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Narrativa
Poesia italiana
Poesia in lingua
Questa rubrica è aperta a chiunque voglia
inviare testi poetici inediti, purché rispettino
i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Aurelian Sorin
Dumitrescu, Marius
Viorel Girada, Ioana
Livia Stefan
Recensioni
In questo numero:
- "Introduzione al mondo" di Idolo Hoxhvogli",
recensione di Lorenzo Spurio
- "La setta dei giovani vecchi" di Luca
Rachetta, recensione di Lorenzo Spurio
- "Tredici Rose Rosse" di Francesco Vico
- "Senza Frontiere" di Sonia Cincinelli
- "Ritorno ad Ancona ed altre storie" di
Lorenzo Spurio e Sandra Carresi
- "L'oro e l'alloro" di Cesare Lorefice, nota
di Massimo Acciai
- "Il rosso e il nero della comunicazione" di
Stefano Angelo
- "Graffio d'Alba" di Lenio Vallati,
recensione di Marzia Carocci
- "Codice della felicità" di Paolo Mantegazza,
recensione di Emanuela Ferrari
- "L'Italia meridionale peninsulare nella
storiografia bizantina", di Gennaro Tedesco
Articoli
Interviste
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Sono le sette e come tutti i
giorni la sveglia mi ricorda che sta per iniziare
un'altra lunga giornata.
Mi lavo e poi vado a preparare la colazione. Ho come
sempre i minuti contati: devo essere fuori di casa
per le 8 altrimenti, col traffico che c'è, non
riuscirò ad arrivare in ufficio entro le 8 e 25.
Indosso un completo e la cravatta.
Mi avvio alla macchina e in poco più di 20 minuti
riesco ad arrivare in ufficio. Entro e come al
solito la signora delle pulizie che sta andando via
mi saluta cordialmente.
Entro e accendo il computer per ridare uno sguardo
al rendiconto mensile. E' una giornata particolare:
è fine mese e bisogna fare il punto della situazione
per quel che riguarda la produzione. E' come sempre
buona: siamo in linea per il trimestrale ma, come ci
ricorda sempre il nostro imprenditore, bisogna
tagliare i rami secchi, cioè le persone che
abbassano la media rovinando anche il lavoro di chi
invece produce ad alti regimi. In più ci sono troppi
contratti in scadenza e bisogna decidere quali siano
da rinnovare e quali no.
Dall'ufficio del personale mi comunicheranno i nomi
dei dipendenti che verranno mandati via. Il mio
compito sarà quello di parlarci per spiegar loro le
ragioni che hanno portato l'azienda a non rinnovare
il loro contratto.
Ricontrollo ancora i rendimenti per singolo
operatore e riorganizzo nella mia mente i discorsi.
Conosco quelle persone una per una e so esattamente
chi dovrò salutare.
La mail è arrivata e i nomi sono solo 3. Quanto
basta per poter alleggerire il carico dei costi
mensili senza che la produzione ne risenta
minimamente.
Sono le 9 e i primi operatori entrano al call
center. Sono talmente teso e preoccupato per quello
che dovrò fare oggi da farmi pensare che la gente
possa sentire il mio cuore battere all'impazzata.
Cerco di calmarmi e dopo averli salutati tutti ed
aver augurato la buona giornata torno nuovamente in
ufficio e mi occupo delle mie mansioni. Aspetterò la
fine del turno per chiamare le persone "segnalate":
voglio evitare che la brutta notizia possa creare
malumore nel call center e mettere quindi a
repentaglio la produzione giornaliera.
Il tempo vola fra 1000 telefonate che faccio per
seguire gli agenti, le ripetute e monotone domande
che alcuni operatori mi pongono sulla gestione dello
stress, delle obiezioni del cliente e le zone da
privilegiare per gli appuntamenti da fissare durante
la settimana.
E' arrivato il momento di chiamare le persone. Nel
turno di mattina ce ne sono 2 su 3. La prima è
Carla, ha 19 anni e lavora con noi da quasi 6 mesi
come interinale. Lavora per mantenersi agli studi
universitari. Non è mai stata brillante ma sembra
aver stretto amicizia con la maggior parte delle
operatrici. La sua produzione è solo una rimessa: il
costo netto che l'azienda affronta per un operatore
è di circa 18 euro l'ora e la sua resa oraria di
contratti positivi è di 0,4. Per sopperire alla sua
carenza dobbiamo sempre sperare che ci sia un
operatore che abbia una resa oraria di almeno 1,6,
ma questo non accade spesso e serve solo a non
mandarci in perdita.
La faccio accomodare e sorridendole cerco di
metterla a suo agio:
"Carla, ti ho chiamata perché come sai, la prossima
settimana scadrà il tuo contratto di 6 mesi. Ci
siamo già sentiti 3 mesi fa e poi ancora il mese
scorso. La tua resa è rimasta costantemente sullo
0,4. Il problema però nasce dal fatto che le tue
pause totali fra una telefonata e l'altra..." faccio
ruotare il monitor e le indico dove sono "sono di
circa 1 ora e mezzo per ogni turno di 4 ore, e
questo va ben oltre la mezz'ora totale che di solito
si registra di media fra tutti gli operatori. Se
facciamo un contro di quante telefonate si possono
fare in 1 ora, anche con una resa bassa come la tua,
si potrebbe pensare a dei numeri soddisfacenti"
Il suo sguardo è fisso sul monitor ma Carla non dice
niente, si limita ad annuire con la testa,
poggiandosi un dito sul labbro inferiore.
"Io sono certo che sia meglio per entrambi che tu
possa trovare altrove una situazione lavorativa che
ti gratifichi di più e che possa mettere in luce le
tue qualità. Qui probabilmente non riesci ad
esprimere il tuo vero potenziale, magari
potresti..."
Prima che io riesca a finire la mia frase lei mi
interrompe dicendomi:
"In effetti è una cosa a cui avevo già pensato. Non
mi piace questo lavoro, sono veramente stufa di
stare a correre tutti i giorni dietro i numeri e gli
appuntamenti, per me serve un lavoro diverso, senza
obiettivi impossibili e stress o ansia da
prestazione! Ho già trovato un nuovo lavoro, sapevo
che in questi giorni mi avreste chiamata e mi sono
già mossa di conseguenza!"
Dentro di me penso che sia un'ingenua, non credo
assolutamente che al mondo possa esistere un lavoro
senza obiettivi, ma il mio compito ora è di
accompagnarla gentilmente alla porta, quindi le
sorrido e le dico: "Questo mi fa molto piacere,
spero davvero che tu riesca a trovare quello che
cerchi! Grazie Carla, puoi andare."
E' il turno di Marta, una ragazza di 27 anni, è
sposata e ha una figlia di 5 anni; di recente ha
acceso un mutuo per comprare casa. Anche lei ha un
contratto a termine, ma di 1 anno. Per darmi una
mano la mia collega Maria rimane con me: le
parleremo in due.
"Accomodati Marta, come sai fra una settimana scade
il tuo contratto e volevo parlarti un attimo" a
differenza di Carla, Marta comincia a non stare più
ferma sulla sedia. Si nota chiaramente che la
sudorazione è in aumento, cerca di dirmi di si ma
annuisce balbettando. Cerco di rimanere tranquillo
ma allo stesso tempo di essere il più cordiale
possibile: "Quando sei arrivata al call center ti
sei fatta subito notare per i grandi numeri, ma dopo
2 mesi la tua resa è scesa da 1,2 a 0,8. Questo
poteva andare bene, ma dopo solo 3 mesi sei scesa a
0,5 e nonostante i corsi di formazione, gli
aggiornamenti e i continui colloqui per cercare di
recuperare, tutto è rimasto invariato. Non posso
nemmeno dire che la resa sia influenzata da pause
prolungate perché vedo chiaramente che sei sotto la
media, è quasi come se tu non ti staccassi dalla
postazione nemmeno per andare in bagno. Quello che
vedo però, come ti avevo detto in passato, è che le
tue telefonate durano in media meno di 40 secondi:
questo vuol dire che tu non riesci ad ottenere
l'attenzione del cliente. Credo che per l'azienda e
soprattutto per te sia meglio cercare una situazione
lavorativa diversa. Forse ti serve un lavoro..."
In quel momento Marta comincia a piangere e a
singhiozzare. Maria cerca di posarle una mano sulle
spalle e le porge dei fazzoletti di carta. Io cerco
di calmarla dicendole: "Lo so che hai famiglia e che
trovare lavoro è difficile, ma purtroppo la T******
ci chiede determinati risultati e non ci possiamo
permettere il lusso di abbassare la media per..."
Marta smette di singhiozzare e mi dice: "Ma tu cosa
ne sai di cosa vuol dire avere una famiglia! Tu non
devi preoccuparti di cosa dovrà mangiare tua figlia
e non ti devi preoccupare nemmeno di come fare a
pagarle l'asilo!"
Le sue parole mi colpiscono e soprattutto non so
come rispondere, anche perché è tutto vero. Io cosa
diavolo ne so?
Marta si alza, si scusa per avermi detto certe cose,
ma cerca di consolarsi da sola dicendo che avrebbe
cercato un altro lavoro da subito. Mi chiede di
poter andare via e io la ringrazio e l'unica cosa
che riesco a dirle è: "Mi dispiace, davvero tanto,
spero che tu riesca a trovare quanto prima un lavoro
migliore di questo!".
Il turno è finito e io ho 2 ore per andare a
mangiare. Prendo la giacca, saluto Maria che cerca
di tirarmi su alla meno peggio. Vado verso la porta
e, non so il perché, ma il mio sguardo si sposta sul
crocifisso sulla parete alla mia destra. Lo guardo
per un istante prima di scendere le scale e nella
sua imponenza mi sembra anche lui impotente, perché
in questo mondo sempre in corsa, alla fine dei
conti, contenti o no...siamo solo dei numeri.
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