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Narrativa
Poesia italiana
Poesia in lingua
Questa rubrica è aperta a
chiunque voglia inviare testi poetici inediti,
in lingua diversa dall'italiano, purché rispettino i più elementari principi
morali e di decenza...
poesie di Lucia
Dragotescu, Manuela
Leahu
Incontri nel giardino
autunnale
Recensioni
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e paesaggi" di Roberto Mosi, nota di
Massimo Acciai
- "Itinera" di
Roberto Mosi, nota di Massimo Acciai
- "O lupo è addiventato
pecorella" di Dario De Lucia, nota di
Massimo Acciai
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nota di Massimo Acciai
- "Pittori Piuttosto
Pittoreschi" di Massimo Zanicchi
- "Pensieri a banda larga"
di Dimitry Rufolo, nota di Massimo Acciai
- "Come perdere la testa
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- "Mille parole" di
Cesare Lorefice, nota di Anna Maria Volpini
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- "Premiata Forneria
Marconi 1971-2006" di Donato Zoppo, nota
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- "Una ragionevole strage"
di Mireille Horsinga-Reno
- "Diary" di Chuck
Palahniuk, recensione di Simonetta De Bartolo
- "Approdi" di Monica
Osnato, recensione di Simonetta De Bartolo
- "Ogni angolo del cuore"
di Francesco Cecchi
- "Viaggiando verso
l'ovest" di Rossella Presicce
Saggi
Filosofia
La filosofia politica di
Platone come filosofia pratica
di Apostolos
Apostolou
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I misteri della psiche: la
sincronicità
La sincronicità è uno dei pochi
fenomeni psichici veramente misteriosi che io
conosca e di cui posso avventurarmi a dire qualcosa
in base alla mia formazione e alla mia esperienza
clinica e personale. Cominciamo col definire il
concetto: la sincronicità è la coincidenza
significativa nel tempo di un evento psichico
(sogno, intuizione, presentimento...) e di un fatto
fisico (incontro, incidente...). Si tratta quindi di
fenomeni di natura opposta che per un soggetto e dal
punto di vista simbolico dicono la stessa cosa nello
stesso tempo. La coincidenza può essere
rappresentata da un avvenimento esteriore che
conferma, sempre simbolicamente, un mio stato
interiore. Si dice per esempio che il vecchio Jung,
mentre stava meditando nel giardino della sua casa
di Bollingen, era talmente nel Tao, talmente in
armonia con il mondo che un uccello si pose sul suo
capo e lì rimase per diversi minuti!
Prima di addentrarci maggiormente in questa
problematica mi sembra necessario distinguere il
mistero dall'ignoto. In realtà molte persone tendono
a confondere i due termini. "Ignoto" può essere
qualsiasi fenomeno che sfugge alla nostra
percezione, che non si conosce ancora o che è
momentaneamente privo di spiegazione razionale
benché sia suscettibile di riceverne una in futuro
(la scienza scruta l'ignoto).
Per quanto riguarda il mistero si deve risalire
all'origine della parola stessa. La parola "mistero"
infatti proviene etimologicamente dal greco mys-ô,
chiudere le labbra, che dà anche mysein, chiudersi
dentro. Quindi mistero come qualcosa che anzitutto
si vive, si sperimenta dentro di sé e che richiede
pertanto il silenzio, ovvero l'assenza di
spiegazione.
Quel che abbiamo detto finora era necessario per
poter passare agli esempi, i quali danno sicuramente
una comprensione più immediata della cosa, ma che
senza l'appoggio di certe premesse teoriche non
avrebbero potuto, credo, soddisfare le esigenze del
nostro spirito critico. Incominciamo con un esempio
generico: sogno una persona e il l'indomani
l'incontro per strada. Magari non la vedevo da tempo
e tutto è avvenuto per caso. Parlando con questa
persona viene fuori che quella mattina aveva
sbagliato strada e quindi non avrebbe dovuto
trovarsi lì. A questo punto ricordo che anch'io
quella mattina avevo aspettato diverso tempo prima
di decidermi ad uscire di casa, per via di una non
ben definita indecisione. Ora, questa concentrazione
di coincidenze potrebbe rivelarsi altamente
significativa se quella persona mi narrasse una
storia che mi tocca nell'intimo, che si associa ad
un problema che non so come affrontare o che sto
cercando di reprimere. Quell'episodio di indecisione
o di confusione prima di uscire di casa (e che ha
reso possibile l'incontro) rappresenterebbe in quel
caso un condizionamento temporale durante il quale
parte degli eventi fisici sembrano aggiustarsi
secondo un senso inconscio da scoprire. In quei
momenti il tempo sembra esprimere una qualità che si
rispecchia negli eventi (il problema portato a galla
dall'amico casualmente ritrovato). Un altro esempio
è quando si apre un libro su di una pagina a caso e
si cade su di un passo dal quale emerge una
questione importante.
Si potrebbe però pensare che questi racconti siano
troppo generici, oltre che ipotetici. Passiamo
pertanto ad esempi più articolati e che si sono
realmente verificati. Il primo è quello, diventato
ormai famoso, dello "scarabeo d'oro" che Jung cita
nel suo libro La sincronicità. Jung ebbe in cura una
giovane paziente che proveniva da due esperienze
negative con medici diversi. Un sogno particolare
emerse in un momento decisivo dell'analisi. In quel
sogno la paziente riceveva una spilla dorata dalla
forma di scarabeo. Mentre ella raccontava il sogno,
Jung era seduto con le spalle voltate verso la
finestra chiusa. D'un tratto egli udì un rumore,
come se qualcosa bussasse piano contro i vetri; si
voltò e vide un insetto alato che urtava
dall'esterno contro la finestra; aprì la finestra e
prese l'insetto al volo: era l'analogia più vicina
ad uno scarabeo d'oro, ossia una cetonia aurata,
comunemente chiamato coleottero delle rose. Proviamo
ad analizzare l'episodio. Anzitutto va detto ai
partigiani della pura casualità che non è nelle
abitudini di questo tipo di insetto avvicinarsi ad
ambienti bui. In secondo luogo è chiaro che il sogno
è avvenuto prima dell'episodio e quindi al massimo
ha potuto suggestionare Jung e spingerlo a questa
insolita e rischiosa "entrata in scena". Rischiosa
in quanto si trattava di una paziente che Jung
descrive come particolarmente difficile, educata
alla filosofia cartesiana e prigioniera di una vera
e propria corazza razionalistica che nemmeno gli
sforzi di due medici avevano potuto ammorbidire. In
questi casi non è difficile supporre che la paziente
non avrebbe di certo perso l'occasione per burlarsi
di lui e delle sue "teorie".
Quel che fa supporre ad una sincronicità è però il
rapporto tra la situazione della sognatrice e il
significato simbolico-culturale dello scarabeo. La
figura dello scarabeo è in effetti un antico simbolo
egizio, apparentato all'alchimia e il cui
significato era legato al tema del rinnovamento e
del ciclo vitale. In certe rappresentazioni è
raffigurato nell'atto di spingere il dio sole Râ
fuori dalla lunga e oscura notte, allo stesso modo
in cui nella realtà lo scarabeo spinge,
arrotolandoli, i suoi escrementi contenenti
l'embrione. Noti sono i paralleli alchemici tra gli
escrementi e l'oro, tra lo stadio della putrefatio e
quello della rinascita. Vediamo quindi che lo
scarabeo è un antico simbolo di rinascita. Ed è
proprio di un rinnovamento della personalità ciò di
cui quella paziente aveva urgente bisogno. Mi pare
di poter dire con Jung che l'episodio abbia assunto
il valore di un evento irrazionale in grado di fare
ciò che i medici non avevano potuto compiere, ovvero
addolcire quella corazza razionale che teneva la
paziente prigioniera e impediva la sua evoluzione.
Al proposito Jung scrive che da quel momento il loro
rapporto analitico migliorò notevolmente.
Il prossimo esempio risale a diversi anni fa e
proviene dalla mia esperienza personale. Mi stavo
interessando da vicino al simbolismo della pietra
quando nacque in me l'esigenza di trovarne una
materiale che potesse in qualche modo diventare la
mia pietra. Il lapis era per gli alchimisti simbolo
di una saggezza concretamente vissuta, che
riguardava quindi non tanto il sapere, ma l'essere.
Esso rappresentava dunque una meta interiore
intensamente agognata, anche perché, come ha
mostrato Jung, doveva supplire alle carenze lasciate
dai dogmi della Chiesa e della filosofia. Quella
pietra concreta che andavo cercando doveva
assomigliare all'immagine della pietra che si era
formata progressivamente dentro di me. Solo che
quella immagine era ancora per la verità molto
rudimentale e quindi non avevo proprio nessuna idea
di che cosa avrei potuto trovare. Ora posso dire che
inconsciamente chiedevo al caso di darmi una mano,
di chiarirmi il significato simbolico della pietra.
In quel periodo un amico mi propose di fare una
passeggiata sul monte Carameto e qui, volendo,
troviamo uno di quei giochi di parola appositamente
ingenui di cui gli alchimisti si servivano
abbondantemente: la "cara meta". La pietra
filosofale corrisponde effettivamente
all'espressione più cara della meta degli
alchimisti. Tuttavia, scegliemmo un altro monte, più
roccioso: ero sicuro che lì la mia pietra mi sarebbe
prima o poi capitata sotto i piedi perché quel monte
era per così dire una roccia unica.
In realtà, trovai solo della gran fatica e un
paesaggio maestoso da contemplare, in silenzio.
Successivamente uno sbaglio di sentiero ci permise
di scorgere un bel faggio solitario che si ergeva
nel mezzo di una piana di altura. Era nato e
cresciuto in mezzo a delle rocce e da un suo ramo
pendeva un crocifisso lasciato probabilmente da un
qualche scout. Così congiunto alla roccia sembrava
quasi ibrido e si prestava particolarmente a
ricevere il crocifisso dato che il lapis
philosophorum era anche una chiara allegoria del
Cristo. Pochi giorni dopo, un conoscente mi parlò
dei saguari, quei grandi cactus del deserto
messicano, con le pietre che immancabilmente vi si
trovano ai piedi. In quel momento stavo proprio
pensando al faggio e gli chiesi scherzando se per
caso non avesse letto nel mio pensiero. Capitarono
altre coincidenze in relazione con il tema della
pietra. Mi si chiese informazioni su di una ragazza
di nome Pietrina che non ho praticamente mai
conosciuta, dovetti accompagnare la famiglia a
Pietra Ligure e, in ultimo, nel recarmi all'Aci
passai davanti alla pizzeria "La pietra", un locale
che mi colpì per la sua ubicazione: da un lato la
sua vista è chiusa dalla vegetazione di un parco e
dall'altro lato da un bar che le sta davanti.
Curiosamente, questo si accorda con quel che gli
alchimisti dicevano della loro pietra, cioè che non
dava nell'occhio, che poteva facilmente essere
ignorata se non derisa, "calpestata nel fango dalle
bestie da soma e dai greggi". Senz'altro intendevano
dire che la cosa preziosa risiede in un luogo al
tempo stesso molto vicino e infinitamente distante,
in un luogo snobbato dove nessuno cercherebbe mai.
Si tratta, credo, di una variante del tesoro
ricercato in ogni dove e finalmente trovato nella
propria cantina, un tesoro fatto però di cose
essenziali anziché appariscenti, di semplicità, di
luce, di armonia, di "piccole gioie" direbbe Hermann
Hesse.
Finalmente la mia pietra mi capitò per caso sotto i
piedi durante una passeggiata su di una collina che
frequentavo spesso, e corrisponde proprio ad un
sassolino grigiastro e comunissimo dalla forma
piramidale e dalla superficie rugosa. Ma questa
"storia di pietre" proseguì. Da tempo cercavo un
locale più adatto per il mio studio e lessi
l'annuncio di un professionista che cercava qualcuno
per dividere il suo studio. Quel locale l'ho poi
condiviso con un certo Aldo Pietra! E il luogo, cioè
la via nonché il numero civico corrispondono
perfettamente al luogo di nascita di mio nonno, come
scoprì con sorpresa da una vecchia sua carta
d'identità casualmente ritrovata. Secondo Jung la
pietra è uno dei simboli maggiori del Sé, ovvero
l'archetipo della completezza psichica, la quale non
è tale se non ha radici. Mi spiace per i sostenitori
della integrazione culturale, della
mondializzazione, ma essere parti interscambiabili
di un stesso sistema è un fantasma che preclude
l'individuazione. Uno degli effetti veramente
sorprendenti della realizzazione dell'inconscio è
proprio quello di assegnare al soggetto anche un
posto all'esterno, fenomeno che ha il sapore del
destino (non solo ci si sente più sé stessi, ma si
sente anche l'appartenenza ad un luogo e ad una
cultura). Si tratta di un mistero nel vero senso
della parola perché dipende anche e comunque dalla
percezione e dall'accettazione del soggetto, dalla
possibilità che un dato evento o una data serie di
eventi faccia senso per lui e perché troviamo un
chiaro richiamo all'Unus Mundus degli alchimisti, il
"mondo uno" delle corrispondenze tra la Natura e
l'Uomo, tra macrocosmo e microcosmo. Si riaffaccia
qui in maniera evidente l'importanza, nonostante il
richiamo ad una "psiche oggettiva" nella stessa
teorizzazione junghiana, della sfera del soggetto.
Uno dei meriti della teoria della sincronicità è che
permette il recupero del senso di certe situazioni
solo apparentemente casuali e quindi del senso
dell'esistenza. In definitiva credo che la grande
sfida ch'essa pone consiste nel tentativo di
ricomporre il collegamento tra il singolo individuo
e l'assoluto, mediante però la psiche e l'esperienza
personale anziché attraverso riti collettivi, dogmi
o Scritture. In questo modo pensiero e sentimento,
teoria ed esperienza, razionalità ed irrazionalità
si accordano per unire l'anima al mondo, una
concezione, questa, già nota agli alchimisti e a
pensatori come per esempio Giovanni Pico, ma che ora
può avvalersi grazie a Jung di una esposizione
scientifica necessaria allo spirito moderno.
Antoine Fratini
Associazione Europea di Psicoanalisi
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