In questo numero segnaliamo...
(recensioni di Mario Gardini)
DARK SHADOWS
di Tim Burton
con Johnny Depp, Eva Green, Michelle Pfeiffer,
Helena Bonham Carter
2012 - USA
Dopo la fortunata (sotto un profilo commerciale, un
po' meno artistico) incursione nel mondo di "Alice
in Wonderland", Tim Burton torna sul grande schermo
con un film dark, come è nelle sue corde, permeato
però di un umorismo insolitamente al vetriolo.
Tratto da una soap opera che è andata in onda dal
1966 al 1971, il film è una magica pozione stregata
che mescola Moody Blues, hippies, Love story,
lettori stero otto, Scooby Doo e lampade Magma.
Il primo weekend di incassi non è stato dei più
esaltanti negli Stati Uniti. Per fortuna che
l'Europa, Italia in testa, ha invece reso omaggio
nel giusto modo a questo piccolo gioiello
vintage-kitsch che racconta le gesta di un vampiro
molto più affascinante e simpatico dell'Edward di
Twilight.
Nel XIII° secolo, i coniugi Collins e il figlioletto
Barnabas salpano dall'Inghilterra alla volta del
Maine, dove avviano un fiorente impero commerciale
ittico e fanno sorgere una cittadina che porta il
loro nome.
Angelique Bouchard, figlia della cameriera, da
sempre è innamorata di Barnabas, oltre che della
magia nera. Così uccide chiunque la tenga separata
dal suo amore, a cominciare dai genitori del
ragazzo.
Ma la vera tragedia sfocia quando Barnabas si
innamora perdutamente della dolce Josette, che
tramite un sortilegio Angelique spinge a buttarsi
giù da un dirupo.
Trasformato in un vampiro e sepolto vivo da
Angelique, che non si rassegna a non essere amata da
lui, Barnabas viene riportato alla luce da alcuni
scavatori nel 1972.
Qui scopre che il suo maniero è andato in rovina,
insieme all'azienda di famiglia, e che una certa
Angie (che altri non è che Angelique, vampira
immortale pure lei) spadroneggia su tutta la città.
Contornato da una famiglia tanto strampalata quanto
sorprendente, Barnabas parte alla riscossa per
ritrovare gli antichi fasti professionali, riportare
la giustizia nella sua cittadina e coronare la sua
storia d'amore con Josette la quale, nel frattempo,
si è reincarnata in una dolce istitutrice in fuga da
un istituto psichiatrico.
La vera forza del film, oltre alle splendide
scenografie e ai ridondanti effetti speciali,
risiede in tutto il cast, che è semplicemente
perfetto.
Johnny Depp ha ironia, fascino e un linguaggio "ancient"che
da soli valgono le quasi due ore di spettacolo.
Bentornata a Michelle Pfeiffer, da troppo assente
dagli schermi, alla quale basta alzare mezzo
sopracciglio per esprimere la più ampia gamma di
emozioni.
A Helena Bonham Carter, moglie del regista, viene
regalata la battuta più bella del film ("ogni anno
che passa sono bella la metà e sbronza il doppio")
mentre la cattiva Eva Green (figlia dell'attrice
Marlene Jobert) è assolutamente superba. Soprattutto
quando sfascia una stanza durante un orgasmo al
ritmo di Barry White.
C'è anche un gustoso cameo di Alice Cooper, ritenuto
da Barnabas "una delle donne più brutte mai
conosciute".
La battaglia finale tra vampiri ricorda un po'
troppo "La morte ti fa bella", "Suspiria" e "La
guerra dei Roses", con una piccola citazione de
"L'esorcista".
Lo prendiamo come un giusto tributo a dei grandi
film del passato, con un po' di orgoglio nazionale
per il nostro amato Dario.
* * *
LA CASA NEL BOSCO
di Drew Goddard
con Kristen Connolly, Fran Kanz, Chris Hemsworth,
Anna Hutchison
2011 - USA
È l'ennesimo "teen horror movie", di quelli che da
decenni impazzano sul grande schermo portandosi
dietro seguiti e proseliti, come "Nightmare on Elm
Street", "La casa" e "Scream".
Però questo "La casa nel bosco" (The cabin in the
woods) è meno scontato e banale del previsto e
riserva qualche piccolo sprazzo di originalità,
anche se poi il tutto va a perdersi in un mare di
effettacci speciali e di suspence svenduta
all'ingrosso.
Comunque sia, il gioco è valso la candela dato che
il film , a tutt'oggi, ha guadagnato solo negli
Stati Uniti più di 40 milioni di dollari, a fronte
di un budget intorno ai 30.
Girato dallo sceneggiatore di "Cloverfield", il film
omaggia chiaramente alcuni suoi classici
predecessori. Però citare Sam Raimi o Dario Argento,
mi sembra sinceramente un po' azzardato e
presuntuoso.
La trama è molto semplice.
Cinque ragazzi stereotipati (la vergine, la zoccola,
il palestrato, il bravo ragazzo e il tossico)
decidono di trascorrere un week-end in una casa nel
bosco vicino al lago (Jason di "Venerdì 13", dove
sei?).
Ma, tipo "Grande fratello", i ragazzi sono
controllati da lontano da un team di professionisti
che, non si capisce bene per quale motivo, si
diverte a terrorizzare loro la vita e a far
scegliere loro il modo più atroce di morire.
Ma perché tanta crudeltà, unita anche alla presa in
giro di un "mortoscommesse" in cui tutti partecipano
puntando su quale infausto destino toccherà ai
giovani?
La spiegazione giungerà negli ultimi minuti del
film, dopo che per un'ora e mezza ci siamo sorbiti
discorsi futili, mossettine alla Britney Spears e
una famiglia di zombie che impazza allegramente dopo
essere stata risvegliata da una citazione latina.
La scena più azzeccata è quella con i cubi che
contengono tutti i mostri che un tempo dominavano la
Terra.
Va bene che oramai, tra terremoti, alluvioni e
amenità varie, siamo in piena zona Maya, però tutta
questa fine del mondo che viene continuamente
evocata fa venire un po' voglia di toccarsi il basso
ventre.
E quello potrebbe essere l'unico momento veramente
eccitante del film.
Come in tutti i film di questo genere, gli attori
non sono altro che pupazzi che il regista si diverte
a far correre, sospirare, urlare.
I ragazzi sono carini e coreografici, ma se anche
tra di loro si dovessero celare gli eredi di Marlon
Brando e di Meryl Streep, la sceneggiatura non ci dà
molto modo di appurarlo.
Tra i vari segnaliamo Kristen Connolly, già vista in
"Mona Lisa smile" e "Revolutionary Road" e Fran
Kranz, che si era fatto le ossa in "Donnie Darko".
Chris Hemsworth, futuro Thor, cerca di fare lo
spiritoso ma è solo una bella massa di insipidi
muscoli mentre Richard Jankins, padre fantasma di "Six
feet under", gioca a fare il burattinaio buonista
che invoca il sacrificio per il bene del mondo.
Nel finale arriva il magnifico cameo di Sigourney "Ripley"
Weaver.
Ma quanto ci sarebbe piaciuto di più vederla in
"Alien 5"!
* * *
MARIGOLD HOTEL
di John Madden
con Judi Dench, Maggie Smith, Tom Wilkinson
2012 - Regno Unito
Ecco un film scisso a metà
Tanto è affascinante ed intrigante la prima parte,
tanto si scade nel patetico e nel buonismo nella
seconda.
Eppure l'idea di base era buona.
Prendere un regista molto british (John Madden)
famoso per un avere diretto un feuilleton finto
storico come "Shakespeare in love", aggiungere una
manica di bravi attori disposti a mettersi in gioco
in un film corale e creare una storia sulla terza
età che sia un inno all'amore e alla speranza in un
mondo in cui contano solo giovinezza ed avvenenza.
Peccato che il tutto, alla fine, sia talmente
stucchevole da rasentare il ridicolo, oltre che
l'improbabile.
Però vanno apprezzate le prove d'interprete, le
immagini di un'India difficile ma affascinante ed
una capatina nella disco anni '70 con "Le freak"
degli Chic ballata sotto la doccia.
Evelyn (Judi Dench), Graham (Tom Wilkinson), Muriel
(Maggie Smith), Douglas (Billy Nighy) e sua moglie
Jean (Penelope Wilton), Norman (Roland Pickup) e
Madge (Celia Imrie) sono un gruppo di pensionati
britannici con problematiche di diversa natura.
Per trovare una soluzione ai guai che li assillano,
decidono di recarsi in India, al Marigold Hotel che,
almeno sulla carta, sembra una dimora davvero
lussuosa ad un prezzo molto accessibile.
In realtà l'albergo si rivelerà una struttura
fatiscente gestita da un giovane armato solo di
belle speranze (Dev Patel, il protagonista di "The
millionaire").
Eppure il fascino dell'India non impiegherà molto a
stregare (quasi) tutti.
Così qualcuno troverà finalmente la propria
indipendenza, qualcun altro un amore gaio perduto in
giovane età, qualcun altro la forza per uscire da un
matrimonio forzato mentre l'albergo sarà
inaspettatamente colpito da improvviso benessere
grazie a una "deus ex machina" in carrozzina.
Ci scapperà anche il morto, ma del resto l'età dei
villeggianti è quella che è.
Negli Stati Uniti il film si sta comportando bene,
avendo incassato più di 30 milioni di dollari.
Il che fa piacere, anche perché non se ne poteva più
di vedere tra i primi in classifica solo film
giovanilistici e totalmente idioti alla "American
pie".
Resta un po' di amaro in bocca per una bella
occasione sprecata per via di una sceneggiatura che
non ha il coraggio di osare e strizza troppo
l'occhio al box office.
Però "Marigold Hotel" ci regala una strepitosa
Maggie Smith, acida come non mai, che a tratti
riesce a mettere in ombra anche un mostro sacro come
Judi Dench la quale, in un ruolo crepuscolare, si
confronta con l'amara consapevolezza che, a questo
mondo, non ci si può fidare proprio di nessuno.
* * *
MARILYN
di Simon Curtis
con Michelle Williams, Kenneth Barnagh, Eddie
Redmayne
2011 - Regno Unito e USA
Bel film e bella sfida vinta quella di Harvey
Weinstein, produttore e cofondatore della Miramax,
che con "Marilyn" (titolo originale "My week with
Marilyn") ha deciso di portare sul grande schermo la
tormentata relazione professionale tra Marilyn
Monroe e Sir Laurence Olivier sul set de "Il
principe e la ballerina".
Olivier, che ai tempi era ancora sposato con la
splendida Vivien Leigh, indimenticabile Rossella O'Hara
nella versione cinematografica di "Via col vento" (e
in questo film interpretata da Julia Ormond),
diresse la grande star americana nel 1956 in quel di
Londra, in mezzo ai capricci della diva sposata da
soli tre mesi con Arthur Miller, grande drammaturgo
autore di "Morte di un commesso viaggiatore" e, ai
tempi, in odore di comunismo.
Marilyn, in perenne ritardo sul set e accompagnata
dalla fida Paula Strasberg che le faceva da couch
per la recitazione oltre che da sostituta madre,
mise a dura prova il sistema nervoso di tutto il
set. Eppure le bastava azzeccare la battuta o fare
uno dei suoi sorrisi per farsi perdonare tutto.
Tratto dal diario redatto da Colin Clark durante la
lavorazione del film, "Marilyn" ci racconta della
fragilità di una diva, dell'illusione del primo
amore e dello straordinario fascino che il grande
schermo esercita su ognuno di noi dall'ormai lontano
1895.
Colin Clark (Eddie Redmayne) è un giovane rampollo
ventiduenne di famiglia bene inglese che sfida le
ire paterne pur di lavorare nel mondo del cinema.
Determinato a trovare un lavoro in quell'ambito,
accetta di diventare terzo assistente alla regia di
Sir Laurence Olivier (Kenneth Branagh) durante la
lavorazione de "Il principe e la ballerina".
Qui conosce la grande Marilyn Monroe (Michelle
Williams), che ai tempi aveva trent'anni ed era la
donna più desiderata di tutto il mondo.
L'attrice, in perenne crisi affettiva e
professionale, inizia a circuire il giovane,
distraendolo da una bella costumista con la quale
stava iniziando una relazione (Emma Watson, la bella
Hermione di Harry Potter).
Tra incursioni notturne, visite ai castelli e bagni
proibiti, Colin si innamora dell'attrice, coltivando
la folle chimera di strapparla alla sua vita di
celluloide e poterla salvare.
Ma nessuno salva nessuno. E così, alla fine, il
giovane si troverà sedotto e abbandonato con, tra le
mani, un racconto autobiografico di successo e la
soddisfazione di poter dire di avere avuto Marilyn
Monroe come primo amore.
Il cast è stellare ed è molto ben diretto da Simon
Curtis.
Gli attori sono tutti in parte, da Kenneth Branagh a
Judi Dench la quale, insieme a Derek Jacobs, regala
al film un cameo che fa brillare maggiormente
un'opera già di suo perfettamente equilibrata.
Ma la vera meraviglia è Michelle Williams, già
moglie infelice del cowboy Heath Ledger in "Brokeback
Mountain" (che ai tempi era suo compagno anche nella
realtà).
Non per nulla questo film ha fatto guadagnare alla
Williams un Golden Globe e perdere l'Oscar per un
soffio contro la Lady di ferro Meryl Streep.
La sua Marilyn è strabiliante in quel misto di
ingenuità, malizia e malinconia che faceva perdere
la testa a chiunque la conoscesse.
Non è solo una caricatura o un'imitazione, questa
Marilyn Williams (o Michelle Monroe) è un essere
palpitante che trasmette, attraverso sguardi e
movenze, tutti i controsensi della grande diva
americana morta a soli 36 anni per un'overdose di
barbiturici.
Quando domanda, con gli occhi sbarrati, "perché
tutti quelli che amo prima o poi mi abbandonano",
Michelle regala alla sua Marilyn un'umanità che
lascia senza fiato.
E ci fa porre a tutti quanti lo stesso identico
quesito.
* * *
MEN IN BLACK 3
di Barry Sonnenfield
con Will Smith, Josh Brolin, Tommy Lee Jones
2012 - USA
A dieci anni esatti dopo dal numero due, la povertà
di idee degli sceneggiatori di Hollywood ci regala "Men
In Black 3", o MIB3 se preferite, disponibile anche
nella tecnologia digitale del 3D.
Premettendo che non è un brutto film, direi solo che
questo sequel/prequel, rispetto ai suoi
predecessori, dimostra però una totale mancanza di
humor e di originalità.
Infatti stupisce sempre per gli effetti speciali ma
fa sbadigliare un po' troppe volte e, alla fine,
inserisce una dose di buonisimo ai limiti del
patetico.
Inoltre, strada facendo, si sono persi personaggi
affascinanti (la patologa Linda Fiorentino o il
carlino parlante) rendendo la saga sempre più piatta
e povera di caratteristi degni di nota.
Restano i soliti agenti J (Will Smith) e K (Tommy
Lee Jones), ai quali questa volta si affianca un
bravissimo Josh Brolin, già visto in "Non è un paese
per vecchi" e "Milk".
In questo film interpreta il ruolo di K giovane,
quando era ancora ottimista e con una gran voglia di
parlare al suo compagno di lavoro.
Boris (Jemaine Clement), un alieno brutto, sporco e
cattivo rinchiuso in un carcere di massima sicurezza
sulla luna, riesce a fuggire e dichiara guerra alla
Terra.
Il suo vero scopo, però, è uccidere l'agente K, che
quarant'anni prima lo avevo sbattuto in prigione e
privato di un braccio durante un conflitto armato.
L'improvvisa sparizione di K obbliga il collega J a
tornare indietro nel tempo, nel 1969, per modificare
il corso degli avvenimenti.
Qui J non solo riuscirà a debellare l'alieno e a
riportare la storia nei suoi giusti binari ma potrà
finalmente comprendere i fantasmi del passato che
turbano il suo collega, oltre ad apprendere la
verità sulla perdita di suo padre.
Forse era già stato tutto previsto, perfino il suo
arruolamento. L'importante, però, è "non porre
domande di cui non vuoi conoscere la risposta".
Io, invece, una domanda la pongo: ma cosa diavolo è
successo a Tommy Lee Jones, che sembra ormai la
maschera di se stesso. Colpa di un lifting
sbagliato?
Non per nulla per tre quarti di film esce fuori di
scena, lasciando ampio spazio al mattatore Smith il
quale, pur essendo un po' imbolsito, mantiene
comunque intatta la sua verve, nonostante la
sceneggiatura non lo supporti con mezza battuta
memorabile.
Piacevole, ma facilmente dimenticabile, Emma
Thompson, mentre il premio simpatia va all'alieno
Griffin di Michael Stuhlbarg, il "serious man" dei
Fratelli Coen.
La regia di Barry Sonnenfield non riserva grandi
guizzi ed anche la nuova canzone di Pitbull ci fa
venire voglia di riascoltare l'originale di Will
Smith.
Ma allora, che si può fare per tornare a divertirsi
come ai bei vecchi tempi con i personaggi basati
sull'omonima serie a fumetti di Lowell Cunningham?
Io un'idea ce l'avrei.
Fatevi "sparaflashare" col neuralizzatore degli
Uomini in Nero e riguardatevi il primo film della
saga.
* * *
THE AVENGERS
di Joss Whedon
con Robert Downey Jr., Chris Evans, Chris Hemsworth,
Mark Ruffalo, Scarlett Johansson
2012 - USA
Prendi Thor, più Hulk, più Iron Man più Capitan
America, aggiungici qualche personaggio secondario
come la Vedova Nera e Occhio di Falco ed ecco che
vengono fuori gli Avengers (o i Vendicatori), il
team di supereroi Marvel che fece la sua prima
apparizione cartacea nel lontano 1963.
La formazione del fumetto era diversa rispetto a
quella cinematografica, ma questo è un dettaglio di
poca importanza. Quello che conta è la grande
operazione di marketing che c'è alle spalle di
questo kolossal che ci era già stato annunciato un
anno fa da Samuel L. Jackson alla fine del film
Capitan America.
Il risultato è già da record. Solo nel primo
week-end, "The Avengers" ha incassato negli USA più
di 200 milioni di dollari, ottenendo la migliore
performance di tutti i tempi. E facendo la gioia
della Disney, che distribuisce il film.
La trama è semplice. Loki (Tom Hiddleston), fratello
malvagio e frustrato di Thor, si impadronisce del
Cubo Cosmico per aprire un varco tra la Terra e
l'universo e consentire così ad un esercito di
alieni (i Chitauri) di invadere il nostro pianeta.
Urge porre rimedio. Così Nick Fury (Samule L.
Jackson) decide di chiamare a rapporto tutti i
nostri eroi, a cominciare dal verde Hulk che aveva
cercato rifugio alla sua rabbia in America Latina.
Bisogna anche riportare alla ragione Occhio di Falco
(Jeremy Renner), stregato dallo strano scettro che
stringe in mano Loki. A lui ci penserà la bella
Natasha Romanoff, in arte Vedova Nera (Scarlett
Johansson).
Gli altri Vendicatori, dopo alcuni battibecchi
iniziali ed un serpeggiante scetticismo nei
confronti del progetto di Fury, dovranno attendere
la morte di un agente dello SHIELD, collezionista
delle figurine dei supereroi, per trovare la giusta
coesione e distruggere così la minaccia venuta dallo
spazio.
Grazie allo spirito di sacrificio di Iron Man il
mondo sarà salvo ed alla fine ognuno dei nostri eroi
sarà libero di tornare alla propria vita, anche se
perennemente monitorato dal Grande Fratello Jackson
pronto a ricostituire prontamente il team in caso di
nuovo pericolo.
Verboso nel primo tempo e più brioso nel secondo,
"The Avengers" è un film divertente ma non eclatante
diretto da Joss Whedon, famoso per aver creato la
serie di "Buffy, l'ammazzavampiri".
Gli effetti speciali sono eccezionali, soprattutto
se esaltati dalla versione 3D, però rimane un senso
di noia che pervade tutti questi film sui supereroi
creati da Stan Lee (ad eccezione del primo Iron Man
e di qualche X-Men).
La nostra preferenza va alla coppia Stark-Pepper (Robert
Downey Jr. e Gwyneth Paltrow), che ci riporta le
deliziose commedie rose degli anni 40, mentre i
palestrati Capitan America e Thor (rispettivamente
Chris Evans e Chris Hemsworth) agitano scudo e
martello ma non riescono ad essere nulla di più di
due belli senz'anima.
Hulk, interpretato dall'affascinante Mark Ruffalo,
quando si arrampica sui grattacieli sembra un King
Kong colorato di verde.
Ma quando si scaglia contro l'affascinante Scarlett
Johansson, non riesce a regalarci i brividi del suo
predecessore alle prese con la bella Fay Wray.
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