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Narrativa

La stanza di Massimo Acciai, Tecnostorie di Massimiliano Chiamenti, Il tempo sospeso di Maddalena Lonati, Camera 730 di Maddalena Lonati, Un altro giorno, un'altra mosca, per caso... di Enrico Pietrangeli, Sette racconti al futuro di Paolo Ragni, Il Piano di Daniele Profeti

Poesia italiana

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Massimo Acciai, Elvira Balestracci, Caterina Bigazzi, Daniel Bosco, Miriam Cividalli Canarutto, Andrea Cantucci, Sonia Cincinelli, Rossana D'Angelo, Elisabetta Giancontieri, Renato Lonza, Manuela Palchetti, Paolo Ragni, Anna Maria Volpini

Poesia in lingua

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici, in una lingua diversa dall'italiano, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie in lingua napoletana, esperanto ed inglese

Recensioni

Di amore e morte di Enrico Pietrangeli - recensione di Lidia Gargiulo
Seduti dalla parte del torto di Devil Buio - recensione di Simonetta De Bartolo
Tutta colpa della poesia di Dario De Lucia - recensione di Massimo Acciai

Interviste

Il ruolo del consulente letterario: Intervista a Marco Bazzato
di Massimo Acciai

Il tempo sospeso
 

di Maddalena Lonati


Ti ho osservato invecchiare in questa stanza, gli occhi hanno perso la luminosità della giovinezza, i capelli iniziano a diradarsi, eppure tu non ne sei consapevole. Io sono stato spesso cinico nel fartelo notare, ma tu non te ne curi. Da tanto ormai sei chiuso nella tua dimensione priva di tempo, e forse gli altri in fondo invidiano questa esistenza così leggera che ripudia le regole degli uomini e di Dio. Ieri, come sempre, hai confuso tuo fratello con tuo padre, e nel calore del saluto c’era la sottile crudeltà involontaria dell’ingenuo spettatore che legge nei volti altrui gli anni che scorrono. Quante volte ho assistito impotente alle inutili spiegazioni disperate che ti hanno propinato i familiari, quanti psichiatri ho visto susseguirsi fra queste mura, lo sguardo severo e la stilografica veloce, per poi andarsene rassegnati davanti ad un caso irrisolto, quante parole sprecate ho ascoltato dissolversi nei tramonti violenti, quante pastiglie inefficaci ho guardato trangugiare. Solo da qualche mese, finalmente, sembra che le torture siano finite, è giunto il tempo della serena accettazione, la tua famiglia ha smesso di illudersi in un miracoloso recupero della tua memoria, dopo infiniti tentativi falliti hanno capito che possono amarti anche per quello che rimane di te, sarebbe puro egoismo accanirsi contro la tua mente sospesa. La tua memoria c’è, è intatta, ma si interrompe bruscamente a venticinque anni fa, da quel momento le giornate si sono accumulate senza lasciare traccia, vivi in una terra che non conosce il presente e non sogna il futuro. Ogni volta che qualcuno ti parla, le sue frasi svaniscono, ti attraversano senza trovare riposo nella tua coscienza, ogni istante non ha seguito, perché la tua vita ricomincia incessantemente da un punto zero e non procede nell’angosciante linea retta senza ritorno che viene tracciata per ogni essere. Ti fai beffe del ticchettare dell’orologio, per te non ha significato. Hanno detto che sei del tutto privo di memoria a breve termine dopo il trauma di quell’incidente, ma la spiegazione è troppo semplicistica, nessuno ha trovato sinora una ragione accettabile a questa tua sindrome. Gli specialisti hanno fatto sfoggio di termini incomprensibili per mascherare la loro perplessità, sei uno strano fenomeno da baraccone che ha ispirato molti saggi e fatto guadagnare tanti soldi a chi è incapace di guarirti. Da cinque lustri sei in attesa dell’appuntamento che ti aveva dato la tua fidanzata, continui a prepararti con cura per andare a prenderla alle sette di un eterno domani. Il profumo dei gelsomini inseguiva la tua cabriolet gialla, i capelli ramati di lei svolazzavano scomposti trattenuti appena dal foulard salvia, il suo sguardo curioso era celato dietro gli occhiali neri da diva mentre osservava sfrecciare i giardini curati e le ville liberty. Vi sareste dovuti trovare il giorno dopo per controllare insieme un pezzo di quella tesi che non terminavi mai, lei era sempre prodiga di validi consigli che ti elargiva con l’affetto rassicurante che una madre riversa su un figlio un po’ discolo, e tu l’assecondavi facendoti bambino. Per salvare un dalmata che ha attraversato all’improvviso quell’appuntamento non c’è mai stato, il suo ultimo incontro è stato con la Grande Falciatrice e il tuo con un pomeriggio che non si allontana. Forse i dottori non capiscono una realtà semplice, il troppo amore per quella ragazza dalla pelle lentigginosa ti ha fatto ostinatamente rifiutare una vita che non riesci a rendere, e così la trascorri senza saperlo per non fare un torto alla fidanzata con cui avresti voluto dividerla. Allora avevi la metà degli anni ed un futuro con cui giocare, oggi sei un cinquantenne che indossa ogni giorno un vestito di lino fuori moda per andare a prendere Rachele, le vuoi far piacere mettendoti il suo completo preferito, ma non ci sarà nessuno ad aprirti la porta. Ogni volta che tuo fratello ti ha spiegato la situazione ti sei sconvolto per un istante, e subito dopo hai dimenticato ogni cosa. Hai vissuto quella rivelazione centinaia di volte, finché si è arreso ed ha smesso di farti male inutilmente. Passa le serate a leggerti libri che non ricorderai mai e a raccontarti le sue giornate per colmare un vuoto che lo spaventa e non riesce a concepire davvero. Ad ogni istante fai i conti con un progresso che si scavalca veloce, ti sorprendi davanti ai DVD e ai microonde, ma fra un attimo la tua incredulità per quello che ieri non esisteva si rinnoverà. Non puoi fare nulla, qualunque azione ti è preclusa, perché la dimentichi mentre la compi e ti guardi attorno smarrito alla ricerca di una spiegazione che non ti sarà di nessun aiuto. Talvolta sei buffo con quegli occhi cielo che si sgranano per una rivista che non sapevi d’avere in mano, per un bicchiere che rimane a mezz’aria scordando di portarlo alla bocca, per un parente che saluti ogni cinque minuti non capendo che è nella stanza da un’ora. Non riconosci le ragazze bionde che vengono a trovarti, le scambi sempre per amiche di Rachele, non capisci che sono solo le tue nipoti cresciute; le ho sentite spesso bisbigliare che forse dovrebbero abbandonarti in una casa di cura, ma non do peso a delle parole pronunciate da tumide labbra adolescenti. Ti piacciono le canzoni moderne che ti fanno ascoltare, ma non riesci mai ad impararle per canticchiarle. Oggi hai detto per l’ennesima volta a tuo fratello-padre che stai davvero terminando la tesi, gli hai assicurato che non ci saranno altri contrattempi, finalmente ti laureerai in filosofia e subito dopo scriverai il libro per il quale stai prendendo appunti da sempre. Lui ti ha rivolto un sorriso benevolo e triste per quella toga che non indosserai mai e ti ha stretto le mani commosso. Cerca spesso il contatto fisico con te, trova in quello scambio di calore il conforto che gli è precluso dalla tua mente inceppata, e si illude che almeno di quegli abbracci rimanga traccia nella tua anima sospesa. Ha pianto sovente per quel fratello che ha perso anche se gli è sempre accanto, e nelle notti di peggiore sconforto ha pensato che sarebbe meglio una tomba da onorare, ma poi il primo raggio di sole l’ha fatto vergognare di quell’idea. Talvolta la tua totale mancanza di memoria è stato un vantaggio per lui, gli ha consentito di essere visceralmente sincero come mai è stato con nessun altro, gli ha permesso di confessarti che tradisce da anni la moglie con la sua migliore amica, ti ha raccontato le scorrettezze perpetuate verso gli amici, ti ha confidato la truffa che ha ideato, e sa che tu non potrai giudicarlo perché le sue parole torneranno all’aria senza mai aver avuto un peso. No, non è un uomo integro tuo fratello, ma tu non lo sai, come non sai che tutta la sua riserva d’amore è dedicata a te, la sua parte migliore è votata alla cura dell’unica persona che non potrà mai ricambiarlo. Tuo fratello per te non esiste, non riesci a riconoscerlo così invecchiato, nei tuoi ricordi ibernati è rimasto il giovane scanzonato che cambiava una ragazza a settimana e suonava la chitarra senza talento, ora gli doni l’affetto smemorato di un figlio, ma per lui è comunque un bene prezioso. Il glicine qua fuori è cresciuto a dismisura nei lunghi anni della tua malattia, si è ritorto sempre più fittamente attorno al pergolato, ed il suo profumo si è fatto più invadente ad ogni primavera; le sue note stucchevoli sembrano essere l’unica cosa in grado di ridarti per un istante l’aspetto che tu pensi d’avere, quando lo odori gli occhi tracimano di gratitudine e brillano di una luce giovane, riempi i polmoni e sorridi appagato riacquisendo un’espressione che le rughe ti hanno tolto e almeno per poco la tua età virtuale coincide con quella reale. Poi tutto torna come prima ed il divario di quei venticinque anni inutili sembra ancora più stridente. E’ bello sentirti parlare della tua giovinezza immota che non scolora, dai l’illusione che il tempo si possa arrestare a piacimento, ma poi il racconto ti rimane all’improvviso bloccato fra le labbra dischiuse e la cruda realtà si riappropria del suo ruolo, e ogni sogno svanisce senza lasciar traccia. Io assisto a tutto questo giorno dopo giorno, ogni giorno identico al precedente. Tu non soffri, ma neppure gioisci, la mancanza di coscienza di te nel tempo ti priva di qualunque emozione, perché nessuna può sedimentare abbastanza a lungo, il tuo stato mentale assomiglia a tratti al nirvana, ma non so quale folle potrebbe davvero invidiartelo. A volte mi guardi con aria perplessa, sembri capire, sembri sul punto di scavalcare quella linea che ti separa dal mondo per riappropriarti della tua identità, ma è solo un attimo, una fugace illusione; non capisco se sia la tua malattia a ghermirti di nuovo o se sia il tuo modo ottuso di difenderti da una situazione che non vuoi accettare. Quando rimaniamo soli tu ed io in questa stanza in cui tanti passano, quei momenti si fanno più intensi e prolungati, ma non posso far nulla per aiutarti. Mi limito come sempre a metterti di fronte il tuo gemello mancino, sovente allunghi la mano e lo tocchi incredulo, strizzi gli occhi e inclini la testa pensieroso, e il contatto con quell’immagine deteriorata dagli anni sembra ustionarti, chiudi le dita all’improvviso e neghi col capo. Torni a sederti, e chissà dove ti conducono i tuoi pensieri frammentari, forse ancora e sempre al tuo amore perduto, a quelle giornate leggere di responsabilità, a quella tesi interminabile, alle note sgraziate del tuo fratellino nottambulo, ai sogni di una gioventù interrotta. Ti ho visto invecchiare riflesso in me, sprecare i tuoi giorni, e vorrei essere uno specchio magico da fiaba per restituirti il tempo andato o almeno farti vedere ciò che ti aspetti. Non posso, continuerò a mostrarti lo scempio del divenire finché un giorno non ci sarà più un domani. Ed allora andrai a quell’appuntamento alle sette e stringerai di nuovo la tua amata dalla fulva chioma.

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