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Narrativa
Questa rubrica è aperta a
chiunque voglia inviare testi narrativi inediti,
purché rispettino i più elementari principi
morali e di decenza...
Dialogo con un testimone di
geova sotto un tiglio di Massimo Acciai
Baggiani, La fortuna di
Sciaborda di Siro Baggiani,
Il ragazzo interrotto
di Caterina Pardi, Oggetti
di Michele Protopapas
Poesia in italiano
Questa rubrica è aperta a chiunque voglia
inviare testi poetici inediti, purché rispettino
i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Massimo Acciai
Baggiani,
Teresa Bucca,
Emanuela Ferrari
Poesia in lingua
Questa rubrica è aperta a chiunque voglia
inviare testi poetici inediti, purché rispettino
i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Massimo Acciai
Baggiani, Lucia
Dragotescu
Recensioni
In questo numero
segnaliamo:
- "La compagnia dei viaggiatori del tempo" di
Massimo Acciai
- "La lingvovendejo", di Massimo Acciai,
recensione di Davide Zingone
(esperanto/italiano)
- "Il sogno del ragno" di Carlo Menzinger di
Preussenthal
- "Mozart e lo Gnomo Saggio" di Simonetta
Biserni
- "Alla conquista del Brasile" di Ferruccio
Macola
- "Colosimo's café" di Roberto Disma
- "Italiani in Scozia e a Londra"
- "La colonia italiana in New York 1908" di
Ausonio Franzoni
- "L'altro italoamericano"
- "L'oca della neve" di Vittorio Bocchi
- "Mais" di Vittorio Bocchi
- "Nicolò" di Francis Sgambelluri
- "Rotta su Cuba" di Domenico Capolongo
Articoli
Interviste
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Amore per le lingue in Marani e
in Lahiri
Per una curiosa sincronicità mi
sono capitati tra le mani quasi in contemporanea due
libri con in comune un argomento che mi ha
affascinato da sempre: l'apprendimento delle lingue
straniere. Si tratta di due testi di saggistica,
piuttosto brevi ma molto incisivi, di due autori che
non hanno altro in comune a parte l'aver raccontato
- ognuno a modo suo - la loro esperienza di
confronto con idiomi altri. L'italiano Diego Marani
(che ho intervistato)
ne parla con molta ironia in "Come ho imparato le
lingue" (2005) mentre la scrittrice statunitense di
origine indiana Jhumpa Lahiri ha dedicato
all'argomento un libro scritto direttamente in
italiano, "In altre parole" (2015).
Marani ha trasformato la sua passione in un
mestiere: quello di interprete. Attualmente lavora a
Bruxelles nella Commissione Europea, dove si occupa
di diplomazia culturale; è inoltre il coordinatore
della politica culturale dell'UE nel Servizio
europeo di azione esterna. Nel suo agile libretto,
quasi un'autobiografia, ripercorre la sua storia
alla ricerca di un'identità linguistica - divisa
nell'infanzia tra l'italiano e il dialetto (le cui
parole "soffrono" se messe per scritto) - la
passione per il francese motivata dalla bella
insegnante a scuola, i molti viaggi all'estero per
impadronirsi dell'inglese e del francese, gli amori,
le figuracce, gli equivoci spassosi, poi la
durissima formazione nella scuola per interpreti e
le gioie e i dolori di questa affascinante e
sottovalutata professione. La narrazione scorre
leggera e appassionante come un romanzo: in più
punti mi sono riconosciuto nella mia storia
personale - anch'io amo molto viaggiare, amo le
lingue e, come l'autore, sono pure io, nel mio
piccolo, un glottoteta, ossia un creatore di lingue
artificiali.
Diego Marani è infatti famoso anche come creatore
dell'europanto. A parte una certa assonanza nel nome
con l'esperanto, con cui ha in comune l'utilizzo di
parole prese dalle principali lingue europee, il
progetto di Marani è più una sorta di scherzo
linguistico - come ha tenuto a precisare l'autore:
"Il mio cervello si rifiuta di seguirmi quando mi
avventuro in nuove grammatiche, e si protegge con
una smemoratezza sospetta. Forse è proprio perché
non ne può più di grammatiche, per vendicarsi di
quelle che gli ho fatto studiare, per liberarsi e
confondere in una soltanto tutte le lingue che
conosco, che il mio ormai provato cervello ha
inventato l'europanto. Per non destare l'attenzione
di scienziati che volessero eventualmente condurre
su di me altri esperimenti, io mi ostino a dire che
l'europanto non è una lingua ma un gioco. […] L'europanto
è un miscuglio di parole prese da diverse lingue o
inventate cercando di renderle comprensibili al
maggior numero di persone. Per fare il vocabolario
dell'europanto va bene tutto, dai nomi di calciatori
alle marche di automobili, dai menù dei ristoranti
alle pubblicità. Il principio dell'europanto è
quello di pescare da qualsiasi lingua tutto quel che
può servire per la comunicazione, senza nessuna
remora grammaticale."1
La mia Lingua Indaco, al contrario, è una lingua del
tutto a priori, ossia non trae il proprio lessico da
lingue esistenti e - pur essendo anch'essa una sorta
di gioco letterario - nasce da tutt'altre spinte e
va in direzione opposta per quanto riguarda la
comprensibilità. L'ho creata per amore di una
ragazza lituana per cui ho perso la testa durante un
viaggio a Vilnius nell'estate 2014 e l'ho utilizzata
per scriverle diverse sciocche poesie che non sono
servite a sciogliere il suo nordico cuore di
ghiaccio, ma questa è un'altra storia che ho narrato
nel mio libro "Ghimile ghimilama" (sì, il titolo è
appunto un esempio di Lingua Indaco).
Tornando a Marani, il suo libro si chiude proprio
con l'europanto, esemplificato da alcuni testi ben
comprensibili anche a chi non ha studiato questa
lingua ma ha almeno un'infarinatura di italiano,
inglese, francese, spagnolo e tedesco. Ricordiamo
che Marani ha pubblicato perfino un libro di
racconti polizieschi in questo bizzarro idioma,
anch'esso nella sua caratteristica prosa
spumeggiante: "Las adventures des inspector Cabillot"
(1998).
Il tema della lingua come parte della nostra
identità, del nostro essere, torna in un altro libro
del nostro Marani dal titolo volutamente fuorviante
di "Nuova grammatica finlandese" (2002): non si
tratta di un manuale per chi vuole imparare questa
affascinante lingua nordica2 bensì di un romanzo che
narra le disavventure di un uomo che durante la
seconda guerra mondiale viene trovato ferito e
smemorato, e preso in cura da un medico finlandese
il quale, per una serie di circostanze, si convince
di avere a che fare con un compatriota. Il recupero
della memoria e quindi della personalità passa
attraverso l'apprendimento della lingua per superare
l'angoscia del non poter comunicare, ben espressa in
questo passo all'inizio della storia, narrata a
posteriori in prima persona:
"Anche le lettere che credevo di conoscere una per
una, che avevo la sensazione di poter scrivere senza
esitazione, erano diventate segni senza suono,
geroglifici muti di una civiltà scomparsa. Allora,
come un vomito, mi prese l'improvviso bisogno di
parlare. La testa mi girava e dietro agli occhi
sentivo brulicare come scintille una pioggia di
fitte dolorose. Aprii la bocca cercando di emettere
un suono, ma tutto quel che me uscì fu un soffio. Mi
accorsi che la mia lingua, la mia bocca, i miei
denti erano incapaci di articolare. L'aria passava
dalla gola al palato e si disperdeva in un desolante
sospiro. L'orrore di quella tremenda scoperta mi
inchiodò alla sedia che stringevo ficcando le unghie
nella vernice" 3
E così continuando a descrivere il disagio fisico e
mentale di chi scopre di non possedere un linguaggio
con cui esprimersi e colmare la distanza con dagli
altri. Non spoilerò comunque il finale per non
sciupare la lettura a chi decidesse di leggere
questa straordinaria storia d'altri tempi.
Imparare una lingua nuova equivale ad esplorare una
cultura, una mentalità diversa. Jhumpa Lahiri nel
suo libro autobiografico "In altre parole" (2015)
paragona questo processo all'attraversamento di un
lago, per raggiungere una casetta sull'altra sponda:
"Arrivo dall'altra parte, ce l'ho fatta senza
problemi. Vedo la casetta, finora lontana, a due
passi da me. (…) Dopo una traversata, la sponda
conosciuta diventa la parte opposta: di qua diventa
di là. carica di energia, riattraverso il lago.
Esulto. Per vent'anni ho studiato la lingua italiana
come se nuotassi lungo i bordi di quel lago. Sempre
accanto alla mia lingua dominante, l'inglese. Sempre
costeggiandola. È stato un buon esercizio. (…)
Studiano una lingua straniera in questo modo, non si
può affogare. L'altra lingua è sempre lì per
sostenerti, per salvarti. Ma non basta galleggiare
senza la possibilità di annegare, di colare a picco.
Per conoscere una nuova lingua, per immergersi, si
deve lasciare la sponda. Senza salvagente. Senza
poter contare sulla terraferma." 4
Il libro della scrittrice di origini indiane è
particolarmente interessante per me, insegnante di
italiano L2 (non a caso ho sentito parlare di questo
testo durante un seminario della Alma edizioni
rivolto ai docenti di italiano): mi ha sempre
incuriosito sapere come gli stranieri vivono la mia
lingua madre, che ritengo (in modo non imparziale,
lo ammetto) la più bella del mondo. Cosa li spinge a
studiare l'italiano, certo una lingua non semplice e
neanche così diffusa nel mondo? Cosa li attira di
essa? Quali difficoltà incontrano?
L'amore della Lahiri per la mia lingua è puro e
genuino, ma è fatto anche di sudore e frustrazioni
in quanto non esistono scorciatoie, come afferma lei
stessa attratta e respinta come un amante
capriccioso ("Più capisco la lingua, più si
ingarbuglia. Più mi avvicino, più si allontana.
Ancora oggi il distacco tra me e l'italiano rimane
insuperabile5"). L'apprendimento di una lingua è
quindi un processo continuo, infinito, un
approssimarsi a qualcosa di irraggiungibile: per
quanto uno possieda una lingua diversa da quella
imparata tra le mura domestiche, da piccolo, non
arriverà mai al livello di un madrelingua. Ci si
potrà solo avvicinare, come uno straniero che per
quanti anni viva in Italia non sarà mai italiano
quanto qualcuno che vi è nato. Forse solo i bilingui
possono sdoppiarsi linguisticamente, stare con un
piede di qua ed uno di là, se non fosse che perfino
loro hanno una padronanza leggermente superiore di
una lingua madre rispetto all'altra…
Firenze, 26 giugno 2017
Note
1. Marani D., Come ho imparato le lingue, Milano,
Bompiani, 2005, pp. 125-127.
2. Sempre a proposito di lingue artificiali,
ricordiamo che il Quenya, la lingua elfica creata da
Tolkien per la sua saga della Terra di Mezzo, prende
molto - a livello lessicale e grammaticale - dal
finlandese
3. Marani D., Nuova grammatica finlandese, Milano,
Bompiani, 2002, pp. 17-18.
4. Lahiri J., In altre parole, Milano, Guanda, 2015,
pp. 14-15.
5. Lahiri J., Op. cit., p. 75.
Bibliografia
- Acciai Baggiani M. e Felici F. (a cura di),
Ghimile ghimilama, Venafro, Edizioni Eva, 2016.
- Lahiri J., In altre parole, Milano, Guanda, 2015.
- Marani D., Las adventures des inspector Cabillot,
Mazarine, 1998.
- Marani D., Come ho imparato le lingue, Milano,
Bompiani, 2005.
- Marani D., Nuova grammatica finlandese, Milano,
Bompiani, 2002.
- Tresoldi R., Impara rapidamente le lingue, Milano,
De Vecchi, 2008.
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