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Narrativa
Questa rubrica è aperta a
chiunque voglia inviare testi narrativi inediti,
purché rispettino i più elementari principi
morali e di decenza...
Dialogo con un testimone di
geova sotto un tiglio di Massimo Acciai
Baggiani, La fortuna di
Sciaborda di Siro Baggiani,
Il ragazzo interrotto
di Caterina Pardi, Oggetti
di Michele Protopapas
Poesia in italiano
Questa rubrica è aperta a chiunque voglia
inviare testi poetici inediti, purché rispettino
i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Massimo Acciai
Baggiani,
Teresa Bucca,
Emanuela Ferrari
Poesia in lingua
Questa rubrica è aperta a chiunque voglia
inviare testi poetici inediti, purché rispettino
i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Massimo Acciai
Baggiani, Lucia
Dragotescu
Recensioni
In questo numero
segnaliamo:
- "La compagnia dei viaggiatori del tempo" di
Massimo Acciai
- "La lingvovendejo", di Massimo Acciai,
recensione di Davide Zingone
(esperanto/italiano)
- "Il sogno del ragno" di Carlo Menzinger di
Preussenthal
- "Mozart e lo Gnomo Saggio" di Simonetta
Biserni
- "Alla conquista del Brasile" di Ferruccio
Macola
- "Colosimo's café" di Roberto Disma
- "Italiani in Scozia e a Londra"
- "La colonia italiana in New York 1908" di
Ausonio Franzoni
- "L'altro italoamericano"
- "L'oca della neve" di Vittorio Bocchi
- "Mais" di Vittorio Bocchi
- "Nicolò" di Francis Sgambelluri
- "Rotta su Cuba" di Domenico Capolongo
Articoli
Interviste
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Intervista a Carmen Laterza,
ghostwriter
Qual è la sua formazione
culturale?
Mi sono laureata in Lettere con una tesi sulle opere
di Giuseppe Verdi; contemporaneamente ho studiato
canto lirico e mi sono diplomata in Pianoforte al
Conservatorio.
Quando e come ha iniziato a scrivere?
Da che ho memoria, ho sempre scritto: racconti,
riflessioni, diari e tantissime lettere, rivolte a
persone care o anche a destinatari immaginari. Non
aveva importanza l'occasione o lo stile,
l'importante per me è sempre stato solo scrivere.
All'inizio scrivevo solo per me; all'università,
invece, ho cominciato a scrivere per gli altri e ho
capito che questa passione, diventata competenza,
poteva trasformarsi in una professione.
Quali sono le sue letture, gli autori che ha
amato di più?
Fin da bambina ho sempre letto tanto e di tutto. Da
giovane ho divorato i classici dell'Ottocento
italiani ed europei, mentre ora prediligo la
letteratura contemporanea.
Sono una fan sfegatata di Camilleri, adoro la
Mazzantini e la Allende, ho letto tutto di Pennac,
Baricco e Faletti, seguo con interesse la Ferrante,
Fred Vargas, Manzini, Carofiglio, Manfredi, ma in
generale spazio tra autori e generi con grande
curiosità.
Cosa significa essere una "scrittrice
indipendente"?
Essere una scrittrice indipendente significa essere
editrice di me stessa.
Ci tengo molto a specificare questa cosa: spesso si
usa il termine Self Publishing come sinonimo di "autopubblicazione",
mentre sarebbe più corretto dire "autoedizione". In
effetti in senso strettamente tecnico gli autori
indipendenti pubblicano da soli i propri libri, ma
questo significa anche e soprattutto curare la
preparazione dei testi prima di metterli in vendita
e la loro promozione dopo averli pubblicati. Si
tratta quindi di un percorso lungo e articolato, che
corrisponde esattamente al percorso che fa una casa
editrice.
Per questo uno scrittore indipendente è
fondamentalmente un editore di se stesso e se vuole
avere successo deve guardare alla propria avventura
editoriale proprio con lo sguardo imprenditoriale
che avrebbe un editore. Questo significa investire,
anche economicamente, nel proprio progetto, come
farebbe una casa editrice, ma per contro i vantaggi
sono molti: royalty maggiori, mantenimento dei
diritti d'autore sulle proprie opere, tempi
rapidissimi di pubblicazione e controllo totale di
ogni fase.
Veniamo alla sua attività di ghostwriter. Come ha
iniziato? Quali sono le difficoltà che ha
incontrato, e che incontra, nello scrivere libri su
commissione che saranno poi firmati da altri?
Ho iniziato a scrivere per gli altri subito dopo il
liceo, quando alcuni amici hanno cominciato a
commissionarmi tesine e ricerche. Poi la domanda si
è ampliata e, con essa, le mie competenze.
Per me non ci sono particolari difficoltà nello
scrivere testi o libri per altri: il punto
fondamentale è saper ascoltare, perché spesso il
committente non sa bene cosa vuole, o non sa
spiegarlo, oppure dice di volere una cosa ma in
fondo ha bisogno di altro. In questo l'esperienza
aiuta, ma ci vuole predisposizione all'ascolto.
Quali tipologie di autori si rivolgono a lei? con
quali motivazioni?
Nel corso del tempo ho lavorato con clienti molto
diversi tra loro: studenti, professionisti, aziende,
persone di ogni età e professione che per qualche
motivo dovevano scrivere un testo e volevano essere
sicuri di ottenere un risultato di qualità.
Le motivazioni principali per cui le persone si
rivolgono a un ghostwriter sono fondamentalmente
due: o perché si rendono conto di non avere le
competenze linguistiche per scrivere il testo che
hanno in mente, o perché non ne hanno il tempo. In
ogni caso, però, sanno che rivolgendosi a uno
scrittore professionista otterranno un testo scritto
meglio e più rapidamente di quanto potrebbero fare
da soli.
Quali tipi di testi le capita di scrivere come
ghostwriter? Spazia su tutti gli argomenti - dalla
saggistica alla narrativa - e tutti i generi
letterari?
In più di vent'anni di attività come ghostwriter ho
scritto testi di tutti i tipi, dalle lettere d'amore
alle presentazioni aziendali, dalle ricerche di
studio alle favole per bambini, dalle memorie
autobiografiche ai manuali, dai saggi storici ai
romanzi.
Nel campo della narrativa non ho mai scritto romanzi
di genere horror, fantasy o sci-fi, perché non sono
nelle mie corde. I generi più richiesti sono però il
romance, in tutte le sue sfumature, la manualistica
self-help e soprattutto l'autobiografia.
Nel caso del completamento di un libro già
iniziato, che l'autore non riesce a concludere,
immagino lei debba imitarne lo stile: come è
possibile parlare con la "voce" di un altro?
Che io debba completare un libro già iniziato o che
lo debba scrivere da zero, tutto parte da lunghe
chiacchierate con l'autore che mi spiega cosa ha in
mente, cosa vorrebbe scrivere e, inconsapevolmente,
mentre parla mi trasmette anche il suo lessico e il
suo stile.
Come ho detto prima, alla base della scrittura su
commissione c'è un ascolto attento. È un po' come
fare gli attori: bisogna calarsi nella parte del
committente. Alla fine del lavoro, la mia
soddisfazione maggiore sta nel sentirmi dire:
"Sembra che l'abbia scritto io!".
Le è mai capitato - scusi se la domanda può
sembrarle provocatoria - di giungere alla fine di un
romanzo in cui ha riversato molto si sé stessa (io
sostengo che la scrittura sia sempre autobiografica
in una certa misura) e pensare: "Accidenti, questo
vorrei firmarlo col mio nome, o almeno mettere anche
il mio nome accanto a quello dell'autore ufficiale"?
No, francamente no. Alla fine del lavoro sono
contenta se il cliente lo è, se sente che il testo
lo rappresenta e ha la sua voce, ma quel testo non è
mio, non è nato da una mia idea, non è portatore di
un mio messaggio.
Io non credo, come dice lei, che la scrittura sia
sempre in parte autobiografica. Anzi, credo che
questa sia un'idea un po' romantica e superficiale
della scrittura, vista come momento di intima e
ispirata creatività, e, come tale, possa calzare
solo in occasioni limitate.
Quando la scrittura diventa una professione, essa è
prima di tutto tecnica.
Veniamo ad un altro servizio editoriale da lei
offerto: quello di editing. In cosa consiste di
preciso questo servizio? Come avviene il confronto
con l'autore e il suo testo?
L'editing è un intervento di revisione di un testo
che mira a eliminarne gli errori e le incoerenze,
uniformarne lo stile, garantirne l'armonia e la
fluidità a tutti i livelli. L'editor quindi può
intervenire sul testo solo a livello formale e
stilistico, per garantire la correttezza
grammaticale e sintattica, ma anche a livello
strutturale, per riordinare i contenuti e dare
coerenza logica alla trattazione, o a livello
contenutistico, intervenendo sul ritmo narrativo,
sulla caratterizzazione dei personaggi e sulla
struttura dell'intreccio.
Tutto dipende dallo stato iniziale del testo stesso
e, ovviamente, dalla disponibilità dell'autore di
mettersi in gioco.
Anche in questo caso, infatti, prima di mettere le
mani su un testo per me è molto importante parlare
con l'autore, capire cosa si aspetta dal suo testo,
per quale pubblico l'ha pensato, in quale contesto è
nato e dove lo vuol fare arrivare.
Dopo questo confronto iniziale io leggo il testo in
modo approfondito e poi cerco di essere molto
schietta nel dire cosa ne penso, quali difetti
riscontro, quali soluzioni propongo.
A volte quello che dico può non piacere, perché
smonta l'idea che l'autore ha del proprio lavoro, ma
è un passaggio necessario. L'autore deve infatti
capire che il testo è altro da sé, che una critica
al testo non è una critica a lui come persona e che
l'unico scopo dell'editor è proprio quello di tirare
fuori il meglio dal testo stesso.
È un percorso che si fa insieme verso un obiettivo
condiviso, ma un testo non ha nessuna speranza di
miglioramento se l'autore non è disposto a fare un
po' di onesta autocritica.
Altro servizio: il publishing. Cosa si cela
dietro questa parola inglese? In cosa si distingue
dal lavoro dell'agente letterario?
Publishing vuol dire pubblicazione e sotto questo
termine io raggruppo tutti i servizi editoriali che
offro agli autori per far sì che un libro possa
essere messo in vendita, come l'impaginazione dei
formati cartacei, la conversione nei formati
digitali, la stesura della quarta di copertina, fino
alla pubblicazione vera e propria nelle librerie
online.
L'agente letterario non fa nulla di tutto questo:
l'agente letterario prende in carico un testo, della
cui validità è convinto, e cerca un editore disposto
a pubblicarlo.
Come vede si tratta di ruoli e obiettivi molto
diversi. Io non sono un'agente letteraria proprio
perché non aiuto gli autori a trovare una casa
editrice che li pubblichi, bensì li aiuto ad
autopubblicare i propri testi, diventando editori di
se stessi.
Self publishing, ossia autopubblicazione.
Tematica controversa che divide oggi più che mai gli
autori tra fautori e coloro che inorridiscono
all'idea di dover pagare per pubblicare il proprio
libro. Qual è il suo punto di vista? Perché un
autore dovrebbe ricorrere all'autopubblicazione
piuttosto che a un editore che investa il proprio
denaro sul talento? Ultima spiaggia per chi non ha
trovato un editore disposto a pubblicarlo gratis
oppure scelta consapevole e ragionata di marketing?
Anch'io inorridisco all'idea di pagare per
pubblicare il proprio libro! Quindi credo che già da
questa domanda emerga come spesso il Self Publishing
sia erroneamente confuso con l'Editoria A Pagamento
(EAP), detta anche Vanity Press, con la quale,
invece, non ha nulla a che spartire.
L'EAP è davvero la scelta peggiore che un autore
possa fare, perché significa pagare molti soldi solo
per comprare a prezzo di copertina alcune centinaia
di copie del proprio libro stampate da una sedicente
casa editrice, che non ha fatto nessun investimento
sul libro (spesso nemmeno una correzione di bozze) e
che però detiene i diritti sull'opera e ottiene il
proprio ritorno economico proprio dalle copie che
vende all'autore.
Fare Self Publishing, invece, significa essere
editori di se stessi, pubblicare il proprio libro,
mantenendo i propri diritti d'autore e il controllo
totale su ogni fase della filiera editoriale. Ci
sono ovviamente delle spese da sostenere, come
quelle per l'editing, la correzione di bozze o una
copertina professionale, ma è l'autore a scegliere
se e quanto spendere.
Inoltre, nel Self Publishing l'autore incassa la
maggior parte dei guadagni, mentre nella
pubblicazione tradizionale la fetta più grande
spetta all'editore, mentre l'autore si deve
accontentare di percentuali molto, molto basse.
Il Self Publishing, quindi, non è affatto l'ultima
spiaggia per chi non ha trovato un editore, o,
almeno, non dovrebbe esserlo. Il Self Publishing
deve essere una scelta consapevole e mirata, perché
solo se viene affrontato con serietà e impegno può
dare risultati positivi.
Negli Stati Uniti già da tempo molti autori
indipendenti vendono migliaia di copie e raggiungono
la popolarità grazie a libri autopubblicati. In
Italia il processo è cominciato molto dopo, ma
finalmente anche qui da noi comincia ad aumentare il
numero di scrittori che autopubblicano le loro opere
e ottengono un buon successo di critiche e di
vendite.
Si tratta tuttavia di prodotti di qualità, che nulla
hanno da invidiare ai libri pubblicati dalle case
editrici più prestigiose. Vale a dire che sono libri
dal contenuto interessante, ben scritti, ma anche
ben confezionati, corretti, impaginati, con una
grafica professionale.
Del resto il pubblico del Self Publishing, composto
da normali lettori, ma anche blogger, recensori,
critici e addetti al settore, è sempre più vasto,
attento ed esigente.
Ultimo servizio editoriale di cui si occupa: la
fase finale del libro ormai già pronto e pubblicato,
ossia il marketing, appunto. Molti autori si
occupano in prima persona di vendere il proprio
libro, cosa di cui si dovrebbe in teoria occupare
esclusivamente la casa editrice (ma, soprattutto nel
caso di piccoli editori, non fa per mancanza dei
mezzi economici). Come può un autore sconosciuto
farsi conoscere in una nazione come l'Italia in cui
abbondano gli scrittori ma non i lettori? L'unica
via è pubblicare con Mondadori o Einaudi oppure
esistono altre strade?
Purtroppo anche pubblicare con Mondadori o Einaudi
non risolve il problema del marketing! Le case
editrici più grandi hanno sicuramente risorse
(economiche e umane) maggiori per la promozione dei
titoli del loro catalogo, ma anche per loro è
impossibile dedicare tempo ed energie a ogni titolo
e a ogni autore. Questo è dunque un altro mito da
sfatare: pensare che se un editore pubblica un libro
allora poi farà tutto lui e l'autore potrà stare
seduto a guardare, aspettando le sue commissioni
d'autore. Non è così, a nessun livello.
Sono molti infatti gli autori che hanno pubblicato
con un editore e poi si sono sentiti abbandonati
nella fase della promozione e, proprio alla luce di
questa esperienza deludente, per le opere successive
sono passati al Self Publishing.
Del resto, il successo di un libro si gioca in larga
parte proprio nella fase della promozione, nella
capacità di raggiungere e coinvolgere il pubblico.
Proprio per questo la promozione editoriale è il
campo in cui autori pubblicati in modo tradizionale
e autori indipendenti si confrontano alla pari,
perché gli strumenti sono uguali per tutti (l'uso
dei social network in primis) e perché per i lettori
conta solo la bontà di una storia e non il nome
stampato in copertina.
Farsi conoscere e apprezzare non è però un lavoro
facile, in particolar modo per un autore esordiente,
e soprattutto non è un compito che si risolve in
breve tempo. La tecnologia e la rete mettono a
disposizione molti strumenti, ma servono impegno,
dedizione e una strategia a lungo termine.
Come dico sempre, la promozione editoriale è una
maratona, non una gara di velocità: alla linea di
partenza bisogna presentarsi con un libro di
qualità, ma alla fine vince solo chi lo promuove con
costanza nel tempo.
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