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Libri a fumetti

EROI IN CRISI E MALATI EMARGINATI
Il malato come diverso nel fumetto d´autore

Articolo di Andrea Cantucci

Cinema

The avengers
di Mario Gardini
Dark shadows
di Mario Gardini
La casa nel bosco
di Mario Gardini
Men in black 3
di Mario Gardini
Marigold Hotel
di Mario Gardini
Marylin
di Mario Gardini

Fotografia

"Rendere visibile ciò che l'uomo non vede, ma sente";
Intervista alla fotografa Daniela Bellu

A cura di Alessandro Rizzo
Edoardo Albisetti: la fotografia on the road davanti a realtà che stupiscono
A cura di Alessandro Rizzo

Teatro

Notre Dame de Paris
di Mario Gardini

Booktrailer

Booktrailer Online Awards

Arte performativa

Quando l'arte performativa diventa un ensemble: intervista al giovane artista Andrea Rossi
A cura di Alessandro Rizzo
Xena Zupanic: quando nell'arte il corpo trasforma la mente
A cura di Alessandro Rizzo

Arte pop

Come sarebbe il mondo senza la Factory: priva dell'arte post moderna concettuale e pop esempio della nostra contemporaneità
A cura di Alessandro Rizzo

Miti mutanti 17

Strisce di Andrea Cantucci

Un artista a Coverciano 3

Strisce di Luca Mori

In questo numero segnaliamo...
(recensioni di Mario Gardini)

 


DARK SHADOWS
di Tim Burton
con Johnny Depp, Eva Green, Michelle Pfeiffer, Helena Bonham Carter
2012 - USA

Dopo la fortunata (sotto un profilo commerciale, un po' meno artistico) incursione nel mondo di "Alice in Wonderland", Tim Burton torna sul grande schermo con un film dark, come è nelle sue corde, permeato però di un umorismo insolitamente al vetriolo.
Tratto da una soap opera che è andata in onda dal 1966 al 1971, il film è una magica pozione stregata che mescola Moody Blues, hippies, Love story, lettori stero otto, Scooby Doo e lampade Magma.
Il primo weekend di incassi non è stato dei più esaltanti negli Stati Uniti. Per fortuna che l'Europa, Italia in testa, ha invece reso omaggio nel giusto modo a questo piccolo gioiello vintage-kitsch che racconta le gesta di un vampiro molto più affascinante e simpatico dell'Edward di Twilight.

Nel XIII° secolo, i coniugi Collins e il figlioletto Barnabas salpano dall'Inghilterra alla volta del Maine, dove avviano un fiorente impero commerciale ittico e fanno sorgere una cittadina che porta il loro nome.
Angelique Bouchard, figlia della cameriera, da sempre è innamorata di Barnabas, oltre che della magia nera. Così uccide chiunque la tenga separata dal suo amore, a cominciare dai genitori del ragazzo.
Ma la vera tragedia sfocia quando Barnabas si innamora perdutamente della dolce Josette, che tramite un sortilegio Angelique spinge a buttarsi giù da un dirupo.
Trasformato in un vampiro e sepolto vivo da Angelique, che non si rassegna a non essere amata da lui, Barnabas viene riportato alla luce da alcuni scavatori nel 1972.
Qui scopre che il suo maniero è andato in rovina, insieme all'azienda di famiglia, e che una certa Angie (che altri non è che Angelique, vampira immortale pure lei) spadroneggia su tutta la città.
Contornato da una famiglia tanto strampalata quanto sorprendente, Barnabas parte alla riscossa per ritrovare gli antichi fasti professionali, riportare la giustizia nella sua cittadina e coronare la sua storia d'amore con Josette la quale, nel frattempo, si è reincarnata in una dolce istitutrice in fuga da un istituto psichiatrico.

La vera forza del film, oltre alle splendide scenografie e ai ridondanti effetti speciali, risiede in tutto il cast, che è semplicemente perfetto.
Johnny Depp ha ironia, fascino e un linguaggio "ancient"che da soli valgono le quasi due ore di spettacolo.
Bentornata a Michelle Pfeiffer, da troppo assente dagli schermi, alla quale basta alzare mezzo sopracciglio per esprimere la più ampia gamma di emozioni.
A Helena Bonham Carter, moglie del regista, viene regalata la battuta più bella del film ("ogni anno che passa sono bella la metà e sbronza il doppio") mentre la cattiva Eva Green (figlia dell'attrice Marlene Jobert) è assolutamente superba. Soprattutto quando sfascia una stanza durante un orgasmo al ritmo di Barry White.
C'è anche un gustoso cameo di Alice Cooper, ritenuto da Barnabas "una delle donne più brutte mai conosciute".
La battaglia finale tra vampiri ricorda un po' troppo "La morte ti fa bella", "Suspiria" e "La guerra dei Roses", con una piccola citazione de "L'esorcista".
Lo prendiamo come un giusto tributo a dei grandi film del passato, con un po' di orgoglio nazionale per il nostro amato Dario.

* * *

LA CASA NEL BOSCO
di Drew Goddard
con Kristen Connolly, Fran Kanz, Chris Hemsworth, Anna Hutchison
2011 - USA


È l'ennesimo "teen horror movie", di quelli che da decenni impazzano sul grande schermo portandosi dietro seguiti e proseliti, come "Nightmare on Elm Street", "La casa" e "Scream".
Però questo "La casa nel bosco" (The cabin in the woods) è meno scontato e banale del previsto e riserva qualche piccolo sprazzo di originalità, anche se poi il tutto va a perdersi in un mare di effettacci speciali e di suspence svenduta all'ingrosso.
Comunque sia, il gioco è valso la candela dato che il film , a tutt'oggi, ha guadagnato solo negli Stati Uniti più di 40 milioni di dollari, a fronte di un budget intorno ai 30.
Girato dallo sceneggiatore di "Cloverfield", il film omaggia chiaramente alcuni suoi classici predecessori. Però citare Sam Raimi o Dario Argento, mi sembra sinceramente un po' azzardato e presuntuoso.

La trama è molto semplice.
Cinque ragazzi stereotipati (la vergine, la zoccola, il palestrato, il bravo ragazzo e il tossico) decidono di trascorrere un week-end in una casa nel bosco vicino al lago (Jason di "Venerdì 13", dove sei?).
Ma, tipo "Grande fratello", i ragazzi sono controllati da lontano da un team di professionisti che, non si capisce bene per quale motivo, si diverte a terrorizzare loro la vita e a far scegliere loro il modo più atroce di morire.
Ma perché tanta crudeltà, unita anche alla presa in giro di un "mortoscommesse" in cui tutti partecipano puntando su quale infausto destino toccherà ai giovani?
La spiegazione giungerà negli ultimi minuti del film, dopo che per un'ora e mezza ci siamo sorbiti discorsi futili, mossettine alla Britney Spears e una famiglia di zombie che impazza allegramente dopo essere stata risvegliata da una citazione latina.
La scena più azzeccata è quella con i cubi che contengono tutti i mostri che un tempo dominavano la Terra.
Va bene che oramai, tra terremoti, alluvioni e amenità varie, siamo in piena zona Maya, però tutta questa fine del mondo che viene continuamente evocata fa venire un po' voglia di toccarsi il basso ventre.
E quello potrebbe essere l'unico momento veramente eccitante del film.

Come in tutti i film di questo genere, gli attori non sono altro che pupazzi che il regista si diverte a far correre, sospirare, urlare.
I ragazzi sono carini e coreografici, ma se anche tra di loro si dovessero celare gli eredi di Marlon Brando e di Meryl Streep, la sceneggiatura non ci dà molto modo di appurarlo.
Tra i vari segnaliamo Kristen Connolly, già vista in "Mona Lisa smile" e "Revolutionary Road" e Fran Kranz, che si era fatto le ossa in "Donnie Darko".
Chris Hemsworth, futuro Thor, cerca di fare lo spiritoso ma è solo una bella massa di insipidi muscoli mentre Richard Jankins, padre fantasma di "Six feet under", gioca a fare il burattinaio buonista che invoca il sacrificio per il bene del mondo.
Nel finale arriva il magnifico cameo di Sigourney "Ripley" Weaver.
Ma quanto ci sarebbe piaciuto di più vederla in "Alien 5"!

* * *

MARIGOLD HOTEL
di John Madden
con Judi Dench, Maggie Smith, Tom Wilkinson
2012 - Regno Unito


Ecco un film scisso a metà
Tanto è affascinante ed intrigante la prima parte, tanto si scade nel patetico e nel buonismo nella seconda.
Eppure l'idea di base era buona.
Prendere un regista molto british (John Madden) famoso per un avere diretto un feuilleton finto storico come "Shakespeare in love", aggiungere una manica di bravi attori disposti a mettersi in gioco in un film corale e creare una storia sulla terza età che sia un inno all'amore e alla speranza in un mondo in cui contano solo giovinezza ed avvenenza.
Peccato che il tutto, alla fine, sia talmente stucchevole da rasentare il ridicolo, oltre che l'improbabile.
Però vanno apprezzate le prove d'interprete, le immagini di un'India difficile ma affascinante ed una capatina nella disco anni '70 con "Le freak" degli Chic ballata sotto la doccia.

Evelyn (Judi Dench), Graham (Tom Wilkinson), Muriel (Maggie Smith), Douglas (Billy Nighy) e sua moglie Jean (Penelope Wilton), Norman (Roland Pickup) e Madge (Celia Imrie) sono un gruppo di pensionati britannici con problematiche di diversa natura.
Per trovare una soluzione ai guai che li assillano, decidono di recarsi in India, al Marigold Hotel che, almeno sulla carta, sembra una dimora davvero lussuosa ad un prezzo molto accessibile.
In realtà l'albergo si rivelerà una struttura fatiscente gestita da un giovane armato solo di belle speranze (Dev Patel, il protagonista di "The millionaire").
Eppure il fascino dell'India non impiegherà molto a stregare (quasi) tutti.
Così qualcuno troverà finalmente la propria indipendenza, qualcun altro un amore gaio perduto in giovane età, qualcun altro la forza per uscire da un matrimonio forzato mentre l'albergo sarà inaspettatamente colpito da improvviso benessere grazie a una "deus ex machina" in carrozzina.
Ci scapperà anche il morto, ma del resto l'età dei villeggianti è quella che è.

Negli Stati Uniti il film si sta comportando bene, avendo incassato più di 30 milioni di dollari.
Il che fa piacere, anche perché non se ne poteva più di vedere tra i primi in classifica solo film giovanilistici e totalmente idioti alla "American pie".
Resta un po' di amaro in bocca per una bella occasione sprecata per via di una sceneggiatura che non ha il coraggio di osare e strizza troppo l'occhio al box office.
Però "Marigold Hotel" ci regala una strepitosa Maggie Smith, acida come non mai, che a tratti riesce a mettere in ombra anche un mostro sacro come Judi Dench la quale, in un ruolo crepuscolare, si confronta con l'amara consapevolezza che, a questo mondo, non ci si può fidare proprio di nessuno.

* * *

MARILYN
di Simon Curtis
con Michelle Williams, Kenneth Barnagh, Eddie Redmayne
2011 - Regno Unito e USA

Bel film e bella sfida vinta quella di Harvey Weinstein, produttore e cofondatore della Miramax, che con "Marilyn" (titolo originale "My week with Marilyn") ha deciso di portare sul grande schermo la tormentata relazione professionale tra Marilyn Monroe e Sir Laurence Olivier sul set de "Il principe e la ballerina".
Olivier, che ai tempi era ancora sposato con la splendida Vivien Leigh, indimenticabile Rossella O'Hara nella versione cinematografica di "Via col vento" (e in questo film interpretata da Julia Ormond), diresse la grande star americana nel 1956 in quel di Londra, in mezzo ai capricci della diva sposata da soli tre mesi con Arthur Miller, grande drammaturgo autore di "Morte di un commesso viaggiatore" e, ai tempi, in odore di comunismo.
Marilyn, in perenne ritardo sul set e accompagnata dalla fida Paula Strasberg che le faceva da couch per la recitazione oltre che da sostituta madre, mise a dura prova il sistema nervoso di tutto il set. Eppure le bastava azzeccare la battuta o fare uno dei suoi sorrisi per farsi perdonare tutto.
Tratto dal diario redatto da Colin Clark durante la lavorazione del film, "Marilyn" ci racconta della fragilità di una diva, dell'illusione del primo amore e dello straordinario fascino che il grande schermo esercita su ognuno di noi dall'ormai lontano 1895.

Colin Clark (Eddie Redmayne) è un giovane rampollo ventiduenne di famiglia bene inglese che sfida le ire paterne pur di lavorare nel mondo del cinema.
Determinato a trovare un lavoro in quell'ambito, accetta di diventare terzo assistente alla regia di Sir Laurence Olivier (Kenneth Branagh) durante la lavorazione de "Il principe e la ballerina".
Qui conosce la grande Marilyn Monroe (Michelle Williams), che ai tempi aveva trent'anni ed era la donna più desiderata di tutto il mondo.
L'attrice, in perenne crisi affettiva e professionale, inizia a circuire il giovane, distraendolo da una bella costumista con la quale stava iniziando una relazione (Emma Watson, la bella Hermione di Harry Potter).
Tra incursioni notturne, visite ai castelli e bagni proibiti, Colin si innamora dell'attrice, coltivando la folle chimera di strapparla alla sua vita di celluloide e poterla salvare.
Ma nessuno salva nessuno. E così, alla fine, il giovane si troverà sedotto e abbandonato con, tra le mani, un racconto autobiografico di successo e la soddisfazione di poter dire di avere avuto Marilyn Monroe come primo amore.

Il cast è stellare ed è molto ben diretto da Simon Curtis.
Gli attori sono tutti in parte, da Kenneth Branagh a Judi Dench la quale, insieme a Derek Jacobs, regala al film un cameo che fa brillare maggiormente un'opera già di suo perfettamente equilibrata.
Ma la vera meraviglia è Michelle Williams, già moglie infelice del cowboy Heath Ledger in "Brokeback Mountain" (che ai tempi era suo compagno anche nella realtà).
Non per nulla questo film ha fatto guadagnare alla Williams un Golden Globe e perdere l'Oscar per un soffio contro la Lady di ferro Meryl Streep.
La sua Marilyn è strabiliante in quel misto di ingenuità, malizia e malinconia che faceva perdere la testa a chiunque la conoscesse.
Non è solo una caricatura o un'imitazione, questa Marilyn Williams (o Michelle Monroe) è un essere palpitante che trasmette, attraverso sguardi e movenze, tutti i controsensi della grande diva americana morta a soli 36 anni per un'overdose di barbiturici.
Quando domanda, con gli occhi sbarrati, "perché tutti quelli che amo prima o poi mi abbandonano", Michelle regala alla sua Marilyn un'umanità che lascia senza fiato.
E ci fa porre a tutti quanti lo stesso identico quesito.

* * *

MEN IN BLACK 3
di Barry Sonnenfield
con Will Smith, Josh Brolin, Tommy Lee Jones
2012 - USA


A dieci anni esatti dopo dal numero due, la povertà di idee degli sceneggiatori di Hollywood ci regala "Men In Black 3", o MIB3 se preferite, disponibile anche nella tecnologia digitale del 3D.
Premettendo che non è un brutto film, direi solo che questo sequel/prequel, rispetto ai suoi predecessori, dimostra però una totale mancanza di humor e di originalità.
Infatti stupisce sempre per gli effetti speciali ma fa sbadigliare un po' troppe volte e, alla fine, inserisce una dose di buonisimo ai limiti del patetico.
Inoltre, strada facendo, si sono persi personaggi affascinanti (la patologa Linda Fiorentino o il carlino parlante) rendendo la saga sempre più piatta e povera di caratteristi degni di nota.
Restano i soliti agenti J (Will Smith) e K (Tommy Lee Jones), ai quali questa volta si affianca un bravissimo Josh Brolin, già visto in "Non è un paese per vecchi" e "Milk".
In questo film interpreta il ruolo di K giovane, quando era ancora ottimista e con una gran voglia di parlare al suo compagno di lavoro.

Boris (Jemaine Clement), un alieno brutto, sporco e cattivo rinchiuso in un carcere di massima sicurezza sulla luna, riesce a fuggire e dichiara guerra alla Terra.
Il suo vero scopo, però, è uccidere l'agente K, che quarant'anni prima lo avevo sbattuto in prigione e privato di un braccio durante un conflitto armato.
L'improvvisa sparizione di K obbliga il collega J a tornare indietro nel tempo, nel 1969, per modificare il corso degli avvenimenti.
Qui J non solo riuscirà a debellare l'alieno e a riportare la storia nei suoi giusti binari ma potrà finalmente comprendere i fantasmi del passato che turbano il suo collega, oltre ad apprendere la verità sulla perdita di suo padre.
Forse era già stato tutto previsto, perfino il suo arruolamento. L'importante, però, è "non porre domande di cui non vuoi conoscere la risposta".

Io, invece, una domanda la pongo: ma cosa diavolo è successo a Tommy Lee Jones, che sembra ormai la maschera di se stesso. Colpa di un lifting sbagliato?
Non per nulla per tre quarti di film esce fuori di scena, lasciando ampio spazio al mattatore Smith il quale, pur essendo un po' imbolsito, mantiene comunque intatta la sua verve, nonostante la sceneggiatura non lo supporti con mezza battuta memorabile.
Piacevole, ma facilmente dimenticabile, Emma Thompson, mentre il premio simpatia va all'alieno Griffin di Michael Stuhlbarg, il "serious man" dei Fratelli Coen.
La regia di Barry Sonnenfield non riserva grandi guizzi ed anche la nuova canzone di Pitbull ci fa venire voglia di riascoltare l'originale di Will Smith.
Ma allora, che si può fare per tornare a divertirsi come ai bei vecchi tempi con i personaggi basati sull'omonima serie a fumetti di Lowell Cunningham?
Io un'idea ce l'avrei.
Fatevi "sparaflashare" col neuralizzatore degli Uomini in Nero e riguardatevi il primo film della saga.

* * *

THE AVENGERS
di Joss Whedon
con Robert Downey Jr., Chris Evans, Chris Hemsworth, Mark Ruffalo, Scarlett Johansson
2012 - USA

Prendi Thor, più Hulk, più Iron Man più Capitan America, aggiungici qualche personaggio secondario come la Vedova Nera e Occhio di Falco ed ecco che vengono fuori gli Avengers (o i Vendicatori), il team di supereroi Marvel che fece la sua prima apparizione cartacea nel lontano 1963.
La formazione del fumetto era diversa rispetto a quella cinematografica, ma questo è un dettaglio di poca importanza. Quello che conta è la grande operazione di marketing che c'è alle spalle di questo kolossal che ci era già stato annunciato un anno fa da Samuel L. Jackson alla fine del film Capitan America.
Il risultato è già da record. Solo nel primo week-end, "The Avengers" ha incassato negli USA più di 200 milioni di dollari, ottenendo la migliore performance di tutti i tempi. E facendo la gioia della Disney, che distribuisce il film.

La trama è semplice. Loki (Tom Hiddleston), fratello malvagio e frustrato di Thor, si impadronisce del Cubo Cosmico per aprire un varco tra la Terra e l'universo e consentire così ad un esercito di alieni (i Chitauri) di invadere il nostro pianeta.
Urge porre rimedio. Così Nick Fury (Samule L. Jackson) decide di chiamare a rapporto tutti i nostri eroi, a cominciare dal verde Hulk che aveva cercato rifugio alla sua rabbia in America Latina.
Bisogna anche riportare alla ragione Occhio di Falco (Jeremy Renner), stregato dallo strano scettro che stringe in mano Loki. A lui ci penserà la bella Natasha Romanoff, in arte Vedova Nera (Scarlett Johansson).
Gli altri Vendicatori, dopo alcuni battibecchi iniziali ed un serpeggiante scetticismo nei confronti del progetto di Fury, dovranno attendere la morte di un agente dello SHIELD, collezionista delle figurine dei supereroi, per trovare la giusta coesione e distruggere così la minaccia venuta dallo spazio.
Grazie allo spirito di sacrificio di Iron Man il mondo sarà salvo ed alla fine ognuno dei nostri eroi sarà libero di tornare alla propria vita, anche se perennemente monitorato dal Grande Fratello Jackson pronto a ricostituire prontamente il team in caso di nuovo pericolo.

Verboso nel primo tempo e più brioso nel secondo, "The Avengers" è un film divertente ma non eclatante diretto da Joss Whedon, famoso per aver creato la serie di "Buffy, l'ammazzavampiri".
Gli effetti speciali sono eccezionali, soprattutto se esaltati dalla versione 3D, però rimane un senso di noia che pervade tutti questi film sui supereroi creati da Stan Lee (ad eccezione del primo Iron Man e di qualche X-Men).
La nostra preferenza va alla coppia Stark-Pepper (Robert Downey Jr. e Gwyneth Paltrow), che ci riporta le deliziose commedie rose degli anni 40, mentre i palestrati Capitan America e Thor (rispettivamente Chris Evans e Chris Hemsworth) agitano scudo e martello ma non riescono ad essere nulla di più di due belli senz'anima.
Hulk, interpretato dall'affascinante Mark Ruffalo, quando si arrampica sui grattacieli sembra un King Kong colorato di verde.
Ma quando si scaglia contro l'affascinante Scarlett Johansson, non riesce a regalarci i brividi del suo predecessore alle prese con la bella Fay Wray.

Contatore visite dal 6 giugno 2011
 
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