Descolarizzazione e Società
Gennaro Tedesco
Non ho a disposizione cifre e
statistiche che certamente esistono ben conservate e
blindate dentro qualche cassaforte nazionale o
europea . Ma certamente in questi tabulati
elettronici tenuti scrupolosamente segreti potremmo
trovare materiale utile per analizzare la
progressiva e catastrofica descolarizzazione di
tutta una società non solo italiana , ma anche
europea .
Non so quanti hanno effettivamente impegnato la loro
attenzione e la loro riflessione sull'intimo e
profondo legame tra descolarizzazione ,
depauperamento sociale ed economico e deficit
democratico e culturale . Ma ho la vaga impressione
che siano veramente pochi . Mi pare di capire che ci
stiamo regressivamente avvicinando ai primi del
Novecento all'epoca del così detto periodo
giolittiano quando il Regno d'Italia si andava
configurando come una inequivocabile e chiara
società classista , per non dire castale . Da una
parte un ristretto ed elitario ceto alto-borghese e
in parte aristocratizzato o ancora aristocratico ,
detentore di esclusivi privilegi sociali e di
rendite , accentratore di prebende statali e
monopolizzatore della vita intellettuale e culturale
del Regno . Dall'altra una massa aggiogata e
indistinta di plebi contadine , raramente illuminate
e guidate da un ridotto movimento operaio , poco
propenso , grazie ai suoi dirigenti del Nord più
interessati a politiche industrialistiche e
territorialistiche che a politiche saldamente e
solidaristicamente nazionali , a farsi carico di un
processo rivoluzionario necessariamente non
attuabile senza l'apporto determinante delle masse
contadine soprattutto del Sud della Penisola .
Eppure proprio questo tipo di feroce dicotomia
sociale fu alla base della Rivoluzione sovietica .
Ai Russi fu dato Lenin , ai Francesi Robespierre ,
agli Inglesi Cromwell , a noi Italiani Benito
Mussolini .
Da anni la nostra Repubblica attraversa una
devastante e catastrofica crisi economica , sociale
ed ideologica , molto più profonda e devastante di
altri soci europei , incurante della necessità di un
serio ed ineludibile confronto con la realtà del suo
pesante e debilitante presente e col gravoso
fardello di un passato incombente e minaccioso .
Non solo operai , classe sociale da anni in
diminuzione costante non solo in Italia , e
impiegati perdono il loro lavoro , licenziati o
cassintegrati , ma anche giovani e meno giovani
occupati nei settori ormai rilevanti della Scuola ,
dell'Università e dello Spettacolo .
La crisi economica dilagante e imperversante
fornisce agli industriali l'occasione per licenziare
, ristrutturare e portare all'estero impianti ,
capitali , tecnologie e conoscenze . Allo stesso
tempo i nostri governanti ne approfittano , con la
giustificazione e col paravento della crisi
economica , per "snellire" la pubblica
amministrazione , non rinnovando contratti o
precarizzando ulteriormente quei giovani e meno
giovani che riescono a sopravvivere all'ecatombe
annunciata e soprattutto rapidamente , efficacemente
ed efficientemente praticata .
Anche quando la nostra classe dirigente , a vari e
distinti livelli di responsabilità che non si
identificano necessariamente esclusivamente col
governo , si impegna per alleviare le sofferenze dei
lavoratori , l'unico salvagente sociale fornito a
chi è in difficoltà è la cassa integrazione .
Ma non si va oltre . Invece di approfittare della
mobilità e della disponibilità dei lavoratori
espulsi dal processo produttivo inceppato o bloccato
per creare occasioni di riorientamento
,riqualificazione , formazione e aggiornamento ,
fondamentali e strategici in una Società
capitalistica giunta alla sua maturità
imperialistica , gli si eroga semplicemente un
salario ridotto di stentato sostentamento quotidiano
.
Da questo punto di vista solo apparentemente sembra
che si siano fatti dei passi in avanti rispetto
all'epoca giolittiana . In effetti , in quella che
più a torto che a ragione , propagandisticamente ed
effimeramente , perché la ciclica disoccupazione sta
lì a dimostrare che le strutture essenziali del
capitalismo non sono mutate se continuano a produrre
disoccupazione di massa e alienazione di massa ,
viene definita la Società della Conoscenza , il non
potere accedere ed usufruire di riqualificazione e
aggiornamento, soprattutto in occasione di una crisi
economica , devastante , drammatica ed epocale come
quella che stiamo attraversando , spesso ancora in
assenza di consapevolezza di vasti settori
dell'opinione pubblica e pure di numerosi giovani e
lavoratori , costituisce una forma di esclusione ,
sociale , politica , culturale ed educativa forse
ben peggiore del classismo sociale e castale
giolittiano .
La Scuola e l'Università tagliano , approfittando
della crisi economica e giustificandosi con essa .
Al contrario dovrebbe essere proprio la crisi
economica che dovrebbe spingere i nostri governanti
ad accrescere gli investimenti nella Scuola e
nell'università perché è proprio il "capitale
umano", la sua rialfabetizzazione , la sua
riacculturazione , il suo aggiornamento che , finita
la crisi , consentirebbe di affrontare al meglio la
concorrenza asiatica sempre più agguerrita e
rampante .
Tali investimenti andrebbero poi erogati anche al
settore industriale e centuplicati in quello dello
Sviluppo e Ricerca , consentendo di raccordare e
promuovere sinergicamente l'aggiornamento ,
l'accumulazione e l'ammodernamento del patrimonio
conoscitivo studentesco innestandolo e innervandolo
con i nuovi saperi della teoria e della società
della complessità , sollecitando , stimolando e
incentivando anche e soprattutto operai e impiegati
ad abbeverarsi alle fonti di tali saperi con una
necessaria riconversione e riqualificazione che
agisca contemporaneamente sia sul versante
scientifico e tecnologico che su quello culturale .
Ma di tutto ciò né l'ombra né la penombra nelle
politiche sociali ed educative dei nostri
governanti.
Si ritorna a "bocciare" e a "decimare"
massicciamente nelle Scuole della Repubblica ,
credendo di ottenere considerevoli e significativi
risultati : miglioramento dei livelli di
apprendimento , fine del lassismo e ritorno
all'ordine gerarchico nella società , nella politica
e nell'educazione , tagliando ed economizzando nella
Scuola e nell'Università .
Una politica sociale miope e reazionaria , tra
l'altro fino ad ora sostenuta e applaudita da una
parte notevole dell'opinione pubblica , inclusa
anche una parte cospicua di lavoratori , giovani ed
adolescenti , invischiati in contraddittorie e
perverse logiche di rivincita sociale e politica ,
frutto di ideologie neo-classiste aventi alla loro
base malcelate , profonde e in parte pilotate e
strumentalizzate "invidie" sociali per quelli che
vengono visti , soprattutto a livello di professioni
intellettuali , come borghesi giacobini
accaparratori di prebende e sinecure ( in parte
purtroppo vero) a danno dei plebei analfabetizzati
ed esclusi da tale spartizione predatoria . Con
l'aggiunta di un palese razzismo nei confronti di
extracomunitari e stranieri più fortunati degli
autoctoni , extracomunitari e stranieri visti dagli
esclusi come indebiti e pericolosi "ladri" di lavoro
"nazionale" altrimenti destinato a loro .
Come si vede , una miscela sociale e politica prima
o poi destinata ad esplodere in tutta la sua
drammatica , se non tragica , virulenza .
"Che fare" ? Ricette semplicistiche non ce ne sono
all'orizzonte e neanche ne abbiamo Si può e si deve
cominciare a chiedere che si riparta dalla Scuola e
dall'Università non più come luoghi elitari e
specialistici di una Società settaria ed
esclusivista . Le Università e i Licei non possono
essere più luoghi in cui il sapere si autoriproduce
e si autoalimenta in modo settorialistico ,
compartimentato , autoreferenziale e asettico . Le
Università e i Licei devono avviare , in questa
drammatica situazione non solo economica , o
riavviare un processo di socializzazione
interdisciplinare , culturale e politica dei saperi
accademici e scolastici , contaminandosi , creando e
"illuminando" un poderoso e innovativo processo
formativo globale transdisciplinare che vada al di
là delle stesse ristrette , asfissianti ,
claustrofobiche e ormai obsolete frontiere nazionali
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