|
|
Narrativa
Questa rubrica è aperta a
chiunque voglia inviare testi in prosa inediti,
purché rispettino i più elementari principi
morali e di decenza...
Oceania
di Misha, Fiction
di Giuseppe Costantino Budetta,
Ricerca universitaria di Giuseppe
Costantino Budetta
Poesia italiana
Poesia in lingua
Questa rubrica è aperta a chiunque voglia
inviare testi poetici inediti, in lingua diversa
dall'italiano, purché rispettino i più
elementari principi morali e di decenza...
poesie di Lucia
Dragotescu
Recensioni
In questo numero:
- "Gioco d'ombre sul sipario" di Liliana
Ugolini, nota di Massimo Acciai
- "Come pubblicare un libro" di Andrea
Mucciolo, nota di Massimo Acciai
- "A seconda di come volgo lo sguardo" di
Massimo Acciai e Matteo Nicodemo
- "Giulia, l'etrusca" di Maria Antonietta
Nardone, nota di Massimo Acciai
- "Le allegre vacanze" di Maria Antonietta
Nardone
- Romanzi di Antonio Ferrazzani
- "Novecento" di Alessandro Baricco, nota di
Emanuela Ferrari
- "Dall'Arno al Tamigi" di Amerigo Iannacone,
nota di Emanuela Ferrari
Arte in cucina
Interviste
Saggi
|
|
Si faccia finta di giocare
una partita di serie A, di B, o di C. Non importa il
numero dei gol. Secondo le nuove norme approvate
dalla UEFA e sottoscritte dal CONI, non vale se una
squadra vinca una partita di pallone, la pareggi, o
la perda. Il risultato è lo stesso. Alla fine,
deciderà il comitato di saggi. Così al termine del
campionato. I saggi decideranno a chi spetti lo
scudetto, a ci la retrocessione in B, od in C.
Viceversa, gli stessi saggi decideranno per le
promozioni in A, in B, o in C. C'era che aveva
obiettato - ed a ragione - che si dava troppa
importanza ai goal, invece c'erano energie occulte e
professionalità inespresse che andavano valutare al
di là dell'arido punteggio. Per esempio gli scatti
indietro delle ali tornanti a bloccare le sortite
degli avversari, oppure i passaggi smarcanti dal
centrocampo, i passaggi brevi, le testate con
l'effetto che per puro caso non davano il goal.
Guizzi di genialità che meritavano il giusto prezzo.
Le interviste sui giornali sportivi, su quelli dei
gossip, o sui quotidiani locali esprimevano
unanimità di opinione: liberalizziamo il calcio. Non
più la vittoria di una squadra in base al numero dei
goal, ma diamo spazio al merito individuale, esibito
nel gioco di squadra. Viva la solidarietà sportiva.
Aboliamo le classifiche fuorvianti dei cannonieri.
Viva il merito aldilà dei goal. Via la
spettacolarità, le fratture alle caviglie, i traumi
ai menischi e l'agonismo spinto. In base alla nuove
regole, cominciarono ad entrare in campo come
titolari, vecchi sessantenni, alcuni settantenni e
qualche ottantenne di forte fibra. Quasi tutti
avevano parenti nel comitato dei saggi, nel CONI e
tra i politici influenti. Si fingeva di giocare. In
campo, si chiacchierava del più e del meno. Sugli
spalti, non c'era nessuno. L'assenza degli sportivi
negli stadi era stato previsto. Ad ogni partita, lo
Stato distanziava tot milioni di euro da spartirsi
tra le due squadre, più le spese per l'affitto dello
stadio comunale e per il trasporto dei giocatori.
Provvedeva lo Stato con laute ricompense per
l'arbitraggio ed i segnalinee, così come per le
organizzazioni televisive che fingevano di
trasmettere partite. Allo scadere del novantesimo
minuto, il club sei saggi riunitosi ad hoc,
assegnava via computer la vittoria, il pareggio o la
sconfitta ad una delle squadre. Il parere dei saggi
era inappellabile. La tivù diffondeva i dati e la
classifica aggiornata al novantesimo minuto. I
giocatori in campo trascorrevano i novanta minuti
parlottando del più e del meno e lasciando fuori
campo il pallone. L'arbitro fingeva di non guardare
anche per mancanza di falli ed i segnalinee
giocavano a scopone. Per volere perentorio delle
terna arbitrale, i giocatori dovevano indossare con
meticolosità le magliette, i calzoncini, i calzini e
le scarpette della propria squadra. Un ordine nel
vestire come i militari in divisa. Se qualcuno dei
giocatori non resisteva e voleva sferrare almeno un
calcio al pallone, un tiro non pericoloso verso
porta, l'arbitro lo richiamava ed al terzo fischio
lo espelleva. Tutto dipendeva dalla valutazione
finale da parte della squadra dei saggi che dava le
sentenze come la Sibilla dell'antichità. I sindacati
sportivi proposero di allargare ed allungare la
superficie di gioco, aggiungendo nuova erbetta,
ridisegnando le linee del campo ed incrementando la
distanza tra le porte. Anziché undici giocatori,
potevano scenderne in campo tredici ed anche
quattordici, tutti con la retribuzione da titolare.
Potenziando il numero degli effettivi in campo, di
conseguenza bisognava provvedere ad aumentare quello
dei riservisti, dei medici sportivi e degli
eventuali raccattapalle. Si dovevano arruolare
schiere d'architetti per ampliare gli stadi, visto
che il numero dei giocatori era maggiorato fino a
quattordici e con essi che l'area del campo. Il
provvedimento fu esteso all'istruzione pubblica
(scolastica ed universitaria), alle assunzioni dei
medici negli ospedali, dei giudici nei tribunali e
di tutti gli altri settori del pubblico impiego e
nel privato. In politica, proliferarono i posti di
assessore regionale, provinciale, comunale. Il
parlamento ed il senato furono raddoppiati di
numero. Qualcuno disse che sarebbe stato logico
raddoppiare anche i presidenti della Camera, del
Senato e della Repubblica. La democrazia sarebbe
andata meglio con più teste pensanti, nei posti
apicali. L'esempio di liberalizzazione fu eseguito
anche nell'aldilà. Via l'inferno e tanto meno il
purgatorio. Si va tutti in paradiso. Si faccia finta
di essere buoni. La cattiveria non esiste nel
profondo. Tutti saranno felici, purché non diano
fastidio alla casta dei beati: gli arcangeli, i
troni, i cherubini ed i santi di nuova nomina.
|
|
|