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Libri a fumetti

EROI IN CRISI E MALATI EMARGINATI
Il malato come diverso nel fumetto d´autore

Articolo di Andrea Cantucci

Cinema

The avengers
di Mario Gardini
Dark shadows
di Mario Gardini
La casa nel bosco
di Mario Gardini
Men in black 3
di Mario Gardini
Marigold Hotel
di Mario Gardini
Marylin
di Mario Gardini

Fotografia

"Rendere visibile ciò che l'uomo non vede, ma sente";
Intervista alla fotografa Daniela Bellu

A cura di Alessandro Rizzo
Edoardo Albisetti: la fotografia on the road davanti a realtà che stupiscono
A cura di Alessandro Rizzo

Teatro

Notre Dame de Paris
di Mario Gardini

Booktrailer

Booktrailer Online Awards

Arte performativa

Quando l'arte performativa diventa un ensemble: intervista al giovane artista Andrea Rossi
A cura di Alessandro Rizzo
Xena Zupanic: quando nell'arte il corpo trasforma la mente
A cura di Alessandro Rizzo

Arte pop

Come sarebbe il mondo senza la Factory: priva dell'arte post moderna concettuale e pop esempio della nostra contemporaneità
A cura di Alessandro Rizzo

Miti mutanti 17

Strisce di Andrea Cantucci

Un artista a Coverciano 3

Strisce di Luca Mori

Quando l'arte performativa diventa un ensemble: intervista al giovane artista Andrea Rossi

 

A cura di Alessandro Rizzo

 


Andrea Rossi è un giovane artista a tutto tondo: dalla danza classica al jazz, dal tip tap al flamenco, dal canto alla musica e alla recitazione. La fisicità è la parte caratterizzante delle sue performance tanto da vedere il ragazzo romagnolo "interpreta" e non esegue i personaggi che va a rappresentare tramite un vero e proprio ensemble di discipline. Andrea cresce nell'officina meccanica di suo padre dedicandosi nel tempo libero al canto, inizialmente. Lo abbiamo gustato nella sua attività artistica performativa in un musical a Milano, un vero successo per la platea meneghina, lo scorso febbraio: Priscilla la Regina del Deserto. Lo abbiamo intervistato con piacere conoscendone le aspettative, gli obiettivi e i prossimi progetti a cui Andrea sta lavorando.



1. Danza classica, jazz, tip tap, flamenco, canto, musica e recitazione: sono le varie branchie artistiche che affronti nella tua formazione. Quanto di queste arti sono in te e, soprattutto, quale tra esse è quella che più ti rappresenta?

Diciamo che il canto è quella che mi identifica meglio e quella che mi fa sentire più a mio agio sul palco. Sicuramente sarà il fatto che ho iniziato a cantare quando avevo 16 anni con un gruppo di amici in giro per i locali riminesi e mi sono fatto una bella gavetta cantando veramente ovunque. Come ballerino invece mi sono scoperto tardi ( 23 anni ) anche se faccio parte di un gruppo di danza acrobatica da 18 anni, attraverso il quale ho scoperto veramente come usare il mio corpo. La danza classica e il jazz sono i tipi di danza che prediligo. Resta il fatto che io non mi definisca propriamente un danzatore.
Sicuramente la recitazione è la parte della mia formazione che ancora sto affinando e che ad ogni lavoro nuovo cerco di affrontare e migliorare mettendomi in gioco con i miei colleghi.

2. Ci sono dei punti in comune e di interazione tra le diverse discipline artistiche che tu hai affrontato?
 
A me piace viverle come un'unica disciplina. Anche come ensemble, è vero che ballo in primo luogo, ma ancor prima sto dando vita a un personaggio (seppur piccolo e magari senza alcun nesso con la storia) che non è " Andrea Rossi " l'esecutore ma l'interprete. Senza contare che mentre balli e dai vita al personaggio devi chiaramente anche cantare. Quindi, a mio avviso, non bisogna pensare di salire sul palco e fare tre cose distinte; ma bisogna andare sul palco portando in scena un personaggio che dovrà respirare e muoversi attraverso l'ausilio delle 3arti.

3. Quali sono i tuoi riferimenti artistici?

Mi sento un po' atipico. Diciamo che io non avevo questo tipo di velleità artistica quando ero più piccolo e quindi, lo ammetto, non ero uno che andava a teatro. Io andavo ai concerti di musica hard rock, metal, e quindi sono cresciuto così. Suonando la chitarra e cantando questo genere di musica. Ed è questo a cui mi sento più affine, chiaramente poi mi sono appassionano al teatro e ho cercato di crescere approfondendo le cose.

4. Che cosa Andrea voleva fare da grande quando era piccolo, in campo artistico si intende?
 
Io sono cresciuto lavorando nell'officina metalmeccanica di mio padre, coltivando il canto come passatempo. Poi un giorno ho capito che il palco era la mia casa.

5. Ora affronti da qualche anno a questa parte ruoli recitativi e performativi in diversi musical, anche di livello internazionale: nel 2005 interpreti il ruolo di Hanna nel musical Jesus Christ Superstar, produzione di Ludovico Van V.D.A, poi il ruolo dello Sceriffo di Nottingham nel musical Robin Hood con Manuel Frattini, interpreti Ram Tam Taggher nel musical Cats prodotto dalla Compagnia della Rancia e, infine, interpreti altri e diversi ruoli nel musical tanto seguito a Milano l'ultima stagione, Priscilla la regina del deserto. Come prepari i diversi personaggi, molto eterogenei nelle loro caratteristiche, e quanto di questi personaggi sono presenti e vivi nella tua personalità?

Beh, sicuramente con molta umiltà e spirito di ricerca. Ogni personaggio ha un potenziale immenso perché contiene la giusta percentuale di elementi affini al nostro modo di essere ed altri completamente lontani. Per esempio con Ram Tam Taggher ho dovuto tirare fuori un'indole piuttosto spavalda cercando di non farmi sopraffare dalla mia naturale timidezza. Inverso invece è stato il lavoro che ho dovuto fare in "priscilla" come cover di Tick , dove ho messo a nudo la mia sensibilità, scoprendo che in realtà non era poi così inesistente. Credo che il nostro sia un lavoro fortunato perché puoi fare i conti con il tuo vero " io " e indagarlo in tutti i suoi particolari.

6. Ultimamente, come dicevamo, hai lavorato nel musical Priscilla la regina del deserto, quasi simbolo culturale di una società più accogliente e tollerante, un inno all'uguaglianza e al rispetto dei diritti dell'essere umano: che cosa ha significato artisticamente per te prendere parte a questo lavoro e quale è la tua considerazione riguardo a un'opera che ha molto significato nell'emancipazione della persona e nell'affermazione dei diritti delle persone lgbt?
 
Beh, è stata una bella sfida. Quando sono entrato nel mondo dello spettacolo mi sono trovato a fare i conti con un mondo che prima non conoscevo. Per me l'omosessualità era una cosa lontana dal mio essere, che non mi interessava. Non ero spaventato ma ma semplicemente non conoscevo. Poi mi sono trovato a fare i conti con questo mondo in modo molto naturale e senza alcun tipo di problemi, ma ho visto anche la difficoltà della gente nell'accettazione. E soprattuto facendo questo spettacolo mi sono accorto che ancora la gente non riesce a vedere al di là della cortina di colori, lustrini e paillette, che copre questa realtà. Finché un omosessuale canta, ironizza e fa divertire tutto bene, quando si comincia a parlare di cose più serie iniziano le reazioni strane, non tanto cattiveria, forse più perplessità. Però questo spettacolo ha aiutato a capire, ad accettare. Io ho anche dovuto fare un gran lavoro per trovare la mia parte femminile senza scadere nell'ovvietà. Dover interpretare un ruolo come quello di Tick (come ho detto prima sono la cover, ovvero il sostituto, di questo ruolo) ha significato cercare dentro di me il giusto equilibrio tra un uomo eterosessuale ed un omosessuale, vincendo la paura di esternare di fronte alla massa la parte femminile.

8. Che cosa vuoi esprimere con la tua arte performativa e, soprattutto, che cosa la danza, che è anche fisicità, può dare all'arte recitativa?

Sicuramente la fisicità è fondamentale. Una persona non vive con la sola parola, ma con il corpo, e così anche un personaggio in teatro vive non solo nella voce ma nel suo essere fisicamente sul palco.

9. Stai lavorando ad altre opere?

Per adesso no, diciamo che mi prendo un po' di vacanza, ma tra poco vado a lavorare in un villaggio turistico in Basilicata e poi il prossimo anno si riprende con Priscilla.

10. Quale futuro ha la professione artistica nel nostro Paese, quale futuro si prospetta Andrea come artista e, soprattutto, che cosa si aspetta dal futuro? Quali sono gli obiettivi e le finalità?
 
Questo è un discorso molto lungo e complesso. Diciamo che a livello di spettacoli c'è molto movimento, ma purtroppo noi siamo un po' carne da macello e con la crisi che c'è in Italia anche il nostro settore ne risente. Non saprei dire come sarà, ma sono ottimista e voglio credere che il futuro in generale, in tutti gli ambiti e i settori, sarà roseo. Io sicuramente per il mio futuro mi aspetto una famiglia. In questo ultimo periodo ho capito che il lavoro non è tutto, noi come artisti siamo abituati a vivere per il lavoro, e questo ci fa perdere di vista un po' la realtà. È per questo che ho deciso che, a prescindere dal mio lavoro voglio mettere su famiglia con la mia compagna e vivere in una bella casetta in mezzo al verde, questo è il mio sogno e questo è quello che sono sicuro arriverà, anche se volesse dire non lavorare più in teatro.

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