Eventi  -  Redazione  -  Numeri arretrati  -  Edizioni SDP  -  e-book  -  Indice generale  -  Letture pubbliche  -  Blog  -  Link  

  Indice   -[ Editoriale | Letteratura | Musica | Arti visive | Lingue | Tempi moderni | Redazionali ]-


Narrativa

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi in prosa inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
Elogio al portafogli di Giuseppe Costantino Budetta, L'uovo di Natalia Radice, La spia di Lorenzo Spurio, Ho insegnato che lontano, al di là di quei monti, c'è Firenze di Anna Maria Volpini

Poesia italiana

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Massimo Acciai, Luca Baratta, Giuseppe Costantino Budetta, Giovanna Casapollo, Genoveva Dinu, Dulcinea, Alessandra Ferrari, Emanuela Ferrari, Maria Lenti, Iuri Lombardi, Francesca Lombardo Di Rosa, Roberto Mosi, Gilbert Paraschiva, Pavlina Pavlova, Paolo Ragni

Recensioni

In questo numero:
- " Mai andare a Sighet" di LMS e CVX
- "Sempre ad Est" di Massimo Acciai, recensione di Lorenzo Spurio
- "Le stanze del cielo" di Paolo Ruffilli, nota di Enrico Pietrangeli
- "Luna di Lenni" di Berardi Emanuele
- "Antidoti umani"di Francesco Verso
- "Il diario di Ombrallegra" di Dimitry Rufolo, nota di Massimo Acciai

Articoli

La poesia itinerante va in bicicletta tra storia e wi-fi con diario multimediale
di Enrico Pietrangeli
Argo: una rivista di esploratori del testo transgender
di Alessandro Rizzo
In occasione del compleanno del nostro Paese
di Misha
Napoli piange la morte di Gino Maringola, ultimo grande rappresentante di una grande scuola di teatro
di Alessandro Pellino

Letteratura per la Storia

Corride e letteratura - Llanto por Ignacio Sanchéz Mejias
di Lorenzo Spurio

Interviste

Intervista a Iuri Lombardi
A cura di Massimo Acciai
Quando poesia e filosofia intercorrono: Italo Testa
A cura di Alessandro Rizzo

La spia
 

Lorenzo Spurio


Alla stazione mi resi conto di come il mondo è pericoloso. Forse è per questo che i miei, ogni volta che viaggio, mi dicono di stare attento. Viaggiare è come vivere. Cosi come la vita è piena di pericoli, tentazioni e zone d'ombra, così è per il viaggio. Mi trovavo in una sala d'attesa della stazione aspettando un treno che mi avrebbe condotto verso la mia città. Siccome ero arrivato in stazione con ritardo e per di più bagnato fradicio a causa di un improvviso acquazzone, avevo perso il regionale delle due e ventisette. Spesso mi capitava di perdere il treno o perché non mi ricordavo bene l'orario di partenza con precisione o perché giungevo alla stazione con ritardo, cosi com'era accaduto quel giorno. Dopo aver fatto il biglietto e averlo obliterato nell'apposita macchinetta gialla entrai nella saletta d'attesa dato che il prossimo treno a me utile non sarebbe arrivato prima di quaranta minuti. La sala d'attesa era un'ampia stanza dall'alto soffitto bianco delimitato da un ornamento in rilievo costituito da foglie intrecciate e piccole ghirlande. I muri della stanza erano completamente verdi, di un verde fresco e vibrante. Mi parve di trovarmi in una foresta. Per un paio di volte alzai gli occhi verso quelle foglie pietrificate per vedere se per caso si muovessero sferzate da un lieve venticello. Ogni volta mi accorgevo che rimanevano fisse ma la mia sensazione di trovarmi in una foresta permaneva. Mi ero seduto su di una panca di legno che si rivelò subito abbastanza scomoda. Sulla stessa panca era presente a poca distanza una suora che leggeva una rivista di cronaca rosa e sulla panca di fronte una ragazza dal viso cereo che reggeva tra le mani un santino portandolo alla bocca più volte per baciarlo. La prima cosa che mi balzò alla mente fu che quelle due donne si fossero scambiate reciprocamente gli oggetti che in quel momento le tenevano occupate. Sistemai le mie valige ai piedi della panca per evitare di intralciare il passaggio e mentre feci questo, vidi che un omino trasandato accucciato in un angolo della stanza era tutto intento a sbucciare delle arance e a gustarsele. L'uomo era molto trasandato, aveva i pantaloni logori, le sue mani erano molto sporche e la sua nerezza era appariscente su quel fondo di muro color verde. Pensai che potesse trattarsi di un senza tetto che era riuscito a raccattare qualche arancia con qualche espediente o forse solamente facendo pena a qualche persona più agiata. La situazione in quella stanzetta al mio arrivo era più o meno questa: la suora, la ragazza col santino, l'anziano e le arance e i muri verdi.
Decisi di ammazzare il tempo leggendo un libro che mi ero premurato di portare con me durante il viaggio. Tuttavia mi fu molto difficile concentrarmi forse a causa dell'andirivieni di persone che attraversavano la saletta per raggiungere direttamente i binari. A un certo punto decisi di chiudere il libro e cominciai a osservare, in maniera non vista, un gruppo di persone eterogenee che stavano parlando e ridendo ad alta voce un po' in un italiano stentato, un po' in altre lingue. Cercai di definire nella mia mente la situazione e di darne una possibile configurazione dei personaggi, dei loro rapporti e delle loro azioni ma mi risultò alquanto difficile. Per un attimo m'immedesimai nella parte dello spettatore teatrale e osservai quella recita che più che essere una rappresentazione scenica era una misera e degradante immagine di vita. Due uomini probabilmente dell'est europeo tracannavano lunghe sorsate di birra e progressivamente il loro viso acquisiva prima una colorazione rossa per poi diventare violacea. Bevevano e ridevano in maniera meccanica e impressionante scambiando tra loro frasi in una lingua a me sconosciuta e intervenendo raramente con gli altri personaggi. Una signora, composta e apparentemente normale, teneva sulle ginocchia un cane di media taglia marrone e con delle macchie bianche. Il cane era tranquillo, non si dimenava né abbagliava ma aveva uno sguardo triste. Anche la donna non mi parve italiana, pensai si trattasse di una donna sudamericana perché aveva dei tratti peculiari delle popolazione amerinde e una carnagione color rame. Accanto a lei sedeva una donna anch'essa sudamericana molto appariscente con dei capelli neri molto lunghi, la bocca vistosamente imbellettata con un rossetto lucente. Dalla distanza nella quale mi trovavo non ero capace di cogliere al meglio i dettagli del viso ma vedevo che era truccata in una maniera eccessiva, esuberante e finta. La donna sghignazzava e parlava in italiano ma si capiva dall'accento che era sudamericana e per di più il timbro della sua voce, duro e virile, impressionava dinanzi alla sua bellezza venerea. La donna aveva preso a parlare con i due uomini dell'est. Non capivo bene cosa si dicessero dato che a volte parlavano a bassa voce e per di più nell'ampia sala si produceva una sorta di effetto di rimbombo che non mi permetteva bene di udire. Poi sghignazzate, urla e grida frenetiche, impazzite. I due uomini offrirono alla donna la loro birra ma la donna rispose con un Não mostrando di tenere nella sua borsa una bottiglia di whisky o di rum, alla quale si attaccò prendendone un sorso molto vigoroso.
Mentre notavo che la signora con il cane non aveva fatto praticamente una mossa da quando si era seduta, un signore entrò nella sala d'attesa e si sedette a poca distanza da me. Come me aveva iniziato a leggere per trascorrere il tempo in modo utile ma poco dopo gli schiamazzi, le urla, le parolacce e le bestemmie di quel gruppo cominciarono a minare la sua concentrazione. Chiuse il libro e mostrandosi insofferente di fronte a quella situazione mi disse che non era possibile che uno spazio pubblico come la stazione ospitasse gente di quel genere. Gli feci una sorta di cenno col capo come per assentire alla sua dichiarazione, senza aggiungere neppure una parola. Notai che poco dopo riprovò a immergersi nella sua lettura ma nel giro di una manciata di secondi fu interrotto nuovamente. La donna, o quella che fino a quel momento avevo ritenuto essere una donna, aveva urlato a quei due uomini dell'est che si chiamava Tatiana e che era una transessuale. Poi si erano sentiti altre urla e risate, una bottiglia di birra vuota cadere per terra, parolacce ed ingiurie contro gli italiani. A quel punto vidi l'uomo vicino a me riporre il suo libro nel suo zaino, alzarsi e andar via dalla saletta.
Dopo appena due o tre minuti nella saletta entrarono due agenti della polizia ferroviaria e due addetti delle ferrovie e si diressero verso il gruppo chiassoso e deviato. Notai che dietro di loro seguiva l'uomo che prima mi era seduto vicino e capii che era stato lui a chiamare la polizia. Era stato una spia. Capii che la trama inscenata da quei personaggi avrebbe virato verso una conclusione anticipata e negativa a causa della spia. Pur prendendo le distanze da quel mondo degradato e sofferente mi ero coinvolto molto nei loro discorsi, nelle loro mosse e li osservavo da fuori come se stessero recitando. Tuttavia non avevo previsto che anche l'uomo vicino a me, che leggeva sulla panca, era un personaggio di quella recita. Era il personaggio che inscenava la spia.
Poi vidi che gli agenti chiedevano i documenti a quelle persone mentre uno dei due uomini dell'est, forse ubriaco, urlava contro i poliziotti e la transessuale che cercava di calmarlo. La signora col cane rimaneva sempre nella postura iniziale. Mi alzai e, con rammarico, lasciai la stanzetta perché il treno era arrivato. In treno cercai di leggere ma non mi riuscì. Riflettei ancora su quella scena. Capii che nel momento in cui il signore a me vicino mi aveva parlato rivelandomi la sua insofferenza dinanzi a quel teatrino degradante, anche io ero entrato nella recita a impersonificare un qualche ruolo.

 
Segreti di Pulcinella - © Tutti i diritti riservati
 
Contatore visite dal 6 giugno 2011