Xena Zupanic: quando nell'arte il
corpo trasforma la mente
Xena Zupanic è un'attrice ma
anche un'artista a tutto tondo: performance
teatrali, videoartistiche, conduttrice e interprete
in diverse rubriche radiofoniche e televisive,
modella di successo, attrice per alcuni lavori
cinematografici. La abbiamo intervistata,
soprattutto in riferimento al suo concetto di arte e
alla sua poetica, sempre rivolta all'oscuro e
all'ignoto. Lei si definisce "straniera a se stessa,
esiliata dalla parte diurna del proprio essere", e
la sua performance è volta a vedere la mente
trasformata dal corpo, "scaldando il cervello fino
all'inverosimile".
Xena ti laurei in Filosofia e Storia dell' Arte
all' Universita di Zara, ti diplomi all'Accademia d'
Arte Drammatica di Zagabria, frequenti la Scuola
Superiore del Cinema e Televisione di Zagabria, la
Scuola di recitazione "Quelli di Grock" di Milano.
Che cosa ti ha dato e trasmesso la formazione
accademica?
La formazione accademica non forma il sacro "bosco"
platonico dentro di noi. Nessun bosco, nessuna sfida
che si fida dell'ignoto. L'accademia è un acca, un
accadere nella vita, un pedaggio che qualche volta
bisogna pagare. La strada d'accademia va
accantonata, evitando così gli Acari come i compagni
di viaggio.
X come Xena, Xena come straniera: quanto di
straniero vedi nella nostra quotidianità e quanto di
questo straniero che percepisci lo proponi, e come
lo proponi, in forma artistica?
Chi è lo straniero? Io o la cosiddetta quotidianità?
La quotidianità è composta dalle miriadi delle quote
che bisogna pagare: non esiste la ricchezza che può
comprarla, l'abbondanza che può placarla. La
quotidianità non si propone, si vive come lacerante
disagio rifiutando la sua strutturale estraneità. E'
un atto artistico permanente, un abito cucito
addosso senza le cuciture visibili.
Dici di essere "straniera a me stessa, esiliata
dalla parte diurna del mio essere": cosa intendi
poeticamente?
La poesia non è qualcosa separato dalla vita. "La
poesia è il vero reale assoluto"(Novalis)
Dunque, l'asserzione in questione è un inno alla
notte, la notte mistica di povertà sovrabbondante.
Sono un animale notturno con la luce diurna negli
occhi, vivo dall'altra parte del globo.
Quali sono, se ci sono, i riferimenti artistici
teatrali e performativi a cui ti sei ispirata o da
cui hai tratto i maggiori insegnamenti?
L'irraggiungibile. Carmelo Bene. Una macchina
attoriale che non si inceppava mai. Si oliava da
sola profumando d'eternità.
Le tue performance sono molto coinvolgenti tanto
da leggere in alcune recensioni che il tuo corpo "si
fonde nello spazio catturando i presenti e gli
assenti, portandoli quasi verso un'esperienza
mistica": come possiamo spiegare e illustrare questa
sensazione che riesci a trasmettere?
Il corpo trasforma la mente, scaldando il cervello
fino all'inverosimile: una volta fusa, la mente
diventa il mendicante, imprimendo sul corpo la forma
più espressiva, più plastica di chiunque altra. Il
corpo diventa abitatore di un mondo nuovo, straniero
e fecondo, ma non estraneo.
Quale è la funzione del teatro nella società
attuale?
Di ipnotizzare lo spettatore malato: una volta
caduto nel profondo stato d'ipnosi, può svuotarsi.
Il teatro svuota l'ipocrisia del mondo moderno
svelandola.
L'oscuro, l'ignoto sono elementi fondamentali
nella tua arte: che cosa trovi di estetico e di
significato in queste "entità" dell'essere?
L'oscuro, l'ignoto appaiono, si presentano come la
vera luce autentica che sprona la nostra esistenza
immersa nella mediocrità ora-mai in stato critico,
pericoloso. La strada piena di mediocrità è
rassicurante, ma in certi periodi della storia
diventa una bomba ad orologeria. Solo la chiamata
dell'ignoto ci può salvare da noi stessi in quanto
risveglia il desiderio di conoscere lo straniero,
l'estraneo che incute paura. Lasciandoci all'ignoto
trasfiguriamo la paura.
Il pubblico ormai ti conosce: lavori e hai
lavorato anche per la televisione in diverse
trasmissioni. Qual è la risposta del pubblico e il
riscontro avuto?
Il pubblico funziona così: si vuole attaccare al mio
pube per conoscermi ancora da più vicino. Con il
pubblico vado al pub a bere a tutta birra.
Guarda in ogni presenza la tua eterna assenza:
qual'è l'assenza che tu riesci a vedere a esprimere
artisticamente?
Sono presente in quanto assente, vuota a me stessa.
Una volta svuotato il mio io personale ed artistico,
figuro come puro corpo magnetizzante. Artisticamente
parlando non possiedo sulla scena più la cosiddetta
coscienza di me stessa. Muovendomi, articolando la
lingua glossolalica, divento un essere proiettato in
un'altra dimensione, penetro l'ignoto che mi
avvolge.
Tue prossime performance o lavori?
"Carro Bene". Portare in giro per l'Italia il
doppio, l'edilion di Carmelo Bene e fare rivivere la
sua potente phonè. Carmelo che parla dall'aldilà,
interloquendo con me. Carmelo Bene
Quali sono i lavori e le performance che più
rappresentano la tua poetica e il tuo messaggio
artistico?
Io sono la mia poetica. Non rappresento ma evoco.
Come definiresti il genere della tua arte
recitativa performativa?
Non generata.
Quale centralità e ruolo occupa il fisico e la
comunicazione fisica e corporea nelle tue
performance e, soprattutto, quale è il lavoro che
sta dietro alla realizzazione di uno spettacolo
basato su quella fisicità che si fonde nello spazio?
Questo principio chiamato corpo, deve essere
schiacciato per divenire realmente materia,
assottigliarsi fino all'estremo. Così
"sottilizzato", il corpo, nel teatro acquista la
proprietà osmotica di una penetrazione onnipresente
nella cosiddetta vita materiale e fisica. La
spiritualità è la posteriore lettura della
penetrazione fecondante osmotica, dove tutto, senza
trascurare nessun ente, incomincia a vibrare,
parlare, vivificato dal corpo triturato,
sottilizzato.
Il teatro è anche utopia, utopia di una vita, di
un'esistenza, un'utopia anche collettiva?
Il teatro non è l'utopià. E' il nostro inconscio che
in certi felici stati di trance parla e gesticola,
così facendo visibile al nostro corpo i corpi
altrui. I corpi pieni di energia amorosa o di oscuro
odio focoso. Il teatro è il magico rivelatore,
l'angelo che apre i sigilli del libro
dell'Apocalisse.
Perchè l'oscuro e l'ignoto ti hanno sempre
attratta tanto da definirne quasi gli elementi
strutturali della tua arte? Che cosa l'ignoto offre
a livello estetico?
L'oscuro, l'ignoto attirano senza interpellarmi.
Loro mi curano nel loro mare igneo noto.
Al livello estetico loro letteralmente, in senso
proprio fisiologico trasformano il mio corpo che
diventa un'entità nuova, inaspettata. Un corpo fuori
dal mio controllo, sciolto dalla mia mente che si
presenta come stravagante strumento dell'ignoto. Un
corpo da tarantola, morsa dal sacro, l'oscuro. Sono
trasfigurata, non più appartenendo alla quotidianità
delle cose. Al livello estetico così si verifica non
straordinario ma quello che è irrepetibile: la mia
trasformazione totale, piena di una conoscenza
nuova, aurorale.
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