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Narrativa
Poesia italiana
Poesia in lingua
Questa rubrica è aperta a
chiunque voglia inviare testi poetici, in una
lingua diversa dall'italiano, purché rispettino i
più elementari principi morali e di decenza...
poesie in lingua
napoletana,
esperanto ed
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Mercoledì - Né più né meno
Tayatsumi Yakamoto un giorno si alzerà da letto e dirà molto
seriamente:
"Le persone soffrono. Non è giusto. Dovrò fare qualcosa per
loro. Finché ci sarà un solo infelice sulla terra, io non potrò
essere felice".
Tayatsumi ragionerà tra sé, molto convinto.
"Chissà dove avrò letto questa cosa. Certamente l'avrà detta
qualche anarchico, o qualche cristiano, o qualcuno di loro due,
qualche comunista, probabilmente".
Tayatsumi si attaccherà al telefono e comincerà a telefonare ai
suoi amici.
Comincerà così:
"Nakata Yatama".
"Sì?!"
"Finché ci sarà un solo infelice sulla terra, io non potrò
essere felice"
"Va bene".
"Allora mi aiuterai?"
"Ma certamente. Ma intanto fammi andare a dormire".
"Non potremo più dormire. Dovremo adoprarci sempre per la
felicità".
"Sì, ma un'altra volta".
"Ma perché?"
"Sono le sei di mattina, è domenica, e stavo facendo all'amore.
Per favore basta".
Yatama butterà giù il telefono. Tayatsumi riprenderà in mano la
cornetta:
"Natokino Mafai".
"Chi è che mi vuole?"
"Tayatsumi. Ascolta! Non è giusto! Non è giusto!"
"Che cosa? Ma chi sei?
"Te l'ho detto. Sono Tayatsumi Yakamoto".
"Ma fammi dormire!"
Tayatsumi non si perderà d'animo, prenderà in mano l'agenda e
penserà chi dovrà chiamare:
"Nafuri Kagasone… Natakio Fugone…Neremi Kazone…"
Gli amici e i conoscenti di Tayatsumi, infatti, inizieranno
tutti con la N.
"Questo mondo non va bene, così, non va bene. Mi impegnerò
sempre perché le cose cambino. Le cose dovranno cambiare. Così
non si potrà più continuare. La gente dovrà smetterla di
soffrire: nelle case, negli ospedali, nelle palestre e nelle
scuole; nei luoghi di lavoro, oh, sì, nei luoghi di lavoro
soprattutto, lì gli impiegati, gli operai, i contadini, tutti
dovranno sentirsi a proprio agio. Non dovrà più esistere il
dolore, il dolore su questa terra. No".
Tayatsumi attenderà le otto, le otto e mezzo. Avrà bisogno di
riflettere, di capire perché l'umanità sarà arrivata a quel
punto di dolore e quando arriverà a quel punto di felicità. La
felicità non sarà mai troppa, così come i fiori nei campi o le
rondini nei cieli. La felicità dovrà sbocciare perfino sui
prati, le terrazze e dentro gli ospizi, a dieci anni come a
novantacinque, tra gli uomini, le donne e le persone che non
avranno sesso, dovrà essere cancellato il male nel mondo.
L'idea, così, lentamente, prenderà forma, e Tayatsumi si getterà
a capofitto nell'impresa. Telefonerà a tutti i suoi amici con la
N, manderà un'infinità di mail, si iscriverà a una grandissima
quantità di mailing list, di forum, di newsletters, di tutto.
Trascorrerà tutta la mattinata, il pomeriggio, la serata,
perfino parte della notte in questa attività. Verso le due,
infine, stremato, andrà a riposarsi.
"Oh! Quante cose belle farò! Sarò felice, e tutti saranno
felici. Anzi, tutti saranno felici e io sarò felice. Non mi
fermerò mai!"
Tayatsumi l'indomani dovrà andare a lavorare, in un ufficio dove
aveva messo il naso circa duecentocinquanta volte l'anno. Tutto
gli apparirà nuovo, il tesserino magnetico dell'entrata, il
parcheggio, il viso dell'usciere che lo guarderà come sempre di
sottecchi. Molte cose cambieranno, il colore del caffè, perfino
il suo sapore, con o senza zucchero, il monitor, la tastiera,
perfino il profumo che si metterà una collega, quella con tutti
quei capelli ricci, Hiroshi Handa. Riconoscerà quel profumo tra
tutti, andando in bagno, in auto, o perfino nella grandissima
Piazza del Comune.
Intanto parlerà con tutti e sentirà se i suoi colleghi
interverranno ad aiutarlo. Molti gli diranno di sì, molti altri
di no, ma un po' tutti diranno un po' sì e un po' no. Ma le
persone in ufficio non si dimostreranno felici, nemmeno felici
di ascoltarlo. Quindi, evidentemente, Tayatsumi dovrà iniziare a
fare felici loro, a domandare perché sono infelici, che cosa
vorranno per essere felici, cosa mancherà loro, insomma.
"Mi dirai cosa ti manca?" chiederà Tayatsumi alla sua collega
riccioluta, Hiroshi Handa "Me lo dirai?"
"Ma non ho niente che mi manca. Niente…"
"Hiroshi … non mi mentirai … non mi nasconderai niente?"
"Ma insomma!"
Trascorrerà così la giornata di lavoro, lavorerà ben poco e il
suo capoufficio gli darà anzi molte occhiatacce. Al momento di
andare via, il capoufficio lo chiamerà e gli chiederà che cosa
gli sarà mai successo.
"Niente!" risponderà emozionato Tayatsumi, felice di potersi
esprimere "Nel mondo c'è troppo dolore. Dovremo levare questo
dolore. E anche quell'altro. E perfino quell'altro, quell'altro
ancora…"
"Ma quali altri?"
"Oh, il mondo sarà pieno di dolori, un po' dappertutto, di
infelicità, di persone che avranno bisogni insoddisfatti … noi
non potremo essere felici fino a che ci sarà qualcuno che
soffrirà. Ancor più se soffrirà inutilmente. Lo capirà anche
lei, vero? È vero che lo capirà!"
Tayatsumi sarà congedato burberamente dal capoufficio, un
vecchio funzionario, nato operaio specializzato e poi arrivato a
fare il capoufficio in azienda.
Ma il giorno dopo non sarà la solita aria, perché il capoufficio
lo chiamerà a metà mattina e gli dirà:
"Anche oggi farai come ieri? Parlerai sempre e non lavorerai
mai?"
"Per certo qualcuno avrà bisogno di me. Avrà delle esigenze
nascoste, latenti, inespresse. Io le tirerò fuori, le
soddisfarò, leverò questo dolore dal cuore delle persone. Anche
dal Suo cuore, certamente, anche Lei sarà infelice per qualche
verso".
Il capoufficio non intenderà ragione, ma, amico come è sempre
stato di Tayatsumi, gli consiglierà uno o due giorni di riposo.
Tayatsumi, naturalmente, ubbidirà. Sarà ubbidiente come sempre,
però risponderà:
"Benissimo, se questo sarà il bene dell'azienda, dei lavoratori,
Suo… Non sarà possibile che io faccia il male a qualcuno. Mai!
Vorrò anzi sempre portare benessere, felicità, successo!"
Passeranno così strani giorni. Le mailing list, le newsletters,
la posta inizierà a tempestare Tayatsumi, dai movimenti per la
pace, alle associazioni no-profit, dalle organizzazioni di
assistenza ai malati a quelli che si battono per i diritti
civili - tutti entreranno in ogni modo nella vita di Tayatsumi.
Al computer, tramite il postino, le scampanellate, il telefono,
sarà un'invasione di gente che chiederà aiuto, che lo offrirà,
che si presenterà per chiedere soldi, per regalare soldi.
Tayatsumi quella notte non dormirà, e nemmeno quella dopo.
Tayatsumi disimparerà a dormire. Passerà varie notti senza
chiudere occhio, rispondendo scatenato a tutte quelle lettere,
aprendo alla porta dieci, venti, trenta volta al giorno,
aggiornerà il computer di tutti i dati di tutti coloro che
lavoreranno per la felicità. Ogni giorno che passerà, aumenterà
il numero delle persone pronte a dare felicità ma anche in
numero terribile quello delle persone bisognose di felicità:
"Associazione Kapuro, 30 iscritti per 2.500 casi di necessità….
Organizzazione Tumba, 150 iscritti per 8.500 casi … Ente Morale
Gasone, 2.000 iscritti per 15.500 casi …"
Tutti questi casi gli daranno all'inizio un'ebbrezza
spensierata, delicata, e precisa, come del resto nell'indole di
Tayatsumi.
"Oh, 2.500 più 8.500 più 15.500… quante persone che potremo
rendere felici! "
Poi, invece, questi casi diventeranno numeri spaventosi,
giganteschi:
"Altri 27.000… altri 51.000… altri 8.250… altri 15.555…."
Questi numeri assumeranno dimensioni apocalittiche, mai
previste, mai pensate prima:
"Ed io … non potrò essere felice prima di… prima di …."
Trascorreranno infine altre giornate, stupende le giornate di
maggio, specie le mattine limpidissime, e le notti tiepide e
profumate. Tayatsumi smetterà di lavorare, di aprire alla porta,
di rispondere alle lettere:
"Altre 25.000 persone che hanno questa malattia… altri 150.000
bambini sottoposti a schiavitù… altri 280.000 profughi di
guerra… altre 300.000 persone in fuga dai bombardamenti…"
Maggio sarà un mese meraviglioso, fatto di fiori, ragazze felici
e balestrucci nei cieli, ma Tayatsumi si intristirà,
visibilmente. Verranno i suoi colleghi a trovarlo, perfino il
capoufficio gli annunzierà con profondo dispiacere
l'attribuzione forzata di un mese di malattia senza
retribuzione. Queste cose avverranno tutte, inarrestabili.
Hiroshi Handa lo saluterà con lo sguardo perso nel vuoto, i suoi
amici con la lettera N lo andranno a trovare un giorno sì e un
giorno no, gli stringeranno la mano, gli prepareranno un brodino
caldo e una zuppa di soia.
A niente tutto questo servirà.
Un brutto giorno Tayatsumi dirà che non potrà più vivere così,
aspettando mille anni per essere felice. E magari più di mille
anni, perché la felicità in questa terra non potrà esserci forse
nemmeno allora. Non sarà possibile sradicare il male, né da soli
né in compagnia. Dirà a tutti di volerla fare finita, o con il
dolore, o con la felicità o con questa vita. Gli amici presenti
lo soccorreranno, lo aiuteranno, chiameranno l'ambulanza e lo
accompagneranno in ospedale. Quando i medici e gli infermieri
gli domanderanno che cos'avrà, risponderà, molto semplicemente,
che dal mondo non sarà mai levata l'infelicità.
"Stanotte dormirai" gli suggeriranno sottovoce "Dormirai una
notte, un giorno, tre giorni a fila".
In realtà Tayatsumi avrà gli occhi sbarrati come chi non dorme
mai, e si muoverà con le gambe, le braccia il collo e la testa
come un giocattolo a pile, quei mostri snodabili,
instancabilmente. Ma Tayatsumi, ubbidiente, farà tutto quel che
gli diranno, si andrà a buttare sul letto, e a chi gli domanderà
come sta risponderà:
"Qualche volta starò su… qualche volta giù… su… giù…" e alzerà
le braccia.
Sì, su e giù, alzerà le braccia, guarderà in alto, verso le
colline, al punto dove il sole tramonterà.
"Su… giù… su… giù…"
Parlerà così, su e giù, tra alti e bassi e poi la voce si farà
sempre più fievole, quasi impercettibile. Gli occhi inizieranno
a chiudersi, i "su…" e i "giù…." rallenteranno, la voce si
spegnerà a tratti finché tacerà. Il respiro rallenterà anch'esso
e prenderà un ritmo quasi normale, come di uno che dorme ma ha
un sonno inquieto. Qualcuno gli tirerà su le lenzuola e lo starà
per un po' a guardare, poi chiuderà una porta e se ne andrà
altrove. Così andranno le cose, né più né meno, ma andranno.
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