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(Come sarebbe il mondo politico
occidentale senza Platone? Se è vero che, come disse
Whitehead, tutta la filosofia occidentale è solo una
nota a piè di pagina alla filosofia platonica,
proviamo a immaginarci un mondo senza quell'
aristocratico filosofo ateniese?)
L'elitismo è una teoria politica basata sul
principio minoritario secondo il quale il potere, è
sempre in una minoranza. Il fenomeno è proposto come
qualcosa di ineluttabile nella storia della
politica. L'elitismo si fonda sempre sulla dicotomia
massa-élite.
Colui che per la prima volta parla di elitismo è
Platone. Sembra strano, ma non lo è. Secondo Platone
l' uomo di governo deve essere come un pastore e
come un tessitore. Platone dirà " come il gregge
sente il bisogno di un pastore, ugualmente il popolo
ha il bisogno di un uomo di governo che deve avere
la cura per il popolo" (Politico 279b).
Platone paragona l' arte del governante con l' arte
del pastore. Analogamente come il tessitore conosce
la linea dei colori nello stesso modo l' uomo di
governo deve amministrare la società, (Politico
279d) perché nella struttura sociale esistono
conflittualità, interessi contrastanti, ambizioni,
inclinazioni, debolezze, ecc, e il governante deve
trovare il modo di applicare l'eguaglianza nella
società frenando le ambizioni smodate per evitare le
prepotenze e le violazioni dei diritti.
E' abbastanza interessante cercare le eventuali
interpretazioni comuni tra Platone e Eraclito. Nella
Repubblica si trova un brano che presenta gli ottimi
come gli uomini che possono comprendere l' Uno -
unico, perché sono uomini completamente di un' altra
dimensione. Come in fin dei conti si presentano in
Platone i filosofi. Questo Uno - unico da
comprendere è il quid che unisce tutto.
E' comunque problematico l' Uno presentato da
Eraclito. Cosi secondo Eraclito " è l' Uno che
unisce tutto o è la ragione unica in contraddizione
con tutto" in ogni modo pare molto simile l'
interpretazione eraclitiana con quella presentata da
Platone a proposito della sua idea, che in pratica
e' la sostanza dell' essere, come legame di tutto,
ma in contemporanea anche punto di contraddizione
con tutto, appunto perché l' uno tende all' ideale
non esistente nel reale. Da non trascurare il fatto
che l' uno si può capire, comprendere e forse
praticare solo dai migliori. Rispetto a tutte le
altre una sola cosa preferiscono i migliori: la
gloria eterna rispetto alle cose caduche; i più
invece pensano solo a saziarsi come bestie.
(frammento 29)
Per Platone questo Uno politico viene espresso anche
dai filosofi. L' idea del filosofo-re dev' essersi
intrecciata con quella di un "governo della legge".
I filosofi secondo Platone sono bakchoi, sono
trasportati dalla divinità hanno la forza sacra.
(Molti sono quelli che portano il nartece, ma pochi
i bakchoi. Fedone 69c).
Ma chi è il re-filosofo? Il re-filosofo secondo
Platone è colui che possiede la scienza
del buon governo. Cosi ci sarà un buon governo solo
quando i filosofi diventeranno re o i re
diventeranno filosofi.
E quando non ci sono i re-filosofi? C'e' il governo
aristocratico dirà il Platone . La forma di governo
aristocratico secondo pensiero di Platone è il
governo dei migliori, nel senso dei più virtuosi e
dei più sapienti. In questo senso l'aristocrazia o
la classe aristocratica non è formata dai migliori
per ricchezza o per nobilita'. Il migliore non è il
ricco o il nobile ma colui che presenta il livello
di educazione perfetta, (élite) che può formare l'
uomo persona ottima che lo rende capace di governare
in modo giusto senza possibilità alcuna di
corruzione. Platone, quindi, vuole che a governare
siano i migliori, gli incorruttibili.
Perché, però, Platone presenta questa sua
preoccupazione per la corruzione degli ottimi? Egli
fa presente che gli ottimi costumi e la saggezza
degli uomini possono creare una buona forma di
governo. Leggiamo un passo dove precisa questo: "
Sai allora che e' indispensabile che ci siano tante
specie di carattere, quanti i tipi della repubblica?
Oppure credi che le repubbliche siano state create
da qualche faggio oppure pietra e non dai costumi
dei cittadini costui che trascineranno qualsiasi
altra cosa verso la direzione loro. Io almeno disse,
credo che da nessuna parte altra e in qualsiasi
altro modo siano potute creare che dai costumi
.''(Repubblica 545e).
Per Platone la politeia, la repubblica, non è che
aristocrazia. " l' uomo, che corrisponde all'
aristocratico l' abbiamo già descritto e giustamente
abbiamo accettato per lui che e' buono e giusto"
(Repubblica 545e) Sarebbe auspicabile, quindi, che
la società fosse governata dai migliori, dai
sapienti. Cosi le virtù della forma di governo
aristocratico corrispondono ai principali incarichi
amministrativi, secondo Platone. Gli aristocratici
(élite oggi) sono i più capaci in ogni ramo
dell'attività umana e sono preparati per conquistare
una posizione attiva per il governo.
Molti dicono che la democrazia ateniese non
riconosce élites naturali, ma alimenta l'
aristocrazia del merito individuale dando spazio
alla virtù. Sicuramente, ma la virtù secondo la
politica platonica e' l' amministrazione (la parola
adoperata e' appunto oikein) esso si qualifica non
rispetto ai pochi ma rispetto alla maggioranza.
Perché "se uno ha il comando sugli altri, la
potremmo chiamare monarchia, se il comando e' in
mano di più persone chiamare aristocrazia.''
(Repubblica 445d). Sempre nella democrazia ateniese
c'e' la paura della oligarchia. La maniera analitica
di Platone descrive la trasformazione della
democrazia in oligarchia. (Repubblica 562 b-c).
Nell' Epitaffio tucidideo, troviamo un passo che
parla di Pericle dicendo: ''democrazia solo a
parole, ma di fatto governo del principe''. (
Tucidide B 65). Cosi la paura del potere del primo
cittadino organizza l' aristocrazia come protezione.
Platone vede la politica come componente del
sistema, che svolge una mera funzione tecnica di
legittimazione e di amministrazione dell' esistente.
La vita delle persone si svolge pertanto pressoché
totalmente entro questi parametri, e la aristocrazia
secondo Platone e la classe ha la supremazia della
amministrazione.
La nascita del concetto di élite è strettamente
correlata allo sviluppo della Società borghese tra
la fine del XVIII e l'inizio del XIX sec.
(Borghesia). Però le sue origini
sono riconducibili all'esigenza dei nuovi stati
politici. Eccetto che per il pensiero politico di
Platone, l'élite in senso tecnocratico-progressista,
era rappresentara dai maggiordomi. Erano una élite
di potere o dominante e formata da coloro che in
base alle loro posizioni, qualità e prestazioni
detengono un potere sugli altri e assumono posizioni
formali di dominio. I maggiordomi assunsero un
potere sempre maggiore, sia di tipo politico che
amministrativo, arrivando ad occuparsi, in vece del
sovrano, di tutte le attività politiche e militari,
(Processo al maggiordomo Edition Kindle) fino in
alcuni casi a sostituire addirittura lo stesso Re.
Le prime figure di maggiordomo di palazzo si hanno
in Francia: nel 511 con la morte di Clodoveo, che
era riuscito a creare il vasto regno dei Franchi
Salii nel cuore dell'Europa. . Sul piano empirico,
queste élite vengono identificate analizzando le
posizioni gerarchiche e la misura di partecipazione
alle decisioni oppure in base al grado di
reputazione e di prestigio. I successori Merovingi
tentarono di esplicare effettivamente la loro
potestà regia, ma il progressivo indebolimento del
regno franco portò a far definire i sovrani
merovingi con l'appellativo di re fannulloni. Mentre
l'autorità del re diminuiva, si rafforzava la
posizione del maggiordomo o "maestro di palazzo",
fintanto che il ruolo del re divenne puramente
formale.e elitismo
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