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Narrativa

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi narrativi inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
Io confesso di Pietro Rainero, La befana vien di notte di Pietro Rainero, Oltre la sbarra di Giuseppe Budetta

Poesia in lingua inventata

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Massimo Acciai [lingua indaco], Paolo Filippi [Accifil], Erika Gherardotti [Liziadurese]

Recensioni

In questo numero: tutte le opere edite di Massimo Acciai

Articoli

"Dopo l'ultimo proiettile" di Claudio Secci
recensione di Massimo Acciai
Un viaggio narrativo-musicale con Giuseppe Festa e i Lingalad
recensione di Massimo Acciai
Eugenetica, omofobia e stupro mediatico
recensione di Massimo Acciai
Uno sguardo (personale e spoileroso) alla fantascienza di Virgilio Martini
recensione di Massimo Acciai
Raccolta di poesie di Roberto Mosi “La vita fa rumore”
di Roberto Mosi
Ophelia, le vite di una ghost writer

Interviste

Intervista a Marco Bazzato
a cura di Massimo Acciai
Intervista a Vessela Lulova Tzalova
a cura di Massimo Acciai

 


 

Uno sguardo (personale e spoileroso) alla fantascienza di Virgilio Martini
 

Massimo Acciai



 

 


I libri di Virgilio Martini sono stati una di quelle rare scoperte letterarie che mi hanno illuminato il percorso creatomi (e che in parte il destino ha creato per me) all'interno della narrativa fantascientifica, genere che ho amato come autore fin dal momento in cui mi sono messo per la prima volta davanti alla macchina da scrivere per buttare giù il mio primo tentativo di romanzo, nella lontana estate del 1990, e prima ancora come lettore. Ho amato i precursori e i grandi classici del fantastico e mi sono sempre dispiaciuto che l'Italia abbia contribuito così poco al genere: tolto un romanzo poco noto di Salgari ("Le meraviglie del Duemila"), uno di Buzzati ("Il grande ritratto"), uno di Landolfi ("Cancroregina") e i racconti cosmicomici di Calvino (se proprio li vogliamo considerare fantascienza…) cosa rimane che esca dal giro degli studiosi e degli storici della letteratura? Poco o nulla.
Virgilio Martini, classe 1906 (come Buzzati), rappresenta una felice eccezione in questo panorama desolante. Ho scoperto per caso questo geniale autore toscano, dalla vita avventurosa come le sue opere, in seguito ad un viaggio a Compiobbi (piccolo centro ad una decina di chilometri dalla mia Firenze) per incontrare Berlinghiero Buonarroti, altro geniale concittadino del nostro Martini. Incuriositomi decisi di fare una ricerca su Internet, trovando poche notizie frammentarie, e in biblioteca: riuscii a reperire solo tre suoi romanzi nel circuito dello SDIAF: "Il mondo senza donne", "La Terra senza il Sole" e "L'allegra terza guerra mondiale". Li feci far arrivare, tramite il prestito interbibliotecario, da Borgo San Lorenzo e da San Piero a Sieve.
Non è facile infatti trovare le vecchie edizioni dei suoi libri: è un autore ingiustamente dimenticato e non più ristampato dall'88 (l'autore è morto nel 1986). Eppure i suoi libri sono usciti in diverse edizioni nel corso dei decenni ed hanno avuto varie traduzioni all'estero, oltre che recensioni favorevoli da personaggi del calibro di Pirandello e Bontempelli.
Una nota per il lettore di questo articolo: spoilerò le trame dei romanzi citati, quindi se non vuoi rovinarti la sorpresa fermati qui. Ma se disperi di trovare i libri in questione, o non ti interessa leggerli o comunque li leggeresti lo stesso vai pure avanti.

Dei tre romanzi, letti tutti d'un fiato nel giro di pochi giorni, il primo è quello che mi ha colpito di più. Pubblicato nel 1936 e subito sequestrato dalla censura fascista, dopo alcune riedizioni ha fruttato all'autore un processo per oscenità negli anni Cinquanta. Martini è stato ovviamente assolto e il libro ha avuto altre riedizioni per un totale di otto (l'ultima risale appunto a quasi trent'anni fa).
Già il titolo, "Il mondo senza donne", dice tutto. La storia, ambientata nel XXI secolo, parte da un'ipotesi estrema: cosa accadrebbe se un'epidemia globale uccidesse tutte le donne in età fertile? L'idea mi fece subito tornare alla mente un mio vecchio racconto scritto nel 2000 (l'anno in cui cominciano gli eventi fittizi del romanzo di Martini), intitolato "Marte". Nel mio racconto, che all'epoca ritenevo originalissimo, immaginavo al contrario un mondo futuro (anch'esso ambientato nel XXI secolo) popolato da sole donne in seguito ad una pandemia che aveva ucciso tutti gli uomini ad eccezione di tre astronauti che si trovavano in quel momento in missione sul pianeta rosso. Il mondo era andato avanti al femminile e la continuazione della specie era assicurata dalla clonazione. I superstiti maschili del genere umano, ritornati sulla Terra, facevano tutti e tre una brutta fine.
Nel romanzo di Martini l'epidemia è causata da una società segreta di omosessuali misogini che crea il virus della "falloppite" e lo diffonde (nel mio racconto l'origine del morbo rimane ignota); l'unica speranza per l'umanità è rappresentata dalla figlia di un avido ebreo da caricatura, salvata perché messa in stato di ipnosi da parte del genitore. Rebecca, questo il suo nome, è una bambina di undici anni che viene subito contesa da miliardi di uomini infoiati, di tutte le età e condizioni sociali. Viene posta sotto la protezione di un governo mondiale presieduto da un dittatore che si è guadagnato il titolo a suon di pugni, in attesa che raggiunga la maturità sessuale. All'apparire delle mestruazioni il corpo della fanciulla viene messa all'asta dall' "altruista" genitore: ad aggiudicarselo è un vecchio ebreo che però muore prima di "cogliere il fiore". L'incombenza dello "spulzellamento" ricade dunque sul dittatore Geo, il quale, nella sua megalomania, ha la poco brillante idea di farlo in diretta tv mondiale. L'uomo, pressato dalle telecamere, fallisce miseramente e, diventato lo zimbello del mondo, decide di ritirarsi dalla vita politica e scomparire nell'anonimato. Il vecchio Samuele, genitore della piccola Rebecca nonché ministro del tesoro, crea quindi una sorta di bordello di Stato in cui la figlia viene prostituita in nome della continuazione della razza, allo scopo di rimanere incinta il prima possibile. Nel giro di qualche mese si accoppia con più di un milione di uomini, fruttando al vecchio cifre da capogiro dai clienti che si possono permettere di usufruire della dolce compagnia di Rebecca (la quale non è certo scontenta di quella bizzarra situazione). Finalmente arriva la lieta notizia: Rebecca è incinta (di padre ignoto naturalmente). Gli entusiasmi si smorzano presto: si tratta di un bambino. La volonterosa fanciulla però non si perde d'animo e riprende il mestiere più antico del mondo con rinnovata foga. Arriva infine la bambina: Eva. A questo punto l'incombenza dell'accoppiamento con la nuova nata, una volta che anche questa ha raggiunto l'età adatta, cade proprio sul fratello, il quale si dà da fare per ingravidare anche le altre sorelline nate dalla grande progenitrice, in quanto gli uomini "pre-falloppite" sono nel frattempo così vecchi da non essere più all'altezza del compito. In conclusione la nuova umanità cresce rapidamente mentre altrettanto rapidamente decresce quella vecchia e il triste valzer delle civiltà si ripete come prima, più di prima. La battuta sul nome di "Eva" per la grande madre della razza (quando si dice "p…a Eva!") è suggerita ma risparmiata dall'autore.
Nel 1936 non si poteva ipotizzare altre forme di riproduzione oltre a quella tradizionale; se fosse stato scritto oggi l'autore sarebbe forse ricorso all'ingegneria genetica, come ho fatto io in "Marte" (anche se funziona per un mondo di sole donne, non di soli uomini, nel qual caso si sarebbe dovuto inventare un utero artificiale per impiantare i cloni). Il romanzo di Martini è molto satirico, paradossale e divertentissimo nonostante la drammaticità degli eventi descritti, ma c'è un punto che non regge alla logica. La scienza ci dice che se una popolazione scende sotto ad un certo numero di individui non c'è "ma" che tenga: è destinata all'estinzione. L'accoppiamento tra consanguinei non produrrebbe altro che mostruosità dalla vita breve e certamente non basterebbe una donna fertile per scongiurare la fine dell'umanità. Se sorvoliamo su questo "dettaglio", il resto del romanzo è molto verosimile e godibile, non risparmiando né la politica (Mussolini è messo tacitamente in caricatura in più di un punto), né la religione, né la morale. L'idea di un mondo popolato da soli uomini, o da sole donne, non è originale - come ho scoperto leggendo l'introduzione all'edizione del 1988: vari autori americani hanno sfruttato questa ipotesi bizzarra, in particolare la seconda (più raro il mondo di soli uomini rispetto a quello di sole donne): ciò nulla toglie al valore di questo gioiellino poco conosciuto della letteratura italiana.

"La Terra senza il Sole" è pure interessante ma non raggiunge le vette de "Il mondo senza donne": non è divertente e pungente come il secondo, ma parte anch'esso da un'ipotesi fantastica. Nel 4999 l'Umanità ha raggiunto tutte le mete che si era prefissa: non ci sono più guerre, non più carestie, povertà, ingiustizie, criminalità e sovrappopolazione. Perfino le religioni sono scomparse, ad eccezione di un'improbabile coppia di cristiani che vengono presi in giro da tutti. Il sesso non è più un problema, i viaggi spaziali sono all'ordine del giorno verso la colonia marziana, ma sia sulla Terra che su Marte la noia regna sovrana. Anzi, lo spleen (qualcosa di più della noia) regna sovrano, avvelenando la vita delle poche centinaia di migliaia di individui, serviti da gorilla evoluti. Abbondano i suicidi. Ad un certo punto uno degli annoiati rappresentanti della razza umana del cinquantesimo secolo viene un'idea folle per scuotere i suoi simili: provocare un'esplosione tale nel sottosuolo da far uscire il pianeta dalla sua orbita intorno al Sole e scagliarlo nelle profondità dello spazio. L'idea incredibilmente viene accolta dalla maggioranza delle persone, durante una storica assemblea mondiale in uno dei pochi mega caffè presenti sul globo, capaci di contenere fino a un milione di individui. Chi si oppone sono i due cristiani, giudicando blasfema la proposta.
La mozione viene approvata e messa in opera. L'esplosivo viene posto a 2200 chilometri, collegato ad una miccia che deve essere incendiata da una lente coperta con un panno che verrà sollevato alla mezzanotte del 1° gennaio dell'anno 5000. Man mano che si avvicina però la data fatale, l'entusiasmo va calando in proporzione esponenziale finché sulla terra non restano che pochi irriducibili e gli stessi fanatici cattolici (che avevano visto salire la considerazione verso loro stessi proprio in quei giorni cruciali), ormai impossibilitati anche volendo ad abbandonare in tempo il pianeta (che verosimilmente potrebbe essere distrutto dall'immane esplosione). L'ultima parte del libro, quella degli ultimi minuti fatali, è purtroppo una banale diatriba religiosa (quando sento parlare di questo personaggio immaginario chiamato "dio" il mio interesse precipita allo zero assoluto) e il finale non è secondo me all'altezza delle premesse. Resisto alla tentazione di spoilarlo…
Neanche l'idea del pianeta deviato dalla sua orbita è originale (mi viene così a caldo in mente un episodio de "Ai confini della realtà") ma certo lo era nel 1926, anno della prima stesura del romanzo, adattamento di un testo teatrale precedente intitolato "Tornare un passo indietro", così come l'idea del mondo senza uomini era certo originale nel 1936.

Infine "L'allegra terza guerra mondiale", scritto negli anni Settanta e più volte rimaneggiato (come tutte le opere del nostro Martini) è un'amara satira politica e militare con molti rimandi alla situazione mondiale dell'epoca. Siamo in piena Guerra Fredda tra USA e URSS: guerra che però nel romanzo diviene presto calda, anzi rovente, fino alla tragica fine che vede la distruzione totale del pianeta (ops… ho spoilerato). L'idea apocalittica della fine dell'umanità (molto ricorrente in Martini) in seguito ad una guerra nucleare rappresentava una paura concreta in quegli anni, non dobbiamo dimenticarlo rileggendo questa storia. Ancora negli anni '80, quando ero bambino, sentivo paventare una terza guerra mondiale tra americani e russi, entrambi con i missili puntati l'uno contro l'altro. Mi viene in mente un bellissimo e tragico racconto di Bradbury, "Vennero le dolci piogge" (in "Cronache marziane") ed un altro episodio di "Ai confini della realtà" in cui l'unico superstite dell'umanità, avido e miopissimo lettore, muore infelice perché - ora che ha tanto tempo e tanti libri a disposizione - gli si rompono gli occhiali. Ma le storie apocalittiche sono tantissime…

Virgilio Martini, italiano cosmopolita e visionario, è sicuramente uno di quegli autori da riscoprire: ancora fresco e attuale dopo tanti anni, regala letture che fanno riflettere pur risultando gradevoli e leggere. Da collega autore di fantascienza, italiano e anzi fiorentino come lui, non posso che consigliarne la lettura a coloro che credono che la buona narrativa fantastica non sia un genere letterario di serie B, che non sia scritta tutta in inglese, e che si possa trovare qualcosa di valido anche in Italia.


Bibliografia (opere consultate)

- Virgilio Martini, La Terra senza il Sole. Il mondo senza donne, Chieti, Marino Solfanelli Editore, 1988
- Virgilio Martini, Il mondo senza donne, Lido di Jesolo, Edizioni Tritone, 1969
- Virgilio Martini, L'allegra terza guerra mondiale, Firenze, Edizioni Equatore, 1977

 
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