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Narrativa

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi in prosa inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
Dinosauro universitario di Giuseppe Costantino Budetta, Una rivelazione di cuore di Francesco Panizzo, Piedi di Antonella Pedicelli, Amore interrotto di Daniela Tuscano

Poesia italiana

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Massimo Acciai, Lucia Dragotescu, Alessandra Ferrari, Emanuela Ferrari, Iuri Lombardi, Cesare Lorefice, Roberto Mosi, Natalia Radice, Anna Maria Volpini

Poesia in lingua

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici inediti, in lingua diversa dall'italiano, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Massimo Acciai, Antonio Carollo, Lucia Dragotescu, Manuela Leahu, Paolo Filippi

Recensioni

In questo numero:
- "Intelligence: nuove minacce e terrorismo" di Antonella Colonna Vilasi
- "Felici come mosche in un Paese di stitici" di Igor Righetti
- "L'azzurro non è una parola" di Tiziana Soressi
- "Prugni" di Barbara Pumhösel
- "Florentia" di Roberto Mosi
- "Ofelia e la luna di paglia" di Antonio Messina
- "Oblivion" di Luigi Fontanella, Recensione Roberto Mosi
- "Arcobaleno" di Banana Yoshimoto, recensione di Simonetta De Bartolo
- "L'uomo che andava a teatro - storia fantastica di uno spettatore" di Roberto Scarpa, recensione di Ilaria Mainardi
- "Sul filo di lama" di Marcellino Lombardi
- "Ancora il vento piange Mary" di Danilo Arona, recensione di Eduardo Vitolo
- "Per Elisa" di Mangani Azzurra, recensione di Eduardo Vitolo
- "La croce sulle Labbra" e "Santanta", di Danilo Arona e Edoardo Rosati, recensione di Eduardo Vitolo

Interviste

Massimo Mongai
intervista a cura di Massimo Acciai e Marco Martino
Manuela Verbasi
intervista a cura di Massimo Acciai
Luciano Comida: piacere, Michele Crismani! Intervista al noto autore triestino di storie per ragazzi
intervista a cura di Eduardo Vitolo

Incontri nel giardino autunnale

Intervista a Paolo Cossi
A cura di Matteo Nicodemo

Articolo

L'Asia della contestazione
di Maria Cristina Famiglietti

In questo numero segnaliamo...
 



Antonella Colonna Vilasi
Intelligence. Nuove minacce e terrorismo
Edizioni Universitarie Romane - 2008

È uscito in libreria il nuovo libro della saggista Antonella Colonna Vilasi, Intelligence. Nuove minacce e terrorismo. L’autrice è al suo quindicesimo libro; ha pubblicato libri sulla mafia ed il terrorismo, è esperta di psicologia giuridica, storica, giurista, internazionalista e criminologa, inoltre svolge attività di didattica universitaria su tematiche criminologico-forensi. E’ la prima scrittrice europea ad aver pubblicato una trilogia sull’intelligence: Segreto di stato e intelligence, Intelligence, Intelligence. Nuove minacce e terrorismo. Nei prossimi giorni uscirà in Francia l’inedito L’intelligence expliquee aux enfant.
Il libro, presentato dal giudice Ferdinando Imposimato, è suddiviso in sette capitoli, L’intelligence contemporanea: le nuove minacce e le nuove sfide; il reato di terrorismo nella storia e nel diritto internazionale; brevi cenni sull’escalation del terrorismo internazionale islamista: un approccio sociologico; psicologia del terrorismo; la nascita del SISDE ora AISI; brevi cenni sulla nascita dei servizi di intelligence italiani; lo stemma dell’ AISE (ex SISMI) ed il logo dell’AISI (ex SISDE).
La pubblicazione evidenzia come, in seguito all’attacco alle Torri gemelle, si sia intensificato in maniera esponenziale il dibattito attuale sul ruolo dell’intelligence nella sicurezza delle Nazioni occidentali. L’autrice analizza quindi, dopo brevi cenni sulla storia dei servizi di intelligence italiani nei primi anni di vita dalla loro istituzione, attraverso un approccio multi-focus, il terrorismo dal punto di vista sociologico, psicologico, storico ed internazionalistico. Infatti, in quasi tutti i Paesi occidentali, seppur con diversi gradi di coinvolgimento politico, ci si è adoperati nel ridefinire priorità, compiti e ruoli degli organismi di intelligence, riformando strutture e modalità operative, aumentando la dinamicità di un settore fortemente condizionato dalla burocrazia, sviluppando nuove capacità di contrasto nei confronti degli emergenti network criminali organizzati a livello internazionale e transnazionale, elaborando delle strategie di prevenzione e gestione degli attacchi asimmetrici portati a livello globale. I moderni servizi di intelligence dovranno affrontare nuove minacce incombenti, in evidenza, tra le tante, la scarsità delle risorse idriche ed il problema energetico.


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Felici come mosche in un Paese di stitici


Il giornalista ComuniCattivo per antonomasia, Igor Righetti,
pubblica con De Agostini il suo nuovo e corrosivo libro
che vi farà "voltare pagina"

Un volume talmente cattivo che lo stesso autore
mentre lo scriveva ne è rimasto impressionato!

Roma, 2 febbraio 2009. In occasione dell'uscita in libreria del nuovo e corrosivo libro del giornalista ComuniCattivo per antonomasia, Igor Righetti, autore e conduttore del popolare programma in onda su Radio 1 Rai dal 2003 (1.400 puntate) chiuso in questi giorni dal direttore dell'emittente, De Agostini invita i giornalisti alla presentazione di "Felici come mosche in un Paese di stitici" che si terrà a Milano, giovedì 5 febbraio 2009 alle 18 alla libreria La Feltrinelli in corso Buenos Aires, 33.
Intervengono: Raffaele Morelli, psicologo e psicoterapeuta, Francesca Senette, giornalista e conduttrice "Italia allo specchio" e Maria Venturi, scrittrice.

Tonnellate di sana cattiveria e una raffica di pensieri al vetriolo. Sarcastico e dissacrante non risparmia nessun ambito: dalla pubblicità al marketing, dalla tv alla radio, dai personaggi della politica a quelli del mondo dello spettacolo, da quelli dell'informazione a quelli della cultura. Un fiume d'ironia e creatività che travolgerà il lettore chiamato dall'autore a interagire con il volume. Un libro talmente cattivo che lo stesso autore mentre lo scriveva ne è rimasto impressionato. Con questo suo quarto libro Igor Righetti, il dottor Jekyll e mister Hyde della comunicazione italiana, prende in esame i vizi e le debolezze della gente di oggi.

Dice Igor Righetti: "Vi sembra che la realtà abbia superato la fantasia? Avete voglia di urlare contro 'starlettine' dalla consistenza di un budino, interessanti come guardare il pavimento bagnato mentre si asciuga, che compaiono ogni volta che accendete il televisore? Siete stanchi di sentire di continuo i verbi al condizionale? Siete esausti di essere presi in giro da coloro che vi vendono i mandarini per clementine e poi non fate altro che sputare semi? Non ce la fate più a nascondervi quando vedete l'amministratore di condominio al quale dovete ancora pagare un anno di rate del riscaldamento? Non ne potete più della melassa ipocrita e del falso moralismo che sembrano aver infettato milioni di connazionali? Speravate di esservi liberati di tanti compagni di scuola che non avete mai potuto vedere e di ex colleghi inutili e invidiosi e che grazie a Facebook sono ricomparsi ai vostri occhi?

È un Paese schizofrenico, il nostro, che non si sforza neppure di sembrare normale, dove se le nostre telefonate non vengono intercettate non siamo nessuno, dove i ladri riescono a rubare in casa di politici agli arresti domiciliari, dove abbiamo trasformato tanti nonni in pusher di cocaina ed eroina per arrotondare le striminzite pensioni, dove in molti studi di programmi televisivi gli autori e i conduttori avrebbero bisogno di bravi esorcisti invece pullulano i sessuologi, i criminologi, i dietologi e gli chef catodici. E che cosa dire della censura, sempre in agguato contro le voci fuori dal coro?

Un Paese sempre più analfabeta dove il motto ricorrente è 'Almeno l'italiano 'sallo'', dove non tutto fa brodo ma dove tutto fa Broadway, dove lo spettatore viene cloroformizzato da una televisione becera e volgare fatta di game show, reality show e talent show, dove milioni di persone il sabato sera stanno a casa per vedere piangere in tv altri essere umani e sentirsi così meno sfigati di loro, dove in prima serata vanno in onda frullati di rifiuti solidi catodici o accanimenti terapeutici, dove i più grandi investitori pubblicitari sono le società di prestiti personali, dove i negozi 'compro oro' hanno aggiunto la dicitura 'anche da denti e dentiere'.

Un'Italia in cui il potere è fondato sulla prostata, dove telegiornalisti collezionano modellini di plastici che rappresentano case in cui si sono svolti delitti efferati, dove essere giovane sembra una colpa, dove si diventa attori o conduttori perché si partecipa a un reality show, dove ci si riempie la bocca di meritocrazia e si assumono soltanto i raccomandati.

Una nazione di grafomani dove pur di non leggere si è disposti a scrivere e a pubblicare libri anche a pagamento, dove non si è più neppure liberi di scappare di casa perché c'è subito chi fa la spia a 'Chi l'ha visto?'.

Un'Italia intollerante a tutto non soltanto al glutine e al latte, dominata dall'ansiolitico e dall'antidepressivo. Un Paese che per far leggere gli adolescenti in tempesta ormonale e riportarli nelle sale cinematografiche ha avuto bisogno di uno scrittore 44enne che si atteggiasse e parlasse come un teenager, in cui i processi passano da padre in figlio da quanto sono lenti, dove se trovate un ladro che vi sta svaligiando la casa dovete pure offrirgli il caffè altrimenti si rischia una denuncia per mancanza di ospitalità, dove la sicurezza è soltanto una percezione.

La magistratura ormai fa le indagini sui filmati e le interviste che personaggi della politica e della cronaca rilasciamo a Matrix e a Porta a Porta. Se un extraterrestre si dovesse fare un'idea della razza umana dalla nostra tv che cosa penserebbe di noi? Forse è per questo che gli extraterrestri non si fanno vivi, forse sono terrorizzati dall'incontrarci. I vostri occhi non crederanno a ciò che leggeranno. 'Perché oggi comunicare è alla base, ma chi è altezza?'. Quando vi sentirete depressi o stressati prima di chiamare il vostro psicologo leggete qualche pagina di questo libro. Vi tornerà subito il buonumore. È il volume che vi farà voltare pagina, il rimedio adatto alla follia del quotidiano".


QUESTO LIBRO VI DARÀ LA POSSIBILITÀ DI RIDERCI SOPRA
(O PIANGERCI IN BASE AL VOSTRO STATO D'ANIMO).
PERCHÉ NONOSTANTE TUTTO L'ITALIA RESTA LA NAZIONE PIÙ BELLA DEL MONDO
CHE MAI ABBANDONEREMMO.


Igor Righetti è giornalista professionista, docente universitario di Giornalismo e Linguaggi radiotelevisivi in numerose università pubbliche e private, massmediologo, saggista, autore e conduttore radiotelevisivo, attore di cinema con Pupi Avati e nelle fiction tv "Distretto di Polizia", "Ris", "Mio figlio-Altre storie per il commissario Vivaldi", "Intelligence- Servizi e segreti", autore e interprete musicale con Donatella Rettore. Il suo stile di conduzione ricorda gli anchormen anglosassoni: per questo suo modo di comunicare viene definito dalla critica il "David Letterman italiano". È stato dirigente di multinazionali come Ericsson nella funzione di capo ufficio stampa e web content manager, capo ufficio stampa dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, direttore comunicazione di Pineider 1774 e Nazareno Gabrielli, ha curato le relazioni con i media di Sony-Ericsson e diretto il mensile "Lettere". Voce fuori dal coro e innovatore nel Dna sperimenta ogni genere di mezzo di comunicazione. Ama le contaminazioni e le integrazioni di generi e di linguaggi diversi come il suo illustre prozio Alberto Sordi. Proprio come lui è divenuto popolare grazie alla radio, al fortunato programma che ha ideato e condotto per sei anni consecutivi su Radio 1 Rai "Il ComuniCattivo", la prima trasmissione che analizza il nostro modo di comunicare in tutti gli ambiti (1.400 le puntate andate in onda finora). Come autore e conduttore televisivo ha realizzato numerosi programmi d'informazione, intrattenimento, nuove tendenze e cultura su Videomusic, RaiTre, RaiDue. Nel 2004, su Radio 1, ha ideato e condotto il format del primo radio reality "In radio veritas, la parola alla parola" al quale parteciparono, tra gli altri, Mario Monicelli, Renzo Arbore, Giorgio Albertazzi, Domenico De Masi, Carlo Rossella, Giordano Bruno Guerri, Aldo Busi, Maria Venturi, Natalia Aspesi. Su RaiDue è stato autore e inviato di "Futura city"; su RaiUno, all'interno di Tg1 libri, è stato autore e conduttore dell'"Aforisma del ComuniCattivo".
In qualità di massmediologo ed esperto di linguaggi e comunicazione è commentatore in numerosi programmi televisivi.
Nel 2005 ha ricevuto il premio nazionale di cultura nel giornalismo "Penna d'oro", nel 2007 è stato premiato alla 61ª edizione del Festival internazionale del cinema di Salerno come attore rivelazione dell'anno per la sua interpretazione di Carlo Ponte nella fiction tv "Distretto di Polizia 7" e nel 2008 ha ricevuto il premio "Leggio d'oro" come "Voce radiofonica dell'anno". Ha scritto i libri "Prove tecniche di comunicazione", "Il ComuniCattivo e la sua vena creativa" e "Come ammazzare il tempo senza farlo soffrire".
Attualmente è docente di Teoria e tecnica del linguaggio radiotelevisivo all'Università di Roma Tor Vergata.


Paola Claudia Scioli
Responsabile Comunicazione Attività Editoriali e Ufficio Stampa De Agostini
e-mail: paola.scioli@deagostini.it

Massimo Curti
Ufficio stampa Igor Righetti
e-mail: m.curti@igorrighetticomunicazione.it


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OFELIA E LA LUNA DI PAGLIA
Antonio Messina


Immagine di copertina: ANGELA BETTA CASALE
Realizzazione grafica: SACHA NASPINI
© Edizioni Il Foglio - 2009
1a Edizione - Marzo 2009
ISBN 978 - 88 - 7606 - 219 - 3
Collana: Autori Narrativa Contemporanea
Direttore: GORDIANO LUPI
Edizioni Il Foglio
Via Boccioni 28
57025 PIOMBINO (LI)
www.ilfogliolet

prefazione di D. Frati.
postfazione di M. Monego.

La prima volta che ho letto un libro di Antonio Messina
non riuscivo a credere ai miei occhi. Perché il variegato
panorama delle piccole e piccolissime case editrici italiane
- diciamolo - magari ribollirà di energia e passione,
ma di certo non abbonda in originalità. Tipicamente, ci si
inserisce sulla scia del grande bestseller di turno: e allora
piovono adolescenti che si spazzolano e si fanno spazzolare,
complotti esoterici nei quali chissà perché ci sono
sempre di mezzo i Templari, tortuose inchieste di poliziotti
maudit e via citando. Nulla di male, anzi, ma sorprese
nemmeno a parlarne. Invece, quel libro - si trattava
de "La memoria dell'acqua", per la cronaca - era drasticamente,
eroicamente fuori sincrono rispetto alle tendenze
e alle mode letterarie: Messina infatti in quello smilzo
volumetto dalla bella copertina riscopriva la forma letteraria
del racconto filosofico tentando un'ardita commistione
tra la fantascienza del "Solaris" di Andreij Tarkowskij
(più che quello di Stanislaw Lem), la rilettura della
classicità dei "Dialoghi con Leucò" di Cesare Pavese, la
capacità di raccontare filosofia del Friedrich Nietzsche di
"Così parlò Zarathustra". Forse non la via maestra per
raggiungere le Top 10 di vendita, ma un metodo infallibile
per conquistare il mio cuore di lettore. Da allora seguo
Antonio con affetto e ammirazione in ogni tappa del suo
percorso, una linea retta piena di coerenza e lealtà verso
il suo pubblico. La stella polare di Messina è sempre la
stessa, del resto, e lui la insegue con costanza, come i Re
Magi, come un gps: la voglia bruciante di un altrove purchessia,
il desiderio di non fermarsi nemmeno un minuto
alla superficie delle cose, il bisogno costante di simboli.

Il suo anelito verso l'assoluto, l'infinito, l'iperuranio però
se possibile con questo "Ofelia e la luna di paglia" che mi
onoro di presentarvi si fa più marcato, quasi doloroso. Il
team di depressi tabagisti del 2122 protagonista del romanzo
tenta di sfuggire alla miseria materialistica del
proprio tempo (che, ahinoi, somiglia così tanto al nostro)
'scaricando' le proprie nevrosi (e i propri sensi di colpa, e
i propri vuoti affettivi, e i propri sogni impossibili, e le
proprie voglie di fuga, e, e,e) nella creazione di un mondo
virtuale, l'ambientazione di un videogame di ultima
generazione che si rivela più reale del reale. Ma la freccia
direzionale non va solo dalla realtà verso Erasmus4 (questo
il nome del gioco): anche i personaggi del videogame,
ormai dotati di autocoscienza e sensibilità, fanno sentire
le propria voce, che non è quella di semplici burattini
senza anima, e reclamano un posto nella realtà, nella vita
'vera'. A proposito, che cos'è la vita? Come di consueto,
Antonio Messina utilizza come mero - ma sublime - pretesto
il genere fantastico-fantascientifico per porre grandi
questioni, indagare su temi profondi, scandagliare antichi
misteri. E di questo possiamo soltanto ringraziarlo.
David Frati
David Frati, giornalista medico, è uno dei curatori di
Yahoo! Salute, portale dedicato all'informazione sanitaria.
Critico cinematografico per 35mm, è fondatore e direttore
di Mangialibri, una delle principali riviste sul web
dedicate al mondo dell'editoria. Come copywriter e sceneggiatore
ha collaborato con le emittenti televisive satellitari
Studio Universal e Fox Crime e con la Ferrero (ebbene
sì, molti dei personaggi degli ovetti Kinder degli ultimi
anni sono farina del suo sacco). Vive a Roma.

* * *
 

Luigi Fontanella, Oblivion, Archinto, Milano 2008.

Recensione Roberto Mosi

La prima parte del libro di Luigi Fontanella è dedicata al linguaggio, i colori, i profumi, dei fiori: Anemone, Camelia, Dalia, Geranio, Margherita, Rosa canina, Violetta. Ogni fiore porge il proprio, particolare, messaggio:
 

Dalia è rimasta una bianca fanciulla
che accoglie ridente i suoi amici,
a volte li sistema in cerchio
e per ognuno s'adopra in grazia e armonia.
Come la dea di Pafo
ha una cintola ricamata di fiori
e lettere d'oro
"Amami" vi si legge "amami tutta
e non ti angustiare se anche altri mi ama."

Qual è il mondo poetico di Oblivion? Giovanni Raboni ci avverte (quarta di copertina): "Nella poesia di Luigi Fontanella c'è una grande libertà di forme e di intonazioni. Egli non prende formalmente partito con violenza; la sua poesia ospita momenti di narratività colloquiale, quasi in prosa, e momenti in cui c'è una tensione lirica molto forte. Si va da estremi di un forte tonalismo a estremi quasi atonali, e questo mi piace molto; è un atteggiamento che coglie molto bene lo spirito con cui oggi si può lavorare sulla poesia.". Si apre dunque, fin dalle prime pagine del libro, un viaggio pieno di sorprese e di frutti diversii, con il succedersi di scene che mostrano il fascino di una ricerca poetica quanto mai attuale, capace di coinvolgere il lettore con una molteplicità di suoni musicali.
La biografia è importante per comprendere la varietà e la ricchezza dei paesaggi poetici che sono più familiari all'autore. Luigi Fontanella vive fra Long Island, Roma e Firenze. Ordinario di lingua e letteratura italiana presso la State University di NewYork, è poeta, critico, narratore e drammaturgo. Ha pubblicato undici libri di poesia, sette di saggistica e due di narrativa. E' presidente della IPA ( Italiana Poetry in America) e direttore della rivista "Gradiva"( pubblicata a New York) e relative edizioni bilingue ( Premio Internazionale per la Traduzione 2001), Ministero dei Beni Culturali). Nel 2004 è stato nominato Cavaliere della Repubblica Italiana dal Presidente Carlo Azeglio Ciampi.
Le poesie raccolte in Oblivion sono state scritte nell'arco di sette anni, dal 2000 al 2006. Alcune sono uscite originariamente, con qualche variante, in riviste italiane e americane, e in libri pubblicati a parte. Il materiale contenuto in Oblivion è ripartito in cinque sezioni: dopo I fiori, seguono Intermezzo, Sere, Oblivion, Disunita Ombra.
Nella ricerca di nove forme, Intermezzo supera la barriera tra poesia e prosa. In questa parte della raccolta prende l'avvento "la prosa poetica come sublimazione del quotidiano". Luigi Fontanella ricerca il "bello" seguendo il colore dell'"espressivo", come nel frammento "Il treno":

Osservo un'anziana vaiassa, seduta, quasi stesa, tanto il grasso le pesa ovunque. Larga, scosciata, rigonfia di un sonno scomposto e crasso sul petto. Samarcanda, l'avresti chiamata, gigantessa Iguana, infarcita di sugna e sudore. Eppure, bastò ad un tratto che sollevasse una mano, con non so che aerea grazia, e di colpo io la vidi ragazza …ragazza anche lei, gentile, forse maliziosa … forse, nelle sue verdi schermaglie d'amore e il lieve ansimare dei primi baci, Arianna fuggente e riottosa.

Con la terza sezione giunge La sera, con toni di malinconia, che pare rendere ogni sera uguale a tante altre: Mia sera degli sguardi, / mia sera così uguale a tante / voce sfatta che aleggia / da qualche stanza vicina / mentre l'azzurro cupo sale / nel livido torpore di una casa non mia. Raggelano i versi dedicati alla città di Princeton: Princeton di sera / o ci si ammazza / o si recita una preghiera. Sfilano poi sotto i nostri occhi immagini di ordinaria miseria: Fra il paralitico che stasera / nella solita viuzza spinge a mano / la propria carrozzella / e il cane che accanto / passo passo muto muto l'accompagna / per chi provare più pena / o il disincanto ?
Si succedono sfere altalenanti delle ore della sera, fra attesa e stupore, alla ricerca delle immagini più riposte della città, della vita, tra poesia e prosa.
Nella quarta sezione ( Oblivion ), da cui il libro trae il titolo, è forte il sentimento del fluire del tempo, del distendersi dell'oblio sulle vicende della vita, su quello che rimane o si dissolve nel nulla. Si coglie questo in versi come: Fermotempo. Ora come allora. / Venticinque anni trascorsi. / Tutto s'avvicina / e già svapora. Chi sono? / Sento/ soltanto il mio cuore batte ancora. / Ed ancora, nella poesia La sciarpa rossa, si colgono le cicatrici di antichi dolori: E' tardi, ormai./ Vento e pioggia hanno spazzato via / tutti e tutto / ….avvolgiti, anima mia, / a quella sciarpa rossa / vola fino ad un altro sole, / questo / che oggi scioglie i nostri corpi le nostre dita / i nostri pensieri le nostre ore / sotto uno stesso cielo di mani e di mari, sole / che cicatrizza / ogni dolore / ogni ferita.
Il libro si chiude con la sezione "Disunita Ombra". Riporta ricordi dolorosi, come quelli legati alla scomparsa dei poeti e amici Fabio Doplicher e Giovanna Sicari. Sono presenti, in particolare, composizioni in "stile americano" - vicine alla poesia di Raymond Carver - aperte ad immagini della provincia americana, come nella poesia "The Old Town":

Sera inoltrata nel vecchio pub del villaggio
passo davanti a quattro sordomuti
sulla piazzetta il tempo s'è incrostato
alle lamiere contorte delle macchine
abbandonate nello yard di Jim
le vedi parlare tra loro nel vento
autunnale, padrone d'ogni fessura
la luce dell'unico lampione riversa (…)

Siamo partiti dalla nota di Giovanni Raboni per scoprire tutta la ricchezza di Oblivion, i traguardi che può raggiungere la poesia dei nostri giorni, specie quando, come nello stile di Fontanella, "tutto si piega alla musica.". Si deve riconoscere, con Roberto Corsi, che " campeggia un febbrile lavoro di forgiatura, di alta oreficeria: parola che si arrende alla musica mediante allitterazioni; nuclei di assonanze e rime che danno la sensazione del propagarsi spaziale delle voci.". Come nella parte iniziale (pag. 37) di questa lirica:

Danzano rimbalzano vicine lontane
dalla mia stanza
ora arcuate molli svasate flautate
ora sottili sferzanti vorticose
ariosi arabeschi ciechi geroglifici
anche intrecciate
e doppie e triple e amalgamate
sull'erba consenziente
sbuffi stracci improvvisi
spacchi crepe trilli festoni irridenti
tulipani impazziti ortensie sorelle
sotto un cielo indifferente : (…)

* * *


Titolo Libro: Arcobaleno
Nome Autore: Banana Yoshimoto
Casa Editrice: Feltrinelli
Anno Edizione: 2005
Codice ISBN: 88-07-81855-8
Pagine: 135
Prezzo: Euro 6, 50



L' "Arcobaleno", ristorante, luogo di ritrovo e ambiente familiare per chi vi lavora, scuola di vita per la protagonista dell'omonimo romanzo di Banana Yoshimoto; l'arcobaleno sulla laguna, creato dall'incontro dei bagliori delle squame colorate dei pesci con l riflessi dell'acqua, l'arcobaleno. Iride della mitologia greco-romana, via attraverso la quale Mercurio recapita agli uomini i messaggi degli dei,l'arcobaleno, alla fine del romanzo, come segno del destino, speranza.
L'onirismo di Presagio triste (Feltrinelli, 2003 ), presente nelle prime pagine, costruito, questa volta, grazie ad immagini e a sensazioni, come il dormiveglia della protagonista, il cottage sull'acqua della laguna, gli squali inoffensivi, ecc, scompare, poi, per cedere il campo, attraverso un breve, ma efficace, esame etnologico, alla rappresentazione di alcune differenze comportamentali tra gli abitanti di Tokyo, legati in primis alla pratica del do ut des, che si complicano la vita da sé, lontani dalla natura e dalla sua armonia e, per questo, inevitabilmente destinati ad un fallimento esistenziale, ma anche economico, e i provinciali, all''eccellente descrizione degli stati d'animo di Eiko, che tanto ci appaiono veri da farci supporre dell'autobiografismo, ad una narrazione realistica, avvolgente e coinvolgente. Lo stile di Yoshimoto è, come sempre, lineare, semplice, non ricercato, ma la struttura narrativa è, in questo caso, più elaborata e originale che in Presagio triste .
Gli affetti familiari, il calore umano, la disgregazione del nucleo familiare e la sofferenza per la perdita di persone care, di cui ci si può fidare ciecamente, la solitudine, la malinconia, l'orgoglio e la soddisfazione del proprio lavoro, la funzione evocativa del cibo, la convivialità come forma di comunicazione sono anche qui tra i temi più cari alla scrittrice. L'amicizia, l'affetto e l'amorevole cura degli animali e delle piante, che, come verificato scientificamente, trasmettono energia e danno aiuto psicologico, ci ricordano che, come afferma Tiziano Terzani in Asia (Tea, 2003), "La vita di ogni giapponese è dominata dalla ricerca dell'armonia".
La protagonista, dotata di particolare sensibilità, prende coscienza, e così anche il lettore, del sentimento d'amore per il proprietario dell'Arcobaleno. attraverso il muto linguaggio dei gesti, degli sguardi. del cibo e, infine, della sessualità, come se sorseggiasse una nuova bevanda, un po' alla volta per gustarla meglio e conservarne più a lungo il sapore, titubante e incerta perché "Niente spaventa come ciò che non si conosce".

Simonetta De Bartolo

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"Prugni" di Barbara Pumhösel
ISBN: 978-88-516-0093-8
Rilegatura: Paperback
Formato: 12,5x20,5 cm
Soggetto: Poesia
Data di pubblicazione:
Editore: Cosmo Iannone Editore


In questa sua prima raccolta di poesie, lo sguardo poetico di Barbara Pumhösel si apre all'esplorazione delle pieghe più recondite del reale e dà voce al lato nascosto delle cose che talvolta sfuma nelle dimensioni dell'onirico e del surreale, ma non esita neanche a farsi denuncia degli orrori e delle ingiustizie della società contemporanea. L'ironia colta ed elegante di questi componimenti apre uno sguardo non scontato sui protagonisti della nostra quotidianità e ci permette di ri-vederli scoprendo i loro aspetti inusuali. Affiorano così simmetrie asimmetriche tra inconscio e pensiero, tiri mancini tra la mano destra e quella sinistra, gruppi di parole ingabbiate dai quadretti del foglio, nodi di parole per tenere ancorato il tempo, fili di parole a cui aggrapparsi come equilibristi, manciate di parole lanciate come sassolini per ritrovare la strada di casa, in una rivisitazione tutta personale della fiaba di Hänsel e Gretel.

È nata nel 1959 a Neustift bei Scheibbs in Austria. Dopo vari spostamenti (Gran Bretagna e Francia) si è laureata in Lingue e Letterature straniere presso l'Università di Vienna. Dal 1988 vive a Bagno a Ripoli (FI). La sua produzione poetica bilingue, in italiano e in tedesco, è stata parzialmente pubblicata in antologie e riviste italiane, tedesche e austriache. Nel 2006 è stata inserita nell'antologia curata da Mia Lecomte, Ai confini del verso. Poesia della migrazione in italiano (Le Lettere). Ha vinto vari premi letterari, tra cui nel 2007 il premio Popoli in cammino con la silloge inedita Bioluminescenze. È anche autrice di libri per l'infanzia, come La principessa Sabbiadoro (Giunti 2007) e la serie su La Calamitica III E (Edt 2007), pensata e scritta insieme ad Anna Sarfatti.

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Roberto Scarpa, "L'uomo che andava a teatro - storia fantastica di uno spettatore", Moretti & Vitali editori, 2009.
Prefazione di Andrea Camilleri


"Chi non ha paura d'agire non teme le parole."

Senza troppi giri di parole dovrò premettere che è assai arduo, per me, parlare di ciò che ho visto, toccato sarebbe meglio dire, personalmente.
Posso affermarlo perché Roberto Scarpa, l'autore di questo atipico romanzo di formazione edito da Moretti e Vitali, l'ho conosciuto, piuttosto bene, durante il mio percorso umano e formativo presso il Teatro Verdi di Pisa. Roberto ne dirige l'area della formazione, quell'oasi molto particolare che ho cercato di descrivere, tentando di evocare i cinque sensi, nel precedente numero di "Segreti di Pulcinella".
Mi sembra, in definitiva, che l'approccio di Roberto (e, per estensione, dei suoi preziosi collaboratori) al teatro si rifletta in questo suo lavoro in modo tale da imporre, da parte mia, un approccio pudico.
"L'uomo che andava a teatro - storia fantastica di uno spettatore" è dunque, si sarà compreso dalle premesse, molto più di un semplice saggio sul teatro ed incuriosisce, a prima vista, anche solo per la scelta dell'autore di assumere, come chiave di analisi, la prospettiva di un testimone necessario, lo spettatore, proprio colui che si tende a relegare al ruolo di passivo compresente.
"L'uomo che andava a teatro" è un dialogo. E' un viaggio. Ed è tuttavia, quasi per incanto, l'acuta ed accurata analisi critica di alcuni fra i fondamentali testi del teatro occidentale ("I Persiani", "Amleto", "I sette contro Tebe", "Uno, nessuno e centomila", "Così è (se vi pare)", "I giganti della montagna", "Edipo Re", "Edipo a Colono"), di un romanzo sul teatro ("Romanzo teatrale" di Bulgakov) e di uno straordinario ibrido quale è "Pinocchio".
Roberto e Memoria, guida imprescindibile, percorrono la Storia, le storie con le quali si incontrano, attraverso lo sguardo ammirato, complice, interrogativo dell'uomo di fronte a se stesso, ad una proiezione magica e caleidoscopica di ciò che (forse) è pur senza, talvolta, saperlo fino in fondo.
Da Eschilo e Pirandello, da Shakespeare a Bulgakov, il teatro è un cerchio all'interno del quale lo spettatore gioca (e non potrebbe essere altrimenti) il suo ruolo di fondamentale interlocutore.
E nel gioco dell'umano (da fare rigorosamente insieme) che il teatro, come per miracolo, esprime, l'importante è realmente partecipare e la sconfitta consiste solo nel rinunciare a prendervi parte con onestà.
Il teatro esiste da quando esiste l'uomo e, come l'uomo, è fatalmente incompiuto, e dunque eterno.
E'l'incontro (in)volontario fra vincitori e vinti, fra padri e figli, tra la Danimarca e Tebe, incontri che si realizzano tutti come una straordinaria assemblea in cui l'uomo, finalmente consapevole della propria fragilità, si scopre capace di provare compassione.
Questo e moltissimo altro ci racconta l'autore/spettatore, dapprima con il candore di un bambino, via via sempre più disincantato grazie agli interventi chiarificatori (e qualche scappellotto!) di una virgiliana Memoria, maestra benevola di vita e, quindi, di teatro.
Pagina dopo pagina, racconto dopo racconto, scoperta dopo scoperta, ma anche, mi verrebbe da dire, grazie ai silenzi, agli omissis, a ciò che si sceglie (?) di lasciare sospeso e indefinito, anche noi, spettatori di secondo grado, immersi nei ricordi e nelle storie di Roberto, nei suoi dubbi e nelle sue domande, ci rendiamo conto di avere "fatto teatro" da sempre, dal primo vagito (una vera e propria entrata in scena!).
Roberto Scarpa ci lascia con il desiderio dell'esploratore mai pago di viaggi e parziali scoperte, conscio che la sua laica missione coincide con il suo stare al mondo.
A me lascia, in più, l'odore vivido del legno.


Ilaria Mainardi

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SUL FILO DI LAMA
di Marcellino Lombardi
Editrice Nuovi Autori
2007, 52 p.


LA RECENSIONE DI NICLA MORLETTI

"Sul filo di lama" è una raccolta di racconti vivaci, briosi, piacevoli. Lo stile è frizzante, acuto, genuino. Moderno.
Si tratta di storie attuali, il tutto narrato con sapiente ironia e una buona dose di humour.
Nel racconto "Vivo per errore" è narrata addirittura la storia di un malato che sopravvive ad un'operazione grazie all'errore di un chirurgo. E poi c'è lo stato della "Paradisonia" dove si sono svolte le elezioni politiche per designare il nuovo esecutivo. Verrebbe la voglia di abitarci, che ne dite? Si legge anche dell'uomo che osò sfidare James Bond. Insomma un vero e proprio spasso. Cosa posso dire di più? Buona lettura a tutti!

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Danilo Arona
Ancora il vento piange Mary
Phasar Edizioni 2009


"Ancora il vento piange Mary", riedizione di una serie racconti pubblicati primieramente nel 2000, al lettore distratto e poco avvezzo agli incubi narrati negli anni dall'autore alessandrino, sembrerà quasi una raccolta eterogenea di storie tra la fiction e la realtà. Non è così.
Il libro si muove su tre binari tematici ben distinti che hanno in comune una sola evidente ispirazione : "la musica del diavolo", il Rock.
Il primo troncone di storie è decisamente "Bassavilliano" e racchiude "L'olio del morto", "Codalunga" e "Il Tempo del sogno di Jerry Van Houten".
Mi soffermo su "Codalunga" in quanto racconto degnamente pauroso e sinistro.
Chi ha letto "Melissa Parker e l'incendio perfetto" (Dino Audino Editore 2007) e si è lasciato trasportare in quella "zona del crepuscolo" delineata con maestria dal nostro Arona ( una mia amica si è rifiutata di leggerlo dopo pochi capitoli, era letteralmente terrorizzata!) di sicuro non potrà che esserne di nuovo catturato.
Autostrada notturna e desolata, uno strano fagotto lasciato in mezzo alla carreggiata e un lugubre autogrill, oasi ambigua e deserta dove il senso di mistero e di paura ti invita a buttarti in auto e scappare il più veloce possibile. Vi ricorda qualcosa? Il pantheon diabolico si completa con un misterioso viaggiatore ( forse donna, forse uomo, di sicuro "non umano") che ama prendere a bordo giovani autostoppisti. I germi di Melissa, spirito inquieto e deceduto, sono già presenti in questo racconto pronti a scatenarsi
Da menzionare anche "L'olio del morto" dove ho trovato grosse affinità con il Segretissimo " La croce sulla labbra" ( 2008) .
Il secondo troncone custodisce "Magia di un castello spagnolo", "La Stanza dei vetri rotti" e "La morte sussurrante".
Denominatore comune: l'apocalisse
"La stanza dei vetri rotti" è il diamante grezzo del libro. Culti millenaristici, specchi come porte aperte verso un' ignota dimensione di delirio e la minaccia decisiva e costante che se ci sarà un Armageddon, prima di distruggere il corpo dilanierà e torturerà l'anima..
Ritorna uno dei temi portanti della narrativa di Arona: un'apocalisse imminente che avverrà attraverso due dimensioni antitetiche ma nello stesso tempo concatenate:
una terrestre e materiale (pestilenze moderne, venti assassini, terrorismo religioso e globale etc.) e una ultraterrena e nascosta ai più (l'operato di alcune forze negative e demoniache sui nostri destini).
Se vi piaciuto "Finis Terrae" ( Segretissimo 2007) anche qui troverete pane per vostri denti.
Discorso a parte meritano gli altri due racconti dove l'ispirazione storica e oserei dire "politica" fanno sì che il lettore prenda fiato come per guardarsi un attimo indietro e capire che la "fine" e l' orrore nascono e si rigenerano dall'uomo e dalle sue nefaste azioni.
Infine siamo al fulcro di tutto il libro: il Rock.
Genere da sempre ( secondo certe teste "sante" e moralisti assortiti) in combutta col Demonio.
Arona c'è ne da una prova lampante con il sulfureo" Figlio del Vodoo", novella realistica e inquietante sulle influenze musicali ed esistenziali del noto chitarrista Jimi Hendrix. ( deceduto alla giovane età di 28 anni per uno strano e tuttora indefinito malore notturno. Chi ha citato Melissa Parker?) oppure getta una lunghissima ombra informe ( e sanguinosa) su un'altra "morte illustre", quella del cantautore americano Bobby Fuller ( ritrovato morto nella sua auto come "apparente" suicidio. Di nuovo Melissa Parker?).
Chiude questo viaggio, a stazioni, nell'incubo la malinconica ( ma i limacciosi tentacoli dell'orrore sono acquattati vicino al Tanaro) "Ancora il vento urla Mary" che tradisce comunque un 'inquietudine di fondo: il vento oltre ad urlare il nome di un'anima persa può anche portarci alla follia (Santanta, Perdisa 2008)?

Eduardo Vitolo

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Titolo: Per Elisa
Autore: Mangani Azzurra
Editore: Ibiskos Editrice Risolo

Sinossi.
Che cosa sarebbe accaduto se…
La signora Giannini, definitivamente perduta fra i ricordi del passato ed i rimpianti, continua ancora a domandarselo. La sua lucidità riemerge improvvisamente durante la scrittura di una lettera, abbozzata con le ultime forze mentre giace in una clinica, gravemente malata e mentalmente instabile; la lettera è rivolta ad una donna, di cui la signora ripercorre l'adolescenza e la scomparsa, confessandole, per la prima volta, i suoi segreti più intimi.
Una volta terminata la lettera, la donna ripiomba nel mutismo e nella rassegnazione, consegnandosi nuovamente a tutti quelli che l'accudiscono, impietositi dai suoi deliri. L'unico uomo a poter leggere quelle carte, scioccato dal contenuto, decide di ignorarle.
Quella lettera, ultimo e dolce grido di aiuto, ed ultima richiesta di perdono, è stata forse consolatoria, ma inutile.
Se solo Alessandra fosse ancora viva, sarebbe diverso; se solo potessero incontrarsi ancora, dopo trentadue anni dal primo giorno, potrebbero finalmente spiegarsi e comprendersi. Se solo…

Recensione.
Come diceva il noto cineasta francese Francoise Truffaut: "il critico (o chi gioca a farlo, come me…) è colui che rende conto del suo piacere."
Mai citazione fu più appropriata per raccontare il "piacere" che ho attinto nell'immedesimarmi completamente nei personaggi creati ad arte dalla giovane autrice Azzurra Mangani.
Perché nel racconto di Azzurra vita e scrittura si legano indissolubilmente ( non so fino a che punto in maniera autobiografica, interrogativo non da poco) e il lettore non può che fare i conti con uno sfondo narrativo così forte e denso di passione.
Almeno io ho ritrovato alcuni miei "demoni personali" nelle lettere scritte dalla Signora Giannini e credo fermamente che quando una persona , confrontandosi con un libro, vi trova qualcosa di sé nei luoghi o nei personaggi, lo scrittore diventa il "medium" delle emozioni e dei ricordi più reconditi.
Ruolo svolto egregiamente dall'autrice.
Ammetto che mi ero posto in maniera diversa soprattutto all'inizio . Leggendo la sinossi il tema " epistolare" mi lasciava un po' interdetto e ipercritico.
Tutti (penso) nella nostra esistenza prima o poi abbiamo affrontato le nostre percezioni più nascoste e intime attraverso una missiva.
Mettendoci a nudo con un misto di paranoia, ingenuità e sofferenza.
Lo dico perché, in un periodo particolarmente "solitario" della mia breve vita, gli unici miei segni di vita erano, appunto, lettere spedite con frustrazione e sconforto.
Insomma la cosa mi toccava da vicino.
Azzurra ha raccontato qualcosa di me con il suo libro. E lo ha fatto con una delicatezza e con una ricercatezza al limite della perfezione stilistica.
Poche volte mi è capitato un confronto così duro e liberatorio con un libro.
Tralasciando personaggi e luoghi che vi invito a scoprire con una lettura personale e approfondita, c'è una parte che mi ha lasciato esangue, con una stretta fortissima al petto.
Le pagine in cui la protagonista racconta il rapporto con la madre prima e dopo la su dipartita e una serie di situazioni familiari ed esistenziali sorte immediatamente dopo, è "vita " vera senza forzature o mistificazioni.
Mi ripeto ( linguisticamente):
chi, come il sottoscritto; ha perso una persona cara, con cui ha condiviso una serie incontri/scontri tanto fulminanti quanto vitali, potrà capire la mia disamina.
Che intensità, che "insopportabile" soggettività nello stile di Azzurra.
Meraviglioso/terribile perdersi tra ricordi e fantasia.
E poi una sottile atmosfera di disincantato godimento interiore, ove la sofferenza è capace di risvegliarci dal torpore dei sensi.
Infine una azzeccata colonna sonora di artisti e band dignitose a completare il tutto.
Se non è ispirazione questa…
Consigliato agli amanti delle sensazioni pure.

Eduardo Vitolo

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"SANTANTA"
Danilo Arona
Babelesuite - Collana diretta da Luigi Bernardi
Gruppo Perdisa Editore 2008

"LA CROCE SULLE LABBRA"
Danilo Arona, Edoardo Rosati
Segretissimo di Giugno 2008 n. 1540
Mondadori Editore.


" Apocalisse prossimo venturo".

Nella metà degli anni 90 Danilo Arona ed Edoardo Rosati mettono mano ad un romanzo a quattro mani per la collana Segretissimo Mondadori.
Il tiolo è :"La croce sulle Labbra".
Siamo in piena paranoia da fine millennio. Il timore di una catastrofe tecnologica (il cosiddetto "Millenium Bug") con conseguenti ripercussioni sull'economia mondiale, fanno tremare industriali, multinazionali e politici.
Ci si mettono anche studiosi religiosi e di antichi misteri, riesumando dalla polvere del tempo visioni e manoscritti tratti da Nostradamus, Fatima, la Profezia di Malacchia etc.
Un forte senso di misticismo e di ineluttabile "fine" permea ogni estrinsecazione del vivere "moderno".
Danilo Arona non è nuovo al richiamo delle serene dell'apocalisse. Semi malevoli e putridi erano già stati sparsi in altri suoi romanzi ma stavolta rompe ogni indugio e avvalendosi di un medico e divulgatore scientifico ipotizza una forma diversa ma altrettanto letale: un misto di culti misterici, iconoclastia caraibica e pestilenze virali. Il suo nome è Exù.
Il tutto viene trasportato da dei reietti, come tanti che affollano le nostre strade, in una Milano, senza identità né confini,( il termine "globalizzazione" non ancora abusato dai media di quel periodo assume già tratti altamente negativi) dove i personaggi che la abitano diventeranno gli inevitabili comprimari di un'ambientazione alla Romero.
Oppure andando ancora indietro nel tempo il delirio di Umberto Lenzi, intitolato "Incubo sulla città contaminata"(1980)
Un senso di oppressione e di morte aleggia continuamente su ogni pagina del libro
A causa di scelte editoriali quantomeno sorprendenti ( anche se un attento critico può vederci un significato "altro" in questa decisione) il libro vedrà la pubblicazione solo nel 2008.
Nel frattempo Arona ritornerà nella sua Bassavilla , maturando una scelta stilistica affine con il seguente Finis Terrae ( Segretissimo , Settembre 2007) , il quale partendo da una prospettiva, post 11 Settembre, quindi diametralmente opposta ( l'apocalisse è già tra di noi e ha la forma a tentacoli del terrorismo globale e del fanatismo religioso), produrrà alcune tematiche cardine della sua letteratura.
Tra queste, il grigiore del provincialismo nostrano, la desolazione di autostrade e autogrill fuori mano, rifugio di anime perse e di minacciosi figuri, o ancora una dimensione altamente negativa e demoniaca pronta ad influenzare le nostre azioni trasformandoci in medium dell'inferno.
Con Santanta, pubblicato immediatamente dopo La Croce sulle Labbra, il cerchio inevitabilmente si chiude.
Cambia l'ambientazione ma non la tematica di fondo:
in una Hollywood vuota e apparentemente luminosa si prepara un nuovo Armageddon che avverrà attraverso due dimensioni antitetiche ma nello stesso tempo concatenate. Una terrestre e materiale (il Santa Ana, ribattezzato dagli indiani del Mojave Santanta, vento torrido e violento che porta con sé incendi e follia ) e una ultraterrena e nascosta (un demone scaturito dal suicidio di Giaguaro Seduto, capo di tutte le tribù dei Mohave nel 1800).
Brividi assicurati.
Insomma un romanzo breve ma intenso che può considerarsi già un classico della produzione dell'autore alessandrino.
Intanto sembra già confermata la pubblicazione di Finis Terrae 2 nuovamente con l'ausilio artistico/scientifico del Dottor Edoardo Rosati.
Non oso immaginare cosa porterà il vento ( creativo ) stavolta.
Sperando che non sia quello del Mohave.


Eduardo Vitolo

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"L'azzurro non è una parola" di Tiziana Soressi

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Roberto Mosi
Florentia
Edizioni Gazebo, 2008
euro 10
email: r.mosi@tin.it


Presentazione del libro

Attraverso le piazze
ricerco pagine di storia,
immagini di vita,
l'idea della bellezza.

R. M.

Questa raccolta di poesie è il ritorno a Firenze, la mia città, per incontrarla ancora una volta nella sua bellezza, nelle contraddizioni di oggi, nelle speranze per il domani. E' anche, naturalmente, l'incontro con me stesso, il rapporto con la storia vissuta nella città.
Vivere a Firenze è una fortuna. E' immediato il dialogo con la bellezza. Rifuggo da un atteggiamento di semplice godimento estetico, mi piace pensare all'idea di bellezza come luogo d'incontro, come laboratorio nel quale gli infiniti punti di vista delle forme d'arte e delle culture dialogano fra loro, continuano a ricercare nuovi percorsi di senso e di prospettiva.

La mia ricerca parte dal vivere giorno per giorno questo patrimonio complesso e fragile, nella città murata e nel paesaggio delle colline. Sembra naturale avvicinarsi in punta di piedi a questa storia, per ascoltare, senza escluderne alcuna, il suono molteplice delle voci e cercare di fissarlo nei versi della poesia. Il nome Florentia, scelto per questa raccolta, svela questa intenzione.
Fui contento, quando qualche tempo fa, tolte da Piazza della Signoria le lastre di pietra di origine settecentesca, comparvero le vasche (fullonica) per la tintura dei panni insieme a costruzioni del I secolo a.C. e dei secoli successivi, chiari segni delle origini romane della città e di una storia legata, secondo il significato del nome, alla fertilità del terreno e, mi piace pensare, alla sua vocazione di luogo fertile di incontri e di idee. I resti emersi dagli scavi dimostravano in maniera concreta che Firenze non è solo quella del Rinascimento. Non si deve allora compiere l'errore di partire (e fermarsi ... ) da un'unica epoca, quella del Rinascimento per costruire l'intero volto di Firenze, con il rischio di perdersi nella rete della retorica.

La raccolta esprime appunto l'interesse ad incontrare Firenze come persona viva, in carne ed ossa, nella sua interezza.
Di questo incontro fanno parte pagine di storia recente, di solito trascurate, come la memoria del lavoro, della vita quotidiana nel centro urbano e nelle periferie: credo che la voce della poesia possa portare un contributo perché non si disperdano i ricordi, i segni della nostra vita recente rappresentati da fabbriche storiche come la Manifattura Tabacchi o la Galileo, teatri di lotte per l'emancipazione sociale e civile.
Fanno parte inoltre di questo incontro le sorprese che ci possono riservare le piazze e le strade osservandole con occhi curiosi. Mi accorgo che nel mio modo di guardare, rimane qualcosa dei giochi dell'infanzia, come quello di contare i passi attraversando una piazza, di fermarmi su particolari strani - le sessanta api in rilievo nel monumento equestre di piazza dell'Annunziata - per costruire storie fantastiche, di ricercare nel gioco degli spazi forme geometriche da comporre insieme come avviene nei quadri di Vasily Kandinsky.

Fra le sorprese è poi sempre più frequente la scoperta di scene di vita legate a condizioni di miseria, a storie di migrazioni: la poesia ne può, anzi direi, ne deve parlare. Come sappiamo, il suo linguaggio è qualcosa di speciale, coglie, di solito, l'aspetto essenziale, autentico, delle cose, con l'aiuto di tutti i nostri sensi. Ha la capacità di arricchire lo sguardo di tutti noi, di guardare nel profondo, di stabilire relazioni insolite fra persone, di ieri e di oggi. Sullo sfondo dei luoghi classici del Rinascimento fiorentino sorprende, a volte, la presenza di scene di povertà, di degrado, come ferite. Sul taccuino, ideale, che porto nel mio vagabondare per la città, ho fissato la figura di giovani immigrati che vivono sui marciapiedi, lo scontro con le forze dell'ordine, i tratti di una compagna dei tempi di scuola che vive ai margini della città, alla stazione, la voce folle della donna affacciata alla finestra. Tutti siamo partecipi di questo, sono fatti che accadono intorno a noi giorno per giorno, momento per momento.

Il nostro occhio è attento a come agisce il potere nella città, vediamo che a volte interviene con modi sbrigativi, che sono lontani da quella cultura dell'accoglienza che fa parte della nostra storia e si è fatta di pietra e di calce nella costruzione di un numero incredibile di ospitali per i diseredati, i pellegrini.
Fra le voci della città particolare risalto ha quella dell'Arno, fiume-padre e fiume-minaccia per la città. Le piene del fiume sono uno spettacolo per i fiorentini di particolare suggestione e fonte, come noto, di rinnovate paure. Vediamo in particolare che le piene trascinano una massa incredibile di detriti, di rifiuti, di residui che si accumulano lungo le rive del fiume e sono una ferita all'incanto dei luoghi.

Credo che ci debba essere oggi uno spazio per la voce della poesia civile, di denuncia, di richiamo a principi fondanti di solidarietà, di rispetto, di amore: è una voce che può risuonare alta in una società, come la nostra, spesso afona e distratta. Può essere di conforto avere a portata di mano, con il nostro taccuino, i colori della memoria. Senza memoria si vive in un presente indistinto nel quale prevale la paura dell'altro, emerge facilmente il sonno della ragione. Credo che per il discorso poetico sia naturale stabilire una stretta relazione fra ieri e oggi, fra le nostre radici - spesso di emigrazione, di miseria, di persecuzione politica - e le speranze per il futuro.

Mi accorgo che molte pagine dei miei appunti evocano i toni grigi dell'epoca che stiamo vivendo e, forse, della mia età avanzata. E' naturale ricercare in ogni direzione, le ragioni della speranza, dell'amore, nutrimento primo della poesia. Ho presente le voci di migliaia di giovani che sei anni or sono invasero con le loro bandiere per la pace i viali di Firenze in occasione del Social Forum; l'impegno alacre dei ragazzi e delle ragazze che frequentano i nuovi edifici dell'università, nel quartiere-dormitorio di Novoli o in altre parti della città.

Mi accorgo infine che il filo che tiene uniti molti fogli della raccolta di poesie è l'allegria contagiosa dei bambini, quello che scorgiamo nei loro sguardi innocenti. Per mille versi vorrei cantare il senso, la gioia che ci trasmettono, vorremmo che il suono delle loro risa, dei loro giochi fosse sempre più al centro della vita della città.


R. M.

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