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Narrativa
Poesia italiana
Poesia in lingua
Questa rubrica è aperta a
chiunque voglia inviare testi poetici inediti,
in lingua diversa dall'italiano, purché rispettino i più elementari principi
morali e di decenza...
poesie di Francesco
Felici, Maria Pia
Moschini, Julianna
Vas-Szegedi
Caffe' Letterario Musicale
La musica abbraccia la poesia
rubrica a cura di Paolo
Filippi
Teatro
La
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intervista
di Massimo Acciai
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Saggi
José María Eguren di
Enrico Pietrangeli
Scritture minimali, scrittori metropolitani
di Caterina Rocchi
Recensioni
Interviste
Intervista ad Antonio
Sofia (autore di "Non ti chiederò niente" e
"Marta")
di Massimo Acciai
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Un Giorno Un Amore - 2 Settembre
2006
Francesco Felici, Edizioni Segreti di
Pulcinella, Firenze, 2006
Presentazione
dell'autore
Non mi dilungherò, non ne ho voglia. Scrivere queste parole,
accennare alla loro storia, è come avere una lama che mi saetta
intorno, costringendomi a mille spostamenti per riuscire ad
evitarla. Ma la mano del ricordo maneggia la lama guizzante con
maestria e io non sono poi così veloce a spostarmi.
Non ora, almeno, non ora che il dolore mi rende pesante, goffo.
Quindi qualche taglio, anche profondo, me lo ritroverò.
Cerchiamo di ridurre al minimo i danni.
Queste venti poesie sono dedicate a lei, Catia, che ho amato e
che tuttora amo, e al giorno d’amore trascorso con lei, il 2
settembre 2006.
Sono state infatti tutte scritte dopo quella data, tutte tranne
le prime due, che fungono un po’ da preludio alla vicenda. Sono
la storia di un dolore immenso, ancora immensamente vivo
nell’anima e nel corpo, per aver perso una persona che in un
solo giorno ha saputo darmi un’eternità, facendomi anche
scoprire lati del mio cuore di cui non sospettavo l’esistenza.
Ecco, basta. Ora voglio solo che questo libretto esista, che
passi di mano in mano, e che io possa vederlo lì, davanti a me,
toccarlo, stringerlo e sentirmelo tra le mani perché, almeno da
dentro queste pagine, lei non se ne andrà mai.
F.F.
Pisa, 29 settembre 2006
Nota dell’editore
Chi ha già avuto occasione di leggere le poesie di Francesco
Felici non mancherà di riconoscere lo stile iperbolico e
multiforme che lo caratterizza. Ogni poesia è come uno scatto
dell’anima, un rigirarsi inquieto tra le parole e le emozioni,
una ricerca di immagini vivide per dipingere la tempesta che
agita l’animo in violente ondate, interrotte sì da momenti di
tregua e di calma apparente, ma solo per riprendere nuovo
slancio e vigore nel successivo momento creativo, dettato sempre
da un autobiografico dolore, come un album musicale che alterna
pezzi veloci a pezzi lenti – e so che questa metafora non
dispiacerà al poeta, il cui rapporto con la musica è molto
importante.
Il Dolore che percorre queste venti liriche è quello, esplorato
da molta letteratura, dell’Abbandono, della Separazione, della
Frammentazione. L’Io narrante non trova requie di fronte alla
Perdita, improvvisa e senza una ragione, dell’Amata; l’Io si
smarrisce, si scuote, si esalta nel ricordo della creazione di
un amore (“Un giorno un amore”, la poesia che dà il titolo alla
silloge), vaga in un mondo, interiore e simbolico, pieno di
contrasti (“Oceano”, “Il Sole”), precipita in paure e in
immagini che rievocano il luogo magico dell’incontro – gli
scogli, il mare notturno – divenuto adesso simbolo doloroso
della Distanza.
La Voce continua a ripercorrere ossessivamente la storia, nel
suo svolgersi verso la Catastrofe, da venti angolazioni diverse,
rinnovando sempre il “palpitare violento dell’assenza” mentre
“lo stomaco, il cuore e il cervello si fanno / quadrati
labirinti d’acciaio rotanti a velocità siderali” (“Mancanza di
te”: a mio giudizio forse i versi più incisivi e visionari
dell’intera opera).
C’è il rimpianto per una perdita troppo repentina, che non ha
lasciato tempo (“Se avessi saputo…”), c’è la durezza della
pietra e il gelo del marmo, ma anche un tocco di ironia leggera,
che affiora qua e là (non molta però in questa raccolta).
È presente il concetto del groviglio di emozioni (il
“labirinto”, l’ “informe massa elettrica”, il risveglio “ancora
impastato”) richiamato da sensazioni viscerali che fanno
riferimento al Corpo, invaso pure esso dal ricordo dell’Amata al
pari della mente. La Frammentazione è totale, a livello
interiore ed organico; sembra quasi di vedersi il poeta
disintegrarsi, decomporsi o mutare forma corporea sotto i nostri
occhi in una metamorfosi imprevedibile.
Una lirica che richiama la notte, l’addormentarsi (“Prima di
dormire”), chiude in modo significativo la silloge. Il desiderio
struggente quanto irrealizzabile di stabilire almeno uno scambio
telepatico con lei, di scrutarle nell’anima per comprendere se
dedica al poeta almeno un ultimo pensiero prima di chiudere gli
occhi; in questo desiderio, ovvero nella risposta positiva alla
sua domanda, troverebbe quella consolazione che per il momento
gli è negata. La tempesta non si placa mai, sembra infinita…
Massimo Acciai
Firenze, 29 settembre 2006
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