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Narrativa
Poesia italiana
Poesia in lingua
Questa rubrica è aperta a
chiunque voglia inviare testi poetici, in una
lingua diversa dall'italiano, purché rispettino i
più elementari principi morali e di decenza...
poesie in lingua
napoletana e
pisana
La bacheca degli annunci
assurdi
Una nuova rubrica tra
l'aforistico, il poetico e l'umorismo..
Di Rossana D'Angelo
Recensioni
Non tutti i dubbi sono di
plastica di Angelo Zabaglio
Un criceto al computer di
Lenio Vallati -
recensione di Massimo Acciai
Ojstro ("Il Tafano") di
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Voynich - recensione di Vladimir OKC
La leggenda dei pesci bambini di
Francesco Bova
Atomico Dandy di Piersandro Pallavicini -
recensione di Enrico Pietrangeli
Dovere d'allegria di
Giulio Bogani -
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La catena non si spezza di
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Interviste
Intervista ad Andrea
Moneti (autore di "1527")
di Massimo Acciai
Convegni
I Balcani e l'Europa:
l'uomo senza confine
di Marco Bazzato
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Esistono due specie attigue ad Homo sapiens
sapiens: gli scimpanzè e le scimmie - uomo. I primi hanno il
99,6% del patrimonio genetico simile agli umani, ma la razza che
definisco scimmia-uomo cui appartengo, ne ha il 99,8%. Avendo
avuto nella nostra razza grandi scienziati mai riconosciuti
tali, abbiamo da tempo stabilito le nostre genetiche percentuali
equidistanti tra umani veri e scimpanzè.
Noi scimmie-uomo, poche ed in via di estinzione, abbiamo aspetto
di scimmia, ma intelligenza umana. Non siamo in grado di
parlare, ma pensiamo come voi. Oggetti preistorici come cannule
ossee forate usate come zufoli e molti dipinti rupestri, furono
opera di miei antenati ancestrali e non dei Neanderthaliani come
credete.
Mi catturarono nella savana sub-equatoriale insieme con molti
scimpanzè. Piansi sia per la perduta libertà sia per la mia
compagna e la prole lasciati soli ai bordi del deserto. Da
allora odiai gli umani. Fui rinchiuso in questo zoo dividendo la
cella con due veri scimpanzè. Il guardiano che ci portava da
mangiare era terribile sia perché umano, sia perché non aveva
pazienza con gli animali. Malediceva il lavoro che lo metteva al
servizio delle bestie. Coi leoni stava zitto. Dopo aver chiuso
le belve nel secondo scomparto, entrava nella gabbia vuota, la
ripuliva cambiando l'abbeverata e aggiungendo in mangiatoia i
pezzi di carne. Contro noi scimpanzè e contro me né uomo e né
scimpanzè, bestemmiava e ci prendeva a mazzate. I miei compagni
con acute grida disperate saltavano su una specie di tronco
monco aggiunto nella cella. Mi rannicchiavo invece in un angolo
tremante. Dalle brache gli pendeva un mazzo di chiavi e tra
queste una universale con cui aprire e chiudere le tutte celle.
Aspettai che s'inchinasse a cambiare l'acqua della mia gabbia e
con rapidità gli sfilai il mazzo di chiavi rifugiandomi nel
grottino dove d'inverno ci ripariamo. Vide che gli avevo sfilato
le chiavi e bestemmiando cercò di acchiapparmi piegato in avanti
come una scimmia quadrumane. La zazzera di capelli lunghi e neri
calata sugli occhi completò l'aspetto animalesco. Gridava
forsennato contro di me premuto nel fondo del cunicolo:
"Questa volta ti ammazzo. Ti strozzo. Dammi le chiavi scimmia di
merda."
Dall'anello avevo sfilato la chiave universale e gli buttai il
resto del mazzo che afferrò. Se ne andò senza aggredirmi forse
temendo di prendersi un morso. Disse come se capissi ed in
effetti capivo: "Scimmia, con me hai chiuso. Domani di buon
mattino ti ammazzo."
Chiuse il cancello con un catena di riserva ed andò nella
guardiola a prelevare il duplicato della chiave universale con
cui ci serrò. Ripeté le minacce digrignando i denti come le
fiere:
"Scimmia della malora domani ti ammazzo."
Passava il mattino presto a pulire le gabbie e a distribuire
alimenti. Altri facevano le stesse cose con le gabbie degli
uccelli, altri con quelle dei dromedari, giraffe ed elefanti.
La notte andai di soppiatto ad aprire le celle dei leoni, delle
iene, tigri e puma. Spalancai i cancelli e saltai sopra le
gabbie tornandomene nella mia dopo aver chiuso l'entrata con la
chiave universale. Nei bagliori del plenilunio vidi belve
ringhianti girovagare con circospezione nei sentieri dello zoo.
Alcune acquattate nei prati. Al mattino presto arrivarono i
guardiani per le solite mansioni. Il mio si era diretto come
faceva, alla gabbia dei leoni. Portava con se la grossa busta di
plastica piena di carne. Le belve annusarono l'aria, lo
circondarono e accecate dalla fame lo divorarono insieme con la
carne imbustata. Levò grida strozzate. Solo la testa fu
indigesta. Gli occhi guardavano esterrefatti il cielo
albeggiante. Le belve - il muso tinto di sangue che si leccavano
- ricacciate nelle gabbie da sopraggiunte squadre speciali.
Commentarono:
"E' stato un fatale errore. Ha lasciato per dimenticanza le
gabbie aperte. Stava invecchiando. Poveretto."
Un commissario ebbe dei sospetti: una delle due chiavi
universali mancanti, solo le gabbie delle belve aperte…indagò
per un po'... a vuoto.
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