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Narrativa
Questa rubrica è aperta a
chiunque voglia inviare testi in prosa inediti,
purché rispettino i più elementari principi
morali e di decenza...
Dinosauro universitario di Giuseppe
Costantino Budetta,
Una rivelazione di cuore di Francesco
Panizzo, Piedi
di Antonella Pedicelli,
Amore interrotto
di Daniela Tuscano
Poesia italiana
Poesia in lingua
Questa rubrica è aperta a chiunque voglia
inviare testi poetici inediti, in lingua diversa
dall'italiano, purché rispettino i più
elementari principi morali e di decenza...
poesie di Massimo Acciai,
Antonio Carollo,
Lucia Dragotescu,
Manuela Leahu,
Paolo Filippi
Recensioni
In questo numero:
- "Intelligence: nuove minacce e terrorismo"
di Antonella Colonna Vilasi
- "Felici come mosche in un Paese di stitici"
di Igor Righetti
- "L'azzurro non è una parola" di Tiziana
Soressi
- "Prugni" di Barbara Pumhösel
- "Florentia" di Roberto Mosi
- "Ofelia e la luna di paglia" di Antonio
Messina
- "Oblivion" di Luigi Fontanella, Recensione
Roberto Mosi
- "Arcobaleno" di Banana Yoshimoto, recensione
di Simonetta De Bartolo
- "L'uomo che andava a teatro - storia
fantastica di uno spettatore" di Roberto
Scarpa, recensione di Ilaria Mainardi
- "Sul filo di lama" di Marcellino Lombardi
- "Ancora il vento piange Mary" di Danilo
Arona, recensione di Eduardo Vitolo
- "Per Elisa" di Mangani Azzurra, recensione
di Eduardo Vitolo
- "La croce sulle Labbra" e "Santanta", di
Danilo Arona e Edoardo Rosati, recensione di
Eduardo Vitolo
Interviste
Incontri nel giardino
autunnale
Articolo
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In questo numero segnaliamo...
Antonella
Colonna Vilasi
Intelligence. Nuove minacce e terrorismo
Edizioni Universitarie Romane - 2008
È uscito in libreria il nuovo libro della
saggista Antonella Colonna Vilasi, Intelligence.
Nuove minacce e terrorismo. L’autrice è al suo
quindicesimo libro; ha pubblicato libri sulla mafia
ed il terrorismo, è esperta di psicologia giuridica,
storica, giurista, internazionalista e criminologa,
inoltre svolge attività di didattica universitaria
su tematiche criminologico-forensi. E’ la prima
scrittrice europea ad aver pubblicato una trilogia
sull’intelligence: Segreto di stato e intelligence,
Intelligence, Intelligence. Nuove minacce e
terrorismo. Nei prossimi giorni uscirà in Francia
l’inedito L’intelligence expliquee aux enfant.
Il libro, presentato dal giudice Ferdinando
Imposimato, è suddiviso in sette capitoli,
L’intelligence contemporanea: le nuove minacce e le
nuove sfide; il reato di terrorismo nella storia e
nel diritto internazionale; brevi cenni
sull’escalation del terrorismo internazionale
islamista: un approccio sociologico; psicologia del
terrorismo; la nascita del SISDE ora AISI; brevi
cenni sulla nascita dei servizi di intelligence
italiani; lo stemma dell’ AISE (ex SISMI) ed il logo
dell’AISI (ex SISDE).
La pubblicazione evidenzia come, in seguito
all’attacco alle Torri gemelle, si sia intensificato
in maniera esponenziale il dibattito attuale sul
ruolo dell’intelligence nella sicurezza delle
Nazioni occidentali. L’autrice analizza quindi, dopo
brevi cenni sulla storia dei servizi di intelligence
italiani nei primi anni di vita dalla loro
istituzione, attraverso un approccio multi-focus, il
terrorismo dal punto di vista sociologico,
psicologico, storico ed internazionalistico.
Infatti, in quasi tutti i Paesi occidentali, seppur
con diversi gradi di coinvolgimento politico, ci si
è adoperati nel ridefinire priorità, compiti e ruoli
degli organismi di intelligence, riformando
strutture e modalità operative, aumentando la
dinamicità di un settore fortemente condizionato
dalla burocrazia, sviluppando nuove capacità di
contrasto nei confronti degli emergenti network
criminali organizzati a livello internazionale e
transnazionale, elaborando delle strategie di
prevenzione e gestione degli attacchi asimmetrici
portati a livello globale. I moderni servizi di
intelligence dovranno affrontare nuove minacce
incombenti, in evidenza, tra le tante, la scarsità
delle risorse idriche ed il problema energetico.
* * *
Felici come mosche in un Paese
di stitici
Il giornalista ComuniCattivo per antonomasia, Igor
Righetti,
pubblica con De Agostini il suo nuovo e corrosivo
libro
che vi farà "voltare pagina"
Un volume talmente cattivo che lo stesso autore
mentre lo scriveva ne è rimasto impressionato!
Roma, 2 febbraio 2009. In occasione dell'uscita in
libreria del nuovo e corrosivo libro del giornalista
ComuniCattivo per antonomasia, Igor Righetti, autore
e conduttore del popolare programma in onda su Radio
1 Rai dal 2003 (1.400 puntate) chiuso in questi
giorni dal direttore dell'emittente, De Agostini
invita i giornalisti alla presentazione di "Felici
come mosche in un Paese di stitici" che si terrà a
Milano, giovedì 5 febbraio 2009 alle 18 alla
libreria La Feltrinelli in corso Buenos Aires, 33.
Intervengono: Raffaele Morelli, psicologo e
psicoterapeuta, Francesca Senette, giornalista e
conduttrice "Italia allo specchio" e Maria Venturi,
scrittrice.
Tonnellate di sana cattiveria e una raffica di
pensieri al vetriolo. Sarcastico e dissacrante non
risparmia nessun ambito: dalla pubblicità al
marketing, dalla tv alla radio, dai personaggi della
politica a quelli del mondo dello spettacolo, da
quelli dell'informazione a quelli della cultura. Un
fiume d'ironia e creatività che travolgerà il
lettore chiamato dall'autore a interagire con il
volume. Un libro talmente cattivo che lo stesso
autore mentre lo scriveva ne è rimasto
impressionato. Con questo suo quarto libro Igor
Righetti, il dottor Jekyll e mister Hyde della
comunicazione italiana, prende in esame i vizi e le
debolezze della gente di oggi.
Dice Igor Righetti: "Vi sembra che la realtà abbia
superato la fantasia? Avete voglia di urlare contro
'starlettine' dalla consistenza di un budino,
interessanti come guardare il pavimento bagnato
mentre si asciuga, che compaiono ogni volta che
accendete il televisore? Siete stanchi di sentire di
continuo i verbi al condizionale? Siete esausti di
essere presi in giro da coloro che vi vendono i
mandarini per clementine e poi non fate altro che
sputare semi? Non ce la fate più a nascondervi
quando vedete l'amministratore di condominio al
quale dovete ancora pagare un anno di rate del
riscaldamento? Non ne potete più della melassa
ipocrita e del falso moralismo che sembrano aver
infettato milioni di connazionali? Speravate di
esservi liberati di tanti compagni di scuola che non
avete mai potuto vedere e di ex colleghi inutili e
invidiosi e che grazie a Facebook sono ricomparsi ai
vostri occhi?
È un Paese schizofrenico, il nostro, che non si
sforza neppure di sembrare normale, dove se le
nostre telefonate non vengono intercettate non siamo
nessuno, dove i ladri riescono a rubare in casa di
politici agli arresti domiciliari, dove abbiamo
trasformato tanti nonni in pusher di cocaina ed
eroina per arrotondare le striminzite pensioni, dove
in molti studi di programmi televisivi gli autori e
i conduttori avrebbero bisogno di bravi esorcisti
invece pullulano i sessuologi, i criminologi, i
dietologi e gli chef catodici. E che cosa dire della
censura, sempre in agguato contro le voci fuori dal
coro?
Un Paese sempre più analfabeta dove il motto
ricorrente è 'Almeno l'italiano 'sallo'', dove non
tutto fa brodo ma dove tutto fa Broadway, dove lo
spettatore viene cloroformizzato da una televisione
becera e volgare fatta di game show, reality show e
talent show, dove milioni di persone il sabato sera
stanno a casa per vedere piangere in tv altri essere
umani e sentirsi così meno sfigati di loro, dove in
prima serata vanno in onda frullati di rifiuti
solidi catodici o accanimenti terapeutici, dove i
più grandi investitori pubblicitari sono le società
di prestiti personali, dove i negozi 'compro oro'
hanno aggiunto la dicitura 'anche da denti e
dentiere'.
Un'Italia in cui il potere è fondato sulla prostata,
dove telegiornalisti collezionano modellini di
plastici che rappresentano case in cui si sono
svolti delitti efferati, dove essere giovane sembra
una colpa, dove si diventa attori o conduttori
perché si partecipa a un reality show, dove ci si
riempie la bocca di meritocrazia e si assumono
soltanto i raccomandati.
Una nazione di grafomani dove pur di non leggere si
è disposti a scrivere e a pubblicare libri anche a
pagamento, dove non si è più neppure liberi di
scappare di casa perché c'è subito chi fa la spia a
'Chi l'ha visto?'.
Un'Italia intollerante a tutto non soltanto al
glutine e al latte, dominata dall'ansiolitico e
dall'antidepressivo. Un Paese che per far leggere
gli adolescenti in tempesta ormonale e riportarli
nelle sale cinematografiche ha avuto bisogno di uno
scrittore 44enne che si atteggiasse e parlasse come
un teenager, in cui i processi passano da padre in
figlio da quanto sono lenti, dove se trovate un
ladro che vi sta svaligiando la casa dovete pure
offrirgli il caffè altrimenti si rischia una
denuncia per mancanza di ospitalità, dove la
sicurezza è soltanto una percezione.
La magistratura ormai fa le indagini sui filmati e
le interviste che personaggi della politica e della
cronaca rilasciamo a Matrix e a Porta a Porta. Se un
extraterrestre si dovesse fare un'idea della razza
umana dalla nostra tv che cosa penserebbe di noi?
Forse è per questo che gli extraterrestri non si
fanno vivi, forse sono terrorizzati
dall'incontrarci. I vostri occhi non crederanno a
ciò che leggeranno. 'Perché oggi comunicare è alla
base, ma chi è altezza?'. Quando vi sentirete
depressi o stressati prima di chiamare il vostro
psicologo leggete qualche pagina di questo libro. Vi
tornerà subito il buonumore. È il volume che vi farà
voltare pagina, il rimedio adatto alla follia del
quotidiano".
QUESTO LIBRO VI DARÀ LA POSSIBILITÀ DI RIDERCI SOPRA
(O PIANGERCI IN BASE AL VOSTRO STATO D'ANIMO).
PERCHÉ NONOSTANTE TUTTO L'ITALIA RESTA LA NAZIONE
PIÙ BELLA DEL MONDO
CHE MAI ABBANDONEREMMO.
Igor Righetti è giornalista professionista, docente
universitario di Giornalismo e Linguaggi
radiotelevisivi in numerose università pubbliche e
private, massmediologo, saggista, autore e
conduttore radiotelevisivo, attore di cinema con
Pupi Avati e nelle fiction tv "Distretto di
Polizia", "Ris", "Mio figlio-Altre storie per il
commissario Vivaldi", "Intelligence- Servizi e
segreti", autore e interprete musicale con Donatella
Rettore. Il suo stile di conduzione ricorda gli
anchormen anglosassoni: per questo suo modo di
comunicare viene definito dalla critica il "David
Letterman italiano". È stato dirigente di
multinazionali come Ericsson nella funzione di capo
ufficio stampa e web content manager, capo ufficio
stampa dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello
Stato, direttore comunicazione di Pineider 1774 e
Nazareno Gabrielli, ha curato le relazioni con i
media di Sony-Ericsson e diretto il mensile
"Lettere". Voce fuori dal coro e innovatore nel Dna
sperimenta ogni genere di mezzo di comunicazione.
Ama le contaminazioni e le integrazioni di generi e
di linguaggi diversi come il suo illustre prozio
Alberto Sordi. Proprio come lui è divenuto popolare
grazie alla radio, al fortunato programma che ha
ideato e condotto per sei anni consecutivi su Radio
1 Rai "Il ComuniCattivo", la prima trasmissione che
analizza il nostro modo di comunicare in tutti gli
ambiti (1.400 le puntate andate in onda finora).
Come autore e conduttore televisivo ha realizzato
numerosi programmi d'informazione, intrattenimento,
nuove tendenze e cultura su Videomusic, RaiTre,
RaiDue. Nel 2004, su Radio 1, ha ideato e condotto
il format del primo radio reality "In radio veritas,
la parola alla parola" al quale parteciparono, tra
gli altri, Mario Monicelli, Renzo Arbore, Giorgio
Albertazzi, Domenico De Masi, Carlo Rossella,
Giordano Bruno Guerri, Aldo Busi, Maria Venturi,
Natalia Aspesi. Su RaiDue è stato autore e inviato
di "Futura city"; su RaiUno, all'interno di Tg1
libri, è stato autore e conduttore dell'"Aforisma
del ComuniCattivo".
In qualità di massmediologo ed esperto di linguaggi
e comunicazione è commentatore in numerosi programmi
televisivi.
Nel 2005 ha ricevuto il premio nazionale di cultura
nel giornalismo "Penna d'oro", nel 2007 è stato
premiato alla 61ª edizione del Festival
internazionale del cinema di Salerno come attore
rivelazione dell'anno per la sua interpretazione di
Carlo Ponte nella fiction tv "Distretto di Polizia
7" e nel 2008 ha ricevuto il premio "Leggio d'oro"
come "Voce radiofonica dell'anno". Ha scritto i
libri "Prove tecniche di comunicazione", "Il
ComuniCattivo e la sua vena creativa" e "Come
ammazzare il tempo senza farlo soffrire".
Attualmente è docente di Teoria e tecnica del
linguaggio radiotelevisivo all'Università di Roma
Tor Vergata.
Paola Claudia Scioli
Responsabile Comunicazione Attività Editoriali e
Ufficio Stampa De Agostini
e-mail: paola.scioli@deagostini.it
Massimo Curti
Ufficio stampa Igor Righetti
e-mail: m.curti@igorrighetticomunicazione.it
* * *
OFELIA
E LA LUNA DI PAGLIA
Antonio Messina
Immagine di copertina: ANGELA BETTA CASALE
Realizzazione grafica: SACHA NASPINI
© Edizioni Il Foglio - 2009
1a Edizione - Marzo 2009
ISBN 978 - 88 - 7606 - 219 - 3
Collana: Autori Narrativa Contemporanea
Direttore: GORDIANO LUPI
Edizioni Il Foglio
Via Boccioni 28
57025 PIOMBINO (LI)
www.ilfogliolet
prefazione di D. Frati.
postfazione di M. Monego.
La prima volta che ho letto un libro di Antonio
Messina
non riuscivo a credere ai miei occhi. Perché il
variegato
panorama delle piccole e piccolissime case editrici
italiane
- diciamolo - magari ribollirà di energia e
passione,
ma di certo non abbonda in originalità. Tipicamente,
ci si
inserisce sulla scia del grande bestseller di turno:
e allora
piovono adolescenti che si spazzolano e si fanno
spazzolare,
complotti esoterici nei quali chissà perché ci sono
sempre di mezzo i Templari, tortuose inchieste di
poliziotti
maudit e via citando. Nulla di male, anzi, ma
sorprese
nemmeno a parlarne. Invece, quel libro - si trattava
de "La memoria dell'acqua", per la cronaca - era
drasticamente,
eroicamente fuori sincrono rispetto alle tendenze
e alle mode letterarie: Messina infatti in quello
smilzo
volumetto dalla bella copertina riscopriva la forma
letteraria
del racconto filosofico tentando un'ardita
commistione
tra la fantascienza del "Solaris" di Andreij
Tarkowskij
(più che quello di Stanislaw Lem), la rilettura
della
classicità dei "Dialoghi con Leucò" di Cesare
Pavese, la
capacità di raccontare filosofia del Friedrich
Nietzsche di
"Così parlò Zarathustra". Forse non la via maestra
per
raggiungere le Top 10 di vendita, ma un metodo
infallibile
per conquistare il mio cuore di lettore. Da allora
seguo
Antonio con affetto e ammirazione in ogni tappa del
suo
percorso, una linea retta piena di coerenza e lealtà
verso
il suo pubblico. La stella polare di Messina è
sempre la
stessa, del resto, e lui la insegue con costanza,
come i Re
Magi, come un gps: la voglia bruciante di un altrove
purchessia,
il desiderio di non fermarsi nemmeno un minuto
alla superficie delle cose, il bisogno costante di
simboli.
Il suo anelito verso l'assoluto, l'infinito, l'iperuranio
però
se possibile con questo "Ofelia e la luna di paglia"
che mi
onoro di presentarvi si fa più marcato, quasi
doloroso. Il
team di depressi tabagisti del 2122 protagonista del
romanzo
tenta di sfuggire alla miseria materialistica del
proprio tempo (che, ahinoi, somiglia così tanto al
nostro)
'scaricando' le proprie nevrosi (e i propri sensi di
colpa, e
i propri vuoti affettivi, e i propri sogni
impossibili, e le
proprie voglie di fuga, e, e,e) nella creazione di
un mondo
virtuale, l'ambientazione di un videogame di ultima
generazione che si rivela più reale del reale. Ma la
freccia
direzionale non va solo dalla realtà verso Erasmus4
(questo
il nome del gioco): anche i personaggi del
videogame,
ormai dotati di autocoscienza e sensibilità, fanno
sentire
le propria voce, che non è quella di semplici
burattini
senza anima, e reclamano un posto nella realtà,
nella vita
'vera'. A proposito, che cos'è la vita? Come di
consueto,
Antonio Messina utilizza come mero - ma sublime -
pretesto
il genere fantastico-fantascientifico per porre
grandi
questioni, indagare su temi profondi, scandagliare
antichi
misteri. E di questo possiamo soltanto ringraziarlo.
David Frati
David Frati, giornalista medico, è uno dei curatori
di
Yahoo! Salute, portale dedicato all'informazione
sanitaria.
Critico cinematografico per 35mm, è fondatore e
direttore
di Mangialibri, una delle principali riviste sul web
dedicate al mondo dell'editoria. Come copywriter e
sceneggiatore
ha collaborato con le emittenti televisive
satellitari
Studio Universal e Fox Crime e con la Ferrero
(ebbene
sì, molti dei personaggi degli ovetti Kinder degli
ultimi
anni sono farina del suo sacco). Vive a Roma.
* * *
Luigi Fontanella, Oblivion,
Archinto, Milano 2008.
Recensione
Roberto Mosi
La prima parte del libro di Luigi Fontanella è
dedicata al linguaggio, i colori, i profumi, dei
fiori: Anemone, Camelia, Dalia, Geranio, Margherita,
Rosa canina, Violetta. Ogni fiore porge il proprio,
particolare, messaggio:
Dalia è rimasta una bianca
fanciulla
che accoglie ridente i suoi amici,
a volte li sistema in cerchio
e per ognuno s'adopra in grazia e armonia.
Come la dea di Pafo
ha una cintola ricamata di fiori
e lettere d'oro
"Amami" vi si legge "amami tutta
e non ti angustiare se anche altri mi ama."
Qual è il mondo poetico di Oblivion? Giovanni Raboni
ci avverte (quarta di copertina): "Nella poesia di
Luigi Fontanella c'è una grande libertà di forme e
di intonazioni. Egli non prende formalmente partito
con violenza; la sua poesia ospita momenti di
narratività colloquiale, quasi in prosa, e momenti
in cui c'è una tensione lirica molto forte. Si va da
estremi di un forte tonalismo a estremi quasi
atonali, e questo mi piace molto; è un atteggiamento
che coglie molto bene lo spirito con cui oggi si può
lavorare sulla poesia.". Si apre dunque, fin dalle
prime pagine del libro, un viaggio pieno di sorprese
e di frutti diversii, con il succedersi di scene che
mostrano il fascino di una ricerca poetica quanto
mai attuale, capace di coinvolgere il lettore con
una molteplicità di suoni musicali.
La biografia è importante per comprendere la varietà
e la ricchezza dei paesaggi poetici che sono più
familiari all'autore. Luigi Fontanella vive fra Long
Island, Roma e Firenze. Ordinario di lingua e
letteratura italiana presso la State University di
NewYork, è poeta, critico, narratore e drammaturgo.
Ha pubblicato undici libri di poesia, sette di
saggistica e due di narrativa. E' presidente della
IPA ( Italiana Poetry in America) e direttore della
rivista "Gradiva"( pubblicata a New York) e relative
edizioni bilingue ( Premio Internazionale per la
Traduzione 2001), Ministero dei Beni Culturali). Nel
2004 è stato nominato Cavaliere della Repubblica
Italiana dal Presidente Carlo Azeglio Ciampi.
Le poesie raccolte in Oblivion sono state scritte
nell'arco di sette anni, dal 2000 al 2006. Alcune
sono uscite originariamente, con qualche variante,
in riviste italiane e americane, e in libri
pubblicati a parte. Il materiale contenuto in
Oblivion è ripartito in cinque sezioni: dopo I
fiori, seguono Intermezzo, Sere, Oblivion, Disunita
Ombra.
Nella ricerca di nove forme, Intermezzo supera la
barriera tra poesia e prosa. In questa parte della
raccolta prende l'avvento "la prosa poetica come
sublimazione del quotidiano". Luigi Fontanella
ricerca il "bello" seguendo il colore
dell'"espressivo", come nel frammento "Il treno":
Osservo un'anziana vaiassa, seduta, quasi stesa,
tanto il grasso le pesa ovunque. Larga, scosciata,
rigonfia di un sonno scomposto e crasso sul petto.
Samarcanda, l'avresti chiamata, gigantessa Iguana,
infarcita di sugna e sudore. Eppure, bastò ad un
tratto che sollevasse una mano, con non so che aerea
grazia, e di colpo io la vidi ragazza …ragazza anche
lei, gentile, forse maliziosa … forse, nelle sue
verdi schermaglie d'amore e il lieve ansimare dei
primi baci, Arianna fuggente e riottosa.
Con la terza sezione giunge La sera, con toni di
malinconia, che pare rendere ogni sera uguale a
tante altre: Mia sera degli sguardi, / mia sera così
uguale a tante / voce sfatta che aleggia / da
qualche stanza vicina / mentre l'azzurro cupo sale /
nel livido torpore di una casa non mia. Raggelano i
versi dedicati alla città di Princeton: Princeton di
sera / o ci si ammazza / o si recita una preghiera.
Sfilano poi sotto i nostri occhi immagini di
ordinaria miseria: Fra il paralitico che stasera /
nella solita viuzza spinge a mano / la propria
carrozzella / e il cane che accanto / passo passo
muto muto l'accompagna / per chi provare più pena /
o il disincanto ?
Si succedono sfere altalenanti delle ore della sera,
fra attesa e stupore, alla ricerca delle immagini
più riposte della città, della vita, tra poesia e
prosa.
Nella quarta sezione ( Oblivion ), da cui il libro
trae il titolo, è forte il sentimento del fluire del
tempo, del distendersi dell'oblio sulle vicende
della vita, su quello che rimane o si dissolve nel
nulla. Si coglie questo in versi come: Fermotempo.
Ora come allora. / Venticinque anni trascorsi. /
Tutto s'avvicina / e già svapora. Chi sono? / Sento/
soltanto il mio cuore batte ancora. / Ed ancora,
nella poesia La sciarpa rossa, si colgono le
cicatrici di antichi dolori: E' tardi, ormai./ Vento
e pioggia hanno spazzato via / tutti e tutto /
….avvolgiti, anima mia, / a quella sciarpa rossa /
vola fino ad un altro sole, / questo / che oggi
scioglie i nostri corpi le nostre dita / i nostri
pensieri le nostre ore / sotto uno stesso cielo di
mani e di mari, sole / che cicatrizza / ogni dolore
/ ogni ferita.
Il libro si chiude con la sezione "Disunita Ombra".
Riporta ricordi dolorosi, come quelli legati alla
scomparsa dei poeti e amici Fabio Doplicher e
Giovanna Sicari. Sono presenti, in particolare,
composizioni in "stile americano" - vicine alla
poesia di Raymond Carver - aperte ad immagini della
provincia americana, come nella poesia "The Old
Town":
Sera inoltrata nel vecchio pub del villaggio
passo davanti a quattro sordomuti
sulla piazzetta il tempo s'è incrostato
alle lamiere contorte delle macchine
abbandonate nello yard di Jim
le vedi parlare tra loro nel vento
autunnale, padrone d'ogni fessura
la luce dell'unico lampione riversa (…)
Siamo partiti dalla nota di Giovanni Raboni per
scoprire tutta la ricchezza di Oblivion, i traguardi
che può raggiungere la poesia dei nostri giorni,
specie quando, come nello stile di Fontanella,
"tutto si piega alla musica.". Si deve riconoscere,
con Roberto Corsi, che " campeggia un febbrile
lavoro di forgiatura, di alta oreficeria: parola che
si arrende alla musica mediante allitterazioni;
nuclei di assonanze e rime che danno la sensazione
del propagarsi spaziale delle voci.". Come nella
parte iniziale (pag. 37) di questa lirica:
Danzano rimbalzano vicine lontane
dalla mia stanza
ora arcuate molli svasate flautate
ora sottili sferzanti vorticose
ariosi arabeschi ciechi geroglifici
anche intrecciate
e doppie e triple e amalgamate
sull'erba consenziente
sbuffi stracci improvvisi
spacchi crepe trilli festoni irridenti
tulipani impazziti ortensie sorelle
sotto un cielo indifferente : (…)
* * *
Titolo
Libro: Arcobaleno
Nome Autore: Banana Yoshimoto
Casa Editrice: Feltrinelli
Anno Edizione: 2005
Codice ISBN: 88-07-81855-8
Pagine: 135
Prezzo: Euro 6, 50
L' "Arcobaleno", ristorante, luogo di ritrovo e
ambiente familiare per chi vi lavora, scuola di vita
per la protagonista dell'omonimo romanzo di Banana
Yoshimoto; l'arcobaleno sulla laguna, creato
dall'incontro dei bagliori delle squame colorate dei
pesci con l riflessi dell'acqua, l'arcobaleno. Iride
della mitologia greco-romana, via attraverso la
quale Mercurio recapita agli uomini i messaggi degli
dei,l'arcobaleno, alla fine del romanzo, come segno
del destino, speranza.
L'onirismo di Presagio triste (Feltrinelli, 2003 ),
presente nelle prime pagine, costruito, questa
volta, grazie ad immagini e a sensazioni, come il
dormiveglia della protagonista, il cottage
sull'acqua della laguna, gli squali inoffensivi,
ecc, scompare, poi, per cedere il campo, attraverso
un breve, ma efficace, esame etnologico, alla
rappresentazione di alcune differenze
comportamentali tra gli abitanti di Tokyo, legati in
primis alla pratica del do ut des, che si complicano
la vita da sé, lontani dalla natura e dalla sua
armonia e, per questo, inevitabilmente destinati ad
un fallimento esistenziale, ma anche economico, e i
provinciali, all''eccellente descrizione degli stati
d'animo di Eiko, che tanto ci appaiono veri da farci
supporre dell'autobiografismo, ad una narrazione
realistica, avvolgente e coinvolgente. Lo stile di
Yoshimoto è, come sempre, lineare, semplice, non
ricercato, ma la struttura narrativa è, in questo
caso, più elaborata e originale che in Presagio
triste .
Gli affetti familiari, il calore umano, la
disgregazione del nucleo familiare e la sofferenza
per la perdita di persone care, di cui ci si può
fidare ciecamente, la solitudine, la malinconia,
l'orgoglio e la soddisfazione del proprio lavoro, la
funzione evocativa del cibo, la convivialità come
forma di comunicazione sono anche qui tra i temi più
cari alla scrittrice. L'amicizia, l'affetto e
l'amorevole cura degli animali e delle piante, che,
come verificato scientificamente, trasmettono
energia e danno aiuto psicologico, ci ricordano che,
come afferma Tiziano Terzani in Asia (Tea, 2003),
"La vita di ogni giapponese è dominata dalla ricerca
dell'armonia".
La protagonista, dotata di particolare sensibilità,
prende coscienza, e così anche il lettore, del
sentimento d'amore per il proprietario
dell'Arcobaleno. attraverso il muto linguaggio dei
gesti, degli sguardi. del cibo e, infine, della
sessualità, come se sorseggiasse una nuova bevanda,
un po' alla volta per gustarla meglio e conservarne
più a lungo il sapore, titubante e incerta perché
"Niente spaventa come ciò che non si conosce".
Simonetta De Bartolo
* * *
"Prugni"
di Barbara Pumhösel
ISBN: 978-88-516-0093-8
Rilegatura: Paperback
Formato: 12,5x20,5 cm
Soggetto: Poesia
Data di pubblicazione:
Editore: Cosmo Iannone Editore
In questa sua prima raccolta di poesie, lo sguardo
poetico di Barbara Pumhösel si apre all'esplorazione
delle pieghe più recondite del reale e dà voce al
lato nascosto delle cose che talvolta sfuma nelle
dimensioni dell'onirico e del surreale, ma non esita
neanche a farsi denuncia degli orrori e delle
ingiustizie della società contemporanea. L'ironia
colta ed elegante di questi componimenti apre uno
sguardo non scontato sui protagonisti della nostra
quotidianità e ci permette di ri-vederli scoprendo i
loro aspetti inusuali. Affiorano così simmetrie
asimmetriche tra inconscio e pensiero, tiri mancini
tra la mano destra e quella sinistra, gruppi di
parole ingabbiate dai quadretti del foglio, nodi di
parole per tenere ancorato il tempo, fili di parole
a cui aggrapparsi come equilibristi, manciate di
parole lanciate come sassolini per ritrovare la
strada di casa, in una rivisitazione tutta personale
della fiaba di Hänsel e Gretel.
È nata nel 1959 a Neustift bei Scheibbs in Austria.
Dopo vari spostamenti (Gran Bretagna e Francia) si è
laureata in Lingue e Letterature straniere presso
l'Università di Vienna. Dal 1988 vive a Bagno a
Ripoli (FI). La sua produzione poetica bilingue, in
italiano e in tedesco, è stata parzialmente
pubblicata in antologie e riviste italiane, tedesche
e austriache. Nel 2006 è stata inserita
nell'antologia curata da Mia Lecomte, Ai confini del
verso. Poesia della migrazione in italiano (Le
Lettere). Ha vinto vari premi letterari, tra cui nel
2007 il premio Popoli in cammino con la silloge
inedita Bioluminescenze. È anche autrice di libri
per l'infanzia, come La principessa Sabbiadoro
(Giunti 2007) e la serie su La Calamitica III E (Edt
2007), pensata e scritta insieme ad Anna Sarfatti.
* * *
Roberto Scarpa, "L'uomo che andava a teatro -
storia fantastica di uno spettatore", Moretti &
Vitali editori, 2009.
Prefazione di Andrea Camilleri
"Chi non ha paura d'agire non teme le parole."
Senza troppi giri di parole dovrò premettere che è
assai arduo, per me, parlare di ciò che ho visto,
toccato sarebbe meglio dire, personalmente.
Posso affermarlo perché Roberto Scarpa, l'autore di
questo atipico romanzo di formazione edito da
Moretti e Vitali, l'ho conosciuto, piuttosto bene,
durante il mio percorso umano e formativo presso il
Teatro Verdi di Pisa. Roberto ne dirige l'area della
formazione, quell'oasi molto particolare che ho
cercato di descrivere, tentando di evocare i cinque
sensi, nel precedente numero di "Segreti di
Pulcinella".
Mi sembra, in definitiva, che l'approccio di Roberto
(e, per estensione, dei suoi preziosi collaboratori)
al teatro si rifletta in questo suo lavoro in modo
tale da imporre, da parte mia, un approccio pudico.
"L'uomo che andava a teatro - storia fantastica di
uno spettatore" è dunque, si sarà compreso dalle
premesse, molto più di un semplice saggio sul teatro
ed incuriosisce, a prima vista, anche solo per la
scelta dell'autore di assumere, come chiave di
analisi, la prospettiva di un testimone necessario,
lo spettatore, proprio colui che si tende a relegare
al ruolo di passivo compresente.
"L'uomo che andava a teatro" è un dialogo. E' un
viaggio. Ed è tuttavia, quasi per incanto, l'acuta
ed accurata analisi critica di alcuni fra i
fondamentali testi del teatro occidentale ("I
Persiani", "Amleto", "I sette contro Tebe", "Uno,
nessuno e centomila", "Così è (se vi pare)", "I
giganti della montagna", "Edipo Re", "Edipo a
Colono"), di un romanzo sul teatro ("Romanzo
teatrale" di Bulgakov) e di uno straordinario ibrido
quale è "Pinocchio".
Roberto e Memoria, guida imprescindibile, percorrono
la Storia, le storie con le quali si incontrano,
attraverso lo sguardo ammirato, complice,
interrogativo dell'uomo di fronte a se stesso, ad
una proiezione magica e caleidoscopica di ciò che
(forse) è pur senza, talvolta, saperlo fino in
fondo.
Da Eschilo e Pirandello, da Shakespeare a Bulgakov,
il teatro è un cerchio all'interno del quale lo
spettatore gioca (e non potrebbe essere altrimenti)
il suo ruolo di fondamentale interlocutore.
E nel gioco dell'umano (da fare rigorosamente
insieme) che il teatro, come per miracolo, esprime,
l'importante è realmente partecipare e la sconfitta
consiste solo nel rinunciare a prendervi parte con
onestà.
Il teatro esiste da quando esiste l'uomo e, come
l'uomo, è fatalmente incompiuto, e dunque eterno.
E'l'incontro (in)volontario fra vincitori e vinti,
fra padri e figli, tra la Danimarca e Tebe, incontri
che si realizzano tutti come una straordinaria
assemblea in cui l'uomo, finalmente consapevole
della propria fragilità, si scopre capace di provare
compassione.
Questo e moltissimo altro ci racconta
l'autore/spettatore, dapprima con il candore di un
bambino, via via sempre più disincantato grazie agli
interventi chiarificatori (e qualche scappellotto!)
di una virgiliana Memoria, maestra benevola di vita
e, quindi, di teatro.
Pagina dopo pagina, racconto dopo racconto, scoperta
dopo scoperta, ma anche, mi verrebbe da dire, grazie
ai silenzi, agli omissis, a ciò che si sceglie (?)
di lasciare sospeso e indefinito, anche noi,
spettatori di secondo grado, immersi nei ricordi e
nelle storie di Roberto, nei suoi dubbi e nelle sue
domande, ci rendiamo conto di avere "fatto teatro"
da sempre, dal primo vagito (una vera e propria
entrata in scena!).
Roberto Scarpa ci lascia con il desiderio
dell'esploratore mai pago di viaggi e parziali
scoperte, conscio che la sua laica missione coincide
con il suo stare al mondo.
A me lascia, in più, l'odore vivido del legno.
Ilaria Mainardi
* * *
SUL
FILO DI LAMA
di Marcellino Lombardi
Editrice Nuovi Autori
2007, 52 p.
LA RECENSIONE DI NICLA MORLETTI
"Sul filo di lama" è una raccolta di racconti
vivaci, briosi, piacevoli. Lo stile è frizzante,
acuto, genuino. Moderno.
Si tratta di storie attuali, il tutto narrato con
sapiente ironia e una buona dose di humour.
Nel racconto "Vivo per errore" è narrata addirittura
la storia di un malato che sopravvive ad
un'operazione grazie all'errore di un chirurgo. E
poi c'è lo stato della "Paradisonia" dove si sono
svolte le elezioni politiche per designare il nuovo
esecutivo. Verrebbe la voglia di abitarci, che ne
dite? Si legge anche dell'uomo che osò sfidare James
Bond. Insomma un vero e proprio spasso. Cosa posso
dire di più? Buona lettura a tutti!
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Danilo
Arona
Ancora il vento piange Mary
Phasar Edizioni 2009
"Ancora il vento piange Mary", riedizione di una
serie racconti pubblicati primieramente nel 2000, al
lettore distratto e poco avvezzo agli incubi narrati
negli anni dall'autore alessandrino, sembrerà quasi
una raccolta eterogenea di storie tra la fiction e
la realtà. Non è così.
Il libro si muove su tre binari tematici ben
distinti che hanno in comune una sola evidente
ispirazione : "la musica del diavolo", il Rock.
Il primo troncone di storie è decisamente "Bassavilliano"
e racchiude "L'olio del morto", "Codalunga" e "Il
Tempo del sogno di Jerry Van Houten".
Mi soffermo su "Codalunga" in quanto racconto
degnamente pauroso e sinistro.
Chi ha letto "Melissa Parker e l'incendio perfetto"
(Dino Audino Editore 2007) e si è lasciato
trasportare in quella "zona del crepuscolo"
delineata con maestria dal nostro Arona ( una mia
amica si è rifiutata di leggerlo dopo pochi
capitoli, era letteralmente terrorizzata!) di sicuro
non potrà che esserne di nuovo catturato.
Autostrada notturna e desolata, uno strano fagotto
lasciato in mezzo alla carreggiata e un lugubre
autogrill, oasi ambigua e deserta dove il senso di
mistero e di paura ti invita a buttarti in auto e
scappare il più veloce possibile. Vi ricorda
qualcosa? Il pantheon diabolico si completa con un
misterioso viaggiatore ( forse donna, forse uomo, di
sicuro "non umano") che ama prendere a bordo giovani
autostoppisti. I germi di Melissa, spirito inquieto
e deceduto, sono già presenti in questo racconto
pronti a scatenarsi
Da menzionare anche "L'olio del morto" dove ho
trovato grosse affinità con il Segretissimo " La
croce sulla labbra" ( 2008) .
Il secondo troncone custodisce "Magia di un castello
spagnolo", "La Stanza dei vetri rotti" e "La morte
sussurrante".
Denominatore comune: l'apocalisse
"La stanza dei vetri rotti" è il diamante grezzo del
libro. Culti millenaristici, specchi come porte
aperte verso un' ignota dimensione di delirio e la
minaccia decisiva e costante che se ci sarà un
Armageddon, prima di distruggere il corpo dilanierà
e torturerà l'anima..
Ritorna uno dei temi portanti della narrativa di
Arona: un'apocalisse imminente che avverrà
attraverso due dimensioni antitetiche ma nello
stesso tempo concatenate:
una terrestre e materiale (pestilenze moderne, venti
assassini, terrorismo religioso e globale etc.) e
una ultraterrena e nascosta ai più (l'operato di
alcune forze negative e demoniache sui nostri
destini).
Se vi piaciuto "Finis Terrae" ( Segretissimo 2007)
anche qui troverete pane per vostri denti.
Discorso a parte meritano gli altri due racconti
dove l'ispirazione storica e oserei dire "politica"
fanno sì che il lettore prenda fiato come per
guardarsi un attimo indietro e capire che la "fine"
e l' orrore nascono e si rigenerano dall'uomo e
dalle sue nefaste azioni.
Infine siamo al fulcro di tutto il libro: il Rock.
Genere da sempre ( secondo certe teste "sante" e
moralisti assortiti) in combutta col Demonio.
Arona c'è ne da una prova lampante con il sulfureo"
Figlio del Vodoo", novella realistica e inquietante
sulle influenze musicali ed esistenziali del noto
chitarrista Jimi Hendrix. ( deceduto alla giovane
età di 28 anni per uno strano e tuttora indefinito
malore notturno. Chi ha citato Melissa Parker?)
oppure getta una lunghissima ombra informe ( e
sanguinosa) su un'altra "morte illustre", quella del
cantautore americano Bobby Fuller ( ritrovato morto
nella sua auto come "apparente" suicidio. Di nuovo
Melissa Parker?).
Chiude questo viaggio, a stazioni, nell'incubo la
malinconica ( ma i limacciosi tentacoli dell'orrore
sono acquattati vicino al Tanaro) "Ancora il vento
urla Mary" che tradisce comunque un 'inquietudine di
fondo: il vento oltre ad urlare il nome di un'anima
persa può anche portarci alla follia (Santanta,
Perdisa 2008)?
Eduardo Vitolo
* * *
Titolo:
Per Elisa
Autore: Mangani Azzurra
Editore: Ibiskos Editrice Risolo
Sinossi.
Che cosa sarebbe accaduto se…
La signora Giannini, definitivamente perduta fra i
ricordi del passato ed i rimpianti, continua ancora
a domandarselo. La sua lucidità riemerge
improvvisamente durante la scrittura di una lettera,
abbozzata con le ultime forze mentre giace in una
clinica, gravemente malata e mentalmente instabile;
la lettera è rivolta ad una donna, di cui la signora
ripercorre l'adolescenza e la scomparsa,
confessandole, per la prima volta, i suoi segreti
più intimi.
Una volta terminata la lettera, la donna ripiomba
nel mutismo e nella rassegnazione, consegnandosi
nuovamente a tutti quelli che l'accudiscono,
impietositi dai suoi deliri. L'unico uomo a poter
leggere quelle carte, scioccato dal contenuto,
decide di ignorarle.
Quella lettera, ultimo e dolce grido di aiuto, ed
ultima richiesta di perdono, è stata forse
consolatoria, ma inutile.
Se solo Alessandra fosse ancora viva, sarebbe
diverso; se solo potessero incontrarsi ancora, dopo
trentadue anni dal primo giorno, potrebbero
finalmente spiegarsi e comprendersi. Se solo…
Recensione.
Come diceva il noto cineasta francese Francoise
Truffaut: "il critico (o chi gioca a farlo, come
me…) è colui che rende conto del suo piacere."
Mai citazione fu più appropriata per raccontare il
"piacere" che ho attinto nell'immedesimarmi
completamente nei personaggi creati ad arte dalla
giovane autrice Azzurra Mangani.
Perché nel racconto di Azzurra vita e scrittura si
legano indissolubilmente ( non so fino a che punto
in maniera autobiografica, interrogativo non da
poco) e il lettore non può che fare i conti con uno
sfondo narrativo così forte e denso di passione.
Almeno io ho ritrovato alcuni miei "demoni
personali" nelle lettere scritte dalla Signora
Giannini e credo fermamente che quando una persona ,
confrontandosi con un libro, vi trova qualcosa di sé
nei luoghi o nei personaggi, lo scrittore diventa il
"medium" delle emozioni e dei ricordi più reconditi.
Ruolo svolto egregiamente dall'autrice.
Ammetto che mi ero posto in maniera diversa
soprattutto all'inizio . Leggendo la sinossi il tema
" epistolare" mi lasciava un po' interdetto e
ipercritico.
Tutti (penso) nella nostra esistenza prima o poi
abbiamo affrontato le nostre percezioni più nascoste
e intime attraverso una missiva.
Mettendoci a nudo con un misto di paranoia,
ingenuità e sofferenza.
Lo dico perché, in un periodo particolarmente
"solitario" della mia breve vita, gli unici miei
segni di vita erano, appunto, lettere spedite con
frustrazione e sconforto.
Insomma la cosa mi toccava da vicino.
Azzurra ha raccontato qualcosa di me con il suo
libro. E lo ha fatto con una delicatezza e con una
ricercatezza al limite della perfezione stilistica.
Poche volte mi è capitato un confronto così duro e
liberatorio con un libro.
Tralasciando personaggi e luoghi che vi invito a
scoprire con una lettura personale e approfondita,
c'è una parte che mi ha lasciato esangue, con una
stretta fortissima al petto.
Le pagine in cui la protagonista racconta il
rapporto con la madre prima e dopo la su dipartita e
una serie di situazioni familiari ed esistenziali
sorte immediatamente dopo, è "vita " vera senza
forzature o mistificazioni.
Mi ripeto ( linguisticamente):
chi, come il sottoscritto; ha perso una persona
cara, con cui ha condiviso una serie
incontri/scontri tanto fulminanti quanto vitali,
potrà capire la mia disamina.
Che intensità, che "insopportabile" soggettività
nello stile di Azzurra.
Meraviglioso/terribile perdersi tra ricordi e
fantasia.
E poi una sottile atmosfera di disincantato
godimento interiore, ove la sofferenza è capace di
risvegliarci dal torpore dei sensi.
Infine una azzeccata colonna sonora di artisti e
band dignitose a completare il tutto.
Se non è ispirazione questa…
Consigliato agli amanti delle sensazioni pure.
Eduardo Vitolo
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"SANTANTA"
Danilo Arona
Babelesuite - Collana diretta da Luigi Bernardi
Gruppo Perdisa Editore 2008
"LA CROCE SULLE LABBRA"
Danilo Arona, Edoardo Rosati
Segretissimo di Giugno 2008 n. 1540
Mondadori Editore.
" Apocalisse prossimo venturo".
Nella
metà degli anni 90 Danilo Arona ed Edoardo Rosati
mettono mano ad un romanzo a quattro mani per la
collana Segretissimo Mondadori.
Il tiolo è :"La croce sulle Labbra".
Siamo in piena paranoia da fine millennio. Il timore
di una catastrofe tecnologica (il cosiddetto "Millenium
Bug") con conseguenti ripercussioni sull'economia
mondiale, fanno tremare industriali, multinazionali
e politici.
Ci si mettono anche studiosi religiosi e di antichi
misteri, riesumando dalla polvere del tempo visioni
e manoscritti tratti da Nostradamus, Fatima, la
Profezia di Malacchia etc.
Un forte senso di misticismo e di ineluttabile
"fine" permea ogni estrinsecazione del vivere
"moderno".
Danilo Arona non è nuovo al richiamo delle serene
dell'apocalisse. Semi malevoli e putridi erano già
stati sparsi in altri suoi romanzi ma stavolta rompe
ogni indugio e avvalendosi di un medico e
divulgatore scientifico ipotizza una forma diversa
ma altrettanto letale: un misto di culti misterici,
iconoclastia caraibica e pestilenze virali. Il suo
nome è Exù.
Il tutto viene trasportato da dei reietti, come
tanti che affollano le nostre strade, in una Milano,
senza identità né confini,( il termine "globalizzazione"
non ancora abusato dai media di quel periodo assume
già tratti altamente negativi) dove i personaggi che
la abitano diventeranno gli inevitabili comprimari
di un'ambientazione alla Romero.
Oppure andando ancora indietro nel tempo il delirio
di Umberto Lenzi, intitolato "Incubo sulla città
contaminata"(1980)
Un senso di oppressione e di morte aleggia
continuamente su ogni pagina del libro
A
causa di scelte editoriali quantomeno sorprendenti (
anche se un attento critico può vederci un
significato "altro" in questa decisione) il libro
vedrà la pubblicazione solo nel 2008.
Nel frattempo Arona ritornerà nella sua Bassavilla ,
maturando una scelta stilistica affine con il
seguente Finis Terrae ( Segretissimo , Settembre
2007) , il quale partendo da una prospettiva, post
11 Settembre, quindi diametralmente opposta (
l'apocalisse è già tra di noi e ha la forma a
tentacoli del terrorismo globale e del fanatismo
religioso), produrrà alcune tematiche cardine della
sua letteratura.
Tra queste, il grigiore del provincialismo nostrano,
la desolazione di autostrade e autogrill fuori mano,
rifugio di anime perse e di minacciosi figuri, o
ancora una dimensione altamente negativa e demoniaca
pronta ad influenzare le nostre azioni
trasformandoci in medium dell'inferno.
Con Santanta, pubblicato immediatamente dopo La
Croce sulle Labbra, il cerchio inevitabilmente si
chiude.
Cambia l'ambientazione ma non la tematica di fondo:
in una Hollywood vuota e apparentemente luminosa si
prepara un nuovo Armageddon che avverrà attraverso
due dimensioni antitetiche ma nello stesso tempo
concatenate. Una terrestre e materiale (il Santa Ana,
ribattezzato dagli indiani del Mojave Santanta,
vento torrido e violento che porta con sé incendi e
follia ) e una ultraterrena e nascosta (un demone
scaturito dal suicidio di Giaguaro Seduto, capo di
tutte le tribù dei Mohave nel 1800).
Brividi assicurati.
Insomma un romanzo breve ma intenso che può
considerarsi già un classico della produzione
dell'autore alessandrino.
Intanto sembra già confermata la pubblicazione di
Finis Terrae 2 nuovamente con l'ausilio
artistico/scientifico del Dottor Edoardo Rosati.
Non oso immaginare cosa porterà il vento ( creativo
) stavolta.
Sperando che non sia quello del Mohave.
Eduardo Vitolo
* * *
"L'azzurro non è una parola" di Tiziana Soressi
* * *
Roberto Mosi
Florentia
Edizioni Gazebo, 2008
euro 10
email: r.mosi@tin.it
Presentazione del libro
Attraverso le piazze
ricerco pagine di storia,
immagini di vita,
l'idea della bellezza.
R. M.
Questa raccolta di poesie è il ritorno a Firenze, la
mia città, per incontrarla ancora una volta nella
sua bellezza, nelle contraddizioni di oggi, nelle
speranze per il domani. E' anche, naturalmente,
l'incontro con me stesso, il rapporto con la storia
vissuta nella città.
Vivere a Firenze è una fortuna. E' immediato il
dialogo con la bellezza. Rifuggo da un atteggiamento
di semplice godimento estetico, mi piace pensare
all'idea di bellezza come luogo d'incontro, come
laboratorio nel quale gli infiniti punti di vista
delle forme d'arte e delle culture dialogano fra
loro, continuano a ricercare nuovi percorsi di senso
e di prospettiva.
La mia ricerca parte dal vivere giorno per giorno
questo patrimonio complesso e fragile, nella città
murata e nel paesaggio delle colline. Sembra
naturale avvicinarsi in punta di piedi a questa
storia, per ascoltare, senza escluderne alcuna, il
suono molteplice delle voci e cercare di fissarlo
nei versi della poesia. Il nome Florentia, scelto
per questa raccolta, svela questa intenzione.
Fui contento, quando qualche tempo fa, tolte da
Piazza della Signoria le lastre di pietra di origine
settecentesca, comparvero le vasche (fullonica) per
la tintura dei panni insieme a costruzioni del I
secolo a.C. e dei secoli successivi, chiari segni
delle origini romane della città e di una storia
legata, secondo il significato del nome, alla
fertilità del terreno e, mi piace pensare, alla sua
vocazione di luogo fertile di incontri e di idee. I
resti emersi dagli scavi dimostravano in maniera
concreta che Firenze non è solo quella del
Rinascimento. Non si deve allora compiere l'errore
di partire (e fermarsi ... ) da un'unica epoca,
quella del Rinascimento per costruire l'intero volto
di Firenze, con il rischio di perdersi nella rete
della retorica.
La raccolta esprime appunto l'interesse ad
incontrare Firenze come persona viva, in carne ed
ossa, nella sua interezza.
Di questo incontro fanno parte pagine di storia
recente, di solito trascurate, come la memoria del
lavoro, della vita quotidiana nel centro urbano e
nelle periferie: credo che la voce della poesia
possa portare un contributo perché non si disperdano
i ricordi, i segni della nostra vita recente
rappresentati da fabbriche storiche come la
Manifattura Tabacchi o la Galileo, teatri di lotte
per l'emancipazione sociale e civile.
Fanno parte inoltre di questo incontro le sorprese
che ci possono riservare le piazze e le strade
osservandole con occhi curiosi. Mi accorgo che nel
mio modo di guardare, rimane qualcosa dei giochi
dell'infanzia, come quello di contare i passi
attraversando una piazza, di fermarmi su particolari
strani - le sessanta api in rilievo nel monumento
equestre di piazza dell'Annunziata - per costruire
storie fantastiche, di ricercare nel gioco degli
spazi forme geometriche da comporre insieme come
avviene nei quadri di Vasily Kandinsky.
Fra le sorprese è poi sempre più frequente la
scoperta di scene di vita legate a condizioni di
miseria, a storie di migrazioni: la poesia ne può,
anzi direi, ne deve parlare. Come sappiamo, il suo
linguaggio è qualcosa di speciale, coglie, di
solito, l'aspetto essenziale, autentico, delle cose,
con l'aiuto di tutti i nostri sensi. Ha la capacità
di arricchire lo sguardo di tutti noi, di guardare
nel profondo, di stabilire relazioni insolite fra
persone, di ieri e di oggi. Sullo sfondo dei luoghi
classici del Rinascimento fiorentino sorprende, a
volte, la presenza di scene di povertà, di degrado,
come ferite. Sul taccuino, ideale, che porto nel mio
vagabondare per la città, ho fissato la figura di
giovani immigrati che vivono sui marciapiedi, lo
scontro con le forze dell'ordine, i tratti di una
compagna dei tempi di scuola che vive ai margini
della città, alla stazione, la voce folle della
donna affacciata alla finestra. Tutti siamo
partecipi di questo, sono fatti che accadono intorno
a noi giorno per giorno, momento per momento.
Il nostro occhio è attento a come agisce il potere
nella città, vediamo che a volte interviene con modi
sbrigativi, che sono lontani da quella cultura
dell'accoglienza che fa parte della nostra storia e
si è fatta di pietra e di calce nella costruzione di
un numero incredibile di ospitali per i diseredati,
i pellegrini.
Fra le voci della città particolare risalto ha
quella dell'Arno, fiume-padre e fiume-minaccia per
la città. Le piene del fiume sono uno spettacolo per
i fiorentini di particolare suggestione e fonte,
come noto, di rinnovate paure. Vediamo in
particolare che le piene trascinano una massa
incredibile di detriti, di rifiuti, di residui che
si accumulano lungo le rive del fiume e sono una
ferita all'incanto dei luoghi.
Credo che ci debba essere oggi uno spazio per la
voce della poesia civile, di denuncia, di richiamo a
principi fondanti di solidarietà, di rispetto, di
amore: è una voce che può risuonare alta in una
società, come la nostra, spesso afona e distratta.
Può essere di conforto avere a portata di mano, con
il nostro taccuino, i colori della memoria. Senza
memoria si vive in un presente indistinto nel quale
prevale la paura dell'altro, emerge facilmente il
sonno della ragione. Credo che per il discorso
poetico sia naturale stabilire una stretta relazione
fra ieri e oggi, fra le nostre radici - spesso di
emigrazione, di miseria, di persecuzione politica -
e le speranze per il futuro.
Mi accorgo che molte pagine dei miei appunti evocano
i toni grigi dell'epoca che stiamo vivendo e, forse,
della mia età avanzata. E' naturale ricercare in
ogni direzione, le ragioni della speranza,
dell'amore, nutrimento primo della poesia. Ho
presente le voci di migliaia di giovani che sei anni
or sono invasero con le loro bandiere per la pace i
viali di Firenze in occasione del Social Forum;
l'impegno alacre dei ragazzi e delle ragazze che
frequentano i nuovi edifici dell'università, nel
quartiere-dormitorio di Novoli o in altre parti
della città.
Mi accorgo infine che il filo che tiene uniti molti
fogli della raccolta di poesie è l'allegria
contagiosa dei bambini, quello che scorgiamo nei
loro sguardi innocenti. Per mille versi vorrei
cantare il senso, la gioia che ci trasmettono,
vorremmo che il suono delle loro risa, dei loro
giochi fosse sempre più al centro della vita della
città.
R. M.
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