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Narrativa
Poesia italiana
Poesia in lingua
Questa rubrica è aperta a
chiunque voglia inviare testi poetici inediti,
in lingua diversa dall'italiano, purché rispettino i più elementari principi
morali e di decenza...
poesie di Lucia
Dragotescu, Manuela
Leahu
Incontri nel giardino
autunnale
Recensioni
- "Parole
e paesaggi" di Roberto Mosi, nota di
Massimo Acciai
- "Itinera" di
Roberto Mosi, nota di Massimo Acciai
- "O lupo è addiventato
pecorella" di Dario De Lucia, nota di
Massimo Acciai
- "Le inquietudini
dell'esistenza" di Elena Gianolio Jung,
nota di Massimo Acciai
- "Pittori Piuttosto
Pittoreschi" di Massimo Zanicchi
- "Pensieri a banda larga"
di Dimitry Rufolo, nota di Massimo Acciai
- "Come perdere la testa
e a volte la vita" di Claudio Risé, nota
di Enrico Pietrangeli
- "Mille parole" di
Cesare Lorefice, nota di Anna Maria Volpini
- "Ci siamo" di Marco
Ciurli, recensione di Elena Fratini
- "Premiata Forneria
Marconi 1971-2006" di Donato Zoppo, nota
di Enrico Pietrangeli
- "Una ragionevole strage"
di Mireille Horsinga-Reno
- "Diary" di Chuck
Palahniuk, recensione di Simonetta De Bartolo
- "Approdi" di Monica
Osnato, recensione di Simonetta De Bartolo
- "Ogni angolo del cuore"
di Francesco Cecchi
- "Viaggiando verso
l'ovest" di Rossella Presicce
Saggi
Filosofia
La filosofia politica di
Platone come filosofia pratica
di Apostolos
Apostolou
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" Non puoi lasciare Marrakech
senza aver provato le sue mani." Il viso del vecchio
si trasfigurò in un sorriso malizioso, la pelle
rugosa cotta dal sole e i radi denti gialli
sembravano appartenergli solo per incidente. Era
giovane, di nuovo giovane, e attratto da quel
sottile piacere sensuale. Ero a Marrakech da una
settimana, il suo fascino torbido e decadente mi
aveva ammaliata, e quella che doveva essere una
semplice tappa lungo un articolato itinerario
rischiava di diventare la mia dimora. Almeno per un
po'. Ero partita con le idee confuse ed il bagaglio
leggero, seguendo quell'irrequieta voce che mi
ripeteva :"Lascia tutto, è tempo di rigenerarsi."
Ciclicamente la vocina mi pungolava, ed io le avevo
dato retta trasferendomi per un anno in una Parigi
un po' bohémien e poi in una nevrotica New York.
Tutto ciò che mi occorreva era dentro la valigetta
nera: un portatile pronto ad accogliere le mie
storie. Il resto poteva attendermi a tempo
indeterminato. Il primo giorno avevo incontrato il
vecchio, ed ora non potevo più rinunciare al suo the
alla menta. Emanava il fascino antico della sapienza
orale, ed io lo seguivo ipnotizzata nel frastuono
dell'odoroso suk. Varcando la soglia fui stordita
dall'intenso profumo di mirra, era una stanza
minuscola e densa di decorazioni. Alle pareti decine
di mani fotografate, tutte ornate di henna. Lei,
completamente celata da veli variopinti, più per
vezzo che per necessità, mi studiò con i suoi grandi
occhi d'inchiostro. Un lieve movimento dell'esile
polso per indicarmi il lettino ed un silenzio
eloquente. Mi spogliai ed attesi. Mi versò il
tiepido olio berbero sulla schiena ed iniziò a
prendersi cura di me. Non era un semplice massaggio,
le sue mani cannella erano quanto di più soave e
sensuale si potesse sognare. Con una voce un po'
gutturale ed una cadenza da nenia mi spiegò
dell'albero delle capre da cui si ricava quell'olio
fragrante che trasforma la pelle in seta, ed io
diventai acqua fra le sue dita sapienti. Ero fuori
dal tempo e dallo spazio, i rumori indistinti del
mercato mi cullavano, e polvere di luce mi
accarezzava dalla stretta finestra. Divenne una
dipendenza. Ogni giorno, quando il cielo sanguinava
e gli incantatori di serpenti affascinavano i
turisti, io interrompevo le storie del vecchio e mi
abbandonavo alle sue mani. Allora sembrava che le
mie parole uscissero dal luogo segreto in cui le
custodivo, bisbigliavo con lentezza le frasi che
avrebbero trovato riposo tra le pagine mentre lei mi
impastava il corpo. Le vicende del vecchio, filtrate
dalla mia fantasia, si inanellavano sulle mie labbra
appena dischiuse, ed io ringraziavo la sorte d'aver
trovato la giusta alchimia per poter continuare a
creare. Le mani rugose del vecchio gesticolavano
agilmente mentre mi narrava di quel passato
misterioso ed idealizzato, le sue mani tatuate
scorrevano abili sulla mia pelle lucente d'olio, le
mie ricadevano scomposte e rilassate nel benessere.
Non sono più partita da Marrakech, le mie mani
continuano a digitare veloci nelle notti stellate, e
la mia impaziente voce interiore resterà in silenzio
sinché la mia ispirazione non si sopirà. Solo allora
potrò stringere le loro mani per l'ultima volta
senza rimpianti.
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