|
|
Narrativa
Poesia italiana
Poesia in lingua
Questa rubrica è aperta a
chiunque voglia inviare testi poetici inediti,
in lingua diversa dall'italiano, purché rispettino i più elementari principi
morali e di decenza...
poesie di Francesco
Felici, Maria Pia
Moschini, Julianna
Vas-Szegedi
Teatro
La
favola dello spettacolo di Liliana Ugolini
intervista
di Massimo Acciai
Aforismi
Saggi
José María Eguren di
Enrico Pietrangeli
Scritture minimali, scrittori metropolitani
di Caterina Rocchi
Recensioni
Interviste
Intervista ad Antonio
Sofia (autore di "Non ti chiederò niente" e
"Marta")
di Massimo Acciai
|
|
La favola dello spettacolo
di Liliana Ugolini
5 maggio 2006. Pomeriggio. Una giornata
soleggiata, piacevole. Un'abitazione nella periferia di Firenze,
dalle parti di Porta Romana. Un salotto pieno di oggetti. Molte
marionette pendono dalle pareti. Una ventina di persone, sedute
su sedie e divani, seguono attente una performance teatrale
piuttosto insolita. Gli attori non recitano su un palcoscenico
ma in mezzo alle persone chiamate a partecipare alla messa in
scena. Nel mezzo del salone accadono cose strane, ci sono
effetti visivi e sonori impressionanti, compaiono personaggi
misteriosi, mascherati, che compiono gesti altrettanto
misteriosi; gesti che accompagnano un testo, che rimane sempre
al centro. Tutti seguono con estrema attenzione. Poi, infine,
scoppia l'applauso che sembra non finire mai. Ma lo spettacolo
non è ancora finito. Le persone si alzano, iniziano a parlare
tra di loro, commentano quanto hanno appena visto, prendono
parte ad un rinfresco, scrivono su dei fogli, infine si
riuniscono di nuovo nel salotto per il "secondo tempo", quello
che vede il loro turno di partecipazione attiva. Leggono il
contenuto dei foglietti, discutono. L'atmosfera è molto
particolare, le parole sono insufficienti per descriverla.
Più
di sei mesi dopo mi trovo di nuovo in quel salotto, in compagnia
di tre delle quattro persone che hanno realizzato quell'insolito
spettacolo. È il 24 novembre, ancora di pomeriggio, e mi trovo
in compagnia delle sorelle Liliana e Giovanna Ugolini e di Giada
Primavera, con cui sono legato da un rapporto di conoscenza e
stima. Manca Gianni Broi, impossibilitato a venire a causa di un
impegno fuori città. Il ricordo di quel pomeriggio di maggio è
ancora vivo in tutti noi, che lo ricordiamo con affetto. [vedi
la locandina]
MA: Massimo Acciai
GP: Giada Primavera
GU: Giovanna Ugolini
LU: Liliana Ugolini
Le foto sono di Marco Zoli tranne la prima, di Massimo Acciai
MA: Il teatro in casa, luogo abbastanza insolito…
LU: Sì, è vero, però viene da lontano. Il teatro in casa ha una
sua storia lunghissima. Questo in particolare è già stato fatto
nel '96 con 12 repliche a casa mia, "Marionetteemiti"; i primi
interpreti furono Gianni Marrani e Rosanna Gentili. Siamo
arrivati poi a 38 repliche portandolo anche nelle case degli
altri o in luoghi come il Collegio Santa Caterina di Arezzo,
alberghi, a Castel Valenzano e molti altri luoghi.
MA: Cosa comporta fare teatro in casa rispetto al teatro
tradizionale? Comporta difficoltà maggiori?
LU:
Direi meno difficoltà, innanzitutto perché siamo in un ambiente
molto caldo, in cui tutto viene più naturale. C'è una
elaborazione ed una interpretazione, naturalmente, del testo, ma
si lavora molto insieme. La casa ci accoglie in un lavoro di
gruppo, che è bellissimo; è come ritrovarsi in un ambiente anche
piccolo ma molto affettivo.
MA: In che occasione è nata la collaborazione con Giada,
Giovanna e Gianni?
LU: Naturalmente è partita da me; volevo terminare il lavoro su
questo libro, "Spettacolo e palcoscenico", di cui una parte -
quella intitolata "Palcoscenico" - era già andata in scena con
Giusi Merli e Sabrina Cesaroni. Rimaneva la prima parte da
mettere in scena: "Spettacolo". Era una favola del quotidiano.
Ho chiamato gli altri a cui ho proposto questa idea; loro hanno
aderito in pieno e si sono anche credo molto affezionati al
progetto. Siamo andati avanti diversi mesi; la prima è stata il
5 maggio ma abbiamo cominciato a parlarne ad ottobre. Ci sono
state anche diverse difficoltà, perché Giada si è ammalata nel
frattempo sicché la prima è stata spostata di due mesi. Anche in
casa il teatro viene preso seriamente.
MA: Volevo sapere da Giada come ha vissuto lei l'esperienza del
teatro in casa…
GP:
E' stata bellissima soprattutto per l'intimità della situazione.
Ci ritrovavamo di solito ogni domenica ed erano pomeriggi
intensi, di tre-quattro ore, studiando, cercando, vedendo, con
una serietà ed uno spirito di cooperazione davvero singolare. La
cosa che personalmente mi ha colpito di più, totalmente lontana
dalle mie precedenti esperienze, è il fatto che Lilion - che
pure è autrice dei testi - mai calcasse la mano sullo spettacolo
in se. Non si parlava mai dello spettacolo quale punto di
riferimento focale, mai in senso meccanico, mai in senso
automatico. Era una cosa che nasceva nella spontaneità della
conclusione di un percorso, non una bramosia di esserci e di
partecipare. Non ho sentito la singolarità; cioè ho sentito la
singolarità di un progetto ma non la singolarità di un ego o più
ego messi assieme. Eravamo in comunione, cercando di dare il
massimo per omaggiare il testo, perché tutto quanto è partito da
un omaggio alla scrittura; ecco perché Liliana parla di
"scrittura agita" o "scrittura in azione" piuttosto che di
spettacolo in senso stretto o di teatro. Quello che interessa di
più è portare in scena la scrittura.
MA: Questa unità di percepiva anche nel pubblico, almeno da
parte mia, ed è una cosa molto piacevole. Volevo sentire anche
Giovanna…
GU:
Più o meno è già stato detto dalla Giada e dalla Liliana. È
stato veramente un lavoro fatto in comunione; è stato molto
bello perché mi ricordava l'infanzia. Infatti mia sorella
Liliana è maggiore a me ed io ho sempre avuto lei come guida e
c'era questa voglia di teatro in lei, fin da piccola, per cui
quando io dovevo recitare le poesie per Natale, lei dietro la
porta mi faceva la regia! Anche se abbiamo fatto questa cosa
molto seriamente, è stato anche giocare insieme, ricordare i bei
tempi. Eravamo tutti al pari; anche se io ho questa familiarità
con la scrittura mi sono trovata subito bene, a mio agio.
MA: Come nasce questo testo?
LU: Il testo "spettacolo e palcoscenico" si divide in due parti:
"spettacolo" è lo spettacolo del quotidiano, "palcoscenico" è il
mito. È venuta fuori una favola, la "favola dello spettacolo";
nasce con l'idea di dire che il quotidiano è un teatro continuo.
C'è ossia il teatro sul palcoscenico, che si rifà ai miti oppure
al quotidiano che diviene mito, ma il quotidiano stesso è
teatro. Sono così convinta di questo che vedo addirittura il
mondo come una serie di personaggi teatrali. Tutto il mio lavoro
è basato sull'idea che siamo marionette; l'ultimo lavoro che ho
fatto è infatti intitolato "Delle marionette e del burattinaio:
rilettura fantastica del teatrino". È la mia poetica.
MA: Rimane una documentazione, una testimonianza di queste
serate? Ci saranno repliche?
LU:
Sì, siamo aperti ad altre repliche, ci sarebbero le richieste:
con questo ci siamo fermati a tre: due a casa mia ed una allo
studio di Kiki Franceschi. In questo momento l'ho un pochino
sospeso perché mi sto occupando di scrittura. Il teatro è anche
fatica, ma se ci sono le condizioni siamo disponibili anche a
poterlo riproporre.
MA: So che è stato realizzato anche un DVD dello spettacolo
(realizzato da Marco Zoli) e, cosa che mi ha colpito
particolarmente, un libretto in cui sono stati raccolti i
giudizi del pubblico...
LU: E' una prerogativa del teatro in casa, anche nel '96; alla
fine viene chiesto al pubblico di scrivere le proprie
impressioni e critiche su dei foglietti. In questo caso sono
state anche ristampate e distribuite di nuovo al pubblico. Il
pubblico è stato coinvolto attivamente.
MA: Certo fare teatro in casa pone un limite, lo spazio è
piccolo…
LU: sono circa venti persone per volta
MA: … quindi si crea un'atmosfera intima
LU: sì, alla fine c'è il rinfresco, le persone intanto scrivono
i loro giudizi e poi si ritorna nella stanza dove è stato fatto
teatro e si leggono apertamente i giudizi; è proprio un
percorso: spettacolo, rinfresco, il pubblico scrive, si legge e
si discute. Un lavoro completo.
MA: Molto bello, molto caldo rispetto al teatro tradizionale. Lo
spettatore sente il privilegio di esserci, sa che non tutti
hanno potuto accedervi…
LU: Si agisce un testo più che fare teatro; questa è la
differenza, agire un testo tra la gente.
MA: Giada, la scena del parto della marionetta… come l'hai
vissuta?
GP: male l'ho vissuta! [risata] il fatto di partorire, non l'ho
mai fatto… allora chiedevo consiglio a Liliana, che però mi ha
angosciato dicendomi che dovevo non solo partorire, ma partorire
una marionetta come una marionetta… allora io mi chiedevo:
madonna, come sarà? [risata] invece è stata una cosa, nella sua
paradossalità, assolutamente utile, perché mi sono talmente
tanto calata nella parte, studiando i movimenti come se ci
fossero dei fili immaginari, e poi alla fine era spontanea… sai,
dopo nove mesi che dici, madonna mi devo liberare, io non vedevo
l'ora di partorire ed era la cosa che in assoluto mi metteva più
in imbarazzo… avevo una sorta di tabù mentale.
MA: il risultato è stato molto realistico!
GP: immagina se mi cadeva la marionetta prima del momento… un
parto prematuro! [risata]
MA: Giovanna, la scena della bambina…
GU: E' la diversità, dopo l'episodio di Gianni. La bambina
rappresenta la diversità, ed anche il carattere mio da bambina;
ero una ribelle. La diversità che si sfiora nella bellezza della
pittura; rimanere bambini, innocenti. La salvezza, la diversità
è nell'arte. È quasi una forma di psicodramma, sono molto io. È
anche una tragedia psicologica quella della bambina cresciuta;
una sofferenza subita anche da bambina. Con la rabbia io
dipingo, perché è l'unico modo in cui riesco ad essere me
stessa. In quattro minuti dico tutto.
MA: Ho osservato questa grande naturalità in questo spettacolo
di quaranta minuti, che passano però molto rapidamente; è però
fatto da tanti momenti ed elementi diversi, anche tanti effetti
sonori e visivi… è molto variegato e complesso. Volevo sapere
qualcosa della preparazione…
LU: Quello che abbiamo cercato di fare è tenerci lontani da
tutto ciò che è professionismo ed attorialità, insomma tutto ciò
che è meccanico. Abbiamo privilegiato la naturalezza. Di solito
i grandi attori arrivano alla naturalezza dopo aver attraversato
un lunghissimo periodo; noi, mancandoci naturalmente tutta
questa preparazione, abbiamo cercato la naturalezza già
all'inizio. Ci siamo basati sulla spontaneità. Io aborro tutto
quello che è attoriale.
GP: E' un'esperienza da provare perché è assolutamente
singolare. Secondo me chiunque si affaccia ad un cammino
scrittorio e teatrale anche in altro senso dovrebbe provare
prima questo, perché ti da davvero il senso delle cose.
|
|
|