|
|
Narrativa
Poesia italiana
Poesia in lingua
Questa rubrica è aperta a
chiunque voglia inviare testi poetici inediti,
in lingua diversa dall'italiano, purché rispettino i più elementari principi
morali e di decenza...
poesie di Lucia
Dragotescu, Manuela
Leahu
Incontri nel giardino
autunnale
Recensioni
- "Parole
e paesaggi" di Roberto Mosi, nota di
Massimo Acciai
- "Itinera" di
Roberto Mosi, nota di Massimo Acciai
- "O lupo è addiventato
pecorella" di Dario De Lucia, nota di
Massimo Acciai
- "Le inquietudini
dell'esistenza" di Elena Gianolio Jung,
nota di Massimo Acciai
- "Pittori Piuttosto
Pittoreschi" di Massimo Zanicchi
- "Pensieri a banda larga"
di Dimitry Rufolo, nota di Massimo Acciai
- "Come perdere la testa
e a volte la vita" di Claudio Risé, nota
di Enrico Pietrangeli
- "Mille parole" di
Cesare Lorefice, nota di Anna Maria Volpini
- "Ci siamo" di Marco
Ciurli, recensione di Elena Fratini
- "Premiata Forneria
Marconi 1971-2006" di Donato Zoppo, nota
di Enrico Pietrangeli
- "Una ragionevole strage"
di Mireille Horsinga-Reno
- "Diary" di Chuck
Palahniuk, recensione di Simonetta De Bartolo
- "Approdi" di Monica
Osnato, recensione di Simonetta De Bartolo
- "Ogni angolo del cuore"
di Francesco Cecchi
- "Viaggiando verso
l'ovest" di Rossella Presicce
Saggi
Filosofia
La filosofia politica di
Platone come filosofia pratica
di Apostolos
Apostolou
|
|
"Il caso non esiste"
François- Marie Arouet, detto Voltaire
La coincidenza è quell'evento che decidiamo di
chiamare tale
perché non vogliamo accettare o abbiamo paura che
possa avere un significato.
Andrea Mucciolo
Era una villetta solitaria al mare, attaccata alla
spiaggia. Sulla veranda c'era un vecchio che leggeva
un libro, incurante del rumore della risacca e del
cielo azzurro intenso. Era totalmente immerso nella
lettura che desiderava terminare prima di pranzo.
Dal mare soffiava una brezza leggera, carica di
salsedine e di estate, ma il vecchio non ci faceva
quasi caso.
Chiuse improvvisamente il libro con un botto e fece
un respiro profondo. Solo allora sembrò accorgersi
del mare, della brezza e del sole a picco che
annullava ogni ombra. Si alzò con calma dalla sdraio
ed andò in cucina. Una mezz'oretta dopo proveniva un
buon odore di pasta al sugo.
- Simone, vai a lavarti le mani - chiamò il vecchio
affacciandosi sulla porta del salotto.
Una vocetta squillante chiese cosa c'era per pranzo,
poi sparì in bagno per ricomparire qualche attimo
dopo a tavola, davanti ad un piatto fumante su cui
l'uomo versava del formaggio.
- Senti nonno, mi piacerebbe fare un giro in
canotto… - chiese quella stessa vocetta, con tono un
po' timido, tra una forchettata e l'altra.
Il viso del vecchio si rabbuiò.
- Non se ne parla. Hai solo sette anni ed io non
posso accompagnarti.
- Ma dài… so nuotare bene…
- Quando tornerà tuo padre ci andrai insieme a lui,
io non mi prendo questa responsabilità.
Il tono della voce era deciso, non ammetteva
repliche, poi si addolcì un po'.
- La settimana prossima viene a trovarci, un po' di
pazienza…
- Uff! - sbuffò il bambino, ed ingoiò l'ultimo
spaghetto.
L'uomo era stato un po' duro, ci avrebbe ripensato
poi, ma aveva le sue buone ragioni. Il mare era
traditore. Da giovane aveva rischiato di annegare in
quello stesso mare che si intravedeva dalla
finestra.
Quel giorno d'estate stava giocando da solo col
pallone; ad un certo punto sbagliò la mira e tirò un
calcio così forte che il pallone finì in mare, non
molto distante dalla riva. Pareva a portata di mano;
due bracciate e via. Aveva nuotato per un po', poi
aveva alzato la testa e la palla era vicina ma
ancora non ci arrivava con la mano. Aveva ripreso a
nuotare, ormai doveva prenderla quella dannata
palla. Dopo un po' aveva di nuovo rialzato la testa,
ormai con le braccia indolenzite, e la palla era
sempre alla stessa distanza. Ci aveva messo un po'
per capirlo, appena in tempo, ed aveva avuto paura.
Una paura liquida, oscura, un senso di soffocamento
e di pesantezza in tutto il corpo.
Di solito il vento soffia dal mare verso la
spiaggia, ma qualche volta avviene il contrario.
Scherzi atmosferici. Si era voltato ed aveva visto,
con sorpresa e paura, la spiaggia già molto lontana.
Fu una fortuna per lui che si fosse voltato in quel
momento. Avrebbe potuto continuare a nuotare ancora,
finché si sarebbe accorto troppo tardi per tornare
indietro. Reagì. Riuscì a raggiungere la spiaggia
con le ultime forze e si buttò, come un naufragò,
completamente spompato, sul bagnasciuga. Fu molto
fortunato. Da allora non era più andato molto
d'accordo con l'acqua salata. A volte ci pensava
ancora e provava un brivido ogni volta che il nipote
andava a giocare in spiaggia.
Ma come impedirglielo?
Doveva stare attento a non esagerare.
In fondo era arrivato a sessantaquattro anni in
buona salute, senza grossi incidenti, confidando
nella propria prudenza, in buone letture e
nell'ottimismo verso la vita.
- Cosa leggi tutto il giorno? - chiese il piccolo
Simone, rompendo un imbarazzante silenzio.
L'uomo sorrise. Prese il libro appena terminato
dalla mensola e lo porse al nipotino. Questi lo
osservò da tutte le parti. La copertina era di un
robusto cartone bordeaux. Il titolo si trovava
all'interno di un quadrato col bordo dorato, come
usava nei libri antichi.
- "Le co… in… ci… den… ze!" - scandì il bambino a
voce alta. Aveva ancora qualche naturale difficoltà
a leggere parole lunghe e sconosciute, ma era molto
avanti per l'età. A scuola era bravissimo. Ormai
aveva finito la prima elementare e, finite le
vacanze estive, avrebbe iniziato la seconda.
Simone sfogliò rapidamente le pagine, ingiallite dal
tempo, senza trovare nessuna illustrazione: solo
piccoli caratteri fitti. Forse ne rimase un po'
deluso. Certo non era un libro adatto alla sua età,
per quanto precoce.
- Di cosa parla? - chiese riconsegnando il volume.
Il nonno sorrise. Seguì qualche attimo di silenzio
in cui cercava le parole.
- Si tratta…
In quel preciso momento squillò il telefono e Simone
corse a rispondere. Era tutto il giorno che
aspettava la telefonata del padre.
Venne la sera e l'ora di andare a letto. Le porte
delle camere al piano di sopra si chiusero e si fece
silenzio nella casa. Non un silenzio completo però;
la casa sorgeva in un luogo isolato, lontano dai
rumori del traffico, ma c'erano comunque i suoni
cupi e misteriosi della notte: la risacca, il vento
fra gli alberi, il rombo di qualche motore lontano,
il verso di qualche animale notturno.
Simone aveva spento l'abat-jour ma non dormiva
ancora. Era seduto sul letto, in pigiama, ed
osservava dalla finestra le fruscianti chiome degli
alberi. Sentiva una strana inquietudine, come un
oscuro presagio che non sapeva definire. Dopo tanto
tempo era tornata l'insonnia. Il vento agitava le
fronde e le stelle erano freddi occhi spaventosi.
Sapeva bene che avrebbe faticato ad addormentarsi.
Aveva paura. Non gli era mai successo a casa del
nonno, almeno che si ricordasse. Tornò sotto le
coperte e chiuse gli occhi, ordinando al sonno di
arrivare. Ma naturalmente più lo ordinava e più il
sonno si allontanava. Infine arrivò, ma dopo molto
tempo.
Neanche il nonno, nella stanza accanto, dormiva. La
luce dell'abat-jour era sufficiente per leggere a
letto, ed era il momento più bello della giornata.
Amava la calma della sera che invitava alla lettura.
Da molti anni non riusciva a dormire senza aver
letto qualche pagina di un buon libro. Una volta
leggeva la Bibbia che teneva nel cassetto; l'aveva
letta e riletta ormai almeno una decina di volte.
Poi era passato ai volumi dell'enorme biblioteca
ereditata dal padre, che era stato professore
universitario di letteratura italiana. Anche lui si
era poi laureato ed aveva iniziato ad insegnare
matematica in un istituto tecnico per ragionieri.
Era andato in pensione da qualche mese e poteva
godersi finalmente in pace quelle giornate
interminabili ma mai vuote nella villetta sul mare,
in compagnia dei libri, della brezza salmastra e
della quiete incantata di quel tratto di spiaggia.
Il libro che stava leggendo era il seguito di quello
che aveva terminato durante la mattina. Si trattava
di un'opera in due volumi, intitolata appunto "Le
coincidenze" ed era un trattato di un anonimo
matematico ottocentesco. La data sul frontespizio
indicava che era stato stampato a Napoli nel 1895.
Non avrebbe saputo spiegare cosa di preciso lo aveva
attratto di quell'opera, ma da quando lo aveva preso
per caso in mano quella mattina non lo aveva più
posato se non per preparare i pasti e fare la
consueta passeggiata pomeridiana sul lungomare. Era
rimasto catturato fin dalla prima pagina, cosa
abbastanza rara per lui.
Si parlava di coincidenze matematiche, dal punto di
vista filosofico fino ad esempi concreti e varie
curiosità per un argomento che non ha un grande
interesse pratico. Era scritto con un linguaggio tra
il divulgativo e quello rigoroso ed un po' stantio
di antichi trattati, eppure la lettura era molto
piacevole.
Era arrivato al punto in cui si dimostrava che è
corretto al 3% circa, quando un urlo improvviso lo
fece sobbalzare così forte che il libro gli sfuggì
di mano e cadde sulle coperte e da lì sul pavimento.
Si precipitò in camera del nipote. La porta era
chiusa.
- Simone, cos'è stato?
Aprì la porta e accese la luce. Il bambino era
seduto sul letto, terrorizzato.
- C'era un'onda gigantesca… - farfugliò asciugandosi
con una mano la fronte sudata. Teneva gli occhi
socchiusi; la luce del lampadario era fastidiosa ma
rassicurante.
- E' stato solo un incubo - lo rassicurò il nonno,
poi cercando di scherzare - mi sa che le lasagne di
stasera non erano una buona idea. Vuoi un bicchiere
d'acqua?
Il bambino annuì con la testa.
Qualche minuto più tardi Simone era di nuovo sotto
le coperte. Il nonno gli diede la buonanotte sulla
porta.
- Vuoi che lasci la luce accesa?
Il bambino annuì di nuovo e chiuse gli occhi.
L'uomo ritornò nella sua camera. Il silenzio era
tornato nella casa, ma la quiete era infranta per
quella notte. Le ombre gettate sul muro dal
lampadario avevano qualcosa di diverso, di
inquietante. C'era qualcosa nell'aria che non sapeva
definire. Cercò il libro sul pavimento dov'era
caduto. Non lo trovò. Mentre si grattava la testa,
lo vide aperto sul comodino. Era sicuro di non
avercelo messo, si era precipitato subito appena
sentito l'urlo, ma era chiaro che da solo non c'era
andato. Scherzi della memoria.
Si infilò di nuovo sotto le coperte e prese il
libro. Un'espressione di stupore gli si dipinse in
viso. Controllò dalla copertina che si trattasse
dello stesso libro che stava leggendo prima di
quell'interruzione. Era quello, eppure era un libro
completamente diverso. La copertina era identica,
così il formato e le pagine ingiallite. Anche il
carattere tipografico era lo stesso, ma non si
trattava più di un trattato di matematica. Si
trattava di un romanzo.
Il linguaggio non era più quello ottocentesco. Era
una lingua moderna che raccontava una storia che
poteva benissimo essere ambientata nel presente.
"Divorò" il primo capitolo in un quarto d'ora al
massimo. Il vecchio era sempre più perplesso.
La prima sorpresa della lettura fu il nome di uno
dei personaggi: Luigi Paolo Barbafiera. Andò avanti
ancora più speditamente nella lettura. Era pazzesco.
Le coincidenze non si fermavano al nome, identico al
suo. Il personaggio era un anziano professore in
pensione, che era solito trascorrere l'estate al
mare in una vecchia villetta in compagnia del
nipote, Simone, di sette anni:
"Una mattina il professore trovò un vecchio libro
nella libreria di famiglia. Lo prese per leggerlo e
la lettura lo accompagnò per tutto il giorno, fino
al letto. Quella notte scoprì che nel libro si
parlava di lui stesso…"
Era troppo. Gettò spaventato il libro contro
l'armadio, come se fosse fatto di materia
radioattiva. Rimase per parecchi minuti ansante, lo
sguardo fisso allo specchio infranto dell'armadio.
Si sentiva soffocare ed un improvviso calore gli
saliva al viso. "Luigi" si disse mentalmente "Fammi
il piacere di tenere la testa a posto!". Lo disse
mentalmente perché se avesse pronunciato quelle
parole sarebbe stato terrorizzato ancora di più dal
suono della sua voce tremante.
Il libro giaceva sul tappeto, tra le schegge di
vetro, immobile eppure stranamente animato. L'uomo
rimase a fissarlo a lungo, poi si decise a
riprenderlo in mano. Si ferì leggermente il mignolo
con una scheggia. Doveva togliere quel casino
l'indomani, al più presto, prima che Simone si
facesse male. Cosa si sarebbe inventato per
spiegarlo al nipote? Ci avrebbe pensato a mente
lucida, l'indomani.
Aprì di nuovo il libro con le dita tremanti. Lasciò
sulle pagine una goccia rossa che si spanse lenta
nel giallo pallido della carta. Era tornato tutto
normale, come se si fosse immaginato tutto. C'erano
di nuovo le solite espressioni matematiche con le
relative spiegazioni. Scorse il volume da cima a
fondo. Delle pagine che pure era sicuro di aver
letto non c'era traccia.
Sbatté le palpebre e si infilò la vestaglia di
nuovo. Non restava che tornare a letto e sperare che
con una buona dormita le cose riprendessero a
scorrere con la logica di sempre. Ammesso
naturalmente che fosse possibile prendere sonno.
Ciabattò fino alla libreria e ci rimise il libro.
L'idea di averlo in camera mentre dormiva non gli
piaceva.
Per tutto il giorno seguente, dopo aver sistemato la
sua stanza, raccolto tutte le schegge dello specchio
e inventato una fandonia da raccontare al nipote (un
pipistrello rincitrullito entrato dalla finestra)
che solo un bambino avrebbe potuto credere, Luigi
non fece altro che camminare nervoso per la casa,
pensando, e pensando… Era impazzito? Senilità?
Allucinazione? Perché non riprovare a prendere il
libro, adesso, con la luce del giorno bonaria e
amichevole, lontano dagli spettri della notte e
soprattutto da quelli della sua mente.
Entrò nella libreria. Prima di fare ciò, controllò
il nipote: pedinava una lucertola. Bene. Si avvicinò
allo scaffale. Prese il libro. Si accorse che le
mani gli tremavano. Aprì una pagina a caso.
"Sebbene l'ipotesi di formule dinamiche, come
accennato dal matematico francese del…"
Richiuse il libro e sorrise. Che sciocco, aveva
fatto un po' volare la fantasia pensando che nel
libro ci fosse realmente la sua storia. "Luigi sei
ancora giovane, non fare scherzi", disse ad alta
voce, sorridendo nuovamente. Guardò l'orologio della
libreria: venti a mezzogiorno, era tardi, avrebbe
dovuto preparare il pranzo. Uscì dalla stanza
pensando a qualcosa di rapido da cucinare, e
promettendosi che avrebbe continuato la lettura del
libro più tardi.
"Nonno, la lucertola è scappata!" esclamò il nipote
come se avesse perso lo zaino con tutti i suoi
oggetti personali in fondo a un fiume.
"Ah, che insolente!" replicò il nonno, con gli occhi
che ridevano, nel vedere suo nipote così pieno di
vita. "Tieniti pronto, che è quasi ora di pranzo"
comunicò il nonno ad una tenda in movimento, che
aveva appena visto passare Simone, intento ora alla
"caccia del gatto".
La giornata trascorse tranquilla e, dopo cena, una
volta messo a letto il bambino, Luigi fu finalmente
in grado di ritirarsi a letto in compagnia del suo
migliore amico: un libro da leggere. Come si era
riproposto, riprese la lettura del libro delle
coincidenze.
Una riga, due righe, tre righe, quattro righe…
Un urlo misto ad un pianto soffocato si udì in
maniera forte e precisa, con il nonno che sbatteva
forte la mano destra chiusa a pugno sul muro della
camera.
"Nonno, nonno!", chiamò il nipote, svegliato
dall'urlo dell'uomo e ora vittima della paura. Luigi
si ricompose come meglio poté, giusto il tempo per
andare nella stanza del nipote e rassicurarlo. Ma
stavolta fallì. I bambini puoi ingannarli con la
fantasia, ma non puoi nascondere loro la realtà che
c'è in fondo al tuo sguardo. Gli occhi lucidi
dell'uomo non potevano sfuggire al nipote.
Quando fu certo che Simone si fosse addormentato di
nuovo, Luigi fece una cosa che non aveva mai fatto:
lasciare il bambino solo in casa. Si mise una giacca
leggera, con ancora indosso il pigiama, uscì e si
avviò al più vicino cassonetto dell'immondizia,
distante circa trecento metri. Posò il piede sul
pedale che comandava l'apertura del coperchio e
scagliò il libro con forza e rabbia all'interno del
cassonetto. Poi, quasi correndo, si diresse verso
casa, con le stelle sbircianti e il mare urlante.
'Basta - disse a se stesso - non so spiegare tutto
questo ma non voglio saperne più niente'.
La mattina successiva, non avendo tra l'altro chiuso
occhio per tutta la notte precedente, Luigi la passò
tra il cercare di combattere un sonno che lo
attanagliava e il fuggire dallo sguardo
scandagliante del nipote.
'Staserà inizio un nuovo libro… ecco, questa è
proprio un'ottima idea…' risolse Luigi, tra mille
inquietudini.
Quella sera, il nonno di Simone prese un libro a
caso dalla libreria, guardò il titolo: "Nulla
succede per caso. Le coincidenze che cambiano la
nostra vita", di Hopcke Robert H. Luigi rimase
impietrito, si sentiva come se avesse inghiottito un
iceberg, tanto era il gelo che sentiva dentro la sua
anima. Non ricordava di avere quel libro. Anche
questa una coincidenza… un titolo così… l'uomo fu
tentato di posare il libro, ma poi meditò che così
facendo, non avrebbe fatto altro che fomentare le
sua manie e fissazioni, poiché di questo si
trattava, ne era sicuro, o almeno cercava di
convincere se stesso.
Si avviò verso la sua camera e si mise a letto.
Iniziò a leggere, partendo dalla prefazione:
"Robert H. Hopcke esplora l'universo delle
coincidenze, di ciò che sembra avvenire per "puro
caso" e ha la forza di modificare la nostra
esistenza, cambiando l'immagine di noi stessi e il
nostro modo di vedere il mondo, aprendoci nuove
prospettive. L'autore individua il ruolo di questi
eventi in campo affettivo e professionale, nella
realtà e nel mondo dei sogni, negli aspetti
materiali e in quelli spirituali della vita; e,
attraverso una serie di racconti di esperienze
vissute, ci mostra come questi accadimenti
riflettano in realtà il nostro stato d'animo
interiore e riescano spesso a scuoterci, indicandoci
la direzione per noi migliore."
L'inizio lo rincuorò un po', forse aveva trovato
proprio la lettura giusta per lui, si convinse, o
meglio tentò di convincersi. Si, tutto questo altro
non era che una coincidenza… forse, nel libro che
aveva gettato via, altro non c'era che una piccola
digressione, in cui si menzionava un uomo che aveva
il suo nome… tutto qui, una coincidenza, appunto,
mica poteva essere il solo a portare il nome di
Luigi Paolo Barbafiera, giusto? Un semplice caso di
omonimia, oppure un nome scaturito dalla fantasia
dell'autore, il quale, tra l'altro, era vissuto
molti anni prima di lui… non doveva sentirsi pazzo
per ciò che aveva letto nel libro, ma per il suo
successivo comportamento, ossia buttare via, in una
maniera ben poco normale, un innocuo libro. Proseguì
nella lettura, e più leggeva e più si sentiva
meglio. Coincidenze, ah quante ne capitano nella
vita. Ricordò con un misto di allegria e nostalgia
il mercato vicino la casa dove viveva con i suoi da
piccolo, il banco di frutta dove sua madre faceva
sempre la spesa, e d'estate, quando non aveva
scuola, andava con la mamma per aiutarla; al banco
lavorava un ragazzo che di cognome faceva Mela e,
diverso tempo più tardi, fu assunto un ragazzo che
si chiamava Luca Cotogna, già, ricordava ancora
tutto, le risate quando le signore chiedevano se
avevano le mele cotogne e, quasi sincronizzati, Luca
e Mario (Mela) scattavano pronti esclamando "eccoci!
Siamo Mela - Cotogna" tra le risate di tutti i
gestori dei banchi attigui, che conoscevano questa
coincidenza di due cognomi del genere in quel luogo.
E che dire, riguardo la sera stessa in cui rimase
vedovo, cosa stava guardando in tv…? "Il vedovo",
con Alberto Sordi, quando ricevette la telefonata
della sorella di sua moglie, che gli comunicava
l'incidente avuto al ritorno dal ristorante, seguito
di un matrimonio a cui lui non aveva partecipato.
Coincidenze… coincidenze, quante ce ne sarebbero da
elencare… Riprese la lettura:
"Luigi, tentava sempre più di convincersi che
quello che aveva trovato scritto nel libro, altro
non erano che coincidenze, non curandosi, che forse,
se avesse approfondito la lettura, avrebbe potuto
scoprire…"
Una fitta al petto, un dolore allo spasimo, il libro
cadde dalle mani di Luigi e rotolò sul pavimento.
L'uomo, raccogliendo le ultime energie di una vita
quasi dimissionaria, afferrò la scatola delle
medicine del cuore, come le chiamava lui. Tre gocce
sotto la lingua, amare come il fiele e per il
momento la Vita rientrò le dimissioni dal corpo
tormentato del nonno.
Un uomo, che dall'aspetto avrebbe potuto avere
ottant'anni, e che dal tremore delle mani avrebbe
fatto pensare al morbo di parkinson, chiamò Simone
per la cena.
Pasta scotta con sugo confezionato.Gli ultimi
giorni, Luigi li aveva passati a girare le librerie
e le edicole dei paesi circostanti. Comprava un
libro o una rivista, ci dava uno sguardo, tutto ok,
poi, una volta a casa, nel suo letto, puntualmente
trovava il suo nome e, puntualmente, sentiva il suo
cuore in pericolo.
"Nonno? Nonno, ti senti bene…?"
"Sì… sì… bene… bene…" rispose l'uomo, lo sguardo
assente e le forchetta lasciata a metà tra il piatto
e la bocca. Luigi ricordò le parole trovate scritte
nel libro sulle coincidenze:
"Luigi, tentava sempre più di convincersi che
quello che aveva trovato scritto nel libro, altro
non erano che coincidenze, non curandosi, che forse,
se avesse approfondito la lettura, avrebbe potuto
scoprire…"
Che cosa avrebbe potuto scoprire? Che cosa
significava tutto questo? Due erano le possibilità:
o era completamente impazzito, oppure… oppure cosa?
- Si domandò l'uomo.
"Ma certo!" Luigi cacciò un urlo che rompeva un
silenzio di giorni, sbattendo forte la mano destra
sul tavolo, facendo rovesciare l'acqua dal bicchiere
del nipote, che oramai appariva sempre più
terrorizzato dal comportamento anomalo del nonno, il
quale, nel frattempo, si era diretto verso la
libreria, aveva preso un libro a caso, si era chiuso
nella sua stanza e aveva iniziato a leggere.
'Ora è tutto chiaro, i libri stanno cercando di
comunicarmi qualcosa, ecco cosa sta succendo, devo
assolutamente leggere fino in fondo cosa c'è
scritto' fu il pensiero dell'uomo, che iniziò a
macinare decine di pagine una dopo l'altra,
nell'attesa che comparisse un pezzo che lo
riguardasse. Stavolta, sembrava che tardasse a
venire, tra l'enorme frustrazione dell'uomo, che a
differenza delle volte precedenti, non solo non
temeva di scorgere un paragrafo su di lui, ma al
contrario lo desiderava intensamente. Alla fine,
quando mancavano appena venti pagine alla
conclusione del libro "La storia infinita" di
Michael Ende, ecco che ricomparve questo personaggio
di nome Luigi Paolo Barbafiera.
L'uomo sbranò ogni virgola, di una storia che
oramai, definirla semplicemente piena di
coincidenze, sarebbe apparso ridicolo a chiunque
dotato di buon senso.
Quando il nonno di Simone completò la lettura, un
lenzuolo appariva dipinto sul suo viso. I capelli
bianchi si erano moltiplicati come lumache dopo un
temporale e quel poco di forza vitale rimasta in
lui, aveva già fatto sapere che avrebbe lasciato
quel corpo derelitto senza neanche un preavviso di
sette giorni.
L'uomo rilesse il breve paragrafo:
"Così Luigi, in preda ad un raptus, prese il
coltello che usava per affettare l'arrosto, e lo
conficcò ripetutamente nel petto del nipote…"
Lacrime scendevano dagli occhi gonfi dell'uomo,
un supplizio lacerante dell'anima saliva su ma non
trovava sfogo, sbocco.
"Perché, perché…" ripeteva, scuotendo la testa. "E'
solo un libro… è solo uno stupido libro… è soltanto
una sciocca coincidenza… il nome… il luogo… tutti i
nomi!!!"
Non poteva ingannarsi da solo, quelle non potevano
essere coincidenze. Era un assassino, ecco cos'era
diventato, anzi, uno psicopatico, che uccide senza
ragione. Non poteva permettere una cosa simile, mai.
Il libro finiva con lui rinchiuso in un istituto, ma
per la miseria, il futuro si può cambiare! Cosa ci
stava a fare il libro allora? Questa non era una
coincidenza, il libro era proprio venuto in suo
aiuto, e lui non avrebbe sprecato l'occasione, mai.
Si avviò al telefono e chiamò il figlio.
"Simone sta molto male, ho già chiamato il medico,
non so cosa sia successo, ma sbrigati a venire".
Poche parole, fredde a calcolate. Se il figlio fosse
partito subito, tempo sei ore e sarebbe arrivato.
Tutto il tempo per impedirsi di fare ciò che c'era
scritto nel libro.
Simone si avvicinò al nonno. L'uomo guardò il
nipote, prossimo alle lacrime:
"Simone, il nonno sta bene, tranquillo, anzi, ti do
una bella notizia: tra poco sarà qui tuo padre, sei
contento?"
"Papà viene qui?! evvai! Papà viene qui, e quando
arriva?"
"Presto, molto presto"
"Nonno, perché non prepari un bell'arrosto, lo sai
che papà ci va matto".
L'uomo raggelò. Sentiva le gambe cedergli. Il
pensiero dell'arrosto gli dava il voltastomaco.
"Simone, l'arrosto non c'è, lascia stare"
"Ma nonno, il supermercato è vicino, perché non ci
andiamo?"
"Simone, lascia stare l'arrosto ti ho detto!"
Il bambino, alle urla dell'uomo, iniziò a piangere.
"Nonno, ma perché…" e tirava su col naso.
"Basta Simone, capito? L'arrosto non c'è!"
"Ma nonno c'è il supermer…"
"Basta ho detto!! Simone vai subito in camera tua,
va bene?"
"No, voglio che fai l'arrosto per il mio papà"
Simone si impuntò.
"Simone, adesso basta, vai immediatamente in camera
tua, subito!"
"No"
Così Luigi, in preda ad un raptus, prese il coltello
che usava per affettare l'arrosto, e si avviò verso
il nipote, distante pochi metri.
"Nonno…!!" Un urlo impressionante, di un bambino che
vede crollare un mito, una certezza, perforò i
timpani dell'uomo, e si introdusse nel suo cuore,
nel mentre che il coltello procedeva diretto verso
il petto del bambino, fattosi piccolo in un angolo,
le mani sopra la testa.
Luigi, lasciò cadere il coltello, crollo sul
pavimento, e pianse.
"Aiuto…" mormorò appena. Guardo l'orologio: no, non
c'era tempo, non poteva più aspettare, doveva farlo
ora, immediatamente.
Corse in giardino, entrò nel capanno degli attrezzi,
salì su una scala, afferrò una scatola da un
soppalco, la portò giù. Da essa, estrasse un fucile
da caccia, poi, da una scatola più piccola, prese un
proiettile, caricò il fucile, si infilò più che poté
la canna in gola, e premette. Nel quasi
impercettibile, invisibile, quasi inesistente
istante che intercorse dal momento che il grilletto
fu premuto e il proiettile fu scaraventato dentro di
lui, il pensiero di Luigi andò a Simone, a quanto
gli volesse bene e consapevole che quello che stava
facendo era solo ed esclusivamente per salvare la
vita del nipote.
DA "IL CORRIERE DELLA SERA" 16 FEBBRAIO 2008
Ieri pomeriggio, un uomo di sessantaquattro anni,
Luigi Paolo Barbafiera, si è tolto la vita con un
colpo di fucile in gola. L'uomo non aveva mai
mostrato in precedenza episodi di instabilità
emotiva. Ignote le ragioni del suo gesto. Nella
tasca dei pantaloni dell'uomo, è stato rinvenuto un
libro "Combinazioni fatali" del noto scrittore
Giorgio Ugoletti, libro che tratta di un uomo che
uccide il nipotino in preda ad un raptus.
Dalle prime ricostruzioni di questo tragico evento,
pare che l'uomo avesse tentato di uccidere il
nipote, Simone, di sette anni, poco prima di
compiere il suo gesto. Questo fatto curioso è stato
fatto notare al capo della polizia locale, Arturo
Pieromanno, il quale ha risposto laconicamente: "Si
tratta solo di una coincidenza"
Firenze, 13 febbraio 2008 - Ardea, 17 febbraio
2008
|
|
|