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Narrativa
Poesia italiana
Poesia in lingua
Questa rubrica è aperta a
chiunque voglia inviare testi poetici inediti,
in lingua diversa dall'italiano, purché rispettino i più elementari principi
morali e di decenza...
poesie di Lucia
Dragotescu, Manuela
Leahu
Interviste
Recensioni
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e paesaggi" di Roberto Mosi, nota di
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Pittoreschi" di Massimo Zanicchi
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- "Premiata Forneria
Marconi 1971-2006" di Donato Zoppo, nota
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- "Una ragionevole strage"
di Mireille Horsinga-Reno
- "Diary" di Chuck
Palahniuk, recensione di Simonetta De Bartolo
- "Approdi" di Monica
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- "Ogni angolo del cuore"
di Francesco Cecchi
- "Viaggiando verso
l'ovest" di Rossella Presicce
Saggi
Filosofia
La filosofia politica di
Platone come filosofia pratica
di Apostolos
Apostolou
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Il riflesso dell'acqua logora le
pareti
Le scalcina, le scolpisce ancora
Nel contempo taci, assorta,
sulla sponda del fiume che fluisce
emigrando altrove su se stesso
nel disincanto spaziale che travolge
la muta terra gorgogliando.
rovistando il fondo di schiume
sino a irrompere l'orizzonte qual è
incrinato, nel moto dell'emisfero boreale,
che giunge spegnendosi fiorentino
oramai remoto nell'asse dei poli.
Ora qui s'adombra il villaggio che
Poco distante discende sull'acque
da un breve rifiuto sottile che respinge,
punge il cuore debole, quasi morente,
del fluire verde terra di strade scalinate,
di piazze allegre, di ameni naufraghi
all'ombra dell'altra città straniera.
Firenze sembra disciogliersi in un pianto
Leggero, nell'aria che screpola la muraglia
Di vetro di questo seno innocente:
San Frediano, Santo Spirito, San Niccolò
La trinità del Cristo popolare, sovversivo;
un fazzoletto di case e di botteghe
i cui usci timidi s'affacciano alla notte
capovolta di luci che annegano sui flutti.
Il riflesso dell'acqua logora le pareti,
le scalcina, le scolpisce,
nel contempo la città scompare
dissolvendosi dietro lo specchio
incolore del fiume che compare.
Canard: notizie dell'ultima ora
I
Afferra il rugginoso tubolare
Della funivia
Che sale masticando l'angoscia
I denti d'acciaio,
sulle rovine
della tua inconsapevolezza
infranta:
da lemmi da accordare sul foglio
di vetro maculato.
La lena scivolosa dell'anima
Ti incatena alla destinazione futura
Del viaggio verticale
Precario sull'assito che ti lancia
Nell'universo cobalto,
Nell'acume inodore del cielo.
Canard approdi a poppa,
sulla funivia che di spanna in spanna
nel ciclone scompari.
Così mammifera nell'esodo,
intenta d'artigli,
cerchi rifugio nel volo
di falena felice verso luci
che timide s'incendiano lacerandoti
il senso della fuga.
Limitrofa sul confine
Appari confusa,
affetta d'amnesie tanto rapide
da annebbiarti l'approdo.
Nel contempo avanzi, t'annodi
Al pettine metallico
Che oscilla sul vuoto
della landa dimessa.
II
Vigile rimango in tua attesa
Arreso al fluire dell'acque
Schiumose che mi travolgano
Spingendomi inerme allo stipite
Della ringhiera, infranto
da cicatrici sul volto infelice.
Ma tu come viene appari,
avanzi, t'increspi nel momento
della risacca in cui
col tuo viso scompari
lasciandomi da solo
a contare le battute sul vetro
oramai scheggiato.
Ancora nell'esilio momentaneo
Cerco tra gli anfratti consumati,
tra le anse cristalline
la mia fuga misteriosa
a ritroso da ogni spasimo
sul dorso della salvezza promessa!
III
Ma qui, nello spazio sempre identico,
io appaio o sono? Sono Vivo o perduto?
Qui nell'etere sconvolto
Dal rombo della corsa sul suolo
Minacciato dalla cabina che barcolla
Salendo tra le maglie del satellite
Che chiattando di balzo in balzo
Spalanca al viso la galassia
Sino a penetrare la via lattea
Del pensiero, del barlume
Incenerito che esplode sull'orlo
Del tuo grido felice?
IV
Ora prigioniera sei della risacca
Mammifera che dilania la corsa
Della funivia sul breve ballatoio
D'assi che più non ti lancia.
Ora tutto s'ammaina, si sigilla
Nell'universo che s'avvolge al tubolare,
nel cielo che precipita replicandosi
nella corsa a ritrosa, rapida,
della cabina in una resa severa
schiacciandoti al suolo.
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