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Il peso della spesa
Ivan Pozzoni
Essendo nullatenente e vittima della sindrome di
Bennet (come tutti i maschi, entro in un centro
commerciale senza un elenco debitamente autorizzato
da una donna ed esco con 150€ di referenze inutili),
ho deciso di dedicare un intero pomeriggio ad
effettuare un pellegrinaggio tra i discount di
Monza. Lì - ho notato- entro senza elenco e mi è
lecito sbizzarrirmi in un'imbarcata di cose inutili
a 50€ a discount, uscendo con due carrelli colmi di
roba da fare marcire in frigor. Primo discount, esco
con borsa di stoffa, approntata all'evenienza, con
10 kg di bresaola di black angus, dieci confezioni
di miele della Val Brembana, 2 kg di cioccolato
(Ambra) e - dato il marchio tedesco del discount-
würstel e salsicce viennesi con scadenza 2028. Passo
al secondo discount, con seconda borsa di stoffa
sdrucita, apparecchiata all'evenienza: acquisto roba
utilissima, come dieci confezioni di bastoncini di
surimi, ravioli al rafano, al black angus, allo
speck/ricotta/gamberi/porcini/ananas e al finto
tartufo d'Alba, 3 kg di affettato di carne di bovino
in scatola e dieci barattoli di crema tartufata
(culto orgiastico dell'amore mio, che la spalma su
ravioli, insalata, black angus, cioccolata e sullo
stick lucidalabbra). Dotato di due borse,
concentrate, delle dimensioni di 50 cm e del
fardello di 37 kg, una nella mano destra, e una
nella mano sinistra, avendo tuttora la limitatezza
di avere due sole mani, mi accorgo, con orrore, di
non avere comperato l'acqua. Perché deve essere
notizia diffusa ai media: l'amore mio non beve acqua
se non sia acqua naturalissima, raffinata, di
sorgente tibetana colta a cavallo di muflone da
raccoglitore birmano ambidestro. Non mi resta che
sfidare la sindrome Bennet: lascio, in macchina, i
contanti rischiosi (50€), conducendo con me
unicamente 20€, in un estremo tentativo di
disintossicazione entro bendato, e, all'ingresso del
supermercato, mi faccio totalmente avvolgere dal
sacchetto di plastica antitaccheggio (o
antitacchinaggio, come sosteneva una mia impiegata
in Sigma) abbondantemente dispensato a fini inutili.
Guidato dal cane-guida Bennet, mi faccio indirizzare
agli scaffali dell'acqua: infilo nel trolley (…) due
confezioni di acqua, raffinata, di sorgente tibetana
colta a cavallo di muflone da raccoglitore birmano
ambidestro, schiaccio il cane-guida Bennet sotto il
trolley e mi distraggo. C'è l'amaro Montenegro, in
offerta (a 9,99€, invece che a 10). Metto nel
trolley l'amaro, mi dirigo alla cassa automatica,
non riuscendo a esimermi dall'asportare dieci
confezioni di RiceSnack dietetici (sono grasso)
dalle ammiccanti scaffalature in teak del Bennet.
Dopo i venti minuti canonici di tentativi di
sparare, con i famigerati scanner ("pistole"), che,
essendo stato direttore logistico di un immenso
Ce.di alimentare, contribuivo a progettare,
sull'introvabile EAN delle confezioni d'acqua, sotto
lo sguardo scocciato dell'inserviente (nemesi
logistica), noto la cifra: 37€. Dio buono: tira
fuori la carta di credito, infilala
nell'apparecchio, trova l'indicazione
dell'indicazione di dove trovare il PIN, trova
l'indicazione di dove trovare il PIN, trova il PIN,
fatti odiare da decine di individui in coda, dietro
di te, con in mano mezzo uovo, inserisci il PIN,
raccogli, correndo, le tue sei referenze a costo
37€, assumi coscienza della tua incurabile sindrome
di Bennet ed esci. Borsa di stoffa discount 1 e
confezione d'acqua nella mano sinistra; borsa
discount 2 e confezione d'acqua nella mano destra,
borsetta in acrilico, altamente biodegradabile (6
minuti di resilienza), in bocca, e: chiamata sul
cellulare. È Ambra, i miei dolci 9 / 10 che mi hanno
fortemente sollecitato ad evitare, come la lebbra,
cubiste e strip-teasers boeme, che mi chiama:
attendo determinato, certo di arrivare a casa in
dieci minuti. Bardato come un mercante siriano sulla
via della seta, straziato dai sensi di colpa, ho la
deleteria idea di recarmi in Posta a recuperare
denaro dal Postamat (funziona una volta su tremila)
e, dopo trecento squilli dalla donna che Hiroshima
ha disseminato sulla mia atmosfera, ricevo una
chiamata, impellente, dal mio editore. Gli argomenti
erano scottantissimi: dovevo rispondere.
Biodegradato il sacchetto Bennet, infilo a casaccio
i 37€ nelle tasche del cappotto, nelle calze, e nel
cappello, e rispondo tenendo il cellulare tra i
denti. Su di me si abbatte il solito disastro:
Lorena, il mio editore, abbisogna di me, in maniera
inderogabile, sedici minuti a settimana, e, di
norma, mentre ho: borsa di stoffa discount 1 e
confezione d'acqua nella mano sinistra; borsa
discount 2 e confezione d'acqua nella mano destra;
37€ di Bennet sparso tra cappotto, calze e cappello,
e Postamat dietro alle orecchie. Due ore, dico, due
ore, di telefonata! Facendo pratica del mio
inesorabile futuro, mi sdraio come un clochard su
una panchina davanti alla Posta, con le borse
addosso, cercando di succhiare l'amaro Montenegro
dalla bottiglia. Due ore di telefonata! E, nel
frattempo, sotto la chiamata, centosettanta messaggi
di Ambra. Litigo, bestemmio, mi infervoro, un cane
mi strappa il black angus dalla borsa, un celerino
mi intima di sgombrare verso la Caritas, chiudo la
telefonata e mi incammino, ingobbito, verso casa.
Davanti al cancello ricevo un'altra telefonata.
Papà, categorico: "Ivan, Ambra ci ha telefonato e ci
ha detto che sei sparito! La mamma è terrorizzata";
io: "Pà, sono andato a fare la spesa, mi ha chiamato
il mio editore, sono davanti a casa con un
dromedario sulle spalle"; lui: "Non fare l'idiota,
rasserena tua madre. Ambra dice che sei sparito";
io: "Sono al telefono, il Bennet non affitta muli, o
rispondo a mamma o butto tutto a terra". Mamma: "Sei
vivo? Ambra ha chiamato, dice che sei sparito. Sei
sparito?"; io: "Mà, cazzo, sono andato a fare la
spesa, sono carico di roba, ti chiamo dopo"; lei,
stizzita: "Per forza, va a far la spesa ed è grasso.
Non entra nei vestiti. Come farà a trovare lavoro, a
fare carriera, a…"; io: "Lavorerò ancora coi
supermercati". Rasserenati i miei sulla mia
esistenza ontologica, con le ultime forze mi
trascino verso casa, trovo l'uscio chiuso, miagolo
disperatamente (nella speranza che, Ambra mia,
scambiandomi con la Peppa, il micio del padrone di
casa, mi faciliti l'ingresso), Ambra apre e
incazzata mi dice: "Dove cazzo sei stato?". Io,
carico come la mula di Parenzo: "Sono andato a
giocare a bocce"; lei: "Pensavo fossi morto: ho
chiamato i tuoi, i miei, i miei dei tuoi, i tuoi dei
miei, ambulanza, carabinieri, cliniche, manicomi,
obitori e ti ho mandato centosettantuno messaggi".
"Perché non mi hai chiamato - dico io innocente-
avresti trovato il telefono occupato, comprendendo
che ero al telefono con qualcuno"; Ambra: "Se ti
chiamo, ti incazzi" (…). Frugando nelle borse: "Hai
comprato il black angus?"; io: "No: me l'ha
strappato un cane mentre io, sdraiato su una
panchina davanti alla Posta, cercavo di convincere
un celerino di non essere un barbone". "Gli altri si
spezzano la schiena tutto il giorno, e lui sempre a
scherzare". Guardo il cellulare, e visualizzo:
"Amore, intanto che sei fuori, compra una confezione
di Scottex" [Ambra]. Il che è bello e istruttivo.
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