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Narrativa
Poesia italiana
Poesia in lingua
Questa rubrica è aperta a
chiunque voglia inviare testi poetici, in una
lingua diversa dall'italiano, purché rispettino i
più elementari principi morali e di decenza...
poesie in lingua
napoletana,
esperanto ed
inglese
Recensioni
Di amore e morte di
Enrico Pietrangeli -
recensione di Lidia Gargiulo
Seduti dalla parte del torto di
Devil Buio -
recensione di Simonetta De Bartolo
Tutta colpa della poesia di
Dario De Lucia -
recensione di Massimo Acciai
Interviste
Il ruolo del consulente letterario:
Intervista a Marco Bazzato
di Massimo Acciai
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Teknostorie (sulla memoria)
# 7. mi ricordo che la preside pianse quando
ci vestimmo in maschera per il martedì grasso. non ci poteva
credere: la sezione migliore della scuola migliore con studenti
che vanno vestiti in maschera con rossetti e make up e strani
costumi in classe. che vergogna! era la nostra allegria che la
faceva stare male, che le faceva paura. ricordo ancora il suo
sconforto, e la professoressa di letteratura che in classe ci
faceva parlare in latino dei nostri genitori. ma facevamo teatro
all’ora di inglese, così potevamo parlare la nostra lingua
segreta e truccarci e giocare a essere star.
# 8. dopo i lavori di ristrutturazione c’è una zona del giardino
dove non nasce più nulla. dev’essere stato tutto il cemento che
hanno buttato nella terra. l’unica pianta rimasta è un’edera
bianchissima. la pianta grossa era stata tagliata alla base, ma
l’edera ha sorprendentemente ributtato, bianca, senza una
traccia di clorofilla. mi ha accolto al mio rientro a casa.
cresce male, è malata, a volte sembra morta. quando ho cercato
di farla crescere al sole legandola a un graticcio mi è quasi
morta davvero. io le ho dato terra buona, molta molta acqua e
anche fertilizzante chimico potentissimo. ho drogato l’edera.
sempre peggio. poi ho deciso di lasciarla stare, darle acqua, e
vedere se viveva o no. ho tagliato il ramo seccato dal sole e
ciao. allora ha cominciato a riprendersi, piano piano, ad andare
in giù verso l’ombra. sta meglio. sta meglio quando io sto
meglio. oh, edera barometro della mia vita e della mia salute!
# 16. nessuno faceva il bagno oggi nel centro del lago. perché
ieri c’era morta annegata una ragazza. – la figlia di un mio
prozio appena morto, uscendo dalla chiesa diceva è così: si
nasce e si muore, l’altra figlia dal pulpito diceva dolcemente
dell’amore di suo padre per la vita semplice e per il suo
lavoro, compresa la fatica che ne derivava. le nipotine erano
invece false, con lacrimuccia di circostanza, il nipote era in
silenzio durante le preghiere, ma si è fatto il segno della
croce al momento del passaggio della bara. – è come se il lago
fosse diventato tutto a un tratto una forza oscura, capace di
uccidere e di far sprofondare giovani corpi nel suo mistero
fangoso e terribile, una storia di orrore. la sottile linea
rossa.
# 18. sì, è andata così: avrei dovuto parlare della memoria in
petrarca a un convegno in svizzera, e invece non avevo studiato
praticamente nulla perché ero andato a una serie di feste a base
di speed. così, dopo aver mandato una mail di scuse penose, ho
deciso di andare lo stesso in svizzera, ma per comprare un po’
di erba. ma al passaggio della dogana al ritorno mi hanno
beccato subito. un’altra volta mi hanno beccato al vidia di
cesena dopo il concerto di alec empire insieme al diciottenne
figlio del sindaco di rimini. tutti e due avevamo il fumo
addosso, e da allora mi è rimasta la paranoia. però la
conversazione con l’assistente sociale è stata molto utile.
davvero una donna intelligente che mi ha tirato su di morale;
anche, la gita in macchina per forlì passando dalla statale dato
che l’autostrada era bloccata è stata una figata.
# 21. quando sono stato qui a londra l’ultima volta, 4 anni fa,
molte cose erano diverse: mio padre era ancora vivo, la mia casa
non era stata ancora smezzettata, non ero ancora sieropositivo e
anziché lavorare vivevo con comode borse di studio e i soldi di
papà. ma soprattutto non avevo ancora il telefonino, per cui
prendere appuntamenti era semplice, definitivo, gratis, rapido.
# 25. extraterrestri. sì, ne avevo paura. specialmente dopo aver
visto l’uomo che cadde sulla terra con david bowie. pensavo di
essere figlio di alieni, e pensavo che guardando fuori dalla
finestra del bagno che dava sul giardino, prima o poi avrei
visto arrivare un’astronave o un volto spaventoso. allora
dipinsi un quadro a 16 anni, raffigurante un extraterrestre, che
mi liberò da queste paure.
# 27. se cerco di ripescare nel pozzone profondo della memoria
il mio ricordo più remoto possibile, trovo sebastiano, un
pupazzo di cotone imbottito dalla testa piatta e tonda e capelli
di fili di lana attorcigliati e braccia lunghe e sottili con cui
giocavo sempre facendolo girare e volare tenendolo per le
manine. non potevo mai separarmi da sebastiano e penso che
quella ricerca sia ancora in corso... [la cosa interessante di
questa storia è che avevo iniziato a scriverla all’e+ mentre
stavo guardando la televisione con un filmato live della
proiezione vj + musica dj della festa di sabato scorso. poi è
arrivato un pische di cui mi sono innamorato al primo sguardo.
aveva dello sporco di unto in faccia, attorno al naso e sulla
fronte e una felpina blu scuro con cappuccio tirato su. sguardo
dolce, intelligente. era insieme a una ragazza che lavora al
sertperlariduzionedeldanno. parlando con lui ho notato che tutti
e due colleghiamo i pensieri in modo emotivo e discontinuo, con
lampi di intuizione profonda e scemenze totali ripetute in una
dinamica mescolanza. mi ha dato una copia della rivista mostro
dove lui ha scritto una storia a suo dire ‘triste’: mi ha detto
di non leggerla prima di addormentarmi. ‘ciao’. ‘ciao... mi
chiamo sebastiano’.]. [p.s.: il mio nome è massimiliano tullio
sebastiano].
# 43. e venne il 1989 con l’occupazione del cpa e i noiseless a
suonare là con la chitarra acustica e nuovi pedalini per la
distorsione e il flanger. venne il 1990 con gli honey please nei
centri sociali su e giù per la toscana e poi le feste al mare.
venne il 1991con le coriste bionde tedesche e americane e le
interviste per le tv locali. venne il 1992 con il rock contest e
i brani nelle compilation. venne il 1993 con gli emme, le
accordature aperte, le giornate in studio e la poesia
performativa. venne il 1994 con le diapositive, le proiezioni e
i video dada con il morphin. venne il 1995 con gli ipertesti di
poesia in rete da cliccare, le immagini su blob, i localini di
firenze e le case del popolo. venne il 1996 con una parvenza di
successo commerciale, il basso a 12 corde, la conquista della
maremma, i concerti nelle piazze e le minchiate a roma. venne il
1997 con l’ondata dei beats americani, gli articoli per il
manifesto, le traduzioni e le performance in sardegna, a venezia
e in calabria con aerei e alberghi a sette stelle. venne il 1998
con le droghe i flussi di coscienza, le gite in germania,
riconoscimenti accademici e poesie narcotiche. venne il 1999 con
nuovi festival, furgoni, pubblicazioni con la city lights e le
registrazioni tutte in digitale. venne il 2000 con gli scazzi,
le fughe a san francisco, i musei di arte contemporanea e i
teatrini off, i sogni di gloria e i drammi esistenziali. venne
il 2001 con la tekno, dante in vetrina, i delidoz, l’ubriacatura
di scemenze adolescenziali e le figate dei dj. venne il 2002 con
le spedizioni a rimini e nel lazio, gli effetti per la voce,
l’incontro fatale con manzarek e i giochi di prestigio per
arezzo wave. venne il 2003 con nuovi scazzi, cure fisiche e
mentali, azioni di nudismo, veneri biomeccaniche, bologna parco
giochi, occupazioni e trasgressioni mirate a nuove ispirazioni.
venne il 2004 con l’elettropiù, le nuove teknostorie e la
conferma dell’infinita forza della fallocrazia. venne il 2005, e
all’apparir del vero tu misera cadesti.
# 44. ‘tieni la mano dietro’. ‘quella è la mano del diavolo’.
‘oggi i ragazzi sono in punizione’. ‘il movimento è vietato’.
‘voglio il massimo silenzio’. ‘amen’. ‘tenete la voce bassa’.
‘maestro è lui che mi dà noia’. ‘ecco la donna vissuta’. ‘ho
paura non voglio andare a scuola’. ‘mi prendono in giro nell’ora
di ginnastica’. ‘mi trattano da femminuccia, sono cattivi’. ‘in
piedi arriva il signor maestro’. ‘oddio, e se interroga me...’.
‘ohhh, mi cola il moccolo sul grembiule nero di fodera e luccica
come una scia di lumaca, bleahhh’. sì, questa era la scuola in
italia negli anni ‘70: più simile a una prigione che a una casa,
più simile a un campo di concentramento che a un campeggio
turistico. obbligo di usare la mano destra per scrivere, la
sinistra è la mano del diavolo.
# 68. norma desmond. tu fai la performance con gli occhi ma solo
un uomo ti ama. il pubblico ti ha dimenticata perché il successo
dura solo 1 ora massimo. ci sono treni da prendere, e molti
vanno troppo veloci per svegliarsi in tempo all’arrivo. ma se un
uomo ti ama tutto questo è già molto ma a volte neanche questo è
sicuro, o costante. la colpa non è di nessuno, ma il
neoliberismo ci ha resi cane mangia cane e mentre scrivo tu sei
preso nella sarabanda. non cerco più né oppio né felicità né
qualcosa dagli altri né progetti. si tratta in fondo solo di
semplificare e ridurre tutto al minimo indispensabile. nel
minimo indispensabile c’è il silenzio, nel silenzio parlano le
voci della mente, il mio sguardo allo specchio con la parrucca
in testa, il mio dito deforme perso nei riccioli di nylon.
# 71. la casa era piena di chitarre e ragazzi coi capelli lunghi
attorno scorre un fiume con piante che crescono ovunque
avvolgendo l’asfalto e le macchine ma lei dov’è e come faccio
ora a rimettermi in contatto dopo tutto quello che è successo
non so è forse nel vino la causa o io non so non so e in cosa
trovare una risposta non certo più in frasi del tipo ok
l’importante è trovarsi d’accordo su un paf di sostegno al
proiettore in modo che si autorigeneri e si autoimplementi io
francamente davvero non so non so.
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