copertina SDP numero 6
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Fiere

Segreti di Pulcinella alla Fiera del libro per ragazzi di Bologna...
di Franco Ferracani

Narrativa

Macchine pensanti... di Massimo Acciai
Il reflusso gastrico... di Davide Riccio
Voglio essere una nuvola... di Andrea Masi
L’uomo e il tramonto... di Francesco Felici

Poesia italiana

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Massimo Acciai, Maria Chiara ,
Davide Riccio, Marco Saya

Poesia in lingua

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici, in una lingua diversa dall'italiano, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie in lingua pisana,
napoletana
, ungherese, tedesca

Recensioni

Questo nostro incontro è dedicato a tre brevi brani di Massimo Acciai. Ne siamo lieti, perché è bello ed interessante poter viaggiare non solo attraverso i versi di una poesia, ma anche dentro le suggestioni nate dalla prosa.
di Monia Balsamello

 

SDP numero 5

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L'uomo e il tramonto

di Francesco Felici


Il sogno arancio si era trasformato in un’oceano arancio sotto un cielo arancio. L’uomo per un attimo rabbrividì vedendo nella realizzazione di quel sogno la probabile morte del sogno stesso e, ferito da una scheggia di panico, si guardò affannosamente intorno alla ricerca di un barlume onirico che gli restituisse la certezza della sue fantasie. L’aria del tramonto era fresca, fresca di luce, fresca di colori, ed un forte profumo di fiori, invisibili, la rendeva un grembo naturale maestoso che suscitava solo desiderio di cullarvisi. No, il sogno non era morto ed un sorriso emerse dalla labbra oscure dell’uomo ornate ora dall’arancio vivo del tramonto. Ma la gioia fu effimera, e tornò a scivolare via dal volto dell’uomo, scivolò nelle piccole ma brucianti voragini che l’uomo sentì aprirsi dentro. La constatazione che il sogno non era morto era stata infatti accompagnata dalla consapevolezza che tutto quel mondo non era totalmente raggiungibile, che non si sarebbe donato completamente all’uomo, né tanto meno si sarebbe lasciato prendere, ma che sarebbe rimasto un miraggio appena concretizzato dalle grida di un cuore affamato di universi. Con entrambe le mani si aggrappò istintivamente alla piccola panca di legno della barca, deciso a lottare per poter essere parte totale del tramonto arancio. Fu in quel momento che il profumo di fiori si fece più intenso e fece sì che l’uomo, da esso rapito, allentasse la sua presa accanita contro la panca della barca.

Erano trascorsi pochi attimi (o minuti, ore, giorni! O forse mesi, anni, secoli! Misero conteggio del tempo, lasciaci liberi almeno nei sogni!), quando l’arancio intenso dell’acqua cominciò, se pur dolcemente, ad agitarsi, cullando, con mano azzurra, la povera barchetta. Il rumore fievole delle piccole onde che infrangevano sul legno scuro divenne per l’uomo un fresco cuscino di pace su cui adagiare le ferite stanche infertegli dai suoi deliri di impotenza. Il legno scuro, lambito dalla fresca e fluida musica acquatica, ebbe un sussulto e tra quelle assi logore circolò per un attimo la vita. Era come se le rosee onde azzurro-arancio volessero, con tutto l’amore dell’universo, accarezzare quel legno buio, cullarlo, amarlo, stringerlo tra le loro infinite braccia candide e profumate fino a farlo diventare parte delle loro fragranze. L’uomo era inebriato dagli universi onirici di quell’eterno tramonto. La barca continuava ad ondeggiare ed i piccoli flutti che la lambivano sembravano risuonare di un’armonia sempre più profonda. Poi uno dei flutti colpì la barca con maggior forza ed alcuni schizzi ricaddero sul dorso delle mani dell’uomo che, inizialmnete, non gli prestò attenzione. Ma un lieve solletico lo distolse subito dai suoi pensieri ed istintivamente si guardò le mani. Le gocce avevano assunto una colorazione azzurra intensa ed avevano cominciato ad espandersi. Ma non era un’espansione casuale ed informe. Le gocce azzurre sembravano seguire un disegno ben preciso nel loro pulsante allargarsi e ristringersi. L’uomo non tardò molto a capire che ciò che si stava formando sulle sue mani era una fitta schiera di piccoli petali, piccoli petali azzurri combinati in minuscoli fiori azzurri. L’uomo, con enorme delicatezza per paura di turbare quel miracolo onirico-floreale, si avvicinò il dorso della mano al volto con l’intento di osservare meglio quella nascita sfolgorante di azzurro. Ma proprio in quell’attimo, quei minuscoli fiori, usando i petali come microscopiche ali eteree, come tanti insetti onirici, spiccarono il volo, tutti insieme, andandosi a fermare a poca distanza dalla barca, tutti in gruppo, rimanendo sospesi a mezz’aria e continuando a farsi sempre più grandi.

Ciò che l’uomo aveva di fronte era ora un enorme mazzo di rose azzurre dal boccio enorme dal quale si levava un profumo che in perfetta armonia si fondeva con quello già presente nell’aria. L’uomo si trovò così immerso in un inestimabile, raffinato e musicale tesoro olfattivo senza pari. “Siamo il tuo desiderio di diventare sogno, alzati e diventa un universo onirico, noi ti aiuteremo. Lascia che il tuo corpo esploda di sogni, grida a squarciagola all’arancio, afferra il sole al tramonto, ingoialo e fallo tuo, entra in lui, tuffati in lui, stendi le braccia, vigili siano le tue mani ed afferrino l’eterno, lo afferrino e ne prendano vita. Che ogni tua mano sia un universo sinfonico di tramonti variopinti in cui tu possa disfarti nella rinascita colossale acquatico-planetaria. Rompi i limiti della carne e trasformala in sole, in cosmo, in oceano, in pianeti floreali che pulsano di pace e che si rigenerano all’infinito nelle loro fragranze. Cingi i tuoi pianeti di arcobaleni a mille colori che formeranno infinite strade costellate di querce animo-cosmiche stracolme di essenze degli zaffiri dell’eterno. Imbocca quelle strade e guarnisci l’universo con le tue sinfonie!” Così parlarono le rose.

Quelle parole lo avevano letteralmente investito, gli erano penetrate dentro facendosi strada con forza attraverso ogni suo poro, gli si erano insinuate sotto la pelle ed avevano riempito le bocche ansimanti ed affamate di ogni sua fibra travolta dal desiserio di rinascita. L’uomo corazzato di rinascita si alzò in piedi sulla barca, gettò la testa indietro e tese le braccia al cielo in un’invocazione totale, in un annullamento dei suoi confini, in un grido di guerra contro tutto ciò che è limite, in un accesso di rabbiosa violenza contro la morta ripetizione, i morti ritorni, il compiacimento del grigio. I suoi muscoli si tendevano sempre più, voleva arrivare, voleva toccare il cielo arancio, il sole, i raggi, i fiori invisibili. Sentì il suo corpo farsi sempre più possente e squarciarsi allo stesso tempo. Ma non era uno squarciarsi cruento, doloroso o di morte, no. Era piuttosto l’apertura all’eterno, l’abbattimento delle barriere della morte grigia. Il suo corpo non si stava distruggendo ma semplicemente tramutando in energia onirica, stava diventando sogno, stava aprendosi alla fusione totale. Ad ogni apertura che si produceva nel corpo, una delle rose azzurre di disfaceva in una piccola pioggia di petali, la quale andava a posarsi sulla ferita. L’apertura si faceva allora azzurra, poi verde ed infine arancio, prendendo così il colore del cielo e diventando ella stessa cielo. Questo durò finché ogni barriera non fu abbattuta, finché tutta la carne grigia non fu divenuta tramonto.

Tutto ciò per ritrovare un semplice sorriso, il semplice sorriso della totalità onirica, dell’essere serena e gioiosa parte del tutto. Sì, l’uomo sorrideva. Ma come sorrideva, c’era forse qualche muscolo che si contraeva? Qualche suono di compiacenza? Ma no, tutti questi sono poveri limiti ormai superati, dissolti. Semplicemente sorrideva. In ogni cielo, in ogni stella, in ogni pianeta, in ogni fiore, in ogni oceano, in ogni fragranza, in ogni colore.

Un papavero si pavoneggiava e si cullava nella brezza fresca di un tramonto estivo. Arrivò una bambina, lo guardò e si chinò per coglierlo. Fu allora che l’uomo sorrise. L’uomo prato, l’uomo cielo, l’uomo foresta, l’uomo stella, l’uomo pianeta, l’uomo sole, l’uomo luna, l’uomo nube, l’uomo arcobaleno, l’uomo via lattea, l’uomo universo sorrise. Sorrise alla mano della bimba e la accarezzò con un fievole alito onirico. La mano allora si fermò, la bambina si alzò, fece un giro su se stessa e, con quella stessa mano, salutò, salutò in ogni direzione possibile, rispose al sorriso in ogni direzione possibile. Accarezzò poi il papavero con lo sguardo, come per chiedere scusa, e, tornata sui suoi passi, lasciò di nuovo il fiore a troneggiare in mezzo al campo.

Pisa, 5 luglio 1998

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