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Narrativa
Questa rubrica è aperta a
chiunque voglia inviare testi in prosa inediti,
purché rispettino i più elementari principi
morali e di decenza...
Oceania
di Misha, Fiction
di Giuseppe Costantino Budetta,
Ricerca universitaria di Giuseppe
Costantino Budetta
Poesia italiana
Poesia in lingua
Questa rubrica è aperta a chiunque voglia
inviare testi poetici inediti, in lingua diversa
dall'italiano, purché rispettino i più
elementari principi morali e di decenza...
poesie di Lucia
Dragotescu
Recensioni
In questo numero:
- "Gioco d'ombre sul sipario" di Liliana
Ugolini, nota di Massimo Acciai
- "Come pubblicare un libro" di Andrea
Mucciolo, nota di Massimo Acciai
- "A seconda di come volgo lo sguardo" di
Massimo Acciai e Matteo Nicodemo
- "Giulia, l'etrusca" di Maria Antonietta
Nardone, nota di Massimo Acciai
- "Le allegre vacanze" di Maria Antonietta
Nardone
- Romanzi di Antonio Ferrazzani
- "Novecento" di Alessandro Baricco, nota di
Emanuela Ferrari
- "Dall'Arno al Tamigi" di Amerigo Iannacone,
nota di Emanuela Ferrari
Arte in cucina
Interviste
Saggi
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Quando il teatro è ricerca
psicosociale, partendo dai testi dei classici:
Effetto Larsen
Matteo Lanfranchi si diploma
come attore alla Paolo Grassi di Milano ed è uno dei
fondatori di Effetto Larsen, compagnia che mette in
scena spettacoli innovativi, di rottura, che
esprimono le interiorità intime e psicologiche delle
dimensioni umane. Lo studio dell'animo e le ricerche
sociologiche contaminano rappresentazioni che si
ispirano ai testi dei classici, proponendo
un'elaborazione che si fonda sulla gestualità e
sulla fisicità.
Iniziamo dal nome della tua compagnia: Effetto
Larsen. Che cosa significa realmente?
E' un effetto acustico che può capitare su frequenze
alte e basse. Si innesca quando il microfono capta
una frequenza emessa dai suoi stessi amplificatori.
Tutto questo vuole rappresentare un ciclo virtuoso
che si innesca con moltiplicazioni infinite. E' come
se fosse un cerchio che non si interrompe a
distanza. E' come un discorso e una comunicazione
che non si interrompe e si moltiplica allo stesso
tempo.
Da tempo collaborate con un nuovo spazio teatrale:
Guanella di Milano?
Col Teatro Guanella ci lega una simpatia reciproca e
di fiducia molto forte. Sostegno alla produzione,
offrendoci spazio anche per poter, poi, prepararci a
debuttare alla biennale.
A proposito della Biennale Giovani Artisti
d'Europa?
Aggregazione ha debuttato a Skopye in Macedonia nel
settembre 2009 appunto alla Biennale Giovani Artisti
d'Europa e del Mediterraneo. Video maker, performer,
molte figure virtuose si sono confrontate
attivamente. Aggregazione è uno spettacolo visivo
che traduce in linguaggio le influenze di varie
forme artistiche: dal video al cinema, alla poesia.
Si basa tutto su un discorso molto forte.
Quando siete nati come collettivo teatrale?
La compagnia nasce nel 2005 come nome, ricordiamo,
appunto l'esordio di Larsenlab, i nostri laboratori.
Il monologo "Dukkha Azione privata" è la prima
produzione firmata Effetto Larsen. Aggregazione è la
prima tappa della trilogia che si chiama Dukka. E'
una parola sanscrita e significa frustrazione. Si
divide in tre tappe riguardano tre forme di
frustrazione:
- Azione Privata è sulla privazione e prende spunto
da Mc Ewan,
- Aggregazione è la seconda tappa, e riguarda il
condizionamento. Trae spunto da studi e ricerche
psicologiche, nonché psichiatriche,
- La terza tappa debutterà ad aprile al Danae al
Teatro delle Moire dal 19 al 21. Elogio del disagio
tratta dell'ineluttabilità e ha come fonte Beckett.
Non c'è mai traccia della fonte di ispirazione nella
messa in scena del testo. È solo uno spunto, una
traccia.
Com'è avvenuta la preparazione di Aggregazione?
Ha avuto una gestazione lunga perché non avevo
preparato una produzione con una prospettiva. E'
certo che esiste alla base un'unita nel desiderio di
lavorare insieme sui temi su cui stavo lavorando,
partendo da una commistione dei linguaggi, una
sintonia nei rapporti umani. I momenti interattivi
creano un'armonia tra linguaggi diversi. In
Aggregazione vediamo tradurre in scena le
caratteristiche di altre forme artistiche: da quelle
visive, ai video, alle immagini. Tutto si fonda su
una forte interazione col pubblico. Uno degli
ostacoli che si possono incontrare consiste nella
presenza di un pubblico classico che non è abituato
a osservarsi. Come spettatore occorre rendersi conto
di essere parte di quello che sta accadendo in
scena. E' stato importante impostare un lavoro
teatrale indirizzato a coinvolgere il pubblico in
una sua partecipazione attiva. E' importante,
quindi, offrirsi a uno sguardo che completa ciò che
si vede, senza visione univoca. E' fondamentale
riconoscersi in quello che avviene.
Com'è stato il lavoro con gli attori?
Prima avviene una selezione delle persone più
vicine. Siamo partiti in quattro. Non bastavano,
ovviamente, e quindi occorreva estendere. Ho
incontrato persone, non ho fatto provini, dando,
così, un contributo forte. In scena abbiamo sei
persone, una è danzatrice, una è pittrice e tre sono
professionisti. Abbiamo anche la presenza di un non
professionista, che è stato un motore strepitoso.
L'agente segreto è senz'altro la semplicità con una
buona dose di entusiasmo.
La preparazione di Aggregazione avrà sicuramente
visto un processo di studio e lavoro?
Certamente abbiamo alcuni autori da cui abbiamo
attinto: Laing, uno psichiatra americano, e Paul
Watzlawick, fondatore di Palto Alto, ossia il metodo
di terapia breve a strategia. Abbiamo preso
riferimento da psicotearapeuti che basano il proprio
lavoro sul comportamento. Sono state, così,
individuate forme semplici, alla base del nostro
modo di agire nella vita. Cercavamo intensamente
un'applicazione al reale, riconoscendo e verificando
alcuni elementi nella nostra vita. Tutto il
materiale prodotto e proposto veniva, così,
filtrato: trovavamo soluzioni sceniche per
rappresentare queste strutture. Durante la
performance una parte è inscenata da alcuni legnetti
proiettati su un o schermo: è una scelta scenica che
funziona bene.
Esiste una certa dicotomia tra teatro classico e
teatro sperimentale: tu ti definiresti chiaramente
un regista non classico?
Credo nel lavoro di squadra perché crea quella
necessaria armonia, che è la base della
sintonizzazione di un gruppo. Scelgo le persone con
cui lavorare non attraverso i provini. Tutto questo
presuppone un confronto, io sono alla guida, io sono
l'autore, ma l'interpretazione è una caratteristica
fondamentale. La mia è una formazione di attore di
prose. È bello andare in scena quando riconosci
esserci del valore nel costruire qualcosa insieme.
L'improvvisazione è una caratteristica precipua. Non
occorre, pertanto, avere soluzioni sicure, ma è
importante scegliere ogni volta quello che si deve
fare. La scommessa consiste proprio nel rischiare
che questo possa non funzionare. Esiste una certa
rete aleatoria e questo significa che il lavoro
prosegue. Si mantiene, così, viva la materia,
pulsante. Tra gli interpreti ci deve essere sintonia
e bisogna consolidare questa sintonia. I
professionisti hanno avuto delle difficoltà nella
rappresentazione che, poi, sono state superate
grazie a un'atmosfera nuova, stimolante, non noiosa.
Abbiamo altre performance in calendario?
A maggio, dal 6 al 9 e dal 13 al 16, siamo al Teatro
della Contraddizione con lo Sguardo di Amleto. Nel
2008 abbiamo vinto il secondo premio del Festival
Internazionale di Regia a Trento. Il testo riprende
una forma di studio e scrittura onirica di Amleto,
come personaggio nella sua interiorità, prima del
duello. Abbiamo vinto nella sezione tematica del
festival attraverso l'interpretazione di Lorenzo
Piccolo. In questa rappresentazione non abbiamo
alcun riferimento autorale. Non possiamo non citare,
invine, "Elogio del Disagio", che debutterà il 19
aprile all'interno del Danae Festival di Milano.
Parliamo della tua formazione?
Devo iniziare ricordando l'apporto avuto da Claudio
Morganti attraverso i suoi incontri, che sono stati
fondamentali nella mia formazione, tenuti alla Paolo
Grassi di Milano, dove mi sono diplomato nel 2001
nel corso per attori. Dopo di che ho iniziato a
lavorare in teatro con Gabriele Vacis all'ATIR e,
ora, proseguo con "Troiane" di Serena Sinigaglia. Ho
lavorato in uno spettacolo di Michele Di Stefano,
coreografo della compagnia Mk, con cui ho debuttato
con due spettacoli a Sant'Arcangelo con Real Madrid.
E' stato un lavoro significativo. Nel 2003 partecipo
a un laboratorio permanente, Acquario di Michele Di
Stefano, dove in un anno si lavorava liberamente in
incontri mensili. Questa è stata un'occasione
straordinaria per mettere in discussione e in scena
attingendo da un linguaggio coreografico che offre
soluzioni semplici rispetto a quello dei teatranti.
Non posso tralasciare la mia esperienza teatrale per
ragazzi, un'ottima palestra per imparare ad
ascoltare il pubblico. Occorre, proprio in questo
ambito, reperire misure di ascolto opportune in
quanto i più piccoli risultano essere gli spettatori
più spietati e variegati, e si attiva, così,
un'esperienza formativa che ci costringe ad adattare
il lavoro che proponi. Nei miei lavori la presenza
dell'attore è una caratteristica coerente dal punto
di vista fisico e spaziale. E' necessario, anche, in
una produzione l'osmosi tra i linguaggi, basando il
testo su un punto di vista cinematografico. Le
pareti stanno crollando tra i vari linguaggi
scenici. Il 16 aprile alle Colonne di San Lorenzo
debutteremo con Stormo, performance urbana, una
performance ponte tra Aggregazione, che ne è la
sostanza, ed Elogio del disagio, che debutterà
presto. In questa occasione il suono è una
componente importante ed è curato da Roberto Rettura,
che lavora con il gruppo Nanou.
Tutti i lavori e i contatti con la compagnia sono
reperibili accedendo al sito di Effetto Larsen:
www.effettolarsen.it
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