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Narrativa
Questa rubrica è aperta a
chiunque voglia inviare testi narrativi inediti,
purché rispettino i più elementari principi
morali e di decenza...
Dialogo con un testimone di
geova sotto un tiglio di Massimo Acciai
Baggiani, La fortuna di
Sciaborda di Siro Baggiani,
Il ragazzo interrotto
di Caterina Pardi, Oggetti
di Michele Protopapas
Poesia in italiano
Questa rubrica è aperta a chiunque voglia
inviare testi poetici inediti, purché rispettino
i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Massimo Acciai
Baggiani,
Teresa Bucca,
Emanuela Ferrari
Poesia in lingua
Questa rubrica è aperta a chiunque voglia
inviare testi poetici inediti, purché rispettino
i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Massimo Acciai
Baggiani, Lucia
Dragotescu
Recensioni
In questo numero
segnaliamo:
- "La compagnia dei viaggiatori del tempo" di
Massimo Acciai
- "La lingvovendejo", di Massimo Acciai,
recensione di Davide Zingone
(esperanto/italiano)
- "Il sogno del ragno" di Carlo Menzinger di
Preussenthal
- "Mozart e lo Gnomo Saggio" di Simonetta
Biserni
- "Alla conquista del Brasile" di Ferruccio
Macola
- "Colosimo's café" di Roberto Disma
- "Italiani in Scozia e a Londra"
- "La colonia italiana in New York 1908" di
Ausonio Franzoni
- "L'altro italoamericano"
- "L'oca della neve" di Vittorio Bocchi
- "Mais" di Vittorio Bocchi
- "Nicolò" di Francis Sgambelluri
- "Rotta su Cuba" di Domenico Capolongo
Articoli
Interviste
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Enrico Lombardi, La strada interrotta
(2006) - acrilico su tela - cm80x100 (Courtesy Coll.
Privata) in E. Lombardi Il grido silenzioso,
Electa Mondadori, Milano 2007.
I fiocchi cadevano fittamente. La
maxinsegna sull'edificio di fronte informava che
tramvia e metro erano fuori servizio. Greta
osservava sorpresa il Viale dell'Università ostruito
da veicoli abbandonati a metà strada dai guidatori.
I finestrini emergevano dalla coltre bianca come
accessi di un'estesa galleria, di cui si ignorava la
fine.
L'unico modo per raggiungere la propria destinazione
era arrivarci a piedi. Fortunatamente la strada
verso casa era riparata da portici, che si
susseguivano senza interruzioni per un lungo tratto,
fino a una vecchia caffetteria frequentata da
studenti. Da lì in poi bisognava proteggersi come si
poteva. La ragazza faticava a interrompere quel
confortevole tragitto per indossare la divisa
termica, quindi entrò nel locale, scelse un posto
davanti alla vetrata e ordinò.
Fra i riflessi verdi e beige dei rivestimenti
d'altri tempi c'era Cosimo, che beveva tè e
sfogliava un libro. I capelli spettinati e umidi
bagnavano il colletto della sua camicia bordò. Lo
vedeva spesso in giro, per la prima volta era stato
a un concerto o forse a una festa. La incuriosiva
fin dai tempi della scuola, ma il suo atteggiamento
indifferente l'aveva convinta a tenersi a distanza.
Eppure di natura sarebbe stato una persona d'indole
socievole, Cosimo, erano le circostanze ad averne
fatto un ventenne schivo, quasi disadattato. Essere
adattato presuppone un interesse per l'ambiente che
nè lui nè i suoi avevano. Studiosi di astrologia e
cabala, i genitori si autoesiliavano in biblioteca
per la maggior parte del tempo. Abitavano in città
ma vivevano in una dimensione parallela: due
strampalati adulti che si curavano poco delle
necessità pratiche della vita. Era già molto che
uscissero dal loro studio stipato di libri per fare
la spesa, pagare i conti e, una volta l'anno,
trasferirsi al mare quando l'afa diventava
insopportabile. La casa in cui vivevano con i figli
- Cosimo e sua sorella maggiore - era stracolma di
oggetti inutili o inutilizzati, disseminati su
scaffali polverosi, ammucchiati su tavolini,
pavimenti e persino dentro una vasca da bagno. Per i
Winnicott la cosa più importante non era che i figli
andassero bene a scuola ma che conoscessero a
memoria i volumi della biblioteca di casa, che a
detta loro custodiva informazioni impossibili da
reperire altrove. Greta aveva sentito diverse voci
sulla famiglia. I nonni di Cosimo commerciavano
tessuti pregiati ed erano stati non solo maghi
dell'imprenditoria ma, si diceva scherzando, maghi
veri e propri. I genitori di Cosimo cercavano invano
di emularne le gesta.
Fuori la neve continuava a scendere imperterrita.
Pensare che la situazione potesse placarsi
nell'immediato era irrealistico. Pur conoscendolo
solo di vista, Greta si alzò e gli si sedette di
fronte, abbandonando il suo tavolino e la tazza
quasi vuota del cappuccino.
Davanti all'inaspettata apparizione, il ragazzo ebbe
un lieve sobbalzo.
"Ciao Cosimo, hai ascoltato Weatherpush? "
Le dette appena un'occhiata e tornò a sfogliare il
volume.
"Non lo uso più da anni..."
"E' ancora il più attendibile dei meteovisori. Ho il
cellulare guasto... avrei bisogno di avvertire a
casa. Mi presti il tuo?"
Cosimo la fissò infastidito. Poi, rendendosi conto
che la situazione di emergenza lo richiedeva, le
porse il telefono.
"Anna, sono Greta. Sto bene. Sono con Cosimo
Winnicott... sì che lo conosco... è tutto bloccato
ma stai tranquilla, tornerò a casa a piedi"
Greta posò il telefono sul tavolino e lo fissò
intensamente. Il ragazzo distolse lo sguardo.
"Hai da fare?"
"La Facoltà è chiusa. Noi... mi ricordi come ci
conosciamo?".
Il ragazzo tentò di formulare la domanda in modo
amichevole, ma il tono gli uscì sarcastico.
"Noi due non ci conosciamo! - scoppio a ridere Greta
- mi accompagneresti ugualmente per un tratto?"
Cosimo si era sempre sentito un alieno, ignorante
dei meccanismi delle relazioni umane, del gioco
delle parti, delle regole sociali. Aveva dovuto,
come un ragazzo selvaggio sbarcato in terra
civilizzata, definire cose e situazioni senza una
figura da imitare. Arrangiarsi, in un'affannoso
tentativo di raggiungere un reale che rimaneva
sempre distante, come nel paradosso di Achille e la
tartaruga. Almeno fosse stato un uomo-lupo, un
uomo-scimmia, un uomo-serpente. Forse gli altri lo
avrebbero scusato. Durante gli anni della scuola gli
insegnanti lo etichettavano come "introverso". A
ripensarci gli sembrava di trovarsi sotto il dominio
ottundente di qualche demone. Quanto tempo perso! Il
suo volto che attraversava gli inverni quasi
immutato, stava rischiando di "invecchiare nuovo".
"E allora... a cosa stai pensando? Ci incamminiamo?"
lo pungolò Greta.
"E' strano che ti sia avvicinata senza conoscermi,
come se per te fosse naturale"
"Parliamo continuamente con persone che conosciamo
appena o con sconosciuti..."
"Cosa vuoi dire?"
"La tecnologia... che aiuta a non sentirsi soli. Ma
per vivere occorre realtà!"
"Sul termine "realtà" ci sarebbe molto da
discutere..."
" Penso che i mezzi ci distraggano e ci sbriciolino,
in un certo senso. Ci si disperde in un impegnato...
disimpegno"
"Sei certa che ci sia una grande differenza? "
"C'è, eccome. La presenza fisica è fondamentale.
L'abbiamo solo dimenticato"
"Cerchi esattamente ciò che io evito. Gli altri mi
creano troppi problemi perchè riesca a essere me
stesso. Già è molto che sia capace di esserlo da
solo"
"Paure... sono le paure a crearti certi problemi. Io
medito. Aiuta ad alzare il livello di comprensione
di sè, delle cose"
"Quindi sarebbe tutto nella mia testa? Può anche
darsi. Ma la solitudine è meglio di quello che
pensi, è dedicarsi alle proprie passioni in pace,
lontano da inutili banalità"
"Meditare è solitudine. Ma sono gli altri che ci
aiutano a diventare meglio di ciò che siamo, più
veri. Ci sono paure, Cosimo, che ti rifiuti di
affrontare"
Il ragazzo si sentiva sospeso in uno stato di
vaghezza, senza riuscire ad aggrapparsi nè a un
pensiero nè a un'emozione precisa. "Mi conosci
appena" si limitò a risponderle.
Parole che gli erano state ripetute spesso, quelle,
con l'unico risultato di irritarlo. Adesso era come
se dal vuoto avessero assunto una concretezza che le
rendeva affrontabili. Gli sembrava di poterle
toccare fisicamente, come le sedie sparpagliate
della caffetteria. Per la prima volta non se ne
sentiva sminuito e offeso. Greta era una forza della
Natura. Senza rendersene conto, misteriosamente, gli
offriva le risorse per sopportarle.
Quando uscirono dal caffè il quartiere era
irriconoscibile. Uno spesso strato di neve aveva
privato gli edifici dei loro dettagli
architettonici, riducendoli a forme geometriche
essenziali; sembrava di muoversi fra costruzioni
impilate da un bambino. Si presero a braccetto sotto
quel flusso morbido, ovattato, ininterrotto. Come la
maggioranza degli studenti, fuori dalle aule usavano
ben poco la divisa, ma in quella situazione furono
costretti ad ammetterne la provvidenzialità. Fra le
opzioni possibili, era indicata "Bufera". Garantiva
la quasi totale impermeabilizzazione e un'avanzata
termoregolazione, capace di contrastare gli effetti
dell'abbraccio continuo della neve. Ogni cosa di
solito mobile era immobile, tranne quei fiocchi
bianchi, silenziosi. Pochi i passanti. Solo la
sirena di piccoli spazzaneve gialli interrompeva di
tanto in tanto quella profonda quiete.
Dalle finestre dei primi piani, spesso prive di
tende, si potevano scorgere gli impiegati lavorare
in ambienti iperriscaldati con la camicia tirata sui
gomiti come fosse una giornata di inizio autunno.
Alcuni facevano la pausa caffè godendosi lo
spettacolo di quel bianco, che perentoriamente
azzerava i normali ritmi.
Durante eventi naturali così condizionanti è
confortante osservare quanto sia illusorio il
piccolo potere del superiore - del capo reparto, del
preside, dell'insegnante, del dirigente - messo a
confronto con la Natura. Una Natura dalla quale
l'uomo si stava allontanando sempre più per
costruire il proprio mondo surrogato, di creature
artificiali e fenomeni ambientali simulati.
Sulla mente di Cosimo quell'ambiente fece l'effetto
di una gomma gigante. Il flusso di pensieri, che
tanto lo inibivano dal vivere pienamente, si era
acquietato. L'ego che si puntellava su infiniti
ragionamenti per difendersi, era uscito di scena.
Aveva voglia di silenzio e il bisogno di conservare
intatte le proprie sovrastrutture - spesso gli
accadeva con le ragazze - era scomparso. Che
strano... Greta lo trasformava con la sua sola
presenza. Era accanto a lei, con le cose, in
ascolto. Lei gli raccontò dei suoi primi due anni
alla facoltà di Medicina, di quanto fossero severi i
professori. Di quanto, con quella durezza spesso
artefatta, cercassero di impartire ben più che un
mestiere e delle nozioni. Al di là delle difficoltà,
era contenta di quella scelta. Contenta di essersi
stabilita a New York, dove risiedeva una comunità di
praticanti di samatha-vipassana, la disciplina che
praticava da quasi dieci anni.
"Vuoi raccontarmi qualcosa di te? "
"Adesso non ne sento il bisogno, è strano"
"Avevo voglia di parlarti da molto tempo... dagli
anni della scuola"
"Dici davvero? "
"Prima non era il momento giusto"
La neve, l'incontro, avevano ricondotto Cosimo a una
specie di grado zero. Esisteva solo un vasto campo
bianco con due puntini neri. Si era scrollato di
dosso le etichette mentali come fossero un mantello.
Il tonfo del mantello aveva vaporizzato dappertutto
quella perfetta neve. Ogni cosa aveva
improvvisamente una propria collocazione. Anche le
mezze verità desunte attraverso la propria visione
autoreferenziale. Sì, aveva vissuto un po' fuori dal
mondo ma il mondo gli era entrato dentro. Anche la
sua famiglia, ora lo sapeva, non era poi tanto male.
Tutt'altro.
Si udirono i rintocchi di mezzogiorno e il sole era
un vaghissimo bagliore, bianco nel bianco. Attorno
alla cattedrale avevano acceso candele di cera
autentica, protetti all'interno di lanterne
trasparenti. Durante questi eventi metereologici
anomali, il vescovo aveva disposto di intensificare
gli omaggi alla divinità in quel modo suggestivo,
quasi una richiesta di protezione che anticipava il
Natale.
Immobili sul sagrato, Greta e Cosimo udirono un
rumore attutito, di qualcosa che lentamente si stava
avvicinando. Era una carrozza turistica, senza
passeggeri a bordo, trascinata da un cavallo
meccanico. Ma il materiale di cui era fatta sembrava
autentico legno, come quello di una volta. I ragazzi
la osservarono ipnotizzati. Due ruote ben salde
sulla Terra, il cui moto era fluido e privo di
esitazioni.
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