La Formazione come Fattore
Strategico
Ovvero Viaggio al Termine della
Notte
Gennaro Tedesco
Tra i miei appunti di qualche
anno fa ho ritrovato un documento nel quale l'allora
IRRSAE-Lombardia, Istituto Regionale per la Ricerca,
Sperimentazione e Aggiornamento educativi, invitava
i suoi corsisti a riflettere sul problema della
formazione nazionale che ormai è concepibile e
praticabile solo in un quadro europeo e
internazionale.
E' difficile avventurarsi su questo terreno
pericolosamente minato, ma qualche incursione è
possibile e necessaria. Non si promettono risultati,
ma soltanto una ricognizione e una esplorazione
orientativa che non vuole essere affatto
disfattistica, ma crudamente e propositivamente
realistica.
Il punto di partenza è l'attuale stagnazione del
sistema formativo della Repubblica. Esiste una
qualche relazione storica e non solo strettamente
storica tra sistema formativo e crisi dello Stato
repubblicano nella sua attuale estrinsecazione
istituzionale ? La risposta non può che essere
affermativa. Le istituzioni formative italiane, a
parte alcune lodevoli eccezioni, tentano di produrre
un consenso non tanto vagamente ideologico nei
confronti di una classe dirigente che proprio nel
sistema formativo ha cercato e trovato una larga
base del suo elettorato. Non si confonda questa
"requisitoria" con un sermone antipartitico, non è
questa logica effimera a dominare chi scrive.
Dopo il secondo dopoguerra, la classe dirigente
della neonata Repubblica, uscita bene o male dalla
Resistenza, sceglie la via di una "democrazia
consociativa" dove l'istituto fondamentale
dell'alternanza di governo, caratteristico di una
"società aperta" ", viene consapevolmente
ridimensionato.
Né l'epurazione radicale degli elementi più retrivi
dell' "Ancien Regime" né la Riforma agraria vengono
attuate. Si preferisce perseguire la ricerca del
consenso nei confronti della nuova Repubblica
attraverso i "più indolori" e "più morbidi" canali
del clientelismo e della demagogia peronista e
consociativa.
A partire dagli Anni '60 si consolida la rigidità
istituzionale del sistema formativo che nel suo
burocraticismo, nel suo clientelismo, nella sua
inerzia culturale e formativa rispecchia fedelmente
la crisi delle pubbliche istituzioni, la crisi
d'identità sociale, economica e politica della
Repubblica.
I modelli culturali , in parte prodotti e seguiti
dalle Agenzie formative del Bel Paese, sono stati un
certo male inteso cattolicesimo e un certo male
inteso marxismo. Questi due ultimi male intesi
modelli rispecchiano abbastanza la struttura di
potere di una classe dirigente che ha gestito e
gestisce la Scuola come lo Stato con metodi di
carattere rurale e clientelare. Lo Stato e la Scuola
sono utili nella misura in cui garantiscono l'autoriproduzione
di un sistema protezionistico.
Qui, per protezionismo non si intende solo quello
politico, sociale, ideologico e burocratico, ma
anche quello economico. Il protezionismo ideologico
e culturale dell'attuale formazione nazionale è in
parte strettamente connesso con certe strutture
produttive della Repubblica.
Mutare radicalmente la cultura e la gestione della
formazione nazionale significa , quindi, influire
notevolmente su quasi tutti i settori determinanti
della Repubblica.
Nel quadro delle rapide mutazioni delle strutture
non solo economiche dell'Europa e del mondo, la
radicale riqualificazione della formazione nazionale
diviene un fattore strategico del cambiamento e
dello sviluppo della Repubblica.
Al di là delle esperienze di chi scrive, vissute in
Paesi "stranieri", ritenuti di solito e a torto
"inferiori" dove, invece, la formazione, pur con
ottiche diverse, è ricca di effervescenza umana e
sincera, non è più concepibile né ammissibile
inquadrare l'organizzazione della formazione
nazionale nel ristretto ambito di una visione
corporativistica o categoriale.
La scienza, la tecnologia e soprattutto i nuovi e
travolgenti processi di accumulazione capitalistica
inducono a un ripensamento radicale dell'allocazione
strategica delle risorse formative. Lo sviluppo di
una economia dei servizi e dello spettacolo esige da
tutti i protagonisti della formazione non solo
l'acquisizione di rivoluzionarie tecniche di
insegnamento-apprendimento, ma anche e soprattutto
un potenziamento delle capacità di critica e di
riflessione.
Ma tutto questo non è ancora sufficiente a
valorizzare il sistema formativo, occorre che esso
assuma una logica di sistema aperto e interattivo
soprattutto nei riguardi di altri settori-chiave
della rete nazionale di sviluppo.
La guerra del Golfo, la crisi petrolifera, le
energie alternative, l'agricoltura, l'ambiente sono
settori fondamentali che interagiscono col sistema
formativo e , a sua volta, il sistema formativo deve
interagire con essi in modo da contribuire alle
esigenze di programmazione, ma anche di critica di
fronte all' "emergenza" di queste problematiche.
Se la globalizzazione economica e finanziaria del
capitalismo tendenzialmente monopolistico avanza a
passi da gigante e si impadronisce dell'intero
pianeta e le sue infobiotecnologie ne sono la sua
manifestazione più dinamica ed avanzata,
contribuendo a scardinare il precedente e "antico"
Regime regolativio e regolatorio non solo in termini
materiali, ma anche spirituali o , forse, sarebbe
meglio dire ideologici, nel contingente e
nell'immediato sono le nuove Potenze emergenti
asiatiche,che pur nella crisi attuale, dettano e
impongono l'Agenda a un'Europa e a un'America in
evidente crisi d'identità. E i due fragili e
smarriti Pilastri dell'Occidente non solo non
sembrano capaci di reagire con innovative politiche
economiche, ma addirittura sembrano rispondere alla
clamorosa perdita di potere esclusivamente
ricorrendo alla logora e controproducente
strumentazione della più becera propaganda. Allo
stesso tempo nelle Scuole e nelle Università
occidentali , invece di un sobrio e sano confronto
culturale ed educativo e di una innovativa e
concreta curricolarizzazione interculturale, ci si
preoccupa di incentivare gli allievi alla ricerca di
una mitica , compatta, "fondamentale", unica e
perduta identità storico-etnica, mai posseduta, come
se tale identità, mai storicamente esistita, possa
difendere la Cittadella Assediata dall'Invasione dei
Barbari.
Le autonomie scolastiche, a questo punto, potrebbero
e dovrebbero inserirsi per scandire nuovi e diversi
ritmi di fronte a queste esigenze, reagendo,
flessibilizzandosi e adattandosi alle necessità del
Territorio Planetario in un'ottica di sana
concorrenzialità stimolatrice di nuove vie e di
nuove idee.
Solo in questa direzione e in questa prospettiva
radicale e rivoluzionaria avrebbe senso parlare di
Formazione come Fattore Strategico.
E' inutile nascondersi dietro un dito, questa
prospettiva spazzerebbe via troppa palude e aria
miasmatica e pesante, ma sarebbe il minimo per
ricominciare ammesso naturalmente che di tutto ciò
vi sia consapevolezza e che vi siano le condizioni
ambientali ed intellettuali prima che educative.
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