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Narrativa
Poesia italiana
Poesia in lingua
Questa rubrica è aperta a
chiunque voglia inviare testi poetici, in una
lingua diversa dall'italiano, purché rispettino i
più elementari principi morali e di decenza...
poesie in lingua
napoletana,
esperanto ed
inglese
Recensioni
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Enrico Pietrangeli -
recensione di Lidia Gargiulo
Seduti dalla parte del torto di
Devil Buio -
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Tutta colpa della poesia di
Dario De Lucia -
recensione di Massimo Acciai
Interviste
Il ruolo del consulente letterario:
Intervista a Marco Bazzato
di Massimo Acciai
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Attesi un quarto d’ora camminando a piccoli
passi fasciata nella longuette cremisi, ad ogni passaggio la mia
figura riflessa si perdeva distratta nell’angolo dell’occhio.
Non era più il tempo dei controlli ansiosi alla pettinatura,
dell’incessante ultimo tocco di cipria, non era più il momento
di presentarmi come un regalo da scartare, era terminata la
ritualità giocosa che mi trasformava in un balocco nelle tue
mani. Sapevo che quello sarebbe stato il nostro ultimo incontro,
e tu non te ne eri neppure accorto, troppo impegnato a inventare
deboli scuse per una moglie occupata a fingere di non sapere che
gli anni l’avevano esclusa da una competizione in cui vincevi
solo tu. La nostra relazione si era svolta tutta lì, fra quelle
pareti neutre, conoscevo meglio il copriletto avorio e i
comodini rococò di te. Solo falsità aveva modulato la tua voce
fumosa, e se ero qui ancora una volta forse era solo per
congedarmi da una camera ormai tanto familiare. La stanza mi
parlava di amori clandestini che odoravano di nuovo, di
matrimoni stantii che si affacciavano da quel balconcino vezzoso
per rinfrescarsi, di cameriere sottopagate che esageravano coi
detersivi, tanto non li pagavano loro; le pareti mi confidavano
in segreto le promesse sentite sussurrare alle giovani donne che
poi svanivano all’alba toccate dal primo raggio; gli specchi mi
riportavano le immagini ormai offuscate delle mogli che si
ritoccavano il trucco prima di tornare dal marito, e delle prove
fatte dinnanzi a loro dagli avvocati per farsi coraggio prima di
entrare in tribunale. Ora la stanza avrebbe parlato anche di me
a qualcun altro che l’avesse voluta ascoltare, gli avrebbe
spiegato che era una farsa, e che gli attori recitavano un
copione scadente. Fra poco avresti appoggiato la ventiquattrore
sulla moquette a fiori e mi avresti dedicato un sorriso
convenzionale lasciandomi intrisa di amarezza sino al prossimo
pomeriggio rubato. Neppure sai chi sia davvero, sembri non voler
essere contaminato da scorie di personalità che non ti
appartengono, sei così arido da aver prosciugato anche il mio
entusiasmo. In fondo, a te mi legava solo questa suite lussuosa,
meglio chiuderla al più presto e lasciare lì intrappolati per
sempre due anni della mia giovinezza. Il tuo ego ipertrofico non
sentirà la mia mancanza, e io ti relegherò presto fra i ricordi
non significativi della vita. Quella stanza aveva scandito i
ritmi delle mie settimane, all’inizio l’avrei rimpianta perché
aveva visto la mia nudità nell’apoteosi dell’età adulta, e mai
più sarei stata così perfetta, ma la nostalgia di me stessa
avrebbe trovato altri modi per compiangersi. No, nessun valido
motivo per rimanere schiava di un’abitudine. Non ti aspetterò,
capirai. Quando solo il tuo corpo anziano respirerà quell’aria
viziata saprai che è finita. Un ultimo sguardo dalla finestra
sull’autunno meneghino e chiudo per sempre la porta 730, come il
numero di giorni inutilmente non vissuti nell’attesa di te.
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