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Narrativa
Poesia italiana
Poesia in lingua
Questa rubrica è aperta a
chiunque voglia inviare testi poetici, in una
lingua diversa dall'italiano, purché rispettino i
più elementari principi morali e di decenza...
poesie in lingua
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Seduti dalla parte del torto di
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Tutta colpa della poesia di
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recensione di Massimo Acciai
Interviste
Il ruolo del consulente letterario:
Intervista a Marco Bazzato
di Massimo Acciai
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Lunedì - I treni della
Grande Stazione Metropolitana
Domani mi incontrerò con Laura alle sette di mattina. Il nostro
ritrovo sarà un bar nei pressi della Nuova Stazione
Metropolitana. Sarà senz'altro stipato di muratori albanesi e
rumeni, di manovali senegalesi. Laura mi saluterà come sempre,
mostrandomi le lentiggini, un fiocco rosso sui capelli, un
braccialetto d'argento al polso sinistro. Io le dirò:
"Come stai? Come hai trascorso la notte?"
Laura mi risponderà:
"Come sempre. Non ho dormito".
"Anche stanotte?"
"Anche stanotte".
Le offrirò un cappuccino. A lei piacerà con molto caffè e poco
latte, ma quel poco latte con molta schiuma.
"Laura, sarai così anche domani?"
"Anche il giorno dopo. Sognerò molte cose prima di cambiare".
Laura starà seduta sul tavolino rotondo, al puzzo di tutti
quegli operai. Questa primavera così accaldata e fumosa passerà
senz'altro, anche la mattina alle sette e dieci.
"Dove andrai stamani?" le chiederò.
"A lavoro".
"Anche oggi? Bene."
"Anche oggi. E tu?"
"Anch'io andrò a lavoro".
"Quando ci vedremo?"
"Verso le cinque, le cinque e mezzo".
"Mi manderai un messaggio, mi farai una telefonata?"
"Ti farò tutto".
"Ma davvero tutto? Tutto quel che ti chiederò?"
"Non esagerare. Ti farò tutto qualche mi chiederai se sarà anche
soltanto un po' ragionevole".
"Ma lo sai che starò male. Starò male tutto il tempo. Starò male
fino a che tutto non sarà finito".
"Non potrai stare male sempre. Prima o poi lo saprai che tutto
finirà, come finiscono gli smalti per unghie, i denti dei
pettini o i tacchi alle scarpe. Del resto tutti avranno nella
giornata di oggi le loro manie, fatte di piccole cose, innocenti
cose, e magari la gente che non capisce niente ci si arrabbierà
perfino. Ma io non me la prenderò con te. Ti perdonerò se ti
cadrà per terra un bicchiere di acqua frizzante o se ti metterai
al davanzale a fissare le grondaie".
"Non riuscirò a crederlo per tutta la giornata. Non sarà
possibile. In queste ore interminabili capiteranno tutte le cose
possibili e immaginabili, sarà una lotta impari. Il telefono
squillerà, sul computer appariranno sempre nuove maschere, le
persone mi interpelleranno, non mi daranno pace. Una lotta ogni
momento".
"Non dovrai vedere la giornata come una lotta continua, vedrai,
non ti succederà niente. Me lo confermerai quando ci sentiremo.
E ti ricorderai le mie parole".
Dopo questa lunga conversazione, ci alzeremo, pagherò come tutti
i giorni e usciremo in mezzo al traffico. A passo lento ci
recheremo alla fermata degli autobus. Aspetteremo la venuta del
23, del 27 o del 12 o anche del 123, che ci porterà entrambi a
lavoro. Se prenderemo il 123, faremo un pezzo di percorso
insieme, poi io scenderò e arriverò a lavoro a piedi. Laura
continuerà invece ancora per un pezzo per conto suo.
Passeranno così pesantissime le ore della mattinata e quelle
ancora più terribili intorno mezzogiorno, all'una, le due del
pomeriggio.
Mi chiamerà:
"Queste ore non saranno destinate a vivere, ma più semplicemente
a non morire".
"Laura! Non hai visto che hai un braccialetto nuovo al polso? È
rosso! Te l'ho regalato io ieri sera!"
Laura vorrà dormire per sempre, perderà ogni ora una giornata di
vita, la vita si disperderà inutilmente, faticosamente.
"No. Queste giornate sono eterne, sono una più insensata
dell'altra".
Mi avvicinerò ad Laura verso le cinque del pomeriggio, le
chiederò:
"Avrai ancora paura di quel che arriverà? Lo capirai finalmente
che ti amerò sempre? Che la domenica sera vedremo la tivù in
camera?"
"Tu non mi amerai mai. Mi lascerai perché ti farò sempre del
male. Hai già i capelli bianchi per questo".
Ti verranno le rughe sulla fronte, gli occhi ti diventeranno
lucidi e vi metterai i pugni davanti, come i bambini.
"Laura, tu lo saprai prima o poi!"
"Cosa?" mi chiederai sollevando la testa. Mi guarderai con gli
occhi ancora lucidi, stanchi per una mezza giornata, per un anno
e più di sofferenza.
"Il dolore non prevarrà su di noi!"
"Ma perché?"
"Sarà un nemico sempre, ma noi saremo il suo peggiore nemico. Lo
staneremo casa per casa".
Laura riprenderà a piangere, dovunque noi saremo. Così versando
lacrime passerà anche questa giornata, questa settimana, si
concluderà questo tremendo mese di aprile ed avrà conclusione
anche questa stagione. Le primavere così fatte saranno forse
molte, nel corso della nostra vita. Saranno come i treni della
Grande Stazione Metropolitana, andranno, verranno, saranno rare
volte in anticipo e più spesso in ritardo. Le primavere
anticipate si preannunceranno da certi fiorellini gialli alle
fermate degli autobus, nelle aiole calpestate dagli studenti,
nei triangolini di verde abbandonati alle lattine, alle
bottiglie, alle cartacce. Le primavere tardive saranno invece
fortissime, non le potremo quasi sopportare. La zona della
stazione, nella nostra città, cambierà, cambieranno anche i
nostri cuori. I nostri cuori cambieranno, oh sì cambieranno.
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