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Poesia italiana
Poesia in lingua
Recensioni
In questo numero:
- "Esagramma 41" di Massimo Acciai, prefazione
di Mariella Bettarini
- "La nevicata e altri racconti" di Massimo
Acciai, recensione di Monica Fantaci
- "Sempre ad est" di Massimo Acciai,
recensioni di Liliana Ugolini e Monica Fantaci
- "Un fiorentino a Sappada" di Massimo Acciai,
nota di Sandra Carresi
- "Un fiorentino a Sappada" di Massimo Acciai,
nota di Stefano Gecchele
- "La metafora del giardino in letteratura" di
Lorenzo Spurio e Massimo Acciai, recensione di
Anna Maria Balzano
- "La cucina arancione" di Lorenzo Spurio,
nota di Massimo Acciai
- "Se mi lasci, ti uccido" di Norma Stramucci
- "Dypticha" a cura di Emanuele Marcuccio,
nota di Massimo Acciai
- "Bionda e con gli occhiali" di Luigi
tredici, nota di Massimo Acciai
- "Stati d'amnesia" di Lella De Marchi,
recensione di Lorenzo Spurio
- "Schegge di vita" di AA.VV., recensione di
Lorenzo Spurio
Interviste
Articoli
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Intervista a Lorenzo Spurio
Autore di La cucina arancione
A cura di Rita Barbieri
1) Da dove nasce questo libro?
Questo libro è una selezione di racconti che ho
scritto in un periodo che va dal 2010 ad oggi. Ho
deciso di seguire un determinato percorso
concettuale nella scelta di questi racconti che sono
accomunati dall'attenzione nei confronti del
sociale, trattando i vari racconti di tematiche
legate al disagio psichico e sociale, a fenomeni di
emarginazione, solitudine, alienazione e
perversione. L'intenzione è stata quella di
affrescare con i vari racconti che compongono la
raccolta una serie di realtà "sommerse" dalle quali
siamo solitamente portati a fuggire o ad eluderne la
gravità. Pur mettendo nel sottofondo delle vicende
narrate la componente patologica di varie persone,
il libro non ha nessun intento medico-scientifico,
ma è una mia analisi ed interpretazione di
problematiche che riguardano in primis il singolo e
poi concernono la società tutta. Ci si interpella in
maniera indiretta nel libro sul concetto di
normalità e su come sia sostanzialmente impossibile
definire con termini asettici questa parola e si
richiama spesso la mancanza di un sistema di
giustizia (personale e pubblica) che possa essere a
garanzia del bene comune.
2) Quale messaggio vorresti comunicare ai tuoi
lettori?
Si sbaglia quando si cerca in un libro un
insegnamento o un messaggio dominante e ci si svia
dalle vere intenzioni dell'autore. Come è stato
osservato in varie recensioni i miei personaggi
agiscono in balia di sinapsi interrotte, di blackout
della mente che li conducono ad attuare
comportamenti gravi, lesivi e illeciti. Non è mia
intenzione, però, demonizzarli né smascherarli e
affibbiarli con l'etichetta dei "cattivi". L'intento
è la comprensione delle azioni dei personaggi in
quel dato contesto
storico/geografico/sociale/affettivo, etc. Quando
accadono delle tragedie che fanno seguito al famoso
"raptus" ci si impressiona e si dice "io non farò
mai niente del genere" e in realtà ci si sbaglia
perché non potremo mai sapere con certezza come
agiremo o non agiremo di fronte a certi accadimenti.
Alcuni personaggi del libro possono essere
classificati come "cattivi" o "anti-eroi" perché
folleggiano, uccidono, violentano o semplicemente
hanno cattivi pensieri che non mettono in pratica.
Questo giudizio però è semplicistico e anche stupido
e insultante per chi, invece, è in grado di carpire
significati più ampi. Il libro aborre il giudizio
sociale, le condanne e dimostra sfiducia anche nel
sistema giudiziario italiano, ma non vuole allarmare
il lettore. Ne da semplicemente una raffigurazione
di quello che la realtà umana che ci circonda, densa
di automatismi, patologie, insanie e atti illeciti,
è.
3) Molti dei personaggi presentano una forma di
ossessione/mania più o meno estrema. Tu hai una
piccola ossessione o mania? (so che è personale ma
credo che ognuno ne abbia una…io per esempio ho
quella dell'acquisto compulsivo di scarpe con il
tacco altissimo…)
La domanda è lecita e interessante al tempo
stesso. Credo che tutti abbiamo manie e fobie di
varia natura che caratterizzano o limitano la nostra
vita di tutti i giorni. La problematica di alcuni
personaggi del libro sta nel fatto che queste
manifestazioni si fissano psicologicamente in una
maniera spaventosa tanto da assurgere a vere e
proprie manifestazioni paranoiche. Per quanto mi
concerne posso dire che il passare in auto sulle
rotaie dei pochi passaggi livelli che si trovano
ancora in zone di campagna, mi incute abbastanza
terrore e cerco di farlo nella maniera più veloce
possibile. La mia paura, con i validi sistemi di
sicurezza, mi rendo conto che è chiaramente una
sciocchezza, pur tuttavia rimane.
4) Pensi che in ogni persona, seguendo le teorie
di Freud, ci sia una parte irrazionale che può
diventare aggressiva o pericolosa?
Io penso proprio di sì. E' il discorso che
facevo poc'anzi in merito al discorso del "raptus"
che è un atto estremo, inconsapevole e assolutamente
non premeditato che può riguardare tutti. La ragione
è sottoposta di continuo a delle sfide di varia
natura e sta all'uomo gestire i vari influssi che ne
riceve dall'ambiente (si pensi a casi di bullismo o
di stalking) o dall'interno (la depressione,
l'autolesionismo). Credo che ci siano dei momenti,
delle situazioni in cui l'uomo possa essere slegato
completamente dal cogito e può rendersi protagonista
di atti pericolosi per sé e per gli altri. L'uomo
rimane un mistero, come sosteneva Guido Gozzano.
5) Secondo te qual è il compito della società
nell'affrontare il disagio e l'anormalità? Deve
curarli?
Il disagio ha bisogno della comunicazione. Si
deve parlare sia con le persone che convivono con
una qualche forma di disagio, evitando di
allontanarli e si deve parlare con la società per
sensibilizzare su certe tematiche. Prima della cura
è necessario che vi sia conoscenza e prevenzione.
Ci sono forme di disagio che essendo particolarmente
gravi, croniche e che corrispondono a delle
patologie che non hanno neppure una forma di cura
che possa allievarli.
Il compito della società è quello di conoscere
l'altro, il diverso, e di capirne le cause del suo
disagio, sensibilizzare la popolazione, abbattere
forme di emarginazione e permettere per quanto sia
possibile che il disagiato possa intraprendere un
percorso riabilitativo (e non solo punitivo)
immergendosi nella società senza doverne soffrire
distanze e accuse.
6) È stato facile scrivere questo libro? (la
lettura è assolutamente scorrevole, ma penso che
dietro ci sia un grosso lavoro di lima o sbaglio??)
Come ti dicevo all'inizio di questa interessante
intervista per la quale sono a ringraziarti, il
libro è frutto di un lavoro di cernita dei miei
tanti racconti. Devo dire che non è stata difficile
la scrittura degli stessi, piuttosto è stato
complicato selezionarli, dovendo prediligere alcuni
di essi e tralasciarne altri (almeno per il
momento). Quanto alla scrittura posso dire che
tranne "La casa al mare", scritto a quattro mani
assieme a Massimo Acciai, e "Tra quattrocento anni",
basato sul tema della Crionica e nato dopo la
lettura del saggio di Ettinger, tutti sono nati
abbastanza velocemente. La mia scrittura è una forma
di automatismo, quando inizio una storia
generalmente la termino in poche ore o pochi giorni
perché non voglio che i miei personaggi restino con
le mani in mano, senza saper cosa fare…
7) Ne sei complessivamente soddisfatto o c'è
qualcosa di incompleto?
Sono soddisfatto di questa opera che,
chiaramente, come ogni opera è per sua natura
imperfetta o incompleta. Nel senso che avrei voluto
parlare e narrare anche di tanto altro. Ma non me ne
faccio assolutamente un cruccio poiché l'attenzione
per il disagio e per quello che possiamo definire il
"mondo sommerso" della psiche, avrà forma anche
nella mia prossima narrativa breve.
Grazie per l'intervista.
Lorenzo Spurio
03-12-2013
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