|
|
Narrativa
Questa rubrica è aperta a
chiunque voglia inviare testi narrativi inediti,
purché rispettino i più elementari principi
morali e di decenza...
Io confesso di Pietro
Rainero, La befana vien di
notte di Pietro Rainero,
Oltre la sbarra di
Giuseppe Budetta
Poesia in lingua inventata
Recensioni
Articoli
Interviste
|
|
Intervista a Marco Bazzato
Ho in passato intervistato
Marco Bazzato in qualità di
consulente letterario (nel 2006), ma Marco è
principalmente uno scrittore e un poeta. Stavolta
l'intervista verterà sulla sua attività narrativa,
ed in particolare sul suo ultimo romanzo "Aborto
d'amore", tradotto in bulgaro e presentato
recentemente a Montana, in Bulgaria.
Quali sono stati i tuoi modelli letterari, gli
autori che hai amato di più, che hanno contribuito a
formare il tuo stile?
Amo un numero ristretto di autori classici. Non
posso a tal proposito non citare Bram Stoker, Mary
Shelly, H.P Lovercraft, Arthur Conan Doyle, Stendhal,
Goethe, Victor Hugo. E tra i poeti sicuramente
Baudelaire e Dimcio Debelianov. Mentre per i
contemporanei, anche se molti storceranno il naso,
metto Stephen King, Tom Clancy, Wes Craven, George
Marget, Ken Follet, Massimo Carlotto, Paolo Roversi
e Fabrizio Berlincioni. Come storici Renzo de
Felice, Mario Cervi e Indro Montanelli e tra i
filosofi Noham Chomsky e Toni Negri.
Come modello in assoluto Stephen King. Autore
considerato di cassa e di massa, ma analizzando con
attenzione la sua scrittura, la sua tecnica, i
contenuti e le tematiche possono piacere oppure no,
credo che abbia una limpida crudezza, in moltissime
sue opere, soprattutto le prime, partendo da Carrie
lo sguardo di Satana, La lunga marcia, passando per
la Zona morta, L'ombra dello scorpione, It, Dolores
Claiborne e 22.11.63, una pulizia e una
scorrevolezza difficile da eguagliare. Per quanto
riguarda i classici, adoro la letteratura inglese
dell'epoca vittoriana e la letteratura gotica in
generale.
Quanto conta per te l'ispirazione, quanto la
tecnica? Sottoponi spesso i tuoi lavori ad un lungo
labor limae oppure ha maggior peso la spontaneità
del momento creativo?
Senza ispirazione la tecnica è inutile, ma senza
tecnica l'ispirazione rimane solo un'idea in testa.
Perciò come due separati in casa, volenti o nolenti
entrambi sono costretti ad accettarsi, non
tollerarsi, reciprocamente. Di solito sono
istintivo, forse anche troppo. Diciamo che per me il
più delle volte è buona la prima. Non amo riscrivere
la stessa pagina decine di volte, rischierei di
snaturare la creatività di quanto è stato concepito
la prima volta. Certo però che al termine di
un'opera apporto delle correzioni, magari
riscrivendo un periodo, cambiando un aggettivo con
il sinonimo migliore. Ma tutto deve essere
istintivo. Altrimenti io stesso sentirei il mio
lavoro come plastico e ampolloso.
Cosa pensi dei concorsi letterari?
Dipende da che concorsi. Esistono concorsi buoni e
altri meno buoni. Quello che posso dire e che alcuni
concorsi di caratura nazionale il più delle volte, a
mio avviso, i vincitori sono tali per apparentamenti
politici, che nulla hanno a che fare con la vera
letteratura. È un business. Questa è la verità.
Vende il nome, anche se la qualità è mediocre. Credo
che, anche tra gli scrittori contemporanei, ci siano
un sacco di capolavori che vivono la loro esistenza
letteraria underground, dove o gli autori vengono
rivalutati da morti, ma questo è un classico,
oppure, peggio distrutti e dimenticati
nell'indifferenza. E trovo ipocrita e quasi blasfema
la rivalutazione postuma di uno scrittore, come se
da morto a costui potesse importare il divenir
immortale. Che senso ha applaudire le opere di un
cadavere se costui è stato bistrattato e deriso da
vivo?
Quale peso ha il retroterra culturale nella
creazione letteraria?
Sono figlio della mia terra, il Veneto. Terra ricca
di bellezza e contraddizioni culturali e storiche
non indifferenti e naturalmente l'essere figlio di
questa regione, in alcune opere mi ha influenzato
nello stile e nella formazione psicologica di alcuni
personaggi. Ma in altri no, perché è stato uno
stimolo per uscire dal "provincialismo",
accostandomi, grazie anche al fatto di risiedere
all'estero, a una visione più cosmopolita ed
eterogenea all'interno delle mie opere, ma non solo.
Le parole chiave dell'èra attuale, battezzata
"èra digitale" sono: multimedialità, mass media,
integrazione, virtualità. Cosa hanno cambiato le
nuove tecnologie digitali nella creazione artistica,
se hanno cambiato qualcosa?
Mi sento figlio di questa rivoluzione digitale,
anche se oggi, le tecnologie informatiche corrono a
velocità impossibili. Oggi mi rendo conto che da
figlio sono diventato "nonno." Ho iniziato a
scrivere in "analogico" alla fine del millennio
scorso, grazie ad una macchina da scrivere "Lettera
22" come quella utilizzata da Indro Montanelli, per
poi passare al computer. Onestamente non sarei in
grado di scrivere un romanzo a mano, utilizzando la
penna, come fanno tutt'ora molti scrittori. Il mio
processo creativo ne uscirebbe rallentato e non
lineare, senza dimenticare che ho una calligrafia
illeggibile persino a me stesso. Sicuramente l'era
digitale, per quanto mi riguarda, mi ha dato una
marcia in più. Mi ha dato la possibilità di muovermi
in tutto il mondo, standomene a casa e questo mi ha
permesso di saper costruire il mio mondo letterario
con la fantasia in modo dettagliato, più
velocemente, ma non per questo in modo meno
incisivo, rispetto a quanto avveniva solo una
trentina di anni fa.
Manterrà il proprio ruolo il testo cartaceo di
fronte al dilagare di internet e degli ipertesti?
No, credo che nel volgere di una ventina d'anni il
testo cartaceo sarà consegnato alla storia. In
America le vendite del digitale hanno superato
quelle dei libri materiali, quindi a noi "dinosauri"
non resterà altro che adattarci o estinguerci.
Quando e come hai iniziato a scrivere?
Ho iniziato tardi si può dire. Ho preso in mano
proprio per rispondere correttamente il mio primo
raccoglitore. Era il 29 settembre 1993. Avevo
compiuto da quattro giorni ventiquattro anni. La
prima fu una poesia, infantile direi oggi, senza
titolo.
Ho sempre reputato e lo reputo tutt'ora la poesia
come il test d'ingresso nel mondo della letteratura,
per poi passare ai poemi e infine ai romanzi.
Insomma un viaggio iniziato quando ancora ci stava
la Lira, e quando per usare internet pagavo in un
Internet Point a Padova, a poche centinaia di metri
dalla Basilica del Santo, diecimila lire all'ora e
già tutto sembrava fantascienza.
Ho avuto il piacere di leggere in anteprima due
tuoi romanzi: il thriller "Progetto Emmaus" e
"Aborto d'amore", il tuo ultimo lavoro. Prendiamo il
primo: com'è nata l'idea? Che dire del lavoro di
ricerca che sta dietro il romanzo? Quanto tempo ha
richiesto la stesura?
La genesi di Progetto Emmaus nasce grazie ad un
amico bulgaro. Il figlio del grande poeta Ivan
Dinkov, Stoyan, il quale mi ha raccontato della
corrispondenza epistolare tra lui e Karol Woytila.
Corrispondenza che al momento, per volere degli
eredi, non è ancora stata resa pubblica. Prima di
iniziare a scrivere il romanzo ci sono state intere
notti passate tra sigarette e birra profuse in
grande quantità, a parlare con Stoyan Dinkov, anche
lui poeta e scrittore, dell'attività di poeta del
padre e della Massoneria. Contemporaneamente libri e
libri della mia biblioteca personale. Libri di
massoneria, Bibbia, Vangeli Apocrifi, libri di
archeologia, testi esoterici, Cabala e via
discorrendo, sparsi per lo studio, per documentarmi
su tutti i passaggi e le ambientazioni dell'opera, i
linguaggi, le gestualità e i passi logici necessari
allo svolgimento del romanzo. Quando alla fine ho
messo tutte le informazioni dentro la testa, mi sono
sentito pronto per iniziare a scriverlo. Insomma tra
ricerche, bevute, sigarette e scrittura, se ne sono
andati via in totale circa sei mesi.
L'altro tuo romanzo, "Aborto d'amore", è
anch'esso un'opera che suscita molte riflessioni. Ti
rivolgo le stesse domande che ti ho fatto per
"Progetto Emmaus" ed in più ti chiedo chi ha fatto
la traduzione in bulgaro e l'accoglienza che questo
romanzo ha ricevuto in Bulgaria, tua terra
d'adozione.
Sono due opere in totale antitesi, con tematiche
completamente differenti. Il primo è un thriller
fanta-teologico, il secondo un romanzo sociologico.
E, come è accaduto in Italia, per motivazioni
contrapposte, ideologiche in Italia, culturali in
Bulgaria, "Aborto d'amore" è stato accolto con un
misto di entusiasmo e timore, a causa del connubio
legato al "romanzato" gene dell'omosessualità e
aborto.
Così come è stato per Progetto Emmaus, ma ancora di
più per Aborto d'amore, credo che lo scrittore abbia
il diritto e il dovere di proporre temi scomodi,
spinosi. Temi che si preferirebbe ignorare, ma che
potrebbero divenire un domani, ciò che oggi è
fantasia, una realtà di tutti i giorni. Solo che il
lettore sovente ha paura di mettersi innanzi alle
proprie paure, preferendo cullarsi nelle sue
ideologiche e teoriche certezze.
La genesi di "Aborto d'amore" è stata una genesi
strana. Il romanzo è nato a seguito di mesi e mesi
di osservazioni e letture in rete a riguardo il tema
dell'omosessualità. Ho provocato discussioni, ho
cercato di vedere le reazioni più disparate innanzi
alla tematica, passando anche per un omofobo
incallito. Ma tutto questo era necessario per
inserire ogni tassello del puzzle che avevo in testa
nel modo adeguato. Da lì l'ambientare la storia in
Italia, nella mia regione, in paese a cavallo tra la
provincia padovana e quella veneziana, è venuto da
se. Anche per questo romanzo la stesura, poi, quando
tutto era ben delineato in testa, non ha occorso più
di tre mesi. Salvo una breve pausa di qualche
settimana, per lasciare che il finale prendesse
corpo, dando alla storia la svolta che meritava e la
sua naturale conclusone.
La traduzione di Aborto d'amore, a differenza delle
altre mie opere, tutte tradotte da
Vessela Lulova Tzalova, è
stata affidata a Teodora Ivanova, una giovane
laureata in filologia italiana presso Università di
San Clemente di Ocrida di Sofia.
Hai mai pensato ad una trasposizione
cinematografica dei tuoi romanzi? In caso
affermativo, quali attori e attrici vedresti bene
nei vari ruoli principali?
Sì, sarei un mendace se dicessi che non ho mai
fantasticato sul fatto di veder trasformato un mio
romanzo in un film, ma non al punto da immaginarmi
questo o quell'attore o attrice in questo o quel
ruolo. So per certo che è già difficile essere
scrittore e quindi la visione che può avere uno
scrittore della sua opera, sarà differente da quella
che potrebbe avere un regista o uno sceneggiatore.
Per questo è giusto, secondo me, tenere i ruoli
separati e lasciare ad ognuno il proprio mestiere.
Una domanda anche sulla tua attività poetica.
Ricordiamo ai lettori la tua silloge "Il campo del
vasaio. Mt. 27,7" (Slaviani editore, 2004) e il
fatto che hai scritto moltissime poesie inedite. Ti
chiedo la genesi di questo primo libro poetico e
cosa rappresenta per te la poesia, qual è secondo te
il ruolo del poeta nella società contemporanea?
Il Campo del Vasaio ha raccolto alcuni dei miei
poemi, non tutti. Molte delle opere presenti sono
state scritte proprio per questo libro, ma non
tutte. È una raccolta a cui sono particolarmente
legato non solo perché in Bulgaria è stata accolta
in modo fantastico, ma soprattutto perché mi ha
permesso di fare un salto evolutivo ed esistenziale.
Per fare un paragone improprio, come essere passato
da primate ad homo erectus.
Le opere inedite, poesie e poemi è vero, sono
moltissime. Forse rimarranno tali per ancora molti
anni. Al momento non so il perché. Forse perché
credo che debbano maturare ancora, o forse perché
penso che siano troppo acerbe e che non matureranno
mai.
In ogni caso il ruolo del poeta nella società ha
perso di valore, siamo inflazionati come la vecchia
lira, probabilmente perché non sappiamo essere più
corrosivi come in passato. Rimango dell'idea che un
poeta debba innanzitutto essere un soggetto di
rottura, la poesia deve essere una spina nel fianco,
pronta a pungere come un bisturi affilatissimo
l'animo umano e la società, ma purtroppo spesso
leggo poesie di poeti sdentati, privi di mordente,
incapacitati ad "aggredire" la parola e piegarla al
proprio volere.
In occasione della mia presentazione in Bulgaria
della mia prima raccolta, "Libero arbitrio" dissi
che "Il poeta era morto". Oggi come allora ne sono
sempre più convinto, a meno che non si ritrovi quel
coraggio di denuncia che la poesia e i poeti hanno
sempre avuto nel corso della storia.
Progetti per il futuro?
Al momento sono impegnato nella revisione di due
romanzi. Il primo è un thriller liberamente ispirato
a una storia vera accaduta in Italia dieci anni fa,
il secondo è il proseguo di Aborto d'amore, in
quanto credo che l'opera abbia ancora molto da dire.
In ogni caso il
romanzo finale lo revisionerò nelle prossime
settimane, poi, quando sarà il momento, metterò in
cantiere anche il secondo libro della trilogia. Le
idee ci sono già tutte, basta che dia il giusto
ordine mentale e che metta le dita sopra la
tastiera, lasciandole scorrere liberamente.
|
|
|