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Narrativa
Questa rubrica è aperta a
chiunque voglia inviare testi in prosa inediti,
purché rispettino i più elementari principi
morali e di decenza...
Elogio al
portafogli di Giuseppe Costantino
Budetta, L'uovo
di Natalia Radice,
La spia di Lorenzo Spurio,
Ho insegnato che
lontano, al di là di quei monti, c'è Firenze
di Anna Maria Volpini
Poesia italiana
Recensioni
In questo numero:
- " Mai andare a Sighet" di LMS e CVX
- "Sempre ad Est" di Massimo Acciai,
recensione di Lorenzo Spurio
- "Le stanze del cielo" di Paolo Ruffilli,
nota di Enrico Pietrangeli
- "Luna di Lenni" di Berardi Emanuele
- "Antidoti umani"di Francesco Verso
- "Il diario di Ombrallegra" di Dimitry Rufolo,
nota di Massimo Acciai
Articoli
Letteratura per la Storia
Interviste
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"Ha qualcosa da dire in sua
difesa?"
"Sono solo un robot, Vostro Onore".
V e ultima udienza processo a Robot Spleen,
assassino
La sera si levava sempre il vento. Era una vera
benedizione, perché spirava da nord, fresco e
asciutto. Quando arrivava il vento, al calar del
sole, Martha si sentiva sollevata. Era passato un
altro giorno, torrido e pesante. Uno in meno. Non
esisteva una data prefissata di rientro sulla Terra,
ma Martha aveva potuto resistere fino a quel momento
perché non aveva mai smesso di ripetersi che,
nonostante si trovassero lì da diversi anni, la loro
permanenza era da considerarsi temporanea e che,
prima o dopo, il conto alla rovescia sarebbe
arrivato al fondo. Quando giunse il vento, quella
sera, Martha sospirò più profondamente del solito.
Buona parte della piccola comunità era partita per
le periodiche spedizioni di rilevamento e, grazie al
cielo, al villaggio non era successo nulla.
Si affacciò dall'ampia terrazza della palafitta.
Durante le spedizioni, il villaggio sopraelevato
sembrava abbandonato, le case silenziose, serrate le
une alle altre. Greta stava giocando ai margini
della foresta, nel suo angolino preferito. Era una
bambina obbediente, non si sarebbe allontanata da
lì. Martha rientrò in casa e si decise a
sparecchiare la tavola. Poco dopo avvertì lo
scalpiccio dei piedini della sua bambina. Greta
comparve in cucina, come sempre con le mani e le
ginocchia sporche di terra.
- Mamma, mi hanno preso i succhiasangue! -
piagnucolò.
Martha si affrettò a pulirla e le staccò
delicatamente dalle caviglie alcuni insetti rossi.
Poi la accarezzò.
- Ecco fatto, cara. Niente più succhiasangue -
- Niente più succhiasangue! - ripeté Greta,
rinfrancata.
- Mamma, stasera sotto l'albero ho visto un uovo! -
Nel pronunciare la parola uovo, la bimba aveva
gonfiato le guance, spalancato gli occhi e fatto un
ampio gesto con le braccia, per mostrare al meglio
la grandezza della sua scoperta.
- Come sarebbe a dire, un uovo? - chiese Martha
ridendo - non ci sono animali che fanno le uova,
qui. Li vedremo quando torneremo sulla Terra.
- Mamma, ti ho detto che ho visto un uovo! Grande! -
insistette la bambina.
Martha rimase interdetta.
- E dove l'avresti visto, questo uovo?
- Sotto il mio albero - ripeté Greta seriamente.
Fantasie di bambina, pensò Martha, ma si sentì
pervadere da una sottile apprensione e decise che la
questione doveva essere immediatamente appurata.
Prese Greta per mano.
- Bene, fammi vedere quest'uovo.
Scesero a terra e la bambina si diresse con
decisione verso il limite estremo della radura,
trascinandosi dietro la madre. Tutt'attorno si
estendeva una foresta di alberi vertiginosamente
alti e imponenti. Greta si accostò a quello che lei
chiamava "il suo albero", fece gli ultimi passi
lentamente per non fare rumore e si accovacciò.
Martha fece altrettanto. Le grosse radici formavano
un enorme intrico di rigonfiamenti e avvallamenti e,
proprio in uno di questi, il terriccio era franato,
esponendo una grossa cavità alla luce crepuscolare.
- Eccolo! - sussurrò Greta, tutta eccitata.
L'uovo era incastonato tra le radici, appena sotto
la superficie. Le sue dimensioni erano tali che
avrebbe potuto contenere un essere umano adulto, in
posizione fetale. Le radici dell'albero si erano
incurvate ad accogliere la sua presenza, quasi a
formare un nido protettivo. Martha stette ad
osservarlo per un po', stupita e impaurita, mentre
Greta attendeva dalla madre il meritato
riconoscimento per la sua scoperta.
In tanti anni, nessuno si era mai imbattuto in
niente di simile, e quella cosa si trovava proprio
in prossimità del loro villaggio. Forse non era
l'unico esemplare, forse la foresta era piena di
quelle uova, pronte a schiudersi. Martha afferrò la
sua bambina per le ascelle, se la strinse al petto e
corse verso casa in preda al panico. Tornata nel
chiuso della palafitta, cercò di riprendere fiato e
lucidità. Greta la guardava con un misto di stupore
e apprensione. Dalla finestra filtrava l'ultima luce
del giorno. Se qualcosa andava fatto, andava fatto
presto, prima che facesse buio. Si schiarì la voce e
cercò di parlare alla bambina in tono rassicurante.
- Greta, cara, sei stata bravissima. Hai fatto
davvero una scoperta importante e ora la mamma deve
andare a fare un sopralluogo. Starò via pochissimo,
vedrai che tornerò presto.
- Un sopralluogo? - chiese la bimba, poco convinta.
- Si, Greta.
Martha le mise in mano un gioco.
- Mi prometti che mi aspetterai qui senza muoverti?
Greta fece si con la testa. Mentre la bambina era
distratta, Martha prese qualcosa dal cassetto della
cucina, lo avvolse in un panno e uscì. Spirava
ancora il vento ma, anziché consolarla, le scuoteva
ancor più i nervi. Era segno che niente e nessuno
l'avrebbe aiutata. Si diresse nuovamente verso la
radura. Sotto l'albero di Greta, l'uovo spiccava
immacolato contro la foresta scura. Sembrava
chiedesse di essere nuovamente ricoperto e celato
nella terra. Martha lo osservò con attenzione. La
superficie del guscio era formata da sottilissime
fibre traslucide intrecciate tra loro. Lo sfiorò con
la punta delle dita e ne ricavò una sensazione di
grande resistenza. Provò ad accostare il viso alla
ricerca di un'angolazione che le consentisse di
vederne l'interno, per quanto possibile. L'uovo era
tiepido e debolmente luminoso. C'era qualcosa di
vivo dentro. La creatura misteriosa iniziò a
muoversi e a premere contro il guscio dall'interno.
Martha si sentì due enormi occhi neri puntati su di
lei. Quella cosa la stava osservando,
minacciosamente. Senza distogliere lo sguardo,
Martha sfilò il coltello del pane dal canovaccio. I
muscoli delle braccia contratti e pesanti come
macigni, riuscì a impugnare il coltello con entrambe
le mani e, raccolte le forze, infilzò l'uovo
dall'alto. La lama penetrò nel guscio senza crepe e
con un rumore secco. Nessun lamento, nessun
movimento. L'uovo perse gradatamente la sua
lucentezza. Lentamente si confuse e si mimetizzò col
terreno. Liberatasi da una tensione insopportabile,
Martha recuperò il coltello, arnese prezioso. Era
pulito, non portava alcuna traccia. Ricoprì l'uovo
di terra e tornò a casa. Il vento si era fermato.
Dormì profondamente e, il giorno seguente, mentre
ancora si dibatteva se informare la comunità
dell'accaduto, la spedizione rientrò. Tutti scesero
dalle palafitte ad accoglierli festosamente. Martha
abbracciò lungamente il suo uomo. Il suo animo era
tornato leggero, la faccenda dell'uovo completamente
dimenticata. Quella sera i membri della comunità
cenarono insieme, come sempre facevano al termine
delle spedizioni. La brezza faceva loro compagnia.
Mangiarono, discussero, risero, progettarono chi di
tornare sulla Terra e chi di restare su quel pianeta
per sempre. Poi, in piccoli gruppi, tornarono sulle
palafitte per la notte.
Greta si era addormentata in braccio a suo padre. Fu
lui a riportarla in casa e la volle mettere a letto.
Martha, nel frattempo, si era accomodata sulla
terrazza. Aveva voglia di un po' di intimità ma Zoel
tardava in camera con la bimba. Quando si affacciò
in terrazza, Zoel aveva un'aria turbata.
- Ehi, ce ne hai messo di tempo!
- Ero di là, con Greta. Mentre le infilavo il
pigiama, mi ha raccontato una strana storia. E'
successo qualcosa?
Martha restò in silenzio e abbassò lo sguardo. Zoel
le cinse le spalle.
- Cosa è successo, Martha? - le chiese nuovamente.
Era serio, di quella serietà che non ammette
reticenze. Martha iniziò a parlare, lentamente e a
bassa voce.
- Ieri sera Greta , mentre giocava, ha trovato ...
un uovo. Era nella terra, sotto il suo albero.
- Un uovo?
Zoel non sembrava particolarmente sorpreso.
- E com'era fatto?
- Era grande, bianco.
- Quanto grande? Fammi vedere.
Martha fece con le braccia lo stesso gesto che Greta
aveva fatto la sera prima.
- Era ... più o meno così. Zoel, ho avuto tanta
paura!
Zoel valutò mentalmente le dimensioni dell'uovo.
- Hai detto che era bianco. Presentava delle
macchie, o delle striature?
- No, era bianco candido. E luminescente.
Martha, gli occhi sbarrati, rivedeva l'uovo davanti
a sé. Zoel non era per nulla toccato dallo
smarrimento della moglie. Si passò una mano sulla
barba e la incalzò nuovamente.
- Il guscio. Com'era il guscio? Non ti è sembrato
una specie di bozzolo?
Martha si scosse improvvisamente.
- Un bozzolo? Si, ripensandoci ... ma perché mi fai
tutte queste domande? Tu sai cos'era, Zoel?
- Che ne hai fatto dell'uovo?
- L'ho colpito con un coltello ... credo di averlo
ucciso.
- Come? Cosa hai fatto?!
- L'ho infilzato, Zoel. Ero terrorizzata, ero sola
con la bambina ...
Zoel si voltò e si coprì il volto con le mani.
- Avresti potuto chiedere aiuto, avresti potuto
contattarmi ...
- Non so cosa mi sia preso, io ... io ... l'ho fatto
per difendere nostra figlia. E la comunità. Non
sapevo cosa fosse. Non era pericoloso?
Martha posò una mano sul braccio del marito. Non
sapeva spiegarsi la sua reazione.
- Ho forse sbagliato?
Zoel si voltò verso di lei. Piangeva.
- Non è nulla, cara. Hai fatto bene.
Le lacrime rigavano il suo viso addolorato. Il vento
soffiò per tutta la notte.
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