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Poesia italiana

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Giuseppe Bonaccorso, Alessandra Ferrari, Emanuela Ferrari, Iuri Lombardi, Nicolò Maccapan, Paola Moreali, Luca Mori, Michele Parigino

Poesia in lingua

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Valentina Meloni, Tiziano Consani, Manuela Léa Orita, Lucia Dragotescu, Ioana Livia Stefan, Valentin Remus Niculescu, Codruta Dragotescu, Aurelian Sorin Dumitrescu

Recensioni

In questo numero:
- "Esagramma 41" di Massimo Acciai, prefazione di Mariella Bettarini
- "La nevicata e altri racconti" di Massimo Acciai, recensione di Monica Fantaci
- "Sempre ad est" di Massimo Acciai, recensioni di Liliana Ugolini e Monica Fantaci
- "Un fiorentino a Sappada" di Massimo Acciai, nota di Sandra Carresi
- "Un fiorentino a Sappada" di Massimo Acciai, nota di Stefano Gecchele
- "La metafora del giardino in letteratura" di Lorenzo Spurio e Massimo Acciai, recensione di Anna Maria Balzano
- "La cucina arancione" di Lorenzo Spurio, nota di Massimo Acciai
- "Se mi lasci, ti uccido" di Norma Stramucci
- "Dypticha" a cura di Emanuele Marcuccio, nota di Massimo Acciai
- "Bionda e con gli occhiali" di Luigi tredici, nota di Massimo Acciai
- "Stati d'amnesia" di Lella De Marchi, recensione di Lorenzo Spurio
- "Schegge di vita" di AA.VV., recensione di Lorenzo Spurio

Interviste

Intervista a Ivana Orlando
a cura di Massimo Acciai
"Per un'infinità di motivi": intervista all'autrice, Valeria Fraccari
a cura di Alessandro Rizzo
Intervista a Lorenzo Spurio. Autore di La Cucina Arancione
a cura di Rita Barbieri

Articoli

La poetica di Massimo Acciai
a cura di Luciano Domenighini
"Sempre ad est" di Massimo Acciai
di Valentina Meloni

In questo numero segnaliamo...
 

 

Esagramma 41
Massimo Acciai
Faligi, 2013

Ricco, vivo, mosso da vari “codici” esperienziali e conoscitivi (il libro dell’ I Ching, da cui il titolo di questo libro; l’humus talora fantascientifico; la “profezia” maya; le date del Calendario della Rivoluzione francese apposte sotto le poesie; gli hayku; il connubio musica-poesia nelle otto canzoni presenti; il forte interesse e la conoscenza attiva dell’esperanto, ecc.), tuttavia Esagramma 41 ha come “codice” principale (e – direi – assoluto) la vita e l’esperienza dell’autore stesso, che di sé scrive, argomenta, narra, espone sentimenti e ricordi, volontà ed emozioni, speranze e rimpianti, e così via. Si leggano, ad esempio, versi come questi: “ci si scopre bambini”; “A volte vorrei tornare invisibile”; “il dolore mi riavvolge/ calmo, lentamente”; “sorrido a quanto è trascorso”,
“il cuore rivolto ad un giorno lontano”, “Potrebbero essere solo brutti ricordi”, “questi ricordi struggenti carichi di gioia”, “Eppure cerco ancora il silenzio”; “Il passato mi
avvolge come nebbia./ Il futuro è un passo nel vuoto./ Il presente…esiste?”, ed altri ancora. Si vedrà che la precisa cultura, la puntuale conoscenza, l’esperienza di tanti “codici” – come dicevo – non cancellano (anzi inverano, concretizzano, persino potenziano) l’ “io” dell’autore che, proprio a questo proposito, si chiede: “Sono forse stato io poeta?/
Certo è molto che non sento il ‘brivido’/ e mi pare che la poesia sia una terra remota/ appartenente a un altro pianeta”. Ecco, allora, poesie anche in forma di canzoni (e siamo
all’ultima sezione del libro), e canzoni precisamente con musica: testi e musica dell’autore (tranne due testi, con musiche di Matteo Nicodemo e Giuseppe Profili). L’autore si fa, dunque, anche “musico”, musicista, e dedica tali opere a donne amate, all’amore che è “sbalorditivo, puro,/ è crudele, fragile, pretende ma non dà,/ è bello e inutile,/ libero…l’amore mio!”. E siamo alla conclusione, alla finale sintesi, sì da raggiungere,
in pienezza, la propria identità: nella vita e nei versi.

Mariella Bettarini

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Un fiorentino a Sappada
Massimo Acciai
Lettere Animate, 2012

A parte constatare che la famiglia Acciai - i nonni - è longeva ci sono degli sprazzi lucenti in questa che - con linguaggio aulicissimo di Spurio - viene definita del prefatore Lorenzo Spurio - appunto - "silloge" di racconti intorno a una lunga passeggiata - che se avessi qualcuno di mio gradimento con cui andare andrei subito a visitare tolti tutti gli enetacci che capitano nel libro ovviamente, il mio Veneto poi, il mio Veneto, quello vero, quello secessionista, ho divagato, chiedo venia.

Il primo inciampo /la prima scossa del libro è ovviamente l'apparizione della Bambina.
Chi cosa rappresenta, il Sesso? la Paura? una paronoia munchiana?

Poi il racconto si fa quasi "infantile" (il Parmigiano) ma è solo un attimo, la bellezza del paesaggio fa trapassare il protagonista al mondo di morti, il racconto scivola (è ben scritto) fra le cappelle con i lumi accesi e delle curiose sagome.
Come nel film "Blair witch project" la natura da serena e accogliente si fa minacciosa alternanza di stati euforia e senso di minaccia. Questo è molto contemporaneo (il bipolarismo). La minaccia è spesso femmina come lo strano episodio della donna con la jeep e la gita fuori confine che finisce molto male (come ha fatto ad accendere il fuoco il protagonista se odia il fumo?). La cosa misteriosa è che l'amico il giorno seguente sosterrà di aver cenato con lui. E' affascinante questa cosa: crepe che si aprono continuamente nel fluire di un racconto apparentemente piano e tranquillo. Mi pare anche positivo che l'autore non spieghi molto- è così, fine.

Ci troviamo catapultati nell'anno 2236 e questo fatto che il protagonista si portasse dietro i libri di Asimov nelle sue passeggiate acquista un senso interno al libro tipo sogno freudiano, la successiva apparizione dei soldati austriaci invece è un episodio alla Fanny games del regista mio preferito M.Haneke! La sostanza del libro è in questo alternarsi di quiete e tempesta, quasi uno specchio di uno stato di animo che viene bene espresso nelle 100 pagine del libro

Stefano Gecchele

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Sempre ad est
di Massimo Acciai
Faligi, Editore, 2011



Commento a cura di Monica Fantaci

L'oriente è una delle passioni del nostro Acciai; un oriente ricco di fantasia, di avventure mosse da situazioni particolari legate al surypanta, una creatura inventata dall'ingegno dell'autore, sempre pronto a stupire il lettore. E' una continua ricerca del surypanta, che viene catturato da un mago e portato "sempre ad est", come lo stesso titolo del libro suggerisce.
Il surypanta non si stanca mai di giocare e spesso canta, quello stesso canto che porterà il suo padrone verso oriente; il testo assume la struttura propria della fiaba, nel suo intreccio sempre più incalzante, fino a raggiungere l'antagonista e sconfiggerlo; è durante questo muoversi verso la meta che si instaura l'amicizia tra due umani con la passione e l'amore per i surypanta, insieme inseguono l'est per liberare le creature dalla brutalità del mago.
Si possono scorgere due morali:
- mai abbattersi durante le circostanze;
- dare valore all'amicizia, perché da questa si ricaverà maggiore forza.

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La nevicata e altri racconti
di Massimo Acciai
Edizioni Montag, 2013


Recensione a cura di Monica Fantaci

Acciai, in questa antologia, raccoglie tre racconti legati alla cultura. Le storie seguono delle sequenze narrative, nel loro scorrere dinamico, ma anche e soprattutto descrittive, nel loro linguaggio discorsivo, diretto e lineare, come si evince in "Salirono seguendo le indicazioni fino a trovarsi davanti alla locandina della conferenza, accanto al portone della sala. Michele notò di sfuggita il suo nome tra i relatori…".
Cosa potrebbe far scuotere da dentro l'animo dello scrittore "La nevicata"? Potrebbe essere l'afferrare un attimo che può sfuggire alla mente e al cuore, ma che rimarrà impresso nel ricordo, infatti lui stesso dice "Fuori dalle vetrate era già buio e le luci della cittadina si stagliavano con le loro sconosciute costellazioni sullo sfondo della notte. Un rumore caratteristico…" e ancora "Decise di tenersi il cappotto anche a tavola […] gli occorreva qualcosa su fissare la memoria".
La nevicata, inoltre, potrebbe anche essere intesa come un sistema politico e civile in penombra e che l'autore si impegna ad immortalare nel suo scrivere, tant'è vero che "L'Italia sepolta sotto la neve" si accosterebbe, in maniera metaforica, alla condizione del Paese. L'entusiasmo di Acciai durante la scrittura si evince in "Man mano che salivano il paesaggio si faceva sempre più affascinante" e in "Lo avevano sempre affascinato quelle vecchie librerie nei locali pubblici […] con i numerosi e ricchi scaffali".
Cos'è la neve nel racconto? Uno stato emotivo malinconico, che fiocca speranza.
Nel secondo racconto "Numeri", l'autore allude ai voti scolastici, criticandoli "non potevano pretendere di rappresentare o descrivere le capacità intellettive di uno studente", invece no, l'insegnante "li metteva nero su bianco, sul registro, quei numeri".
Il sistema scolastico non va e Acciai lo ribadisce, perciò i numeri portano angoscia e frustrazione. La scrittura decisa fa raggiungere l'obiettivo allo scrittore: mandare messaggi che risveglino le coscienze e, magari, cambiare la situazione.
Nel racconto il protagonista è preda dei ricordi, mentre ricorda le descrizioni si fanno sempre più accese, si rimandano sempre alla mente e in ogni situazioni quei numeri, che seguono sempre la loro linea.
L'ultimo racconto, "La settimana bianca", viene scritto a quattro mani con un altro scrittore, Lorenzo Spurio; la narrazione si muove attraverso uno schema discendente, in cui il protagonista assume un atteggiamento insicuro e poco libero fino a quando si butta nella mischia, con i suoi compagni durante la settimana bianca. Si sa, il periodo adolescenziale è un continuo abbandonarsi, un fuggire dal nido familiare per librarsi, anche se le regole sono sempre dietro l'angolo: "L'arrivo alla struttura venne salutato da un grido di gioia all'interno dell'autobus, mentre il vicepreside, munito di microfono, si apprestava a dare delle indicazioni preliminari, semplici ma importanti, da rispettare. ".
In questo racconto si ripresenta la neve, i ricordi riaffiorano ancora guardandola dalla finestra.
In questo terzo racconto si evince un messaggio abbastanza chiaro, come si legge a pag.108: "La gente appiccica etichette di continuo ad altra gente e questo non fa altro generare nella nostra società una massa di pregiudizi, di incomprensioni e controsensi. ".
In un'ultima analisi, lezioni, esami e insegnamenti sono argomenti principali di tutte le storie presenti nel libro: la cultura è una fonte inesauribile di cui non si può non fare a meno di parlarne.


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La nevicata e altri racconti
Di Massimo Acciai
Montag edizioni, 2013

Il filo conduttore che unisce i tre racconti della presente raccolta è il mondo della scuola. Uno sguardo inedito ai ricordi scolastici, sognando un'altra istruzione che ancora non esiste e che forse non esisterà mai. Ma sono anche memorie di viaggio, piccole avventure vissute lontano da casa, in altri luoghi, e il viaggio è soprattutto metaforico, nei ricordi, nei sogni, nelle speranze. Il primo lungo racconto, da cui prende il titolo la raccolta, racconta di un viaggio in Calabria, in un immaginario paesino assediato dalla neve, dove si riuniscono personaggi legati in qualche modo al mondo della scuola e della letteratura, riuniti per celebrare la morte di un poeta: è lo spunto per una confessione del protagonista, che esprime liberamente le sue idee sulla pagina: quasi un racconto-saggio. Il secondo testo, "Numeri", riprende il personaggio del primo e ne racconta l'esame di maturità. Infine "La settimana bianca", scritto a quattro mani con lo scrittore jesino Lorenzo Spurio, mette in scena un'insolita love story tra due emarginati all'apparenza l'uno l'opposto dell'altra. Si tratta di una rara incursione nella narrativa non-fantastica da parte di un autore che ha abituato il suo pubblico ad una narrativa che si muove tra la fantascienza, il fantasy e l'horror.

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Bionda e con gli occhiali
Luigi tredici
ilmiolibro.it, 2011

In "Bionda e con gli occhiali" si alternano versi ed immagini strettamente collegati tra loro. La silloge prende il titolo da una breve poesia, "Lexotan, love song - bionda e con gli occhiali" (per chi non lo sapesse, il Lexotan è un ansiolitico): copertina minimalista (autore e titolo bianchi su sfondo rosso), testi per lo più brevissimi, pervasi da un diffuso pessimismo e disincanto stemperato da una discreta ironia che sfocia spesso nel comico, anzi nel tragicomico, talora dissacrante. L'autore, che scrive con lo pseudonimo di "luigi tredici", presenta la sua filosofia di vita, i suoi ricordi, i suoi desideri e rimpianti, i suoi malumori e i suoi slanci vitali. Un libro che si legge in una mezz'ora ma su cui si può meditare a lungo.

Massimo Acciai

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Dipthycha
Di Emanuele Marcuccio
Photocity Edizioni, 2013

Dipthycha, in italiano "dittico", dal greco "dis" (due) e "pthyche" (piega): era - come ci informa wikipedia - una tavoletta formata da due assicelle riunite a libro da un lato, con una cerniera e un legaccio di cuoio. Era in origine usata dagli antichi romani per scrivervi con lo stilo, nel medioevo il termine è poi passato ad indicare dipinti su tavola costituiti da due parti affiancate. L'idea alla base del libro del poeta palermitano Emanuele Marcuccio riprende l'idea del dittico riadattata in chiave poetica; due poesie gemelle - una di Marcuccio ed un'altra di un altro autore - unite dalla tematica affine. Si tratta infatti di un'opera a più mani, non nel senso di poesie scritte in collaborazione tra due o più poeti, ma di poesie di diversi poeti accoppiate secondo una tematica. I temi sono i più disparati: la morte, l'amore, l'umana condizione, la vita. Abbondano i rimandi letterari, perfino fantascientifici, e le dediche ai vari autori chiamati a collaborare. A proposito dei poeti che hanno collaborato, sparsi sull'intero territorio nazionale e spesso uniti da un vincolo di amicizia con Marcuccio, sono molti ed è giusto nominarli tutti (in fondo al libro c'è una breve biografia di ciascuno): Silvia Calzolai (di Bergamo), Donatella Calzari (dal lodigiano), Giorgia Catalano (di Ventimiglia), Maria Rita Massetti (di San Benedetto del Tronto), Raffaella Amoruso (piemontese), l'amica Monica Fantaci (concittadina di Marcuccio, fondatrice insieme a Lorenzo Spurio e a me della rivista Euterpe), Rosa Cassese (pugliese), Rosalba di Vona (di Sora), Giovanna Nives Sinigaglia (veneta), Michela Tarquini (di Arnara), Francesco Arena (da Latina). Ultimo ma non ultimo il caro amico Lorenzo Spurio (a Marcuccio al quale ha dedicato un intero saggio, edito recentemente da Photocity Edizioni). Co-curatori sono stati: Francesco Arena, che ha realizzato la copertina e l'impaginazione, nonché partecipante con una poesia, e la scrittrice e poetessa, Gioia Lomasti. Completano il volume un'introduzione di Marcuccio, una prefazione di Cinzia Tianetti (poetessa e critico letterario), una postfazione di Alessio Patti (poeta, scrittore e commediografo) e diversi giudizi critici finali a cura di vari scrittori, poeti e critici (tra cui le amiche Sandra Carresi e Marzia Carocci). Insomma un'opera davvero corale, a cui hanno preso parte moltissimi nomi della scena letteraria contemporanea; e questo mi sembra il vero valore aggiunto di un libro come questo, un dialogo che supera le distanze geografiche, l'età e le differenze di stile creando un qualcosa di armonico basato su un'idea geniale ed originale.

Massimo Acciai

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Gli invisibili
Di Gianfranco Menghini
Prospero Editore, 2013
e-book

Il romanzo di Menghini rinfresca il genere utopico e d'avventura fantascientifica che tanto andava di moda nel passato, attualizzandolo al ventunesimo secolo con tematiche ecologiche, politiche e sociali di grande interesse. Il mondo, lo sappiamo, è a un bivio: da una parte l'autodistruzione dell'umanità a causa dell'inquinamento, della cattiva gestione delle risorse e dei governi ottusi e corrotti; dall'altra uno stile di vita alternativo che porterà ad un illimitato progresso sia in termini materiali che morali. L'Uomo deve scegliere. La scelta viene posta, nel romanzo, da una razza di uomini superiori - che a causa del DNA modificato non si può più nemmeno definire umana - al resto del mondo. Il piccolo continente di Kallìtala, dove vivono gli "elleni" - un tempo greci che si sono avventurati nell'Atlantico e, nel loro isolamento, hanno fondato una società perfetta e tecnologicamente avanzata (questo grazie anche all'assenza di religioni e superstizioni: Kallìtala non ha mai conosciuto il medioevo) - è separato dal resto del mondo, e reso invisibile da un campo elettromagnetico, ma condivide l'aria col esso: un'aria sempre più inquinata. Per salvarsi, e salvare insieme l'umanità, gli elleni "rapiscono" un ingegnere americano e lo clonano per un ambizioso quanto disperato piano. Il romanzo ha un seguito che spero di leggere presto. L'autore, con cui ho dialogato davanti ad un buon caffè alle Giubbe Rosse, promette grandi cose.

Massimo Acciai

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Se mi lasci, ti uccido
Norma Stramucci
Prezzo Euro 4,99
ISBN 9788867520305
Abel books


[comunicato stampa]

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Schegge di vita
di AA.VV.
Albatros, Roma, 2012
Pagine: 60
ISBN: 978-88-567-6111-5
Costo: 13,90€

Recensione a cura di Lorenzo Spurio

Schegge di vita è una breve, ma intensa antologia sul disagio psichico curata da Mirella Presa, educatrice del Centro Diurno Procaccini del Fatebenefratelli di Milano. In essa, per mezzo di poesie e di testi a carattere narrativo proposti quali "ricordi", hanno voce cinque ragazzi che hanno sperimentato nel loro passato e che convivono con una forma di disagio: non si chiarisce quale, il testo, infatti, non ha nessuna pretesa di carattere scientifico né eziologico.
Il testo propone il flusso di emozioni che fanno i conti con il passato e con la riscoperta di un presente felice ed il collante è rappresentato dal fatto che i vari squarci lirici che nel libro vengono proposti si configurano come "schegge", ossia come pezzi indistinti di un tutto, più complesso, che è la coscienza dell'uomo, troppo spesso messa sotto scacco dalla brutalità e inesorabilità di vicende.
Tutti possono scrivere sul disagio, anche coloro che non l'hanno mai sperimentato direttamente sulla propria pelle, immaginandolo o facendo proprie le preoccupazioni e le sensazioni di una persona che, invece, lo ha vissuto/lo sta vivendo.
Una cosa diversa è chi scrive del proprio disagio. In questo modo la scrittura si configura come fedele compagna, come supporto alla desolazione che spesso può invadere l'animo, come espressione di una ritrovata forza interiore che porta l'uomo, giovane o meno che sia, a vedersi come da fuori. Ed è in questi casi che la scrittura diventa una pozione miracolosa, lo è nel senso che guarisce non tanto il corpo, quindi il fisico, ma la componente emotiva, sensoriale, intimista della persona. La poesia si tramuta, dunque, come è osservato nella nota di introduzione, in strumento che ha un valida "valenza riabilitativa", testata per l'appunto anche scientificamente.
Le parole stese sulla carta, dunque, sono come delle lacrime azzerate.
Le poesie sono delle dolci attestazioni di una vita felice e spensierata, vagliata, però, dall'amaro ricordo. Sono preghiere laiche di riscoperta della vita e del suo valore, perché come sottolinea l'educatrice Mirella Presa, "Fare poesia significa prima di tutto ripensare alle proprie emozioni, rielaborandole e traducendole nella parola scritta" (p. 15).
Nella raccolta, in particolare, ci sono dei versi a mio modo di vedere molto potenti e che hanno richiamato una più attenta lettura ed analisi, come quando Gabriel D'Angelo nella poesia "Sfida senza fine" eternizza sulla carta una semplice, ma non banale verità: "Tutti hanno paura di te,/ non perché sei cattiva/ ma perché nessuno ti conosce bene" (p. 21) sulla quale tanto si potrebbe argomentare. La paura, dunque, quale spauracchio che fa tremare le gambe all'uomo, non è dovuta da una forma d'essere, da un comportamento cattivo o spregiudicato, da un sistema di potere gerarchizzato né da un senso di subordinazione, ma è fonte del non detto, dell'ignoto, della mancanza di comprensione, della ignoranza.
I popoli hanno paura di altri popoli perché non conoscono le loro differenze. Lo stesso accade per le religioni. Nella nostra società non si ha più paura perché esistono prepotenti o perché qualcuno ha la facoltà di mostrarsi superiore o più forte (caratterialmente, intellettualmente, militarmente), ma si ha paura quando non si conosce l'altro o si finge di conoscerlo.
In "La colazione dei canottieri" di Massimo Formenti, l'io lirico gioca su una doppiezza di sensazioni che gli derivano probabilmente da un certo tipo d'instabilità: è in grado di cogliere la spensieratezza e la gioia in una bella giornata estiva che lo intima a godersi anche la compagnia degli altri ("In questa giornata estiva/ mi sento di vivere in sintonia fra la gente", p. 32), ma c'è un qualcosa che blocca il ragazzo in questo intento, come un insidioso male oscuro che con i suoi tentacoli invisibili impedisce al ragazzo di vivere a pieno il momento poiché, osserva nel finale "non so come gustare pienamente/ il cibo invitante sulla tavola" (p. 32) che può metter in luce, forse, il problema del ragazzo nella risoluzione di un disturbo in particolare.
Luisa Romagnoni in "Primavera" conclude con due versi altamente toccanti e che indicano una certa riflessione sul mondo, avvicinata, forse anche a un pensiero di carattere religioso. Il Male presente nel mondo va osservato, analizzato e non perpetuato e coloro che sono i portatori del Male vanno denunciati, sconfessati e allontanati dalla comunità di diritto, però l'amore, l'ingrediente che giustifica il significato dell'uomo nel mondo, a nessuno deve essere mai risparmiato: "anche gli uomini cattivi/ nel mondo sono da amare" (p. 47).

Jesi, 1 Agosto 2013

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Stati d'amnesia
di Lella De Marchi
con saggio critico di Enzo Campi
con nota di lettura di Maria Lenti
LietoColle, Faloppio (CO), 2013
ISBN: 9788878487659
Pagine: 80
Costo: 13€

Recensione di Lorenzo Spurio

Sono sempre la bambina che non mi hanno
detto (la terza madre
di me stessa), sopra quei panni stesi
su di un filo, ad asciugare, ho costruito il mio altare
di parole. (63)

Il percorso che il lettore può fare con questo libro è multiforme e variegato e non è un caso che nell'analizzare l'opera si possa parlare di 'percorso': nella lirica che apre la raccolta si parla di un senso di cambiamento cercato-temuto in cui centrale è il tema dello spazio, della de-localizzazione e dello spiazzamento ("itinerare", "transitare", "vagando", "inseguendo", 14), poesia che incontra la sua acme espressiva nei versi "non avere paura/ di non tornare/ non avere paura di ritornare", 14.
La poetessa pesarese Lella De Marchi, che ha esordito nel 2011 con la silloge La Spugna, ha espressamente strutturato questa nuova raccolta in vari "stati" che in realtà possono essere considerati come delle stanze, degli ambiti in sé definiti e caratterizzati che però, paradossalmente, mostrano anche delle sembianze contrastive. Questi stati assurgono alla dimensione mentale di luoghi-non luoghi, in sé non identificabili secondo un ordine toponomastico, né congetturabili sulla base di reperti realistici. E in realtà l'intera poetica di Lella De Marchi si realizza proprio in una zona liminare, di confine, uno spazio che è terra di nessuno, d'ombra, una "terra di risulta" per citare la poetessa Mia Lecomte. Fondamentale il ricorso all'ossimoro anche se mi pare di capire che la De Marchi si avvalga di immagini contrastive non in virtù di una chiara volontà di appropriazione del mezzo retorico, ma in quanto chiarificazione dei significanti che istituisce nelle sue liriche. Proprio per questo l'immateriale e l'astratto sono profondamente veri, concreti e tangibili nella sua poetica ("tu non dire/ che mi hai vista che so stare appesa al niente", 15), a partire dalle liriche nelle quali ci si sofferma sul tempo e si squarcia quella falsa consapevolezza o delirio di volontà che vede l'uomo considerare il presente come summa organica del suo passato, come unicum di ricordi ed emozioni vissute. Esistono le discordanze, le zone buie, i black out, le intermittenze, le afasie, gli intervalli, i sentieri impraticabili. E sono queste espressioni di quello che la poetessa condensa sotto la categoria di "amnesie", momenti dell'uomo che si caratterizzano per una dimenticanza significativa di qualcosa che concerne il suo passato ma che, come osserva la poetessa nella citazione in apertura al libro, non pregiudicano il sistema delle scelte e delle azioni nel suo vivere presente. L'oblio, dunque, ci dice la poetessa non è solo prodotto di una mente consapevole che fa revisionismo o negazionismo su qualcosa del suo passato personale, né è caratteristica del morbo di Alzheimer o comunque di patologie circoscrivibili all'interno della demenza senile, ma riguarda tutti, volenti o nolenti. La dimenticanza, il perduto, la memoria difficoltosa, traballante, impossibile. E la poetessa sintetizza il tutto con versi lapidari ma chiarificatori: "La vita è uno stato/ di continua amnesia/ una dimenticanza/ ripetuta".
Il linguaggio, che in varie liriche sembrerebbe adottare una tendenza quasi narrativa per la chiara attenzione nella descrizione di quelli che potremmo definire fotogrammi, in altre invece si assottiglia completamente quasi a diventare filiforme e sfuggente; in questi casi la poetessa utilizza la tecnica della sintesi condensando un pensiero che, oltre che difficile a stendere sulla carta, finirebbe per risultarne de-naturalizzato se si aggiungesse una sola parola in più. Nelle liriche "confini", "matrioske" e "prigioni" Lella De Marchi è come se utilizzasse con acume e perspicacia il dosatore di una boccia di un profumo e nebulizzasse immagini dai contorni levigati effondendo nell'aria un odore dolce e al contempo acre.
E le immagini che la poetessa evoca e sulle quali chiede un po' di compartecipazione al lettore nella loro interpretazione a livelli più ampi da quello implicito-materiale, si centralizzano proprio su degli spazi-non spazi, su degli ambiti di intersezione e di rottura (la fessura) sino alla vera e propria apologia della distanziazione da sé (reale e metaforica) con un atto estremo, chiarificatore e necessario, quello della fuga.
Nelle poesie che compongono il sottogruppo "Stato di materia" la poetessa parte dalla fascinazione e dal rispetto nei confronti di Madre Terra evitando volutamente una poetica di encomio per arrovellarsi invece su questioni di carattere cosmologico, palingenetico e di carattere meramente ontologico. La poetessa parte dal concreto ("la massa magmatica rossa", "il nucleo ad attrazione costante", 25) per giungere alla componente intimistica, frustrata e annichilita dell'uomo in quanto singolo (quel "flusso delle coscienze" a cui si riferisce che, di certo, non è un flusso di coscienza della Terra, ma di chi la Terra la vive). A seguire gli "Stati di materia" sono gli "Stati animali" con particolari poesie ispirate ad alcuni animali (talpa, serpente, formichiere, ragno nero) descritti in momenti comuni del loro vivere quotidiano, ma dai quali trasuda inquietudine e un senso di minaccia al mezzo naturale per opera delle azioni degli uomini (il serpente sembra parlare in una supplica accorata all'uomo e dirgli "non foderarmi", 38) sino all'attesa della morte del lombrico ("il lombrico aspetta il gesto/ sconosciuto il colpo/ che lo spezzi in due metà", 41) che poi non è una vera morte ma quasi una sorta di ri-nascita per scissione binaria. Il ragno nero, invece, dopo un'attenta perlustrazione dei suoi spazi, in un rituale che è la sua convenzionalità, si renderà carnefice in questo mondo animalesco, trasfigurazione di quello umano dove i rapporti tra simili sono sempre più difficili e deviati.
Le poesie che compongono questa raccolta sono come tanti lapislazzuli di diversa fattura assemblati assieme con dovizia e rigore per regalare al fruitore un prodotto d'inestimabile caratura.

Jesi, 25 novembre 2013

 
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