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Narrativa
Poesia italiana
Poesia in lingua
Questa rubrica è aperta a chiunque voglia
inviare testi poetici inediti, purché rispettino
i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Aurelian Sorin
Dumitrescu, Marius
Viorel Girada, Ioana
Livia Stefan
Recensioni
In questo numero:
- "Introduzione al mondo" di Idolo Hoxhvogli",
recensione di Lorenzo Spurio
- "La setta dei giovani vecchi" di Luca
Rachetta, recensione di Lorenzo Spurio
- "Tredici Rose Rosse" di Francesco Vico
- "Senza Frontiere" di Sonia Cincinelli
- "Ritorno ad Ancona ed altre storie" di
Lorenzo Spurio e Sandra Carresi
- "L'oro e l'alloro" di Cesare Lorefice, nota
di Massimo Acciai
- "Il rosso e il nero della comunicazione" di
Stefano Angelo
- "Graffio d'Alba" di Lenio Vallati,
recensione di Marzia Carocci
- "Codice della felicità" di Paolo Mantegazza,
recensione di Emanuela Ferrari
- "L'Italia meridionale peninsulare nella
storiografia bizantina", di Gennaro Tedesco
Articoli
Interviste
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Avanti, animi stanchi i morsi
delle mani
i morsi della fame stretti sui fianchi,
avanti, animi duri nel buio anonimo
delle vostre camere e sull'intonaco scrostato
dei vostri muri.
Mi annego nella vita
come neonato spastico,
concepito in vitro, bilico autistico
tra mangiatoie termiche e rupi Tarpee,
trattenendo i sospiri di mille mondi rinchiusi,
costipati nelle sale degli specchi rotti di ritriti
Luna Park.
Il mio amore sconcerto in mi - fa di braccia bucate
seda tremori sull'aria di Tavor, Valium e serenate
non brilla, nell'ancheggio, tra bidoni incendiati di
notte,
cercando d'abbracciare tossici, maniaci e mignotte.
Avanti, animi stanchi scritte di mosto
e bianchetto nascoste sui banchi,
avanti, animi duri
nella numericità anonima delle vostre matricole
aziendali
e nell'algia nevrotica dei vostri chiaroscuri.
Uragani e gocce di lacrima
Non sento i morti, non vedo i
vivi
attualmente sommerso dal dolore (straziante) d'un
giovane welter
nelle serate imburrate d'ovatta, insabbiate di
rabbia,
senza conforto di un amore intero
macerato in bicchieri di whisky al cocco.
E, ora, nel buio mi chiamate imbuto,
abituato a distillare uragani
di malcontento in gocce di lacrima,
indaffarato a titillare clitoridi umidi d'orrende
miserie
negli anfratti reconditi delle vostre anime troie,
senza intuire d'esser maratoneti senza mani,
nei corridoi in plexiglàs, niente vie d'uscita,
nella tragedia dell'assurdo in un atto della vita.
Consapevole d'essermi decapitato
con le mie mani straziate e offese,
col mio sentimento di non sentirmi estraneo
a carceri cocainomani contaminate dal vizio
di tredici ore al giorno di schiavitù e
analfabetismo di ritorno,
continuo a dibattermi senza il coraggio del randagio
ferito
nella sete d'altre trame in bianco e nero,
nella fame d'altri destini, o d'altre sconfitte,
meno suadenti.
La malinconia dei magazzinieri senza iniziativa
senza sogni, senza estati,
oramai, mi tiene in pugno, e mi avviluppa
nella stanchezza stanca di serate in lenta agonia.
Niente da perdere, oltre alla testa;
ora, mi arrendo, e dormo.
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