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Narrativa
Poesia italiana
Poesia in lingua
Questa rubrica è aperta a
chiunque voglia inviare testi poetici, in una
lingua diversa dall'italiano, purché rispettino i
più elementari principi morali e di decenza...
poesie in lingua
napoletana,
esperanto ed
inglese
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Quando avrò ventidue-ventitre anni, mi succederà questa storia.
Sarò una sera d'estate a prendere una pizza con degli amici.
Saranno probabilmente compagni di università, o di piscina. Sarò
piuttosto nervosa, perché mi avrà lasciato, solo pochi giorni
prima, il mio ragazzo: una storia bella ma poi sempre più acida,
fino alla fine. Saremo una decina di persone, una pizzeria
accanto allo stadio, all'aperto. Mentre mi siederò mi verrà
accanto un ragazzo della mia età, l'aria vagamente
mediorientale. Niente di straordinario, occhi grandi e scuri,
zigomi alti - nerissimi e lunghi i capelli. Con intonazione
francese mi chiederà: "posso sedermi qui?"
"Sì" risponderò, senza farci molto caso.
La serata passerà come tante altre, ridendo, scherzando, berrò
troppo vino, dirò un po' troppe cose. Il ragazzo accanto a me si
metterà a parlare.
Man mano che passerà il tempo, inizierò a guardarlo interessata.
Avrà un modo di parlare tra sognante e invasato. Mi dirà di
essere a Firenze per motivi di studio, viene dal Belgio per
imparare l'italiano.
"Amo moltissimo la vostra cultura, la vostra storia, la vostra
lingua. In Belgio ci sono molti italiani. Io vorrò vivere in
Italia".
Le sue parole mi piaceranno, così come il suo sorriso e quella
parlata nasale leggermente sgrammaticata. Mi piacerà per i suoi
difetti -una cicatrice alla mano sinistra, il naso piegato, il
mento sporgente.
A fine della cena mi saluterà:
"Io sono lieto di averti conosciuta" dirà con sussiego.
Mi informerò subito chi l'ha invitato, una certa Caterina, amica
di un'amica. Quest'amica la conosco piuttosto bene, Caterina
l'avrò vista sì o no due volte.
Il giorno dopo ripenserò a lungo su questo ragazzo. Non
ricorderò lì per lì nemmeno il suo nome, stralunata come sarò.
Poi mi tornerà alla mente, "Paul" si chiamerà. Telefonerò
all'ora di cena al cellulare della mia amica. Gentilmente mi
dirà il cellulare di Caterina. Subito dopo telefonerò a
Caterina. Le inventerò una scusa qualsiasi. Abboccherà, o forse
non abboccherà affatto, ma mi darà comunque il telefono di casa
di questo Paul. Vivrà in una stanzuccia con un altro belga, un
turco o un curdo o chissà cosa, venuto dal Belgio anche lui per
studiare, si manterrà agli studi lavorando in un ristorante.
Insomma, mi sarò procurata il telefono di Paul. Lo chiamerò a
casa. Dal numero capirò che vivrà in pieno centro storico, zona
Santa Croce. Mi risponderà un'altra voce nasale.
"Chi parla?"
"Sono -" e lì per lì sarò incerta se dirgli il mio nome.
Incredibile! Un giorno intero che ci penserò e non saprò cosa
dire.
Insomma, mi presenterò.
"Cosa devo lasciare detto a Paul?"
"Che l'ho chiamato io. Se mi vuole ritelefonare al cellulare…"
La sera aprirò le finestre e farò entrare un po' di fresco. Non
riuscirò a prendere sonno. Prenderò un libro. Passerà così più
di un'ora. Arriverà mezzanotte, l'una. Lentamente mi verrà
sonno, il cellulare sarà rimasto acceso tutto il tempo. Lo
spengerò, chiuderò le luci, lascerò aperta la finestra. Mi
addormenterò e farò ogni sorta di sogni, sognerò Paul, in una
pizzeria dove tutti parlano il francese ed io solo no. Scherzerà
con me e mi regalerà una rosa.
La mattina accenderò il cellulare. Un messaggio da numero
sconosciuto. E' di Paul, ha chiamato nella notte dal cellulare
del suo amico. Sarà contento di vedermi. Non oggi, venerdì, ma
domani a mezzogiorno, sarà libero. Ci vedremo davanti a un
ristorante in Piazza Duomo.
Il giorno dopo sembrerà non arrivare mai. Giungerà anche
mezzogiorno, la stranissima ora prescelta. Mollerò di brutto una
lezione all'università. Mi metterò stivaletti col tacco, jeans
bianchi ed un camicione rosso trinato. Arriverò in forte
anticipo in Piazza Duomo, aspetterò senza farmi vedere. Avrò
paura di non riconoscerlo. Mi chiederò come sarà vestito, cosa
penserà di me. E dire che non gli ho più telefonato, gli ho solo
mandato un sms di conferma.
Camminerò in su e in giù, udirò una risata, una mano si poggerà
sulla mia spalla.
"Sono io!" esclamerà la sua voce "Anche tu in anticipo?!"
Mi vergognerò di essere stata scoperta, diventerò rossa, vedrò
che lui mi osserverà incuriosito, mi sentirò investita dal suo
sguardo in ogni fibra, mi vergognerò quindi ancora di più.
"Era molto che eri qui?" mi domanderà.
"Un…attimo".
Non mi sembrerà più bello di ieri l'altro, ma ancor più
desiderabile, migliore in tutto di come me lo aspettavo.
"Dove vuoi andare?" mi chiederà.
Me lo porterò in giro per le strade intorno al Duomo. Non sarà
molto tempo che lui vivrà a Firenze, quindi non saprà molte cose
della città. Sembrerà passare molto del suo tempo a studiare o a
lavorare, su questo sarà piuttosto vago. Si capirà subito che
avrà voglia di parlare ma che avrà paura di sbagliare.
Pronuncerà alcune frasi tenere e convenzionali, come si leggono
sui libri per stranieri. Le sue sgrammaticature mi faranno
sbellicare dalle risate.
"Tu ridi perché parlo male. Vorrei vedere che tu parlassi
francese, o fiammingo, come me. Io ho imparato anche lingua
curda da mio compagno di stanza Suliman. Lui è curdo in esilio.
Suoi parenti andarono in Belgio, quando c'era la dittatura. Ora
è qua per trovare lavoro, imparare traduzioni. Vuole tornare in
Kurdistan conoscendo quattro o cinque lingue. Suo parente aveva
ditta di import-export, vuole tornare a casa. Tu conosci queste
lingue?"
Riderò. Risponderò di no:
"Conosco l'inglese benino, il francese poco. Ho appena iniziato
a studiare tedesco. Ti chiedo scusa. Non volevo offenderti".
Mi sembrerà risentito, in realtà capirò che ha già vissuto
almeno tre o quattro vite e saprà mille cose di più di me.
Passeggeremo adesso per la città come due vecchi amici ma sarei
pronta da un momento all'altro a cadere ai suoi piedi.
Paul mi guiderà attraverso strani negozietti che tra i miei
amici frequenterà solo lui. Mi farà vedere che, se non saprà
nulla della mia Firenze, ne vivrà almeno un'altra, ritrovo di
belgi, maghrebini, turchi, curdi, giordani. Legherà molto con
questa gente, mi farà capire di essere amico di questi,
spiantati come lui. Mi parrà strano che un belga venga in Italia
per studiare senza il becco di un quattrino.
Mi dirà di avere solo poco tempo a disposizione, si arrangerà
con qualche lavoretto: dovrà essere in un bar a servire alle
tre. Al momento di congedarci mi porgerà la mano, non saprò far
di meglio che buttargli le braccia al collo. Mi ricambierà
l'abbraccio, mi stringerà a sé, sussurrerà qualcosa in francese.
Ci rivedremo tutti i giorni, tutte le mattine per un'ora, o i
dopocena, molto tardi. Lui avrà molto da lavorare, e poi dovrà
fare delle ricerche per una sorella. Gli porteranno via molto
tempo.
"Che ricerche devi fare?" gli domanderò.
"Vedi" mi dirà abbassando gli occhi "Mia sorella in Belgio ha
una grave malattia. Io devo aiutarla. Dovrà fare una cura
dolorosa, costosissima. Forse la porterò in Italia. Qua la vita
costa meno".
Capirò quindi perché Paul non sembrerà mai contento fino in
fondo, eppure gli dimostrerò il mio amore in ogni occasione.
"Mia sorella è grave. Deve fare un trapianto. Di midollo osseo.
In Belgio è difficile, queste cose sono molto care".
"Ma là non esiste una sanità pubblica come da noi?"
"Sì, sì… ma dobbiamo fare presto!"
La giornata si concluderà tristemente, penserò tutto il giorno,
tutta la notte, l'indomani alla sorella di Paul.
"Come si chiama?" gli domanderò l'indomani.
"Esther".
Mi farà vedere la foto: tirerà fuori da un vecchio portafogli
una carta un po' strapazzata, una bella brunetta dallo sguardo
fiero.
"Lei sta male?"
"Sì".
Le giornate trascorreranno in lunghe passeggiate per il centro.
Paul si fermerà, in mezzo alla strada, mi stringerà le mani, mi
abbraccerà, mi solleverà di peso. Non saprò resistergli mai.
Morirò dalla voglia di vederlo, morirò quando mi saluterà,
quando starò senza lui qualche ora. Mi verrà da svenire al
telefono con lui, quando gli manderò sms, quando penserò che il
suo amico li leggerà; sverrò stando con lui a tu per tu, quando
lo vedrò illuminarsi per un sorriso. La notte non riuscirò a
prendere sonno, morirò, vivrò di questo.
Dopo alcune settimane, Paul mi dirà, improvvisamente:
"Devo andare via. Devo partire subito".
In quel momento morirò del tutto.
"Partire?!"
"Devo andare via. In Belgio, in Kurdistan".
"Dove?!"
Non capirò più niente. Mi appoggerò ad un lampione, mi lascerò
scivolare per terra.
Paul mi guarderà, si strofinerà le mani.
"Forse tra due o tre giorni".
"Cosa dici!" ma non riuscirò a pronunciare altro, resterò per
terra.
Mi punterà i suoi occhi neri addosso. Implorerò con lo sguardo
un sorriso, non mi sorriderà, non tenterà nemmeno di rialzarmi.
"Ti dirò tutta la verità. Un minuto solo. Non sono belga. Sono
curdo anche io. Vivo in Belgio dall'età di otto anni. I miei
fuggirono dal Kurdistan quando le persecuzioni divennero
insostenibili. In Belgio erano appena fuggiti loro amici. Adesso
che la dittatura è caduta, voglio tornare in patria".
"Ma… me… tua sorella… l'operazione…"
"Esther non esiste. Ho tre sorelle ma nessuna è quella della
foto. La ragazza della foto - è la mia fidanzata. Il Belgio non
c'entra niente con lei. Ha subìto anche lei le persecuzioni del
nostro popolo. E' ritornata di nascosto in patria. E' lei in fin
di vita. In patria non esistono ospedali per lei, non può fare
là il trapianto. Vuole morire là. Io la voglio portare a curarsi
in Italia".
Piangerò, piangerò, piangerò. Mi nasconderò il volto tra le
mani. Paul mi prenderà per un braccio e mi rialzerà. Griderò,
singhiozzerò, mi dispererò ad alta voce.
"Perché… mi hai mentito… perché… perché…!"
"Sono un vigliacco. Mi… vergognavo".
"Ma come ti vergognavi!"
"Non so".
Ci saluteremo così, con questo "non so". Io aggiungerò solo
pochissime frasi. L'ultima sarà: "Non me lo dovevi fare, no,
no…"
Questa storia sarà durata molto poco, non saprò mai più nulla né
di Paul né della sua fidanzata, ma sarà stata molto intensa.
Altre storie forti mi accadranno in futuro, ma forse come questa
no, non avranno una fine così spietata e inspiegabile. Quando ci
saranno fini così, le storie dureranno molto più a lungo del
tempo vero. Il tempo futuro non si conoscerà quando si vivrà, ma
sempre poco anche quando finirà.
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