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Narrativa
Poesia italiana
Poesia in lingua
Questa rubrica è aperta a
chiunque voglia inviare testi poetici, in una
lingua diversa dall'italiano, purché rispettino i
più elementari principi morali e di decenza...
poesie in lingua
napoletana,
esperanto ed
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recensione di Massimo Acciai
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Il ruolo del consulente letterario:
Intervista a Marco Bazzato
di Massimo Acciai
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Domenica - Le volte
celesti
In quei giorni bellissimi così farò.
Appena alzata, andrò allo specchio e mi guarderò con attenzione.
Mi piaceranno ancora la fronte alta, le orbite appena infossate,
le sopracciglia fini, gli occhi grandi, un po' miopi. Chissà
perché avrò gli zigomi affilati, il viso triangolare. Sarò
stanca, ma non molto, solo un poco.
Certamente uscirò sul presto, sia col tempo bello che sotto la
pioggia. Amerò moltissimo pioggerelle e temporali, ma ancor più
il sereno. Più di tutto preferirò il tempo mezzo e mezzo, i
nuvoloni neri, rossi, grigi, bianchi e viola. Oh! in primavera
come si muoveranno inesauribili! si sfrangeranno, si
ricostituiranno, formeranno figure sempre nuove. Avrò caro
questo cielo, come tutti i cieli che avrò visto, specialmente
quelli mai conosciuti. Tutti i cieli che mi sfileranno davanti
saranno prediletti, la mattina alle sei, le sette, tutte le
mattine, questi firmamenti così lontani dalla insulsaggine di
tutti i giorni. Sfoglierò le volte celesti e pronuncerò: "Oggi
farò questo, questo e quest'altro: ad esempio monterò su un
autobus, entrerò in una fioreria, da un fornaio e mi siederò sui
parapetti del lungofiume. Queste cose, e molte altre
meravigliose dello stesso genere, io farò".
Le strade saranno asciutte, o bagnate, o appena umide, in questa
primavera saranno preferibilmente asciutte, la gente si muoverà
piuttosto velocemente per le vie, i bambini correranno a scuola
con i loro zaini colorati, i ragazzi più grandi monteranno sugli
autobus e pranzeranno nei bar, torneranno a casa alle due, alle
tre, alle sette di sera dopo avere studiato con qualche amico.
Le strade saranno piene di questa gente, dei mendicanti, degli
albanesi, dei terzomondiali in fila davanti agli sportelli della
Questura; saranno ingombre, io mi guarderò intorno e vedrò
agitarmisi accanto questo brulichio. La primavera sarà fatta
così, esseri umani, colori, odori, suoni, la primavera di questo
anno di grazia.
Non saprò mai l'ora precisa per tornare a pranzo. Preferirò
invece mangiare fuori qualcosa, seduta sui gradini di una
chiesa, le panchine di una piazza o piuttosto in un ristorantino
greco o cinese. Ci pranzerò con quattro euro, cinque, cinque e
mezzo. Terminerò con un grosso gelato bollente, sarà la
specialità per concludere il mio pasto etcnico. Farò così,
proprio così.
Poi girerò ancora, in bicicletta, motorino, macchina - e poi
ancora in autobus, tram, trenino. Guarderò se gli uomini si
soffermeranno a sbirciarmi, vedrò di stare attenta a montare
sull'autobus o salire le scale di un palazzo o di una torre.
Eviterò gli sguardi indiscreti, le pozze, gli ombrelli
appuntiti, i cappucci fradici, le richieste di iscrivermi ad
un'altra associazione ancora. Farò una corsa alla posta che sta
aperta il pomeriggio. Pagherò un vaglia, un conto corrente,
qualche cosa che mi porterà a casa libri, dischi, dépliant
turistici, foto di bambini che a distanza adotterò.
La giornata andrà avanti così, senza alcun dolore. Proseguirà
senza scossoni, strappi o pensieri cattivi. Farò e riceverò
telefonate, darò una mano a un amico che starà male, sentirò le
persone care, aspetterò che i miei familiari tornino a casa,
riescano, facciano la loro vita. Aspetterò fino a che non sarò
stanca, così stanca che mi dirò:
"Quanto tempo starò ancora fuori? Quando tornerò? In quale
situazione l'umanità comporrà un'altra Sinfonia Quaranta? Quando
succederà tutto quel che deve accadere? Quanto aspetterò questo
momento?"
Inavvertitamente riprenderò la via di casa, rivedrò i turisti
affollarsi intorno Piazza Duomo, le pizzerie si riempiranno di
consumatori affamati, ridenti e assetati. Gli avventori diranno
molte cose spiritose, io li vedrò occupare i banchi, i tavolini,
le sedie dei locali. I più fortunati troveranno posto all'aria
aperta, i camerieri infileranno candele accese dentro bicchieri
di vetro, fazzoletti di carta colorati sotto ai larghi piatti.
Oh quante cose importanti succederanno in quei giorni!
Tornerò quasi stordita da tanti colori, rumori, da tutto
l'affetto che mi sentirò intorno. Rivedrò la cancellata, il
vialetto d'ingresso, mi parrà di essere al mare. Spingerò il
portoncino di vetro sulla destra, di nuovo a destra entrerò in
casa e mi metterò a contemplare la luce diffusa del tramonto
inoltrato. Anche dentro sentirò il profumo delle onde, il
fruscìo dei pini, l'aria di inizio aprile, di maggio inoltrato.
Mi sdraierò sulla poltrona, sul divano, su una sedia di vimini
in cucina. Sul tavolino ci saranno alcune briciole come sempre,
la caraffa d'acqua, un bicchiere. Berrò perché avrò molta sete e
sarò stanchissima. Certa sete, certa stanchezza sembrano non
passare mai. Oh quanta sete avrò, quanta debolezza. Andrò al
computer, vincerò questa spossatezza facendo un'altra offerta a
un'associazione di volontariato. Un giorno per certo tutti
questi bisogni finiranno, ogni vuoto, ogni cosa sbagliata. Non
ci saranno più cose brutte, né lo smog sulle lenzuola, né i
licenziamenti dai grandi magazzini, né la censura politica alla
televisione. Quel giorno so io quel che farò: certamente andrò
allo specchio, mi guarderò con attenzione e finalmente uscirò un
po' meno infelice per strada.
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