenzione. Un film globalizzato, siamo in Africa, ma potremmo essere nel Bronx newyorkese, la colonna sonora sembra la versione esotica dell'hip-hop dei ghetti statunitensi che con l'ottimo montaggio danno un bel ritmo al film. Nessun accenno all'apartheid anzi, qui gli unici ricchi che si vedono sono di colore. Poetici sguardi tra Tsotsi e Miriam, la giovane vedova che accudirà il bambino, che ammutoliscono; facendoci percepire la forza dell'amore come cura. Un viso e uno sguardo, quelli del protagonista impenetrabili. Ultimo dei cinque film "stranieri" candidati all'Oscar 2006 ad uscire in Italia.Un bel film da vedere.

Sonia Cincinelli


Tutta la vita davanti

Tutta la vita davanti, ultima fatica di Paolo Virzì,pellicola distribuita da Medusa in 350 copie in tutta la penisola, uscito in piena campagna elettorale.
Il film racconta il moderno problema del precariato, nello specifico mostra il tempio dell'indeterminatezza professionale di molti giovani italiani: un call center dove a lavorare sono ragazzi con tante speranze ma poche prospettive concrete.
Il film accompagnato dalla voce narrante di Laura Morante, ci introduce nel mondo di Marta, Isabella Ragonese, reduce dal successo di Nuovomondo di Crialese. Quest'ultima,ventenne siciliana che dopo aver conseguito brillantemente la laurea in filosofia, viene catapultata suo malgrado nell'amara realtà lavorativa.
Virzì delinea una periferia romana che sembra aliena dal resto del mondo dove si consuma la follia apocalittica della disgregazione umana e dove fanno la loro apparizioni personaggi fobici egregiamente interpretati da Elio Germano,Sabrina Ferilli e Massimo Ghini; ma anche ribelli come Valerio Mastrandrea, che non ci stanno ad assistere a questa assurdità che si chiama precariato.
Tutto questo esaltato dalla struggente interpretazione di Micaela Ramazzotti che interpreta Sonia, ragazza madre costretta a prostituirsi dopo il licenziamento.
Forse da parte di Virzì, per trattare questo argomento scottante dei nostri giorni, sarebbe stato preferibile uno sguardo cinema veritè, ma ricordiamo che il cinema è sia Lumière che Méliès e quindi gli "inserti" dei sogni di Marta ci avvertono che di fronte al crollo sociale non si può che auspicarci un'altra realtà.
Film consigliato soprattutto a tutti coloro che hanno vissuto l'esperienza del precariato.

Sonia Cincinelli


GOMORRA

Gomorra, ultimo film di Matteo Garrone che ha trionfato a Cannes accaparrandosi il Gran Premio della Giuria. Qui Totò ha tredici anni, aiuta la madre a portare la spesa a domicilio nelle case del vicinato e sogna di affiancare i grandi, quelli che girano in macchina invece che in motorino, che contano i soldi e i loro morti. Ma diventare grandi, a Scampia, significa farli i morti, scambiare l'adolescenza con una pistola. O magari, come accade a Marco e Ciro, trovare un arsenale, sparare cannonate che ti fanno sentire invincibile. Puoi mettere paura, ma c'è sempre chi ne ha meno di te. Impossibile fuggire, si sta da una parte o dall'altra, e può accadere che la guerra immischi anche Don Ciro (Imparato), una vita da tranquillo porta-soldi, perché gli ordini sono mutati, il clan s'è spezzato in due. Si può cambiare mestiere, ma non si può uscire dal Sistema che tutto sa e tutto controlla. Quando Roberto si lamenta di un posto redditizio e sicuro nel campo dello smaltimento dei rifiuti tossici, Franco (Servillo), il suo datore di lavoro, lo ammonisce: non creda di essere migliore degli altri. Funziona così, non c'è niente da fare.
Matteo Garrone porta sullo schermo Gomorra, libro-scandalo di Roberto Saviano che in Italia ha venduto oltre un milione di copie, aprendo il sipario sulla luce artificiale e ustionante di una lampada per camorristi vanitosi ed esaltati. Il sole non illumina più le province di Napoli e Caserta, impossibile rischiarare questa terra buia e straniera al punto che gli italiani hanno bisogno dei sottotitoli per decifrarla. Siamo in un altro paese: all'inferno. Un film freddo scarno, probabilmente il regista si ispira alla suo primo cortometraggio Terra di Mezzo, un po' nella struttura e nelle modalità di linguaggio. Le due scene più belle degne di diventare vere e proprie icone quella in cui Marco e Ciro sparano verso il mare nudi , pura poesia Pasoliniana e infine quella in cui Franco e Roberto escono da una discarica con delle tute fluorescenti estremamente oniriche. Un vero capolavoro.

Sonia Cincinelli


NAZIROCK

Nazirock documentario di Claudio Lazzaro sui giovani neofascisti. Il film doveva essere proiettato il 2 Aprile 2008 in anteprima al cinema Anteo di Milano e dal 4 Aprile 2008, per due settimane, al Politecnico Fandango di Roma. Invece da Forza Nuova arrivò una diffida che invitò le sale a rinunciare alla programmazione. I motivi: il film conterrebbe "immagini, affermazioni, frasi, scene, ricostruzioni, gravemente diffamatorie del movimento". Nazirock è uno spaccato del mondo neofascista italiano attraverso la musica, i raduni, gli scontri, il look dei giovani che aderiscono all'estrema destra. Il film apre con le immagini dei "due milioni" convocati a Roma dall'opposizione al governo Prodi, il 2 dicembre 2006, ma soprattutto racconta la Nashville dell'estrema destra: una grande manifestazione, organizzata da Forza Nuova, il movimento guidato da Roberto Fiore (condannato a nove anni per banda armata), che si è svolta a Viterbo, nel Lazio, con la partecipazione dei principali gruppi rock assieme a militanti e a leaders provenienti da Spagna, Germania, Francia, Grecia, Libano e Romania. Niente film in sala dunque, ma la copia in dvd resisterà in vendita presso le librerie Feltrinelli, film più libro. "Il cinema - afferma Lazzaro - dovrebbe essere uno spazio di libertà, mi dispiace che si preferisca annegare il film nella censura basata sulle minacce". Nazirock usa come filo conduttore le band che infarciscono di testi fascisti la loro musica skin, oi, white power e punkadestra; con materiali di repertorio che ricordano gli orrori e le distruzioni provocati da un'ideologia portatrice di morte e vergogna. Un incubo che lascia spiazzati, perché la domanda è sempre la stessa: "Possibile che la storia non riesca a insegnare nulla?".

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